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“One Little Indian Records: I dischi del piccolo indiano” di Massimiliano Stoto pag
I dischi del piccolo indiano
di Stoto Massimiliano
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Come per Nick Cave nel numero scorso, vale la pena spendere, anche in queste pagine estive, qualche parola su quella che è stata ed è, l’unica casa discografica che Björk ha avuto, da quando per lei il gioco s’è fatto serio. Intendendo con questo la discografia dagli Sugarcubes in avanti. I Flux Of Pink Indians sono un gruppo anarcoide che si forma nella regione dell’Hertfordshire, a nord-est di Londra, nei primi anni ottanta incidono un Ep per la Crass Records, etichetta dove si sono accasati anche i KUKL, la seconda band di Björk. I FOPI fanno solo un breve passaggio alla Crass, incideranno infatti i loro primi due LP “Strive To Survive Causing Least Suffering Possible” del ‘82 e “The Fucking Cunts Treat Us Like Pricks” del ‘84 su Spiderleg Records un’etichetta da loro formata. I dischi di questa band si rifanno in pieno all’attitudine punk dell’epoca testi al vetriolo, avversione al potere, politico, economico e religioso e critica perenne alla società consumistica. Il secondo disco del gruppo, avrà dei problemi con la censura perché accusato di avere testi violenti. Colonna portante dei Flux Pink Of Indians è Derek Birkett, che assieme al cantante Collin Latter porterà avanti il nome fino a ridurlo a Flux e con questa sigla pubblicherà nel 1986 “Uncarved Block”. Unici due membri originali a concludere la storia, che ha nell’epitaffio finale della sua produzione, l’opera più meritevole di essere segnalata. Trentacinque minuti che vedono un cambio di registro musicale importante che abbraccia sonorità dub sperimentali che flirtano con ritmiche tribali e chitarre post punk e che vede il coinvolgimento di nomi importanti come Adrian Sherwood alla produzione, Ray Shulman, Paul White, Kenny Wellington, Brian Pugsley, Style Scott e molti altri. Il secondo e il terzo della lista saranno poi coinvolti, in maniera diversa, nell’esordio degli Sugarcubes. TP 1 o TPLP1CD questa la sigla di catalogo del primo prodotto della One Little Indian Records fondata da Derek Birkett assieme a Tim Kelly, un’ex chitarrista dei Flux Pink Of Indians, quando staccatosi dal, e stancatosi del punk, abbracciò canoni musicali di chiara matrice crossover, genere che in quegli anni stava emergendo. Sfruttando l’esperienza maturata con la Spiderleg Records, fondata anch’essa da Birkett, Derek e Tim partono quindi per questa fortunata avventura che si chiamerà fino al Giugno dell’anno scorso One Litlle Indian Records. Prima di pubblicare il 7” di “Birthday”, lato A in inglese e B in islandese, i due hanno modo di pubblicare altri artisti, tra questi i più rinomati furono gli A.R. Kane che di fatto esordirono con il singolo “When You’re Sad”per la OLI Rec. nel 1986. Ma fu negli ambienti della Crass Records che Derek incontrò i ragazzi che daranno una svolta all’etichetta. Con il fenomeno degli Sugarcubes la casa discografica si pone sotto la luce dei riflettori anche se negli anni successivi saranno solo due i grandi nomi che l’etichetta accoglierà tra le sue fila i Kitchens Of Distinction di Dan Goodwin, Julian Swales e Patrick Fitzgerald che usciranno per l’etichetta fino al 1994 con la parte più importante delle loro produzione musicale, e i The Shamen che tra l’89 e il ’96 usciranno con un buon numero di album e un più folto numero di Ep’s. Furono proprio gli Shamen con il brano “Ebeneezer Goode” a far registrare il primo grande “craque” della One Little Indian, mettendo a segno un colpo da primo posto nelle classifiche dei singoli del 1992. Il pezzo, che nel titolo contiene la citazione del famoso personaggio di Dickens, parla esplicitamente dell’uso di droghe e dell’Ecstasy in particolar modo. Per questo viene bandito dalla BBC per diverso tempo, cosa che non gli impedisce di diventare un grande successo e un grande classico del genere indietronica. A mio parere questi sono gli Shamen più tamarri, ma anche quelli più efficaci nel coniugare l’essenza del genere indie house con i gusti più commerciali dell’epoca. Rimane inequivocabile il fatto che il loro classico “In Gorbachev We Trust”, uscito nel 1989 su Demon, artisticamente sia un album che anticipa tante cose e di una purezza artistica inattaccabile. Direi che è un ascolto obbligato per ogni appassionato del genere. Gli affari con l’etichetta di Birkett si chiudono male nel 1996 con accuse reciproche, su sballate strategie artistiche, probabilmente più ingigantite che altro, la frase topica di Birkett che fa suo il vecchio adagio calcistico in cui i giocatori sarebbero più importanti degli allenatori, con lui che la gira dicendo che “i gruppi sono più importanti delle etichette”, non è sufficiente a sanare la questione.
The Shamen
Non si può certo dire che One Little Indian sia stata un’etichetta specializzata in un genere specifico, nata dalle ceneri di gruppi e collettivi punk abbastanza marginali, ha mosso i primi passi in un ambito, quello del crossover, che iniziava ad svilupparsi a metà anni ’80 per poi abbracciare stili e artisti differenti. Anche gli Sugarcubes erano una band dedita alla contaminazione e al miscuglio di generi. Se si pensa al cantato di Björk alle ritmiche funky-soul, al parlato di Einar abbiamo un bell’incrocio di sentimenti, per di più proveniente da un angolo di monQuando nel 1984 Flux Pink Of Indians e Chumbawamba condi- do non segnato sulle mappe delle rock. Di certo vidono il palco della Conway Hall, la registrazione finirà poi su l’incontro fra Björk e Birkett è stato fondamentale cassetta per la Acid Rain Products, non possono certo immagi- soprattutto per il nare che dieci anni dopo, il bassista dei FOPI, sarà il titolare di secondo, lei un’etichetta e il collettivo anarco punk nato nel 1982, firmerà avrebbe fatto la per questa, tre album, di cui un live, in un paio d’anni. Peccato fortuna di qualveramente per Derek e soci che l’inno dei Chumbawamba siasi etichetta “Tunbthumping” finisca su etichetta Emi/Universal solo due l’avesse messa anni dopo, altrimenti sarebbe stato un altro “craque” miliona- sotto contratto, rio. Ma Birkett, che questa cosa non può certo immaginarsela, con una voce del avrà di che consolarsi, infatti “Debut” il disco d’esordio della genere era imprincipessa d’Islanda, a conti fatti risulta essere stato acquista- possibile che to da quattro milioni di individui. Nel 1995, dopo vari singoli, capitasse il conesplode la voce di Deborah Anne Dyer, che sarà meglio cono- trario. Lo dimosciuta di li a poco come Skin, e che con il suo gruppo Skunk stra il fatto che Anansie darà alle stampe per l’etichetta, prima di passare a OLI abbia a disposizione tutto il catalogo dell’artista Virgin, due album “Paranoid & Sunburnt” e “Stoosh” a distanza islandese, dai Tappi Tíkarrass all’ultimo disco. di otto mesi uno dall’altro. Dalla metà degli anni’90 c’è un ulte- Ma prima di chiudere è necessario raccontarvi anriore allargamento dei generi musicali proposti e anche la qua- cora un paio di cose. Partiamo dalla prima, la OLI lità degli artisti, pur non raggiungendo vertici mondiali, è mi- Records dal 2008 anno d’uscita di “Electric Argugliorata. Nomi come Alabama 3, Sandy Dillon, Emiliana Torrini, ments” può vantare tra le sue fila il progetto THE Jesse Malin uno che è consigliatissimo ai fans di Springsteen e FIREMAN, una collaborazione fra Martin Glover che con il Boss vanta un featuring in un brano autografo e non alias “Youth” membro fondatore dei Killing Joke e memorabile, “Broken Radio” del 2007. Poi c’è stato il ripescag- Sir Paul McCartney membro fondatore della nota gio degli epici e inglesissimi Black Box Recorder di Luke Haines, band The Beatles. I due collaborano insieme già dal John Moore e Sarah “occhi da tigre” Nixey, quando il mio spac- 1993 dall’album di McCartney “Off The Ground” e ciatore mi ha proposto di completare la loro discografia per via di una sintonia trasformatasi in una bella mettendomi sotto il naso il loro parto per One Little Indian, non amicizia, fra i due è partito questo progetto che ha ho esitato a recarmi nel pollaio, prendere la gallina più in carne prodotto in quindici anni oltre a quello citato altri e piazzarla al mercato nero pur di farlo mio. Il loro “Passionoia” due album “Strawberries Oceans Ships Forest” semnel 2003 è per gente “con un certo stile”. Dopo di loro aggiun- pre nel 1993 e “Rushes” nel 1998. I primi due album gerei alla lista Polly Paulusma, la rediviva Sinéad O'Connor, Ólöf hanno avuto un’ispirazione più elettronico/ Arnalds e le Amiina che passarono anche dal Perché No ? a sperimentale mentre l’ultimo ha molte più parti Verbania, un bel po’ di anni fa, e che con gente come Samaris, cantate dall’ex-Beatles e risulta essere un album più Ásgeir, Kaktus Einarsson, Sindri Eldon (il figlio di Björk) e Ga- classico. La seconda cosa riguarda il cambio di nome bríel Ólafs costituisce in dell’etichetta, avvenuto come accennato poc’anzi, OLI una nutrita enclave in seguito all’omicidio di George Floyd e alle proteislandese. Ma per OLI tra- ste mondiali e legittime che ne sono seguite. Derek mite la sussidiaria ameri- Birkett si è sentito un razzista per aver chiamato la cana o direttamente, ab- propria etichetta “Un piccolo indiano” e scusandosi biamo avuto in Europa le per questo, ha cambiato nome alla casa discografica prime edizioni di dischi di che dal Giugno scorso si chiama One Little IndepenThey Might Be Giants, Dj dent Records. Pur capendone le motivazioni non Shadow, Cody Chesnutt, sono d’accordo su questa scelta, se reagiamo agli Pernice Brothers oltre che orrori delle prepotenze razziste, cancellando gli erle ristampe di roba di li- rori del passato, penso che avremo sempre meno vello come Disco Inferno riferimenti che ci aiutino ad evitare di farne di nuoe The Woodentops. vi. Ma.St.