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Dischi di ultima generazione: Madame, Rhiannon Giddens, Anna B. Savage, Rachele Bastrenghi con mini interviste a Crookers e Francesco Turrisi di Massimiliano Stoto pag I nuovi colori del rosa - Stato del Cinema a femminile
MADAME RHIANNON GIDDENS ANNA B. SAVAGE RACHELE BASTRENGHI
MADAME - same (Sugar / Universal, 2021) 16 tracce x più di 46 minuti.
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CD acquistato c/o Ipercoop Gravellona Toce € 16,90
Questo di Madame è uno dei dischi del 2021 che ho ascoltato di più finora. Lo dico senza nascondermi e credendo molto nelle doti della giovane Francesca Calearo, uno dei personaggi più interessanti usciti dal panorama italiano negli ultimi tempi. La sua proposta rap e definita “urban” che flirta in sostanza con generi come la trap, lo stesso rap e echi soul e rhythm ‘n‘ blues ha un suono fresco, convincente e maturo, considerando che si sta parlando di un’artista appena diciannovenne. Evidentemente il lavoro di produzione e il team che l’ha reso possibile ha ben indirizzato gli sforzi. Madame ha anche partecipato al Festival di Sanremo 2021, presentando il pezzo “Voce” in gara (è giunta ottava in classifica) e il pezzo “Prisencolinensinainciusol” di Adriano Celentano nella serata dedicata alle cover. Anche se proprio questo pezzo ha messo in mostra un ottimo approccio alla materia soul e R&B, aspetterei ancora un poco a definire la sua voce come una di quelle destinate ad avere un grande futuro. La “colpa” è tutta dell’autotune che seppur senza eccessi è abbastanza utilizzato dalla ragazza in molte canzoni del suo primo disco. Disco che mette in mostra una grande capacità di scrittura da parte di Francesca, ottime collaborazioni, qualche passo falso e una fotografia nitida delle fragilità degli attuali adolescenti. Manca il coraggio di una produzione affidata a un unico nome (una delle risposta di Phra in fondo alla recensione supporta la tesi) ma è indubbio che molti singoli funzionino e che probabilmente in questa fase si sia scelto un taglio più commerciale per spingere l’artista e sfruttare al massimo la ribalta sanremese. Ma veniamo al disco…ottimi i singoli che ne fanno da traino, il pezzo di Sanremo “Voce” e “Il mio amico” scritto con Fabri Fibra. Con l’iniziale “Istinto” formano un terzetto che segna il territorio. Specialmente “Istinto” e “Voce” hanno il pregio di presentare lo “spleen” di Madame, stile di parole, umori e musiche che facciamo molta fatica a trovare in pezzi facili e superficiali come “Bugie”, “Babaganoush” e “Dimmi ora” ma che per fortuna si dimenticano facilmente e le stimmate da gran dama le ritroviamo poi in tutto il resto del disco da “Clito” la traccia numero 7 a “Vergogna” la 16. La forza di questo esordio sta nelle parole della giovane vicentina che non trema a raccontarsi in modo esplicito, che non arretra di fronte al baratro che ha dentro e sotto i suoi piedi. Anzi lo esorcizza buttandolo tutto fuori. La produzioni musicale poi alza il livello penso al lavoro di Bias e Crookers che segna tutti i pezzi migliori, il suadente stile di “Mood”, il ruvido avvitamento di “Clito”, la subacquea “Nuda”, l’intenso rappato di “Bamboline Boliviane” che è preceduto da un magnetico intro. L’accoppiata “Mami Papi” e “Baby” è da tappeto alla prima ripresa e perfetto Crookers style. “Luna” il pezzo con Gaia, vince il premio di pezzo easystyle, un pezzo semplice ma funzionale e divertente. Il trittico finale è un pugno allo stomaco, “Amiconi”, “Tutti Muoiono” e “Vergogna” riportano l’astronave Madame sulla terra a fare a botte con invidie, realtà e vita vissuta. Madame è lontana dalla collana di perle che sfoggia sulla cover del disco, dalle spalle nude e dal luccichio della scritta, mi piace immaginarla incappucciata e arrabbiata che si aggira in strade poche illuminate sola, disperata, bella e reale come tutti i “millenials”. Un personaggio sorprendente e un disco che mostra un grande talento. A seguire qualche tre domade a Crookers che ha curato la produzione di quattro brani del disco. 1) Ciao Phra grazie per la cortesia ….conoscevi già Madame prima di lavorare sui suoi pezzi cosa ti piace di lei?
Phra: No non la conoscevo prima, l'avevo solo sentita nominare ma senza prestare molto caso alla sua musica già uscita, come molte volte mi capita. Di lei mi piaceva la iniziale libertà di genere musicale che voleva esprimere.
2) Il lavoro sui brani è stato fatto tramite una collaborazione diretta oppure a distanza?
Phra: Entrambe, ci siamo sia visti in studio che lavorato a distanza durante il lockdown.
3) Ho la sensazione che il tuo lavoro nel disco sia marcato. I pezzi su cui hai lavorato aprono e chiudono il disco e due sono in sequenza al termine di una ipotetica parte centrale. Tra l'altro mi sembrano anche i pezzi con i testi più duri. Che tipo di approccio musicale hai avuto su questi brani?
Phra: In realtà inizialmente avrei dovuto curare l'intera direzione artistica dell'album, ho 13 provini prodotti da me nel mio computer, poi un pò per la distanza dovuta alla pandemia, i tempi che sono cambiati, e probabilmente per stare più "safe" nel mercato Italiano hanno tenuto solo 3 tracce completamente prodotte da me. Il mio approccio lavorativo in tutti i brani a cui lavoro è quello "libero”, come “sento” poi faccio e spero sempre di far felice l'artista x cui lavoro al momento.
RHIANNON GIDDENS (with Francesco Turrisi) - They’re Calling Me Home (Nonesuch Records, 2021) - 12 tracce, durata: 46 minuti meno un secondo.
CD acquistato c/o Carù Dischi Gallarate € 17,50 Album nato in periodo di lock down nei dintorni di Dublino “They Are Calling Me Home” è il terzo album solista di questa bravissima cantante, in passato membro dei Carolina Chocolate Drops e anche attrice nella quinta e sesta stagione della serie americana “Nashville”. L’album è cofirmato con Francesco Turrisi, un polistrumentista piemontese a cui ho potuto rivolgere qualche domanda sul disco e che ringrazio molto per la disponibilità concessami. Veniamo al disco che presenta principalmente la rilettura di brani traditional e cover e un solo brano “Avalon” che è scritto dall’interprete principale. Si respira una aria magica in queste 12 tracce, certo non è un disco sorprendente ma è un disco fa una proposta musicale di altissimo livello e con belle idee, a questo proposito è vibrante e teso l’arrangiamento per la rilettura di “Amazing Grace” che chiude il lavoro. Le grandi doti vocali di Rihannon oltre ad essere conosciute e stimate si esaltano a interpretare pezzi che appartengono alla sua terra, lei è americana del North Calorilna, quindi “Calling Me Home” di Alice Gerrard, la canzone di protesta americana “I Shall Not Be Moved”, “O Death”, “Waterbound” sono essenziali mentre tutti gli altri pezzi, esclusi quelli in italiano, risentono di un’influenza irish che di certo non li penalizza, anzi, ma crea un’ atmosfera che spezzetta il disco in un saliscendi fra stili e influenze. Ho parlato di pezzi in Italiano perché il duo presenta con risultati meravigliosi “Si dolce è ‘l tormento” di Claudio Monteverdi compositore italiano vissuto tra 16° e 17° secolo e “Nenna Nenna” una ninna nanna pugliese. Incredibile la bravura della Giddens e la sua prova interpretativa sul canto e la dizione, se non si sa chi canta non si pensa certo a una ragazza nordamericana. Il disco è suonato da chi ne porta la firma, le collaborazioni esterne sono minime (flauto irlandese e cornamusa)
mentre il resto della strumentazione è acustica e vede l’utilizzo di fisarmonica, viola, cello e minstrel banjo e le percussioni del Calabash. Un disco che guarda un po’ al passato della Giddens, la tradizione da cui proviene ma che cerca anche di abbracciare nuove influenze. Forse è l’inizio di una nuova fase della sua carriera, che potrebbe intraprendere un percorso di “world music” e magari anche un’impostazione di canto diversa, mirabile e perfetto l’approccio da canto lirico di “When I Was My Prime”. D’altronde le capacità tecniche a disposizione della sua voce sono evidentemente notevoli. Come accennato poc’anzi, il legame fra i pezzi risulta un po’ frammentario, ma è anche vero che chi si interessa a un disco di questo genere, al centro c’è la voce e l’interpretazione, le canzoni e il legame fra esse viene dopo. Nell’ambito di un discorso sulla vocalità classica, “They Are Calling Me Home” è uno dei dischi più interessanti usciti nel 2021 e senza dubbio conferma la bravura e le grandi capacità vocali di Rihannon Giddens. E ora tre domande a Francesco Turrisi. 1) C'è un atmosfera incredibile nel disco, un misto tra sacro, antico, magia....ok per le vostre capacità ma ho dato un'occhiata allo studio di registrazione...sembra un luogo incantato....quanto incide l'ambiente in cui si registra in un disco come il vostro ?
FT: Si lo studio che abbiamo scelto (Hellfire Studio) è nel mezzo di una fattoria tra le montagne giusto fuori Dublino. Praticamente è un edificio tutto di pietra in mezzo ai campi, quando arrivi con la macchina vedi solo ruderi e mucche, e poi in mezzo ai ruderi sono riusciti a ricavare questo spazio molto bello tutto in pietra che è diventato un studio di registrazione. Sicuramente l’atmosfera di questo spazio unico e molto “Irish” ha influito molto sul suono del disco.
2) Avete riletto pezzi di epoche e mondi diversi, tecnicamente come avviene l'approccio all'arrangiamento per fare in modo che tutto si leghi il più possibile?
FT: In realtà non è un processo conscio, ma una cosa per noi si sviluppa in maniera molto naturale e organica. Ovvero non ci sediamo mai a tavolino per scegliere pezzi che vengono da mondi diversi e per arrangiarli in maniera “uniforme". Sia io che Rhiannon abbiamo esperienza in moltissimi campi musicali, quindi solitamente scegliamo pezzi che pensiamo possano funzionare con il nostro sound, senza preoccuparci più di troppo da dove vengano e come dovrebbero essere suonati. In poche parole non vediamo differenze così grandi fra tutti questi stili musicali e cerchiamo di interpretare la musica attraverso la lente del nostro sound (che anche quello è un gran miscuglio)
3) Infine avete scelto due brani appartenenti alla tradizione italiana, diversi fra loro per epoca e stile. Una scelta importante nell'economia di un disco che comunque ha un approccio musicale e perché no? anche commerciale, decisamente anglofono. Come mai?
FT: Domanda interessante! Rhiannon ha una passione per cantare canzoni in una lingua che non è la sua (probabilmente le viene dai suoi studi come cantante di opera). Quindi è sempre interessata a canzoni in lingue diverse (canta pezzi in Spagnolo, Portoghese, adesso ne ha imparato uno in Giapponese!). In realtà avevamo anche altri pezzi in Italiano ma ci siamo limitati a due per il disco, perché come dici tu la maggior parte del suo pubblico è anglofono e più di due pezzi sono un po' difficili da giustificare. Abbiamo scelto questi due pezzi perché ci sembravano “universali" e perché avevamo l’impressione che chiunque li sentisse, avesse una reazione immediata all’ascolto senza neanche capire una parola.
RACHELE BASTRENGHI Il nostro Kurt Logan lo avePsychodonna va auspicato scherzandoci (Gusstaff Records, 2021) sopra, esattamente un anno 9 tracce, fa nel numero 52, ed eccolo durata: poco + di 38 minuti. qui “Psychodonna” il primo disco solista di Rachele CD acquistato Bastrenghi dei Baustelle. c/o Papermoon Biella Non si tratta di parlare di un € 19,90 disco di un’artista che ha delle capacità vocali eccezionali o sviluppate, che so, dallo studio della lirica o del blues, ma di celebrare il giorno d’indipendenza di una cantante e musicista che ha contribuito a scrivere tante pagine meravigliose della canzone pop italiana. Un disco bello ma soprattutto importante. Femminile e femminista. Melodico, rumoroso, elettronico. Baustelliano e non. Così “Psychodonna” è lontano dall’idea che ci siamo fatti di lei da “La canzone del Parco” in avanti, è un album profondamente personale ma che guarda al passato a tratti, e solo nel pezzo “Lei” è un po’ ingombrante, anche se lo stesso pezzo ha uno stacco finale che si distingue. Per il resto da “Poi mi tiro su”, decadente, a “Not For Me” incendiaria, a “Come Harry Stanton” commovente, alla doppietta ellettropop di “Penelope” e “Due ragazze a Roma”, al richiamo tribale di “Psychodonna”, alla cover Oxa/Fossati di “Fatelo con me” trasformata in un assalto sfacciato e al manifesto finale di “Resistenze” con le parole di Anne Sexton, c’è un senso musicale e politico che staglia nel nostro presente questa figura, spesso oscurata, somigliante a una coraggiosa giacobina che prende in mano il proprio destino, la propria idea e la compone, la modella e la struttura con musicisti, Mario Conte il più decisivo direi, ma anche Colapesce che suona batteria e basso in un paio di pezzi oppure Fabio Rondanini e Roberto Dellera e partecipazioni azzeccate come quelle con Meg, Chiara Mastroianni e Silvia Calderoni. Ma è sull’asse Colapesce/Mario Conte che il disco si poggia. Dove nasce l’idea produttiva del disco, il “suono” con cui poi sono “vestiti” i pezzi. Conte ha infatti già collaborato a “Egomostro” e “Infedele” di Colapesce curandone vari aspetti dalla produzione alla programmazione di batterie e sintetizzatori. Rachele Bastrenghi scrive, canta, suona e produce un disco mirabile, che ha personalità, stile e messaggio. Che è istinto e fredda ragione. Dando prova di essere una musicista a 360° e non solo una “cantante”. Quindi viva Rachele che s’è fatta grande e naviga sicura in questi tempi agitati.
Tra le voci presenANNA B. SAVAGE tate in queste due A Common Turn pagine di recensioni, quella di Anna è (City Slang, 2021) la più pura e il suo 10 tracce, disco è il meno durata: 7” e 47 minuti. immediato, ma è CD acquistato probabile che sia c/o Papermoon Biella quello che custodi€ 19,50 sce le pietre più preziose. Una voce che mi ha fatto pensare a un mix fra Anthony, Joni Mitchell e Anna Calvi. Il canto della Savage sembra provenire da un buio profondo. Tanta sofferenza attorno e dentro a sè. Una crisi per lo più personale da cui sono emersi questi pezzi che costituisco l’esordio sulla lunga distanza per la ragazza londinese. Una predestinata cresciuta in un ambiente musicale, i genitori sono cantanti lirici, e che senza aver fatto granché (solo un EP) si è trovata in tour con Father John Misty e Jenny Hval. Un dato questo che fa pensare perché con una produzione così scarna non puoi conquistare certe ribalte. I casi sono due o sei un’imbucata o sei bravissima. Sta di fatto che questa veloce affermazione non ha fatto altro che creare insicurezza nella giovane, così “A Common Turn” ha avuto una gestione travagliata, è stato smontato e rimontato dalla stessa autrice più volte, che non ne vedeva né capo e né coda. Poi le cose sono cominciate a cambiare e l’incontro con William Doyle, produttore e musicista conosciuto anche con il nome di East India Youth, è stato decisivo. “Ha fatto brillare il sole per me” così la Savage sintetizza il lavoro di Doyle che l’ha smossa dall’impasse, nell’intervista a Lino Brunetti del Buscadero. Le canzoni si muovono in un ambito indie rock, con assonanze che rimandano a personaggi enormi come Nick Drake e Jeff Buckley, la voce è in grande evidenza e supportata a volte da strumentazioni classiche e a volte da passaggi elettronici. Tutto è stato suonato da autrice e produttore. Generalmente l’umore è introspettivo e raccolto, ma non è bene dare tutto per scontato, perché poi spesso l’incidere riserva aperture energiche, per esempio in “Baby Grand”, oppure la title track, ma anche “Two” o la conclusiva e speranzosa “One”. Per chiudere si può dire che è un disco in cui la vocalità è il pezzo forte e trascendentale ma che rivela anche un tendenza a non farsi imprigionare in steccati eccessivamente tecnici, ha aperture “rumorose” e energia da vendere tanto che, se la Savage non si offende, la chiosa finale è “piccole Anna Calvi crescono”. ma.st.