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“Gente indipendente - Il pensiero politico di Björk” di Massimiliano Stoto pag

Il pensiero politico di Bjork fra universalità e indipendenza

di Massimiliano Stoto

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“ - Lo Sneffels! – gridò. – Lo Sneffels! Poi, dopo avermi raccomandato con un gesto il silenzio più assoluto, scese nella lancia che ci aspettava. Lo seguii, e ben presto cavalcavamo il suolo d’Islanda” (Jules Verne, “Viaggio al centro della Terra”, traduzione di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, L’Unità/Einaudi, 1996)

“Allora Bjartur si infuriò e si mise a parlare in maniera incoerente, e disse di essere un libero islandese e, e, e, non me ne importa un diavolo, e, e mi farete a pezzetti vivo come hanno fatto con la buonanima Gunnvör al cancello del cimitero di Útiraudsmýri, e lei non si è data per vinta, anzi li ha maledetti tutti in punto di morte, e si è avverato tutto, associazioni femminili e cooperative, io non cederò mai.” (Halldór Laxness, “Gente Indipendente”, traduzione di Silvia Cosimini, Iperborea, 2004)

“A molti islandesi dà un certo fastidio quando i media internazionali o documentari come “Where To Invade Next” di Michael Moore raccontano una storia disneyana di una nazione intera unita nella lotta contro l’avidità e la corruzione. Qualche banchiere è finito in prigione, si, ma per il resto, quelli che prima della crisi erano ricchi sfondati in linea di massimo lo sono ancora.” (Egill Bjarnason, da “The Passenger - Islanda”, traduzione di Tomaso Biancardi, Iperborea 2018)

Gente indipendente, ostinata, caparbia, decisa. Ma non più del nonno di Heidi o di un tartaro della steppa. Così possono essere descritti gli islandesi secondo gli scritti della tradizione e i voleri dell’industria mediatica del ventunesimo secolo. Gente tosta, forgiata da elementi che modellano una terra inospitale d’origine vulcanica. Un popolo millenario e una nazione ancora adolescente (1944). Un posto che vive oramai da qualche anno un boom turistico sensazionale, che ha molto aiutato chi ci vive, a risollevarsi dopo la crisi economica del 2008. Turismo che ha generato ricchezza e ha presentato un conto non poi così salato, se a perdersi è stata un po’ di “tranquillità” della altrimenti sonnolenta Reykjavik. Un prezzo che molti islandesi sono stati ben lieti di pagare pur d’accogliere qualche turista in più, smanioso di fotografare l’ennesimo vulcano, il solito geyser o l’incantevole aurora boreale. Una scoperta, quella della terra d’Islanda a cui anche la musica ha contribuito non poco, ricordandomi, ciò che successe con la verde Irlanda negli anni ‘80. Ma facciamo un passo indietro: a quando Hitler invase la Danimarca. Fu infatti grazie a quell’intervento che il Regno Unito cominciò a considerare che l’eventuale occupazione tedesca, del neutrale Regno d’Islanda, volontariamente unitosi alla Danimarca tramite referendum nel 1918, sarebbe potuta diventare un grosso pericolo per il controllo dell’Atlantico del Nord, perciò procedette ad un invasione molto soft nel Maggio del ’40. L’isola fu da quel momento di importanza strategica per gli alleati, soprattutto per gli americani che arrivarono nel 1941 se ne andarono ‘46, per poi tornarci nel ’49 e rimanerci fino al 2006. Un ’ occupazione perlopiù strategica quella U.S.A. che non riuscì, durante la guerra fredda, a mettere testate nucleari sul suolo islandese. Ma se con gli inglesi, come con i russi, i norvegesi e i danesi i rapporti furono sempre stati al limite della sopportabilità, più che altro per questioni legate alla pesca, con gli americani le cose andarono meglio e la presenza militare per cinquant’anni si è fatta “sentire” più culturalmente che militarmente e in seguito vedremo perché. Un esempio di questa influenza, di questo “sentire” è “Glin-Gló” l'album di Björk & Tríó Guðmundar Ingólfssonar, pubblicato nel 1990, un album jazz, che contiene dei classici internazionali, ma che non è espressamente un tributo ad essi, visto che la prima stesura in vinile conteneva 14 brani equamente distribuiti fra “standard” e altri firmati da autori islandesi. Autori che sono da annoverare fra categorie quali compositori e interpreti, tutta gente che attorno agli anni ‘50 aveva in media 25/30 anni. Fu la versione in cd (16 brani) editata lo stesso anno, a sbilanciare la tracklist a favore degli stranieri etichettare il disco come un tributo a un jazz più famoso. Ma cosa voglio dire con questo esempio ? Voglio dire che all’alba degli anni ’90 un gruppo di ragazzi islandesi, la cui cantante ha già alle spalle svariate esperienze interpretative, decide di reinterpretare una serie di brani riappropriandosi di una cultura musicale “importata” ma che in definitiva considerano anche propria, in virtù del fatto che dei loro coetanei appena quarant’anni prima l’avevano assorbita e riscritta. Certamente grazie alla radiodiffusione ma soprattutto grazie ai militari americani che ne portarono di

nuova. Il militare che porta l’eccitazione di una liberazione, il chewin-gum e una nuova musica è un fatto che avviene anche alle nostre latitudini e sappiamo anche che sono stati il jazz e lo swing a intrattenere e scatenare i ragazzotti europei nel primissimo dopoguerra, prima che, nel ‘58, Elvis sbarcò in Europa per fare il servizio militare. Da lì qualcosa cambiò. Ma è la televisione, come in altri luoghi a incidere maggiormente su gran parte della popolazione islandese, seppur con un ’importante e macroscopica differenza. Quando Björk viene alla luce, il 21 Novembre 1965, la televisione islandese non ha ancora iniziato a trasmettere. Le prime trasmissioni in lingua madre sono infatti del Settembre del ’66, le primissime invece sono del 1951 per merito dell’American Forces Radio and Television Service (AFRTS) che allestì un servizio televisivo solo in lingua inglese che trasmetteva dalla base aereonavale di Keflavik e che fu attivo fino alla dipartita americana del 2006. Quindi l’Islanda, giocoforza, dalla seconda metà del ‘900 ha subito gli influssi sociali a cui erano sottoposte le popolazioni angloamericane, con tutte le varie influenze artistiche, economiche, sociali e politiche del caso. L’Islanda è stato un paese distante dalle beghe europee del dopoguerra. Ricostruzione postbellica, Guerra fredda, Muro di Berlino, etc etc...sono stati “solo” grandi temi europei che hanno lambito la popolazione islandese esclusivamente di riflesso e anche per questo l’Islanda fu scelta per l’incontro Regan / Gorbačëv del 1986. Sono gli influssi angloamericani che hanno inevitabilmente investito la generazione dei genitori di Björk per poi riversarsi su la stessa e i suoi coetanei. Attualmente in Islanda la lingua inglese è materia di studio, come da noi, fin dai primi anni scolastici. Questa è ovviamente una cosa utile che apre delle possibilità ma è anche una cosa che ti mette sotto a un cappello. Ora, risalire all’organizzazione scolastica islandese degli anni sessanta/settanta, mi è stato impossibile, ma evidentemente Björk, l’inglese lo sa bene vista la spavalderia con cui interpreta a 11 anni “I Love To Love” della Charles (https:// mikropragmata.lifo.gr/zoi/i-11chroni-bjork-tragouda-to-i-loveto-love-to-proto-tragoudi-pou-ichografise-to-1976/) e nel di-

Photo by Santiago Felipe

sco del ‘77 coverizza tre brani in lingua inglese, uno è dei Beatles, anche se vengono poi interpretati in islandese. Resta il fatto che la piccola Björk cresce con accanto sia una televisione giovane, capace di interpretare la generazione di cui lei stessa fa parte e con un’altra che parla inglese che le mostra tutto un altro mondo, pieno di cambiamenti, contraddizioni e stimoli. L’infanzia la vede divisa fra la comune in cui viveva con madre e patrigno e la casa dei nonni paterni, con il padre e in un ambito familiare più normale. Tutto questo trambusto non le impedisce di comparire in televisione a soli 11 anni e raccontare la storia della natività accompagnata da coro, flauti e violini (https:// mikropragmata.lifo.gr/zoi/i-11chroni-bjork-tragouda-to-ilove-to-love-to-proto-tragoudi-pou-ichografise-to-1976/). Il fatto di essere cresciuta in un habitat particolare, e con habitat intendo la connessione di più condizioni, da quelle geografiche, climatiche e naturali a quelle domestiche che la sua famiglia viveva e che si possono definire anche come politiche e sociali, a quelle sensoriali che riceveva da una lingua e una cultura differente l’hanno resa un’artista aperta a tante influenze musicali, un’icona dal percorso artistico impressionante. Un percorso musicale e umano che senza il fiero indipendentismo e la tenacia determinazione islandese, probabilmente sarebbe affondato sul nascere nel Mare del Nord. Indipendenza e tenacia sono anche due riflessi del suo carattere che nel corso degli anni le hanno permesso di assumere posizioni politiche e sociali mai banali, spendendo poche parole per esprimere concetti chiari. In rete trovate molti spunti a riguardo e tante interviste ma una in particolare, rilasciata a Miranda Sawyer del Guardian pubblicata nel Novembre del 2017 , contiene ottimi spunti per interpretare il pensiero politico/sociale di Björk. Un pensiero che prende coscienza di sè quando nel 1983 con i Tappi Tikarrass, Björk, avrà modo di fare il suo primo tour nel Regno Unito, durante il secondo mandato governativo della Thatcher, in un contesto britannico molto particolare che lei assorbirà frequentando tutto l’ambiente anarco punk legato alla band Crass e all’etichetta che porterà lo stesso nome. Ma ecco qualche passaggio di quell’intervista realizzata poco prima dell’uscita di “Utopia”. Anni ’90 scena di Manchester: "Ricordo di essere andata ai rave a Manchester, io e i miei amici uscivamo e andavamo in discoteca (…) era importante essere asessuali. Ci siamo sentiti come se avessimo pensato: "Il modo in cui affronteremo la comunicazione dei sessi è che tiriamo fuori la lingua. Era una ribellione non affrontarla, una dichiarazione contro lo status quo. Non essere maschio o femmina, annullare il ruolo che avresti dovuto interpretare." A proposito di Trump e della sua elezione: "È stato eletto quando il progetto di “Utopia” era già nata da un paio d’anni. Ho pensato, ok, ora è davvero importante essere intenzionali. Se senti che questo mondo non sta andando nella direzione giusta, devi essere fai-da-te e creare una piccola fortezza. Voglio dimostrare che l’ottimismo può essere una scelta". Il tema di “Utopia” le donne, il femminismo: “In “Utopia” le donne arrivano a creare una società nuova e migliore. Portano bambini, musica e tecnologia eco-compatibile (….) Mi è venuta l'idea di un posto nuovo, di donne che sostengono le donne, di rifiutare i vecchi sistemi (in Tabula Rasa canto: “spezzate le catene delle cazzate dei nostri padri”). "Sono un po’ a disagio a parlare di femminismo con la F maiuscola. Mia madre era un'attivista, e

quando parlo degli anni '90, parlo di loro come un momento di reazione contro il femminismo degli anni '70, che secondo me stava esaurendo tutto. Ma etichettare le cose in modo definitivo non è molto da me, non mi piace la rigidità, nella vita come nell'arte”. Donne davanti al laptop: “Quando stavo promuovendo “Vulnicura”, in un'intervista a Pitchfork, ho sottolineato che, per anni, sono stata considerata una cantautrice che lavorava solo con produttori uomini. In effetti, ho prodotto tanti miei album con artisti uomini, ma ho il controllo degli arrangiamenti, del suono, del missaggio, di tutto, passo giornate intere davanti al laptop. Mi sono chiesta, se fosse in parte colpa mia, non essere riuscita a far conoscere questa cosa, mi piace creare bellissime immagini ma non sono mai stata fotografata veramente in studio, accanto a un mixer o con in mano un'unità di effetti. Molte giovani musiciste mi hanno presa in parola e ora c'è un sito web dedicato alle loro immagini accanto all'attrezzatura tecnica. Sono così onorata di questo, cercherò di parlare di più di queste cose.” Sulle molestie sessuali: "La mia umiliazione e il mio essere molestata sessualmente dal regista erano la norma sul set ed è scolpito nella pietra. Una dozzina di persone dello staff lo ha reso possibile. Ho operato a lungo da una posizione di potere nell'industria musicale, sono rimasta scioccata nello scoprire che le attrici non avevano un tale potere. Mi sono esposta per sostenere le donne che non possono dire di no o che non sono abbastanza fortunate e forti da aver la possibilità di farlo. Sono consapevole del fatto che la cosa non riguardi solo me e tra l’altro me la sono cavata pure bene, in quella situazione. E poiché vengo da un mondo artistico in cui il comportamento di bullismo sessuale, non è normale e ho potuto vedere il contrasto tra i due mondi, voglio dire a tutti:

Björk in Shanghai 2008 “Tibet ! Tibet ! ”

“Non state immaginando le cose!!”. È così. Sono stimolata dalla prospettiva che il mondo cambi, che le vecchie idee patriarcali vengano abbattute, a beneficio di tutti. Ciò che è eccitante è che i ragazzi stanno davvero cambiando ora, I ragazzi che ora sono adolescenti, sono davvero emotivi.” Le parole di Björk nell’intervista alla Sawyer mi sembrano aderenti a quello che il termine “politica” dovrebbe significare. Il senso delle parole e dei concetti usati non è a caso, descrivono con misura, calma e attenzione un mondo che deve cambiare, auspicano che questo cambiamento sia veloce ed esprimono la preoccupazione per la condizione del pianeta, senza mai perdere la fiducia. “Dobbiamo farlo, dobbiamo riuscirci, so che ce la faremo”. Ma ci sono ben altre prese di posizione “contro” di Bjork, molto popolari e famose, le trovate facilmente in rete senza che sia necessario che ve le ripeta. Le dichiarazioni contro Trump non si contano e quelle durante alcuni spettacoli dal vivo pro Tibet, Catalogna e Kosovo, sono anch’esse ben note, come sono note le polemiche che ne sono seguite e in alcuni casi anche i concerti che sono saltati. E’ nei concetti che le posizioni politiche di Björk emergono, nelle canzoni c’è qualche sporadico riferimento ma in un portfolio di pezzi trentennale sono ben poca cosa. In “Mouth's Cradle” dall'album “Medúlla” c’è un riferimento a George W. Bush e Osama bin Laden in cui l’artista nel testo esprime la sua voglia di fuggire e proteggersi da personaggi del genere, mentre invece “Declare Independence” contenuta nell'album “Volta” è stata scritta e dedicata alla Groenlandia e alle Isole Fær Øer ed è il pezzo con cui generalmente va a cacciarsi nei guai e in cui, a seconda delle occasioni, esprime solidarietà gridando “Raise Your Flag!!”.

Ma ci sono ancora due cose molto importanti da dire sulle tematiche affrontate da Björk. La prima è un fatto conclamato. Come molti islandesi l’artista è molto legata al proprio paese di origine ed è molto sensibile alle tematiche riguardanti la salvaguardia della natura e dei suoi territori Non ha mai perso occasione per denunciare lo sfruttamento a cui rischiano di essere sottoposti le cosiddette “highlands” islandesi. Sul finire del 2015 ha denunciato al mondo questo fatto chiedendo esplicitamente, con un video pubblicato sul proprio canale youtube, che il resto del mondo intervenga per salvare l’Islanda dai suoi politici. Più che un fatto clamoroso, un fatto dalle parole clamorose, che l’ha posta sullo stesso livello del premio Nobel Halldór Laxness che sul giornale Morgunblaðið nel Dicembre del 1970, pubblicò un articolo al vetriolo intitolato “Guerra alla nazione” in cui si esprimeva contro la costruzione di una serie di centrale idroelettriche, con toni fortissimi e uno stile meraviglioso. Björk è veramente una voce importante in Islanda, è considerata, ascoltata e rispettata ha creato uno stile proprio, sia musicale che politico, che la mette al di sopra di qualsiasi partito o movimento e la rende più che una cittadina islandese, una vera cittadina del mondo. Gran Bretagna esclusa quale altra nazione europea ha una star internazionale del suo livello ? La seconda è una considerazione personale su “Dancer In The Dark”. Il film di Von Trier mi mise a disagio da subito e rivisto per l’occasione lo ha fatto di nuovo. Se n’è parlato perché c’è Björk, per i premi di Cannes, per l’abito del cigno, per la vicenda delle molestie etc etc ma se n’è parlato poco per quello che è il centro della storia: il lavoro. Ho letto alcune recensioni dell’epoca e sono poche quelle che fanno riferimento a questo tema. Selma “deve lavorare” per far fronte alle cure del figlio, non può perdere il lavoro, Selma deve barare alla visita medica. In una delle prime scene impara addirittura a memoria il tabellone della visita oculistica necessaria per rinnovare il contratto. Insomma, quello che mi chiedo è se alla lettura del copione Björk abbia pensato anche solo per un attimo di accettare e fare quel film per quella ragione. Probabilmente è una mia fantasia ma io credo proprio che sia andata così. ma.st.

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