Quaderno di
p. Francesco Compagnoni op
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SIAMO INSIEME NELLA GIOIA DELLA FRATERNITÀ E DELLA PREGHIERA p. Francesco Compagnoni, op
Perché noi del MASCI siamo qui, oggi ?. O meglio perché io, uno del MASCI, sono qui e quali sono i miei sentimenti dominanti. Prima di partire per queste riunioni mi prende spesso una sorte di depressione: questi incontri possono essere noiosi, con tanta gente che non conosco, e con tutto quello che ho da fare nella mia Università e nella mia ONLUS… Ma so che quando ripartirò –come avviene sempre sarò felice, soprattutto perché avrò incontrato persone con cui condivido valori non materiali: fraternità, impegno, autoeducazione anche da adulti, solidarietà, espressione della nostra speranza per il futuro di noi fratelli e sorelle in Cristo. Inoltre incontro, a livello personale, (qualche volta anche profondo) tante persone di ogni parte d’Italia e questo è gradevole, anzi gratificante, soprattutto per chi vive in una grande città dove si incontrano tanti anonimi nelle strade, sugli autobus, persino nelle chiese. Questi nostri incontri servono appunto per rinfrescarmi le idee sui valori che condividiamo: perché noi non siamo un movimento di reduci. Noi stiamo insieme, è vero, sul ricordo ma sul ricordo di valori che tanto ci hanno movimentato l’adolescenza e la giovinezza (senza magari esserne, allora, stati ben coscienti): valori che con l’età scopriamo essere portatori di vita, di vita buona, per noi, per i nostri cari ed amici, e per il nostro Paese
p. Francesco Compagnoni op Assistente Nazionale MASCI
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Il nostro Paese ha bisogno di sincerità, di far corrispondere il dire e il fare, di rispetto della legge (cose che secondo il sociologo tedesco Kaufmann mancano all’italianità…). Non solo da parte dei nostri politici. Prima di tutto da parte di ognuno di noi, di noi della base, delle società civile. Uno dei pensieri fondamentali dell’educazione cristiana è di non dare proibito, primariamente la colpa alle strutture, agli altri, agli errori del passato, … ma di iniziare da noi stessi. L’altro giorno uno dei miei colleghi di università, un politologo lucano, mi diceva
Piazze, Trivi e Quadrivi
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