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170 KM THE LINE

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L’idea di guidare la costruzione della città e delle sue parti ha origini antiche, attestabili nei tracciati geometrici con cui si organizzarono le composizioni urbane: si può pensare in ambito urbano agli schemi ippodamei ma anche alle risalenti organizzazioni di tante città oggetto di studi archeologici, nonché al primo trattato tramandatoci dall’antichità, in cui Vitruvio tratta esplicitamente di argomenti di urbanistica e disegno di città e parti di città. Le costruzioni monumentali assiali e l’urbanizzazione lungo assi urbani datano dal principio della storia della città, così come è antica la costruzione di infrastrutture lungo le quali si sono sempre inanellati presìdi e insediamenti: il rapporto tra città e infrastruttura nel territorio è stato magistralmente teorizzato proprio in Italia da Carlo Cattaneo nel XIX secolo, che sottolineava l’ineludibile interdipendenza e conseguente necessaria considerazione tra le parti urbanizzate e quelle produttive circostanti. Solo alla fne dello stesso secolo l’organizzazione lineare è stata esplicitamente estrovertita nel territorio in una forma continua, ribaltando gli usuali rapporti tra paesaggio e città consolidata, nei progetti di Ciudad Lineal di Arturo Soria y Mata lungo infrastrutture su ferro a corona della città di Madrid, parzialmente realizzata nei decenni successivi (lungo una più modesta linea di 5 km di tram a cavalli) e infne inglobata nell’urbanizzato.

A inizio ‘900, la Roadtown di Edgar Chambless (1910) e la Street of the Future di Eugène Alfred Hénard (1910) conseguenza del suo boulevard à redans (1903) sviluppavano schemi di insediamenti multilivello debitori dello schizzo leonardesco della sezione urbana con canali sotterranei, forse eco del Ponte Vecchio forentino, fno poi alle proposte futuriste di Antonio Sant’Elia di città a livelli sovrapposti in cui le infrastrutture, perfno l’aeroporto, si fondevano con gli insediamenti.

Negli anni Trenta, gli studi e i progetti per le città lineari proliferarono, con il Plan Obus di Le Corbusier per Algeri (1930) sviluppo degli schizzi per le città sudamericane (1929), certamente ispirati dal Lingotto torinese di Mattè Trucco (1924-26, nella seconda rivoluzionaria edifcazione), quasi un settore di un’ipotetica città lineare con trasporto su gomma in copertura, o ancora le proposte dell’architetto svizzero per Nemours e per Zlìn (1935) in seguito ai suoi contatti con i disurbanisti russi, che a loro volta avevano proposto soluzioni per superare la contraddizione tra città e campagna, tra cui lo schema Città Verde di Barshch e Ginzburg per Mosca (1930), la città lineare di Milyutin (1930) e il progetto di Magnitogorsk di Leonidov (1930).

L’attività dell’Association Internationale des Cités Jardins Linéaires (1928) promossa da Georges Bénoit-Lévy ibridava i principi della città lineare con quelli dell’altra innovativa proposta della Garden City di Ebenezer Howard, dunque in contesti di mercato del tutto alternativi alle ricerche russe. Le sperimentazioni moderne furono portate alle estreme conseguenze -progettuali- a cavallo del 1960 con il piano della baia di Tokyo di Kenzo Tange (195760) e con le proposte dei Metabolisti, quali gli schizzi di Kisho Kurokawa per la Linear City (1965).

Il contesto americano fu anche ambito di sperimentazione, con la Linear City in New Jersey (1965) di Peter Eisenman e Michael Graves e con la città lineare di Paul Rudolph lungo il Lomex a Manhattan (1967), quale pro-

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