Qui Bergamo n.ro 280

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ANNO 29 - N° DUECENTOTTANTA - GIUGNO 2021 - € 3

BERGAMO

CMP BERGAMO

SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE - EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO

MAGAZINE

IN COPERTINA

Bergamo riparte così Incanto a Teatro La storia dei Palchisti Giorgio Berta: bentornati a teatro Una nuova avventura per Tiziana Fausti Francesco Perolari: l’uomo del Centro Daste e Spalenga: una piazza per Faber Volkswagen ID.4: potenza intelligente Maserati MC20: nata per stupire

Boedo: il ristorante del Papu Gomez Astino amore mio: ritornato il Cenacolo Fabio Bombardieri: una storia tutta M.I.A. Francisco Malenchini: una vita da mediano PDF: punto di fuga Tutto sulla nuova sede GAMeC Inaugurato il Festival Pianistico Il Super Salone di Stefano Boeri Trip for dog: viaggiare con il cane



L’INCANTESIMO DI GORI. Azzeccato chiamare “Incanto” il programma previsto per l’inaugurazione del Teatro Donizetti, ritornato alla sua funzione dopo tre anni di restauri, e che non ha tradito le attese e la promessa di quel titolo. Siamo rimasti davvero incantati da quanto messo in scena per il ritorno alla vita del maggiore Teatro della città.

Ed è proprio quello che è riuscito a fare Giorgio Gori a Bergamo. Un vero incantesimo, grazie al quale riesce ad amministrare la città secondo i suoi programmi, senza praticamente avere un’opposizione che cerchi di metterlo in difficoltà, di discuterne le sue tesi e le sue scelte. Dobbiamo quindi arguire che il suo operato è evidentemente considerato degno di approvazione anche da chi istituzionalmente dovrebbe contrastarlo, trovarne i difetti, proporre correzioni e mantenere vivo il dibattito politico e l’attenzione dei cittadini sull’operato e sulla trasparenza di chi ha le mani in pasta. Ma, dopo la batosta elettorale patita al seguito di Franco Tentorio, le forze che si erano coalizzate sul suo nome non hanno più saputo riaffermare una loro identità politica, nè ritrovare un collante credibile e tantomeno un leader che potesse far meglio di Giacomo Stucchi. Il programma e l’agenda di Gori hanno spiazzato chi si aspettava uno sprovveduto velleitario che “provava a fare politica” e durante il suo primo mandato è riuscito a convincere anche chi non lo aveva votato la prima volta, aiutato anche dalle poche chance del suo sfidante, candidato all’ultimo momento e capace comunque di vestire dignitosamente i panni dell’agnello sacrificale. Nessuno più osa sbarrargli il cammino che procede spedito verso l’approvazione del Piano Regolatore che rispecchierà la sua visione di questa città per i prossimi anni. Si era detto che la giunta Gori era la giunta degli architetti (ben 4) ed è certo la prima volta che un PGT viene promulgato da un sindaco a sua volta laureato in Architettura. C’è quindi da confidare nella qualità del nuovo Piano di Governo del Territorio. Nè io nè voi siamo in grado del resto di poter esprimere un parere competente in merito e le assemblee organizzate da Gori in tutti i quartieri alla ricerca della condivisione del piano stesso e della sua filosofia (vedi anche ns. numero di maggio e se lo avete perso www.qui.bg.it) non servono certo a cambiarne il cammino. Gori,Valesini, Zenoni, Poli, e c’era pure la Ciagà, sono il manipolo di architetti che ha voluto dare al nuovo PGT un volto “sociale”. Non solo uno strumento tecnico per regolare e pianificare lo sviluppo della città, ma anche un indirizzo concreto per una Bergamo più inclusiva delle periferie, che riqualifica le aree dismesse, che previene ghettizzazioni ed emarginazioni e promuove cultura e un welfare attento ai bisogni dei più deboli. (V.E.Filì)

Stampato con inchiostri a base vegetale.


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EDITA PERIODICI srl Via Bono, 10 - Bergamo Tel. 035 270989

Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bg.it

www.editaperiodici.it www.qui.bg.it Aut. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992 Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it

Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Fotografie di: Federico Buscarino Sergio Nessi Paolo Stroppa

Hanno collaborato: Bruno Bozzetto Manuel Bonfanti Maurizio Maggioni Giuseppe Mazzoleni Benito Melchionna Francisco Malenchini Giorgio Paglia Camilla Peverelli Lorenzo Boccardini Stampa: Euroteam, Nuvolera (Bs)

Pag. 4 Rinascere così: Bergamo torna alla vita

Pag. 8 Riapre il Teatro Donizetti restaurato

Pag. 12 Giorgio Berta. bentornati a Teatro

Pag. 14 Dentro il Teatro: La storia dei Palchisti

Pag. 15 Tiziana Fa... Nuova avventura per Tizzi

Pag. 16 Francesco Perolari L’uomo del Centro

Pag. 18 Dori Ghezzi a Bergamo per la piazza intitolata a Fabrizio De Andrè

Pag. 24 Volkswagen ID.4 Potenza intelligente

Pag. 27 Maserati MC20 Nata per stupire

Pag. 32 Boedo: il ristorante di Papu e Linda Gomez

Pag. 34 Fondazione Paolo e Carolina Zani

Pag. 38 Astino Amore mio: Ritornato il quadro dell’Ultima Cena

Pag. 44 Fabio Bombardieri Una storia tutta M.I.A.

Pag. 48 Stefano Cerveni

Pag. 49 Umberto De Martino

Pag. 50 Belli e Ribelli per l’estate

Cultura e ristorazione 1

Pag. 52 Francisco Malenchini: una vita da mediano

Pag. 54 PDF: Punto di fuga

Pag. 62 Festival Pianistico: le serate inaugurali

Pag. 65 Fuochi di Paglia Cosa sarà?

Cultura e ristorazione 2

Pag. 20 Carrozzeria Granelli di Valentino Rossi la più antica, la più all’avanguardia

Pag. 66 Una nuova Casa per l’Arte Moderna

Pag. 72 Il Super Salone di Stefano Boeri

Pag. 56 Preservation tatoo

Pag. 61 Un pensiero per Livio Caputo

Pag. 76 Guido Crepax e i mille volti di Valentina

Pag. 78 Trip for dog: viaggiare con il cane


L’INVECCHIAMENTO PUÒ ATTENDERE

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RINASCERE COSÌ Nelle pagine che seguono le prime immagini del dopo pandemia. Bergamo ritorna alla vita, le sue strade si animano i locali risplendono di luci. La gente esce di casa e si gode la ritrovata libertà anche di divertirsi un po’. In giro, tra le gente, c’è un sano ottimismo, tanti giovani che si riprendono quella vita da ricominciare a mordere e a gustare. Il bacio che abbiamo rubato ritratto nella bella fotografia qui a sinistra di Sergio Nessi, racchiude tutta la passione e il desiderio di vivere e di fare l’amore che abbiamo dovuto reprimere per troppo tempo.

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ph. Sergio Nessi


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Sportivo e senza cravatta, come non lo abbiamo mai visto nelle occasioni ufficiali, si guarda in giro

nello studio dove abbiamo posizionato i tabelloni con i volti dei tanti che abbiamo ospitato sulle nostre pagine. Alcuni scatti risalgono anche a 25-30 anni fa ed eravamo agli inizi… “Come si cambia - dice riconoscendo molti dei visi fotografati - e la vita è spesso una concatenazione di eventi casuali. Io, per esempio, quando ho smesso di giocare a tennis, ho studiato Economia e Commercio perché mia sorella aveva sposato un commercialista e quindi speravo di poter trovare lavoro presso lo studio di mio cognato”. Dove abitava da ragazzo? “In via Anna Frank, quella vietta dietro l’Accademia della Guardia di Finanza, in una palazzina di sportivi. Abitava lì la famiglia Noris, famosi sciatori, poi c’era Personeni che giocava nell’Atalanta e i titolari della Libreria Rossi, tutti forti tennisti. Anche a mio padre piaceva il tennis e io ho iniziato con lui a sei anni. Finito il Lussana, ho provato a fare l’assicuratore ma non era il mio ramo… Mi proposero di lavorare al Tennis Club Bergamo e, in fondo, giocare a tennis, era quello che sapevo fare meglio. Lavoravo dieci/dodici ore al giorno e guadagnavo bene per cui l’Università l’ho accantonata per un po’. Però poi ho recuperato e mi sono laureato in tre anni. Aveva da poco passato i 26 anni, ero fuori corso ma mi proposero di fare l’assistente e così ho fatto trent’anni come Docente in Università. Nel frattempo ho aperto uno studio con la rag. Mirella Nembrini. Siamo partiti senza neppure un cliente e oggi nello studio lavorano quasi cento persone. All’inizio mi tornarono buone le relazioni che avevo intrattenuto grazie al Tennis e, chi mi aveva apprezzato in passato nello sport, spesso diventava cliente. Più recentemente ho iniziato anche questa attività a fianco dell’amministrazione pubblica non avendo mai fatto politica e, anche se si sa che guardo con favore più al centrosinistra che alla destra, non mi sono mai etichettato in alcun modo. Tant’è che ho fatto il presidente di Bergamo Infrastrutture con Roberto Bruni e poi da Tentorio ho avuto la delega per la parte finanziaria di Bergamo infrastrutture Quando è arrivato Giorgio Gori, che conosco da 50 anni, ho fatto parte del cda di Atb e successivamente ho assunto la Presidenza della Fondazione del Teatro Donizetti. Tre uomini di grande vaÈ GIORGIO BERTA, COMMERCIALISTA BERGAMASCO, lore. Roberto Bruni aveva grandi L’UOMO DEL MOMENTO. LA FONDAZIONE DONIZETTI capacità, Franco lo consideravo DA LUI PRESIEDUTA SU NOMINA DI GIORGIO GORI, SI più alla mia portata forse perché È FATTA CARICO DI RESTAURARE IL MAGGIOR TEATRO siamo colleghi…. Con GiorgioDELLA CITTÀ CHE HA RECENTEMENTE RIAPERTO LE non mi sono, invece, mai sentito PORTE AL PUBBLICO DOPO TRE ANNI DI LAVORI. all’altezza”, ancor oggi mi mette CONOSCIAMO PIÙ DA VICINO CHI È “L’UOMO DEL TEAun po’ di soggezione...”. TRO” E SCOPRIAMO CHE... SI È MESSO SOLO ORA Lei è l’uomo del momento A STUDIARE L’OPERA LIRICA. per via della riapertura del Donizetti dopo tre anni di ristrutturazione. La Fondazione ha cominciato a funzionare quando è arrivato lei? “Sì quando sono arrivato era appena stato nominato il consiglio di amministrazione. Siamo partiti con questo progetto in mano e con le gare da indire per poter avviare i lavori. Ma bisognava anche dare una struttura alla Fondazione che era solo sulla carta e per nulla operativa. Abbiamo procurato le risorse e creato regole interne in modo si applicasse il modello organizzativo che compete alla Fondazione anche in nome della massima trasparenza. Gli interessi che gli ruotano intorno sono davvero tanti. Attività di lirica, di prosa, di jazz e altre collaterali che coinvolgono i giovani e le scuole. Necessita di una trasparenza assoluta”. Quand’è che ha incontrato il Donizetti? “Frequentavo la rassegna dei cantautori avendo una grande passione per la musica moderna, per il rock, il jazz e giù di lì… Non mi interessavo della prosa, della lirica men che meno. Sono andato qualche volta al Festival del Jazz con mio padre. Adesso ho dovuto iniziare a studiare anche la musica lirica”. Ma la sua non è una funzione gestionale? “Sì è vero ma, quando presentano il cartellone della nuova stagione, voglio essere informato e aggiornato anche perché dalla qualità della programmazione dipende il successo del Teatro, anche quello economico… A Bergamo non abbiamo problemi nemmeno con la prosa che porta i suoi 5.000 abbonamenti. Il Festival Jazz è sempre un successo. Poi abbiamo Francesco Micheli sul fronte della Lirica che ci ha dato davvero grandi soddisfazioni e che con il Festival Donizettiano ha fatto parlare di noi anche il Washington Post. La sfida è che adesso il teatro non sarà aperto solo per sei mesi ma per undici e quindi i costi fissi aumenteranno in ragione di questo. Prima, non essendoci l’impianto di condizionamento, d’estate non si poteva utilizzare, mentre ora sì. Quindi, maggiori costi da coprire per cui dobbiamo pensare ad una programmazione che si estenda su più mesi e gli spettacoli non potranno essere più a compartimenti stagni. La gente è disposta a seguire la prosa, il jazz e anche la lirica ma bisogna introdurre proposte nuove anche per attirare di più i giovani,

visto che la maggior parte dei fruitori del Donizetti sono persone non più giovanissime. Per attirare nuovo pubblico bisogna essere capaci di utilizzare nuovi linguaggi e la dimostrazione è il successo di Incanto, lo spettacolo organizzato per l’inaugurazione dopo il restauro, che comprendeva un mix un po’ di tutti i generi. Dobbiamo attirare i giovani ma avere anche un ruolo sociale magari facilitando la possibilità di far venire a Teatro persone che non possono farlo. Come ad esempio gli ospiti delle RSA, che potremmo portare a teatro al mattino, per uno spettacolo o anche solo per assistere alle prove e vivere il Teatro. Adesso, anche in conseguenza del nuovo corso del Donizetti rinato e “condizionato”, bisognerà prestare molta attenzione al Teatro Sociale che, in questi tre anni, ha svolto un perfetto ruolo di supplente e che, anche per le difficoltà logistiche che lo caratterizzano, si presta meglio per percorsi di ricerca e proposte destinate ad un pubblico magari di nicchia ma non meno importante”.

Luigi Mariani

La Fondazione Teatro Donizetti e la generosità di Luigi Mariani, purtroppo scomparso a marzo dello scorso anno, hanno permesso all’Università degli Studi di Bergamo e al Politecnico di Milano di documentare con nuove ricerche, le relazioni tra la città di Bergamo e l’edificio pubblico che più la rappresenta. Il libro analizza le vicende che hanno accompagnato l’evoluzione della società e della cultura cittadina documentando la continua sovrapposizione tra scena teatrale e scena urbana. Assolutamante da leggere, edito da Bolis, lo trovate in libreria.


GIORGIO BERTA PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TE ATRO DONIZETTI CHE SI È OCCUPATA DEL RESTAURO

BENTORNATI

A TEATRO


I CAVALIERI DEL TEATRO UN BELLISSIMO VOLUME CURATO E SCRITTO DA CLELIA EPIS DEDICATO ALLA STORIA DEI PALCHISTI DEL TEATRO DONIZETTI

Quella dei Palchisti del Teatro è una storia affascinante che affonda le sue

radici in tempi lontani e che ha attraversato i secoli accompagnando la vita cittadina e mutuando, generazione dopo generazione, l’amore per il teatro, la musica, la danza, la prosa. Una storia raccontata in modo coinvolgente da Clelia Epis nelle pagine di un volume “Dentro il Teatro” voluto dal Corpo Palchisti del Donizetti di cui è presidente Daniela Guadalupi, che srotola in modo accattivante la storia del luogo dove da più di due secoli, l’attività culturale della nostra città trova la sua massima espressione. Nel leggerlo si ha la possibilità di tornare a percorrere la storia di Bergamo, dei suoi cittadini più influenti e della vicende legate all’affetto dei Bergamaschi per il loro Teatro. Tutto ha inizio quando alla fine del ‘700 Bortolo Riccardi intraprese la costruzione del Teatro ma, a corto di risorse, decise di cedere i palchi della costruenda struttura ad lacune facoltose famiglie della città che lo consideravano un segno di distinzione. Da allora tra mille vicissitudini che vedono la contrapposizione del Comune che è proprietario del Teatro dal 1938 e i Palchisti, titolari di un proprietà privata all’interno di un bene pubblico, siamo arrivati ad oggi con 34 titolari di un palco, dai 110 in origine, di cui 28 riuniti nell’Associazione Corpo Palchisti che ha disposto la pubblicazione del volume. “Questa pubblicazione è il nostro modo di dire: «Bentornato» al Teatro Donizetti. - ha dichiarato Daniela Guadalupi - Leggendolo emergono i profili delle grandi personalità che hanno avuto a cuore l’idea di “avere un palco a Teatro” e racconta un pezzo della storia cittadina che rischiava di andare perduta per sempre”

L’omaggio floreale di Daniela Guadalupi (a sinistra), Presidente dell’Associazione del Corpo Palchisti del Donizetti, a Clelia Epis, autrice del libro “Dentro il Teatro” reperibile presso le librerie cittadine.

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TIZIANA FA... Da tempo Tiziana ha deciso che i confini di un tem-

po sono diventati superabili e che inseguire i propri sogni è il modo migliore per avere successo. Il nuovo sogno di Madame Fausti Tizzi per gli amici si chiama 10 Corso Como, un sito storico che ha segnato gli anni splendenti del made in Italy nella cultura, nell’arte, nella moda e nel design di quella Milano che ne divenne la casa e la fucina. Lo avevamo saputo con preghiera di mantenere il segreto già molti mesi fa da una Tiziana sempre presa da mille cose incontrata giusto per gli auguri di Natale tra una chiusura e l’altra. Perché questa nuova sfida? Come in un grande gioco Tiziana Fausti ha dato vita, nel corso degli anni, alle più eleganti boutique del Centro di Bergamo, portando in città i nomi dell’alta moda italiana e francese. Dalle prime borsette, ai negozi sotto i portici del Sentierone, poi in via Tasso, in Città Alta, senza dimenticare gli “sconfinamenti” in Piazza Dante, o ancor prima con L’Emporio di Bergamo in Viale Papa Giovanni… Comunque ne avremo dimenticato qualcuno. Prima la pelletteria poi la donna, il bambino, coadiuvata in questo dalla bellissima figlia Francesca, infine l’uomo. Una volta mi parlò di un posto dove avrebbe voluto realizzare una Spa. In tutto questo ha deciso anche di sconfinare in Svizzera aprendo una boutique in quel di Lugano, esportando il suo grande carisma oltre confine. La più recente passione si chiama Terrazza Fausti, il bellissimo locale, in una delle posizioni più spettacolari di Bergamo, lanciato da Tiziana con la figlia Ludovica, oggi portato avanti da una società facente capo ad un noto ex giocatore della Juventus.

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Ma chi pensava che questo potesse accontentare Tiziana si è sbagliato. Infatti, il suo indomabile spirito di avventura e la sua passione nel fare impresa, la portano oggi ad essere protagonista sulla scena milanese, quindi finestra sul mondo, facendosi carico di gestire un brand ricco di suggestioni come quello di 10 Corso Como. Le tendenze Tiziana le fiuta al volo e sicuramente non ha sottovalutato il fatto che l’attenzione di 10 Corso Como è sempre stata verso politiche di sostenibilità, promosse anche attraverso appuntamenti culturali di grande spessore. 10 Corso Como è da sempre un’oasi nella Milano indaffarata ma capace di fermarne l’attenzione su di sé di trasmettere messaggi e sapere. Insomma davvero un bel mix in cui una come lei troverà di sicuro il bandolo.

L’immagine in alto ritrae Tiziana Fausti sulla copertina di qui Bergamo settembre 2001 (ph. Da Re)

ph. Paolo Stroppa


FRANCESCO PEROLARI

L’UOMO DEL CENTRO

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IL CENTRO PIACENTINIANO AFFASCINA BERGAMO, I SUOI CITTADINI E CHIUNQUE ABBIA LA FORTUNA DI VISITARE LA NOSTRA SPLENDIDA CITTÀ DALL’INIZIO DEL ‘900: NON È UN CASO, INFATTI, CHE VENGA CONSIDERATO IL ‘SALOTTO’ DELLA CITTÀ, GRAZIE AL FASCINO DEI SUOI PORTICATI SENZA TEMPO, DELLE PIETRE DEI PALAZZI CHE SPRIGIONANO STORIA, TRADIZIONE E UNO STILE ARCHITETTONICO INCONFONDIBILE, DELLE PIAZZE E DEGLI SPAZI CHE LO CIRCONDANO. PER FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE SUI PROGETTI IN DIVENIRE VOLTI A RIDISEGNARNE I CONTORNI, ABBIAMO INCONTRATO FRANCESCO PEROLARI, AD DELL’IMMOBILIARE DELLA FIERA. Tommaso Revera - ph: Federico Buscarino

Alla luce dei tanti progetti in essere, come cambierà il volto del ‘salotto’ di Bergamo?

“Come sappiamo, la pandemia purtroppo ha avuto effetti dirompenti sulla vita e sulle attività economiche in generale, e, ovviamente, anche la società che rappresento ne ha risentito. Fortunatamente, però, grazie ad un politica aziendale che, da anni, si ispira a i principi della diligenza, della vigilanza e della prudenza e che intraprende interventi programmati, mirati e mai azzardati, che cerca di diversificare l’offerta e di valorizzare gli spazi, la società complessivamente è riuscita a contenere e limitare gli effetti negativi.


Diverse sono infatti le iniziative di cui la società si è resa promotrice, già negli anni passati, volte a riqualificare e valorizzare la zona: tra le più significative possiamo citare il concorso indetto per ridisegnare Piazza Dante e le aree che circondano il Centro Piacentiniano che, da tempo, presentavano numerose problematiche e criticità. È stato un progetto complesso, che inizialmente ha coinvolto i bambini delle scuole primarie, a cui è stato chiesto di immaginare, semplicemente, come avrebbero sognato il Loro centro città. Da qui sono stati poi coinvolti tre importanti Atenei, quali l’Università di Bergamo, il Politecnico di Milano e l’Università di Pavia, i cui studenti del corso di Ingegneria e Architettura, sono stati incaricati di sviluppare le idee dei più piccoli, trasformandole in veri e propri progetti e studi di fattibilità. Grazie poi all’aiuto di tre Archistar internazionali, è stato decretato il progetto vincitore. A questo punto, si è deciso di coinvolgere l’Amministrazione Comunale, che ha potuto e saputo così elaborare e trasformare quello che era un progetto teorico in un’iniziativa concreta, mettendo in atto interventi e realizzazioni volte a migliorare fattivamente il centro città. Ed è anche grazie a questo lungo percorso che, oggi, possiamo ammirarne i magnifici frutti, tra cui la ristrutturazione dello splendido Teatro Donizetti e la graduale rivisitazione dell’intera area, che regalerà un nuovo Centro Piacentiniano e un nuovo centro città, ove gli elementi storici vengono valorizzati e recuperati di concerto con l’innovazione e la modernità. È stato uno splendido percorso, che ha mostrato peraltro come la sinergia e la collaborazione tra il Pubblico ed il Privato possono essere, anzi, sono un carta vincente per il bene comune di tutti. Dal vecchio albergo Diurno ad un nuovo locale con intrattenimento: come procedono i lavori dopo l’intoppo imprevisto della fognatura non indicata, che ha rallentato le operazioni? “La proprietà ed il progetto non appartengono alla nostra società e, pertanto, non sono a conoscenza di eventuali problematiche riscontrate durante l’esecuzione dei lavori. Per quanto riguarda il futuro, essendo il diurno limitrofo alle nostre proprietà, non escludo ed, anzi, confido che possa crearsi una sinergia ed una collaborazione anche concreta. Il Diurno, prima che venisse acquistato, è stato al centro di nostre attente valutazioni per circa tre anni (inizialmente avevamo anche ipotizzato la realizzazione di un parcheggio multipiano), ma alla fine abbiamo deciso di destinare le nostre risorse verso altri progetti, che ad oggi posso definirsi “vincenti”. Sono personalmente compiaciuto del nuovo progetto e della destinazione finale, che potrà contribuire ad un ulteriore incremento della vitalità del centro città, con beneficio per tutti anche per le altre attività commerciali”. Tra difficoltà e chiusure c’è qualcuno che va in controtendenza: l’ex giocatore della Juventus, Claudio Marchisio, ha recentemente inaugurato Legami Sushi & More nella suggestiva cornice di Terrazza Fausti: crede possa essere la scelta giusta dopo le esperienze di Ezio Gritti e Roberto Proto? “Dopo il positivo e longevo rapporto con quella che fu l’importante presenza di Autogrill in quegli spazi, la nostra società (che, lo ricordo, si occupa sia delle ristrutturazioni interne che del mantenimento conservativo esterno dei propri immobili che concede in locazione, creando situazioni di alto comfort e di alto livello architettonico in sinergia con le esigenze del conduttore stesso, offrendo anche un servizio di locazione sulle manutenzioni anche ordinarie) ha dovuto far fronte ad un rilevante investimento al fine di destinare questi spazi ad un uso ristorazione di alto livello, approfittando e valorizzando le splendide terrazze e i loro impareggiabili panorami ed affacci. Posso dire che è stato sicuramente un altro progetto di successo: diverse sono state le realtà che hanno trovato luogo in questi spazi, quali il ristorante dello chef Ezio Gritti prima, la la Croissanteria ed il magico mondo dello chef Roberto Proto poi.

Pertanto, ho accolto con entusiasmo l’iniziativa di Tiziana Fausti (con la quale collaboriamo da moltissimi anni) che ha permesso l’apertura, inaugurata di recente, del ristorante appartenente alla stimatissima catena Legami Sushi & More di Claudio Marchisio, a cui va il nostro più sincero in “bocca al lupo”.

Il Centro Piacentiniano promuove eventi mirati per cittadini e turisti, adulti e bambini, dedicandosi alla valorizzazione delle attività commerciali e professionali presenti nei suoi spazi e creando sinergie con le più attive (PiacentiniAMO, X-mas Edition, l’accensione dell’albero di Natale o la manifestazione Street Golf solo per citarne alcuni): c’è un progetto in particolare a cui è particolarmente legato? “Sicuramente PiacentiniAMO, un progetto socio/culturale che abbiamo proposto con successo a partire dal 2016 anche grazie alla “sinergia” con diverse Istituzioni Pubbliche, tra cui l’Ufficio Scolastico per la Lombardia e il Teatro Donizetti. Il progetto permette ai bambini ed ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado bergamasche di riscoprire il Centro Piacentiniano, il centro cittadino e la loro storia (offrendo peraltro anche la possibilità esclusiva di visitare il teatro) attraverso la creazione di una valida rete di visite guidate coordinate con gli istituti scolastici. Devo riconoscere che io, essendo un nostalgico che adora ascoltare la storia, apprezzo particolarmente anche le visite guidate ideate create insieme alla dott.ssa Tosca Rossi, storica dell’arte e ricercatrice, guida e accompagnatrice turistica abilitata per Bergamo e provincia. La possibilità di partire dal Centro Piacentiniano con una colazione, un brunch o un apericena, per poi continuare con la scoperta delle bellezze di città bassa è stata un’iniziativa che ha riscontrato un ottimo successo”.


DASTE: UNA PIAZZA PER FABER LA EX CENTRALE ELETTRICA DI DASTE E SPALENGA RINASCE COME INNOVATIVO POLO SOCIO-CULTURALE Ph. Sergio Nessi


È

stato inaugurato lo spazio riqualificato della ex Centrale elettrica di via Daste e Spalenga: i 3.000 metri quadrati dell’immobile dismesso nel quartiere di Celadina, infatti, sono tornati a vivere grazie alla conclusione di un lungo e impegnativo lavoro di riqualificazione urbana e di individuazione di un ampio gruppo di enti e associazioni in grado di farlo vivere sette giorni su sette. “Con l’avvio del progetto di Daste la città si regala un contenitore pubblico unico e senza precedenti per dimensioni e finalità della sua gestione – ha commentato il Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. “Ci abbiamo lavorato con grande impegno e determinazione, trovando i fondi necessari per la completa riqualificazione di questo spazio che abbiamo sempre indicato come decisivo per il rilancio di questa parte di città: ringrazio tutti coloro che hanno contribuito a conseguire questo importante risultato.

Meno di una settimana fa in città è stato inaugurato il rinnovato teatro Donizetti, al termine di un cantiere di tre anni 19milioni di euro di investimento: un’istituzione culturale a cui tutti quanti siamo legati per tradizione e prestigio, nel pieno centro della città. Oggi, a pochi giorni da quell’evento, in un quartiere della periferia come Celadina, si dà vita ad un altro contenitore culturale e sociale oltre che di svago ed intrattenimento, in grado di accrescere questo tipo di offerta anche in luoghi e parti di città dove, di queste dimensioni, non vi è mai stato, creando un contrappunto non solo geografico - di straordinaria ricchezza e prospettiva per il nostro futuro”. La piazza antistante il nuovo polo socioculturale di Daste è stata intitolata a Fabrizio De Andrè e alla cerimonia di inaugurazione era presente Dori Ghezzi vedova del grande cantautore scomparso nel 1999.


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ID4E POTENZA INTELLIGENZA

VOLKSWAGEN GRAZIE ALLA CONSULENZA DI ANDREA ROSSI, NUOVO BRAND MANAGER VOLKSWAGEN DI BONALDI GRUPPO EUROCAR ITALIA, VI PARLIAMO DELLA NUOVA ID.4, IL PRIMO SUV 100% ELETTRICO DI CASA VOLKSWAGEN

Un nuovo modo di viaggiare più sostenibile e digitale: così si presenta al

mercato la nuova ID.4? “La ID.4 è il primo SUV 100% elettrico della Casa di Wolfsburg e la prima auto elettrica “globale” del Marchio. Il modello si inserisce nel segmento caratterizzato dalla maggiore crescita a livello mondiale, ossia quello dei SUV compatti. Essa si presenta in due varianti: ID.4 Pure Perfomance con batteria da 52kWh / 170CV e ID.4 Pro Performance con batteria da 77kWh / 204 CV. Le novità continuano con: design ultramoderno con ottima efficienza aerodinamica, nuove tecnologie di illuminazione attraverso i fari interattivi IQ Light LED Matrix, elevate prestazioni che consentono di arrivare fino a 520 km di autonomia. Ma non è tutto! ID.4 offre un concetto degli interni in stile “Open Space”, sistemi di comando avanzati e connettività completa attraverso gli applicativi di “We Connect Start”. Autonomia e prestazioni: un binomio che non sempre va a braccetto e che invece con la nuova ID.4, 100% elettrica e 100% SUV, raggiunge standard elevatissimi… “Esatto! Con ID.4 l’autonomia può arrivare fino a 520km. Volkswagen inoltre, è la prima casa costruttrice ad offrire, con la denominazione We Charge, un pacchetto complessivo per la ricarica delle auto elettriche confortevole, collegata in rete ed ecocompatibile. Il pacchetto mette a disposizione la soluzione più adatta per ricaricare la vettura a casa, in viaggio o durante i lunghi tragitti. Presso una stazione di ricarica veloce DC, la ID.4 con batteria da 77 kWh e potenza di ricarica di 125 kW può ricaricare corrente continua per un’autonomia di 320 km (conformemente al ciclo WLTP) in circa 30 minuti.

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ID.4 si fa apprezzare per un look che esprime intelligenza e potenza: un SUV urbano caratterizzato da uno straordinario concept di design e da un raggio di sterzata degno di una city car. ID.4 è caratterizzato da un design ultramoderno. Gli esterni presentano proporzioni vigorose. Le sue linee limpide e fluide consentono un’ottima aerodinamica. La trazione posteriore inoltre pone le condizioni ideali per un’agile maneggevolezza e una notevole trazione e consente un raggio di sterzata molto corto, appena 10,2 m… proprio come le più comuni City Car!”. Gli interni restituiscono una grande sensazione di abitabilità: non a caso si tratta di uno degli abitacoli più spaziosi in un veicolo lungo meno di 4,6 metri, è corretto? “Gli interni della ID.4 sono concepiti come uno spazioso open space. L’accesso è confortevole e la visuale è ampia, perché il guidatore e i passeggeri siedono comodamente in posizione elevata. Il bagagliaio offre addirittura un volume di 543 litri, che aumentano a 1.575 dopo aver abbattuto gli schienali. Inoltre, i sedili anteriori della ID.4 rappresentano l’ultimo stadio evolutivo della tecnologia di sicurezza. In caso di collisione posteriore, i loro appoggiatesta riducono il pericolo di colpi di frusta. In caso d’impatto laterale si apre l’airbag centrale sul fianchetto destro del sedile lato guida, per evitare che il guidatore e il passeggero urtino l’uno contro l’altro”.


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ID4E POTENZA INTELLIGENZA

VOLKSWAGEN

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L’Head-up display con realtà aumentata consente di mantenere tutto sotto controllo per una vettura sempre più connessa… “Questa tecnologia, disponibile per i modelli ID., è in grado di integrare gli elementi virtuali nel mondo reale senza soluzione di continuità, consentendo al conducente di avere tutti i dati di navigazione sempre davanti ai suoi occhi. L’Head-up display con realtà aumentata è uno strumento d’informazione che amplia la realtà attraverso testi, immagini o animazioni tridimensionali. Entro i limiti del sistema, l’Head-up display proietta in tempo reale informazioni utili o di avvertimento direttamente all’interno del campo visivo del parabrezza. È importantissimo sottolineare però che questo aspetto non sia soltanto legato all’aspetto tecnologico dei modelli ID., ma anche a un aspetto di sicurezza, in quanto permette a chi è al volante di avere tutte le informazioni necessarie sulla navigazione e sugli assistenti alla guida, senza dover distogliere lo sguardo dalla strada”. ID.4 è disponibile in 2 versioni: Pure Perfomance e Pro Perfomance. Quali caratteristiche hanno in comune e quali, invece, i tratti distintivi per cui si caratterizzano? “Queste versioni hanno in comune tantissimi equipaggiamenti: si passa dai sistemi di assistenza e sicurezza alla guida (Adaptive Cruise Control, Front Assist, Lane Assist, Sensori di parcheggio anteriori/posteriori e tanto altro…) alla parte di Comfort con il sistema Climatronic, controlli di bordo touch a sfioramento, specchietti retrovisori riscaldati e sistema Keyless Advanced. Inoltre esse sono dotate di Ambient Light, Fari full LED, sedili in tessuto Matrix, volante multifunzione con comandi touch e tante altre caratteristiche. Ultimo, ma non per importanza è il sistema di Infotainment presente su entrambe le versioni attraverso “App Connect”, aggiornamenti software online, ID. Cockpit e schermo touch, Natural Voice Control e Navigatore Discover Pro e molto altro ancora. ID.4 è innovativa anche nella configurazione della vettura. L’offerta della gamma ID. Volkswagen ora ha una struttura ancora più semplice, che permette ai Clienti di creare in pochi passaggi l’elettrica perfetta per le proprie esigenze. Il processo di configurazione di ID.4 parte da 2 versioni che corrispondono a basi tecniche con diversi livelli di autonomia e di potenza, con una dotazione di serie comune. Questa può essere arricchita tramite l’aggiunta di pacchetti di equipaggiamenti identificati per funzione, così da permettere un grado di personalizzazione molto elevato”.


MASERATI

MC20 Non è un’anteprima in senso assoluto, l’avevamo già vista nelle immagini diffuse da Maserati nei mesi scorsi ma, averla sotto agli occhi dal vivo... è un’altra cosa. Sapendo quanto ci teniamo alle sorprese, Laura Parolini ci invita con altri giornalisti presso lo showroom di Scuderia Blu ad ammirare la new entry di Casa Maserati, di passaggio da Bergamo nel suo tour di presentazione ai palati raffinati. La MC20 è una sintesi di design ed eleganza coniugati con la potenza pura di un sei cilindri progettato e costruito in Maserati. Le portiere laterali si aprono a farfalla per un accesso incredibilmente facile. Una volta seduti dentro inizia il sogno. Siete avvolti da sedili da corsa e tutta la strumentazione è digitalizzata. Ogni aspetto della vettura risulta concentrata sull’esperienza di guida. Girate la chiave e il sound, molto Maserati da gara, vi porterà su di giri...

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ELEGANTE E SCHIACCIATA PER TERRA.

Ad un primo sguardo la MC20 mette in mostra tutta la sua eleganza, potremmo definire innata per le vetture del Tridente. Non è la supermuscolosa con alettoni e appendici da auto da corsa, ma possiede uno stile limpido che definisce un’aerodinamica molto efficace. A tenerla incollata a terra ci pensano sia la parte anteriore della carrozzeria ma soprattutto un fondo provvisto di una serie di condotti che spingono l’aria verso un estrattore posteriore che, letteralmente, schiaccia la vettura al suolo con una forza che, a 200 km/h di velocità, arriva a 100 kg.

NATA PER STUPIRE


MASERATI

MC20

NATA PER STUPIRE

IL CUORE DELLA MC20 Da oltre 20 anni Maserati non costruiva un motore a Modena e risale a 15 anni fa la MC12, l’ultima sportiva Maserati con motore posteriore MC20 che dispone del nuovo Nettuno. Questo il nome del V6 biturbo disposto in posizione centrale posteriore capace di ben 630 CV a 7.500 giri/min e 730 Nm già a partire da 3.000 giri/min. Tecnologicamante avanzato, è dotato di un sistema di precamera per la combustione che avviene con due candele per cilindro, bruciando in modo molto efficiente il carburante. Il suo sound è più “Maserati” che mai: profondo, gorgeggiante, ma non esagerato. Un suono, anche questo, che si potrebbe definire, elegante. La MC20 è nata con un V6 biturbo, per questioni di spazio, di peso e di emissioni, senza intaccare le performance e, in effetti, i suoi 630 CV la dicono lunga, anche per il peso contenuto della vettura.



MASERATI

MC20

NATA PER STUPIRE

La MC20 è particolarmente leggera grazie alla struttura portante in fibra di carbonio, progettata per essere declinata in altre due versioni. La Spider arriverà l’anno prossimo e, più avanti, una versione a trazione ‘full electric’.

Superfici levigate, proporzioni perfette e due bellissime portiere a farfalla. Pratiche per evitare di sbattere contro il marciapiede, offrono un’ottima modalità per entrare nell’abitacolo, dove ritroviamo lo stile degli esterni: linee pulite, tese, ma sportive. Dietro il volante c’è un grande display a colori, con grafiche che si modificano in base alla modalità di guida scelta tra GT, Sport, Corsa e Wet. E si regolano con l’apposito comando a rotella sul tunnel centrale. L’altro schermo da 10,25 è posto al centro della plancia ma in questo modo ci si concentra solo sulla strada davanti a noi e non sull’infotainment condiviso. La MC20 è un’auto da Gran Turismo, e non mancano alcuni comfort come apple car play, android auto, un incredibile impianto stereo da 695 watt della Sonus Faber e la possibilità di interagire con Alexa, l’assistente vocale di Amazon.


MC20 CARTA D’IDENTITÀ Architettura motore: V6 90° MTC twin turbo Cilindrata totale: 3000 cc Potenza massima: 630 CV Coppia massima: 730 Nm Sistema di accensione: MTC (Maserati Twin Combustion) Twin Spark con precamera passiva Alimentazione: PDI (iniezione diretta 350bar + precamera 6bar) Sovralimentazione: doppio turbocompressore con waste gate elettronico Lubrificazione: pompa olio a portata variabile, coppa a secco con pompa scavenge e serbatoio olio esterno Distribuzione: doppio albero a camme in testa per bancata con fasatura variabile Prestazioni: 0-100 Km/h (s): 2,88’’ / 0-200 Km/h (s): <8,8’’ Velocità massima (km/h): >326km/h Spazi di frenata from 100 to 0 km/h (m): <33mt Coefficiente di resistenza aerodinamica (Cx): <0,38 Consumo: (ciclo combinato) l/100 km 11,5; (low) l/100 km 20,5; (medium) l/100 km 12,2; (high) l/100 km 9,9; (extra-high) l/100 km 9,6 Emissioni CO2: (ciclo combinato) g/km 261; (low) g/km 464,4; (medium) g/km 276; (high) g/km 223,7; (extra-high) g/km 208,4

SCUDERIA BLU MASERATI

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DALL’ARGENTINA A BERGAMO CON TANGO E AMORE Ha lasciato l’Atalanta qualche mese fa per andare a giocare al Siviglia, ma il legame di Alejandro “Papu” Gomez con Bergamo non si è spezzato: il calciatore argentino ha infatti scelto la città in cui è stato di casa per tanti anni per aprire il suo ristorante. Si chiama Boedo ed è in piazzetta Sant’Orsola e ha l’obiettivo di far vivere ad ogni ospite la vera atmosfera argentina, permettendo di assistere in diretta alla cottura dell’asado sulla griglia a vista e di divertirsi ammirando gli show di esperti ballerini di tango. Impegnate nel lancio del nuovo ristorante sono la moglie Linda Raff e la cognata Barbara Raff alla quale abbiamo chiesto il perchè del nome Boedo. “Boedo è un paese vicino a Buenos Aires - ci dice Monica Gomez - dove gioca il San Lorenzo, squadra dove ha militato anche il Papu e della quale Papa Francesco è tifoso”. Perchè avete aperto a Bergamo? “Abbiamo scelto Bergamo perchè amiamo questa città che è bellissima e perchè ormai siamo diventati tutti un po’ Bergamaschi”. Perchè dovremmo venire al Boedo? Invitiamo tutti a vivere l’esperienza di sentirsi a Buenos Aires, I nostri piatti sono argentini, così come il nostro staff, la carne è di eccellenza e si può sentire con il cuore il Tango.

Linda Raff moglie di Papu Gomez

Barbara Raff cognata del Papu



MERAVIGLIOSO!


UN GRANDE PROGETTO CHE UNISCE STUDIO, RICERCA,VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E NATURALISTICO DELLA CASA MUSEO DELLA FONDAZIONE PAOLO E CAROLINA ZANI E DEL SUO SCENOGRAFICO GIARDINO: LA MOSTRA ‘MERAVIGLIOSO! UN CAPOLAVORO FIORITO DEL BAROCCO EUROPEO’, ALLESTITA NELLA NUOVA SALA DELLE TEMPORARY EXHIBITIONS ALL’INTERNO DELLA CASA MUSEO DI CELLATICA E APERTA AL PUBBLICO FINO AL 10 OTTOBRE PROSSIMO, PRESENTA I RISULTATI DELLE INDAGINI STORICO-ARTISTICHE, STILISTICHE E BOTANICHE CONDOTTE SULLA GRANDE TELA CON NATURA MORTA CON TRE VASI DI FIORI, SCOIATTOLO E PAPPAGALLO SU UN TAVOLO (1625-1630 CIRCA), ENTRATA IN COLLEZIONE ZANI NEL 2004.

L’opera, pur non presentando un’attribuzione

certa, fu scelta da Paolo Zani esclusivamente per la sua straordinaria qualità pittorica. Mirabile per tecnica e impatto visivo la scenografica tela, già attribuita nel 1999 ad Astolfo Petrazzi, fu esposta nel 2016 alla Galleria Borghese di Roma come opera di un pittore caravaggesco attivo nel terzo-quarto decennio del XVII secolo. L’opera, tanto misteriosa quanto scenografica, è stata sottoposta negli ultimi mesi ad una serie di indagini scientifiche, ricerche stilistiche e botaniche che hanno portato a nuovi risultati, presentati proprio in occasione di questa nuova esposizione. Ben 63 essenze botaniche sono riprodotte nel dipinto che, per affinità stilistiche e compositive con altre opere, viene oggi ricondotto alla produzione di un artista attivo in Italia, probabilmente spagnolo, entro il terzo decennio del XVII secolo.


MERAVIGLIOSO!


La mostra è accompagnata, tra i mesi di giugno e settembre, da una serie di eventi collaterali (visite guidate e workshop) dedicati al tema della natura morta, del giardino e dei fiori (per il programma completo si veda il sito www.fondazionezani.com). l corsi, laboratori e le attività di pratica per gli adulti e i più piccoli, sono intesi come momenti di attività collaterali che hanno come tema la natura, i fiori e il giardino. L’obiettivo è quello di creare un dialogo tra le opere d’arte esposte all’interno della Casa Museo e lo scenografico giardino circostante, ricco di essenze naturali, arbusti potati ad arte e una collezione di vasi, pozzi e fontane del XVII e XVIII secolo. Per i più piccoli: E tu… che albero sarai? (Workshop, 3 +) Piccolo Erbario Poetico (Workshop, 6+) I colori naturali (Workshop, 9+) Per gli adulti: Pratica di Taiji, Yoga Floreale e workshop di composizioni floreali

L’accesso alla Casa Museo e agli eventi collaterali è consentito solo con visita guidata su prenotazione da effettuarsi sul sito www.fondazionezani.com oppure all’indirizzo mail info@fondazionezani.com Orari: Martedi-Venerdì: 9-13; sabato-domenica: 10-17 Biglietto Casa Museo - Mostra Intero: 10 euro- Ridotto: 7 euro Museo in Famiglia (1 adulto + 1 bambino): 10 euro Il costo degli eventi collaterali è indicato nel sito accanto al programma dettagliato di ogni attività

Fondazione Paolo e Carolina Zani per l’arte e la cultura Via Fantasina 8 - Cellatica (Bs) Tel. 030 2520479 www.fondazionezani.com


ASTIN , GRANDE

AMORE


Il monastero di Astino occupa un posto speciale nei cuori di

tutti noi di qui Bergamo. Ne conobbi la storia dall’indimenticabile Carlo Leidi per il quale pubblicai, nel 1994 su questa rivista, alcuni ritratti in bianco e nero realizzati dal fotografo-notaio, alcuni anni addietro, alle persone che abitavano nelle cascine adiacenti al Monastero. Poi si arrivò al 2007 quando la Fondazione della Misericordia Maggiore entrava in possesso del sito abbandonato e lasciato al degrado ormai da decenni. Il presidente della Mia era il grande amico Friedel Elzi che mantenendo una promessa che ci aveva fatto ci coinvolse in esclusiva nella prima visita alla riapertura del monastero. Con Paolo Stroppa e Patrizia Venerucci abbiamo provato l’emozione di aprire il portone della chiesa per ritrovarci di fronte ad un vero scempio. Le tele accartocciate per terra, calpestate, le tombe sul pavimento della chiesa visibilmente già visitate da predoni e ladruncoli, calcinacci e crepe preoccupanti. Gli affreschi quasi completamente compromessi. Una devastazione totale. Ripensandoci ora e toccando con mano i risultati dei lavori di restauro a cui ha provveduto la MIA in questi anni, non si potrebbe credere di averlo visto com’era. Meno depredato appariva il grande sotterraneo dove erano dislocate in fila una dozzina di enormi botti nelle quali veniva conservato il vino prodotto dai frati. Tutto comunque invaso da ragnatele e chissà quali altri esseri… Per noi fu una scoperta e un’emozione davvero forte, come quella che proviamo ogni volta che torniamo al Monastero di Astino. Vederlo a poco a poco risorgere e riaprirsi alla vita della comunità è stato un piacere che abbiamo documentato passo passo. Dai primi restauri della Chiesa, fino alle feste estive con gli chef stellati; dai ritrovamenti archeologici fino all’iniziativa per la restituzione di alcuni dipinti precedentemente documentati. Questa volta vi presentiamo il ritorno del grande quadro dell’Ultima Cena di Alessandro Allori finalmente restaurato dopo anni di peripezie e location differenti in giro per la città. Un vero spettacolo per gli occhi dove riscoprire un pezzo del Vangelo tanto significativo per la cristianità. Però, ogni volta che ci ritroviamo lì, sentiamo un po’ la sua mancanza, quella della sua simpatia, del suo calore umano e dell’odore del sigaro di Friedel, che di certo, dopo quello che ha smosso per non lasciare alle ortiche quella che pur sempre fu casa di Dio, starà a guardare dal paradiso come procedono i lavori…

IL CENACOLO RITORNATO

ANDATE A VEDERLO


TRE VEDUTE A VOLO D’UCCELLO

Verso la fine del XVI secolo la decorazione del refettorio fu completata con tre vedute “a volo d’uccello” affrescate illusionisticamante nelle lunette sopra la tela dell’Allori, quasi fossero finestre aperte nella sala stessa della Cena. In esse si racconta la storia sintetica della Passione e Morte di cristo attraverso i luoghi in cui esse avvennero, più che con la rappresentazione di fatti evangelici, solo accennati. Le lunette raffigurano la “Valles Cedron” con i soldati che escono dalla città in cerca di Gesù, il “Mons. Oliveti” con Cristo in preghiera nell’orto e la “Civitas Jerusalem” con le tre croci sul Golgotha.

Il monastero Vallombrosano del Santo Sepolcro di Astino fu da sempre uno scrigno di fede, arte, storia e civiltà, rappresentando un

punto di riferimento imprescindibile per la città di Bergamo dalla sua fondazione nel 1107 fino alla soppressione nel 1797. Da questo momento iniziò un inarrestabile degrado causato da riutilizzi impropri, abbandono e dalla dispersione di gran parte del suo ricchissimo patrimonio artistico. Con il recente restauro promosso dalla fondazione MIA, proprietaria dal 2007 dell’immobile e del fondo agricolo circostante. è iniziata anche un’attività di ricostruzione dell’integrità storica dell’edificio con la ricollocazione, per quanto possibile, delle opere d’arte disperse. La già importante di queste è la monumentale tela dell’Ultima cena del fiorentino Alessandro Allori, incamerata dal Comune di Bergamo all’indomani della soppressione e poi collocata nel Palazzo Nuovo del Podestà (odierna Biblioteca Angelo Mai), quindi in Accademia Carrara e infine nel Palazzo della Ragione. Solo in anni recenti l’opera è stata riscoperta a seguito del restauro promosso dalla Fondazione Credito Bergamasco.


ASTIN , GRANDE

AMORE

Oggi, nel 2021, grazie al comodato d’uso concesso dal Comune, l’opera è tornata finalmente a casa nella sua ubicazione originaria sulla parete di fondo del refettorio in significativo dialogo con le tre lunette affrescate soprastanti, liberate dallo scialbo e restaurate per l’occasione. Nel corso del XVI secolo il monastero visse una stagione di rinnovato splendore a seguito della Controriforma e grazie al rinsaldato rapporto con l’abbazia di Vallombrosa, casa madre della Congregazione Vallombrosiana, protetta dai Medici. Granduchi di Toscana. Nel 1578 vi fu, tuttavia un tentativo di rivolta da parte dell’abate bergamasco Lattanzio Medolago che con Astino a capo, intendeva liberare i monasteri lombardi dall’egemonia toscano. Fallita la ribellione, nel 1580 il nuovo abate Callisto Solari volle comunicare con forza il rientro del monastero nell’alveo della congregazione, commissionando gli arredi lignei del refettorio sul modello di quelli di Vallombrosa e la grande Ultima Cena al principale artista fiorentino del tempo, Alessandro Allori. Quando giunse il dipinto da Firenze, nel marzo 1583, i monaci rimasero stupefatti e nelle loro Ricordanze si ripromisero di conservare la tela con tutte


ASTIN ,

GRANDE AMORE L’AUTORITRATTO SCONOSCIUTO DI ALESSANDRO ALLORI

Alessandro Allori (Firenze 1535-1607), raffinato pittore della corte medicea, realizzò nel 1582 due versioni dell’Ultima Cena: quella su tela per Astino, certamente autografa preziosa testimonianza della sua concezione sontuosa dell’arte sacra, e una ad affresco nel refettorio del convento del Carmine a Firenze, più debole e semplificata, eseguita quasi certamente da un collaboratore sulla base dei disegni del Maestro. Nella versione bergamasca, oltre che con la firma e con la data presente su uno dei sostegni della tavola, Allori lasciò una precisa traccia di sé: è probabile che l’apostolo con il mantello rosso sul capo, che sta guardando l’osservatore, sia un autoritratto, come dimostra l’assomiglianza del personaggio con un noto ritratto dell’artista.

IL PRANZO DI MAGRO

In tavola non è servita la cena pasquale ebraica con agnello e pane azzimo, che fu l’ultimo pasto di Gesù con gli apostoli, ma il pranzo di magro, che i monaci consumavano nei giorni di digiuno, come il Venerdì Santo, quando erano consentiti solo prodotti vegetali ed eventualmente pesce, uova e formaggio. Nel dipinto vige un ferreo regime vegetariano, indicato certamente dall’abate committente: vari frutti “in purezza”, come pinoli, castagne, uva sultanina, capperi, olive, pere, noci, cedro affettato, mandorle da insaporire semplicemente con sale contenuto in piccole saliere dorate. Le grandi pagnotte avvolte in tovaglioli sono probabilmente la razione giornaliera di ogni monaco, come prescritto dalla Regola di San Benedetto. Sparsi sulla tavole ci sono i cialdoni, tradizionali della cucina toscana e alternativa croccante al pane.


L’opera fu commissionata dall’Abate di Astino Calisto Solari, che conobbe probabilmente Alessandro Allori nel 150 quando l’artista

stava lavorando nel monastero Vallombrosiano di Passino (FI). L’incarico fu gestito in <Toscana da Aurelio Casari, Abate di Passignano che ben conosceva Astino essendone stato in precedenza il responsabile. Al pittore fu chiesto di ispirarsi esplicitamente al Cenacolo eseguito nel 1527 da Andrea del Sarto, “pittore senza errori”, nel monastero vallombrosiano di San Salvi a Firenze, Il pittore escogitò il curioso espediente di copiarne solo il lato destro, mentre reinventò quello sinistro. Il recupero dello stile mestolo, puro e naturale di Andrea rispondeva ai principi dell’arte sacra della Controriforma, chiara ed efficace nel comunicare il messaggio evangelico.


IL CENACOLO DELL’ALLORI TORNA AL SUO POSTO AL MONASTERO DI ASTINO

UNA STORIA TUTTA M.I.A. INTERVISTA CON FABIO BOMBARDIERI

Fabio Bombardieri, commercialista, presidente nonché pro-pulsore della Fondazione MIA, con il suo impegno, quello dei suoi consiglieri e della struttura della Fondazione, ha portato a compimento in tempi ragionevoli il restauro del Complesso di Astino. Dalla sua presidenza in poi la macchina si è mossa in maniera ostinata e contraria ai tanti che, di quell’eremo bellissimo, avrebbero voluto farne magari un lussuoso resort, che, detto tra noi, sarebbe stato la fine del mondo. Ma così non è stato e, con la lungimiranza di chi ha oltre 750 anni di storia alle spalle, la Misericordia Maggiore ha prima acquistato l’immobile e successivamente ha messo mano alla sua resurrezione. E, due settimane fa Fabio Bombardieri, visibilmente orgoglioso, ha potuto presentare al mondo il ritorno in convento del dipinto dell’Ultima Cena di Gesù tra gli apostoli che, dopo qualche mal di pancia, è stato riposizionato nel refettorio da dove era stato asportato dal Comune (quando era proprietario dell’ex convento) e piazzato a Palazzo della Ragione in attesa di futuri sviluppi…

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FABIO BOMBARDIERI PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE M.I.A.

Non

bisogna mai dimenticare che la Misericordia Maggiore o MIA (nell’abbreviazione storica che l’ha evidenziata nei secoli) sorse a Bergamo nel 1275 come sodalizio spirituale e caritativo per opera di due domenicani, il Vescovo Erbordo e il beato Pinamonte da Brembate, che ne dettò la regola originaria. Il soccorso dei poveri, degli infermi, dei carcerati e degli altri bisognosi fu l’obiettivo della Misericordia, le cui prime rendite furono le offerte raccolte tra i Confratelli; si aggiunsero quindi beni e lasciti, legati ed eredità che col tempo e grazie ad una accurata amministrazione si accrebbero fino a costituire un ingente patrimonio.La Misericordia divenne il principale punto di riferimento per quei diffusi orientamenti dei laici conosciuti come “rivoluzione della carità”. Attuò un’assistenza a tutto campo, che si rivolgeva all’intera cittadinanza e copriva l’intera città, tutto il territorio del medioevale “Comune di Bergamo”, cioè l’attuale territorio di tutta la provincia.

“Mi spinse Friedel Elzi - ci racconta - ad andare a vedere il quadro e, dopo aver visto dov’era stato sistemato, ne parlai con il sindaco e concordai che, una volta terminati i lavori, il quadro sarebbe dovuto tornare al suo posto cioè ad Astino. Sorridendo gli dissi che, se così non fosse stato, avrei fermato i lavori di ristrutturazione. Scherzavo, ma non troppo. Il Sindaco ha subito condiviso l’importanza dello spostamento e mi ha subito promesso che il dipinto sarebbe ritornato dov’era, una volta superati i problemi burocratici. Il Comune avrebbe voluto fare una donazione ma, per problemi con l’avvocatura, abbiamo risolto con un comodato d’uso di trent’anni… Un domani si vedrà. Il restauro è durato parecchi mesi ed è stato effettuato presso il Credito Bergamasco, nella sala del Consiglio, dove potevo vederne i progressi ogni volta che questo veniva convocato. Nel frattempo la Sovrintendenza ha iniziato a chiedere garanzie sulle caratteristiche del luogo dove sarebbe stato ricollocato, cioè nella sala del refettorio, vincolandoci ad eseguire modifiche per i particolari impianti necessari alla giusta climatizzazione. In seguito, avanzò l’ipotesi di riportarlo ad Astino non nella parete originaria, ma in quella di fronte, sopra la porta di ingresso, quando invece quel dipinto è nato per stare proprio lì sotto le tre lunette… Poi sembrava che l’iter autorizzativo si fosse arrestato. Ho dovuto combattere ma, alla fine, L’ultima Cena è nel posto dove è stata per secoli. L’unica cosa che non mi piace molto è la cornice, perché determina un divisione netta fra il dipinto e le tre lunette con gli affreschi sulla Terra Santa, ma ho capito che è necessaria per l’affissione in sicurezza dell’opera”. Un bel successo, un altro traguardo raggiunto… “Sì però vorrei che il Cenacolo dell’Allori servisse anche per attirare l’attenzione su quanto realizzato sottoterra e magari non così bello da vedere. È un dovere di rendiconto ma anche utile a capire come fare per utilizzare una struttura così delicata senza invaderla. Rendere la struttura idonea a svolgere nel corso dell’intero anno attività culturali, di convegnistica oltre che le attività di ristorazione nelle cantine, ha comportato la realizzazione di importanti impianti di riscaldamento e raffrescamento oltre che un innovativo sistema di cappe e impianti, anche di aspirazione, realizzati nel sottosuolo”. Cos’è per lei Astino? “Un luogo magico. Quando c’è stato il G7, mi ricordo che sono accaduti alcuni contrattempi perché i delegati dei vari Paesi non volevano più andare via. Secoli di storia e di attività monastica hanno lasciato un segno. Appena entri ti dà una grande pace ed è vero che non si riesce ad andare via”. Com’è che si diventa Presidente della Mia? “Nel mio caso, dopo 25 giorni che dicevo di no alla proposta: mi è venuto in mente mio padre che mi avrebbe tirato i piedi di notte perché rifiutavo un impegno civico e alla fine ho detto di sì. Ma la prima risposta che diedi al


Un raggiante Friedel Elzi il giorno dell’inaugurazione della chiesa ristrutturata. Nelle immagini a destra, ecco come trovammo il Monastero di Astino la prima volta che, con lo stesso Elzi, entrammo per un repotage (ph. Paolo Stroppa) sindaco fu un no deciso. Sapevo che era un incarico gravoso, ero già abbastanza impegnato e non mi piace fare le cose male... Non me la sentivo, sia perché in ambito di formazione culturale conosco i miei limiti (la mia preparazione è giuridica, contabile, sono su un fronte diverso), sia perché la presidenza della MIA è un impegno notevole ed ero al corrente della tegola di Astino”. Si è preso una bella gatta da pelare... “Sì e i primi mesi ero abbastanza spaventato. Qualunque incarico io riceva, la prima reazione è la preoccupazione. E questa volta ero molto preoccupato. Come ricorderà in un primo tempo era prevista l’edificazione di alcune unità immobiliari sulla Ripa Pasqualina, che sarebbero servite a finanziare i lavori necessari al restauro del Convento ma, per l’impuntatura di una parte politica, il tutto venne rimesso in discussione. Fummo tentati di porre la condizione, per iniziare il recupero di Astino, che venisse ripristinata l’edificabilità di quell’area ma ci siamo resi conto che non era possibile. In seguito però ci venne l’idea di realizzare un parcheggio che avrebbe reso possibile l’accesso sostenibile al complesso. E, infatti, il parcheggio ha fatto decollare la frequentazione della valle e del Monastero ed ha reso possibili le attività di ristorazione che si sono avvicendate nel tempo e, anche in occasione dell’Expo di Milano, le iniziative organizzate hanno avuto un enorme successo. Realizzare il parcheggio mi è costato una lotta serrata. Ho dovuto rifarlo tre volte ma, alla fine, è stata la soluzione vincente per il rilancio del complesso: non inquina la via che sale al monastero come, invece, sarebbe accaduto con il progetto originario che prevedeva un parcheggio sotto il complesso e quindi l’andirivieni delle auto fin dentro la valletta. Si è valorizzata tutta l’attività agricola che era stata promossa da Elzi, portando decine di migliaia di persone a godere di quanto Astino tiene in serbo per i suoi visitatori”. Cosa diventerà Astino? “Il legame con il territorio e con i suoi prodotti tipici, visti anche i precedenti, ci ha portato a decidere di insediare ad Astino un’Accademia di Cucina ad un livello superiore rispetto agli istituti professionali già esistenti tra Bergamo e Brescia. Sul modello della piccola scuola di Niko Romito di Castel di Sangro, con i Cerea che si sono dichiarati disponibili a valutare di ricoprire un ruolo importante nella partita. Il Covid, però, ci ha fatto sospendere tutti i progetti che

peraltro non dipendono, se non in parte da noi, perché va realizzata da gente esperta del settore. Il nostro ruolo è di stimolo, di accompagnamento oltre che quello di ristrutturare la cosiddetta Cascina Convento in modo conforme alle necessità dell’Accademia. I lavori di pianificazione del gruppo che sta lavorando all’attivazione dell’Accademia sono ripresi nelle ultime settimane e da parte nostra, avendo ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni dalla Sovrintendenza, stiamo effettuando una serie di opere preliminari quali lo sbancamento del cortile interno, il consolidamento del tetto e delle facciate esterne e, per quanto ci riguarda verso la fine dell’anno prossimo i lavori potranno essere a buon punto. L’Accademia, rivolta anche a persone già competenti, prevede un numero ridotto di partecipanti per ogni corso, ed ha l’obiettivo di formare un alto livello di professionalità. Gestirà l’attività ristorativa nelle cantine e nella Torre del Guala, con due livelli di offerta, una cucina stellata ed una cucina più “popolare”; in entrambe, oltre che nella stagione estiva sul plateatico all’aperto, saranno serviti piatti realizzati con i prodotti degli agricoltori locali; le tre cantine non adibite a ristorazione verranno destinate ai vini, salumi e formaggi del territorio. La gente che verrà a Astino potrà rilassarsi passeggiando nelle strade ciclopedonali e nei senteri del bosco dell’Allegrezza, potrà ammirare mostre, assistere ad

iniziative culturali, musicali, di spettacolo, vistare la sezione biologica dell’orto botanico e condividere il cibo. Aspetto questo che potrebbe sembrare un intruso in un contesto culturale così importante, ma che, oltre ad essere un importante elemento di sostenibilità economica, diventa anche un tema di educazione alimentare con grande attenzione alle materie prime. Anche il cibo diventa a sua volta cultura. Con l’aggiunta che, dopo aver vinto il Premio nazionale del Paesaggio, da molte parti ci suggeriscono di realizzare la Scuola del Paesaggio. C’è a Firenze e a Torino… e stiamo creando i presupposti per far spazio anche a questa ipotesi. Oltre all’arte ed alla cultura anche paesaggio, rispetto per l’ambente, cucina, educazione all’alimentazione, con il coinvolgimento degli agricoltori della valle, fra i quali orti e cooperative sociali, oltre che dei produttori del territorio. Escludo, salvo che la Mia non riceva importanti donazioni, cosa che non succede più da


UNA STORIA TUTTA M.I.A. tantissimi anni, di poter realizzare autonomamente la parte alberghiera, ma l’obiettivo è di farla in un altro modo: abbiamo iniziato a parlare con Venezia. Stiamo cercando interlocutori disposti ad accollarsi la spesa e, in base all’ammontare, avrebbero in uso la struttura, partecipando al progetto formativo della scuola che verrebbe così allargato all’ambito dell’hotellerie, per un numero di anni predefinito e non saremo certo noi con 750 anni sulle spalle a spaventarci quanto sia tale tempo”. Lei ci va giù pesante con questa storia dei 750 anni… “Questa cosa nel “privato” non esiste, perché nessuno fa qualcosa che non utilizzerà. L’ottica di lunghissimo periodo, direi secolare, che ci caratterizza, rende fattibili cose che la normale limitatezza di ognuno non consente mai perché si è portati a volerne vederne i risultati nella parte più significativa della propria vita. Con Astino abbiamo sostituito un rudere con una cosa che funziona, che viene utilizzata dalla popolazione ed è al servizio della comunità. E tutto senza soldi pubblici”.

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Quanto è costato fino ad oggi? “Siamo arrivati a 26 milioni e abbiamo una capacità di spesa di altri 5 milioni per quello che ancora manca grazie ad un piano di alienazioni che, per fortuna, sta funzionando. Stiamo vendendo proprietà che ci rendono pochissimo. Abbiamo proprietà a Fara Olivana, terreni e cascine e, ai contadini che le conducono in affitto, abbiamo proposto di comprarle coinvolgendo la BCC locale e proponendo un valore giusto. Una parte di cessioni sono già state perfezionate, altre lo saranno a breve. Loro hanno acquistato con i mutui odierni a tassi molto bassi, e con i ricavi conseguiti noi stiamo pagando una parte dei lavori fatti ad Astino. Abbiamo intenzione di consolidare un debito FABIO BOMBARDIERI di circa 12 milioni con il quale verranno azzerarti tutti i debiti della MIA, anche quelli precedenti, per consegnare un ente che, con le entrate del parcheggio, della ristorazione, dell’accademia della cucina, delle mostre e IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE ALLE AUTORITÀ ED AL PUBBLICO DEL DIPINTO DEL degli eventi sarà in grado di ripagare il mutuo”.

CENACOLO DELL’ALLORI È STATA ANCHE INAUGURATA IUNA MOSTRA FOTOGRAFICA Bombardieri ne approfitti per togliersi un sassolino dalla scarpa… “A seguito dell’apertura di Astino nell’anno dell’Expo sull’agricoltura, nono- DEL FAMOSO FOTOGRAFO GUIDO GUIDI stante l’importante riqualificazione delle aree agricole ad uso biologico, le numerose e qualificate mostre sul tema dell’alimentazione, la mostra Veronelli e le tante attività culturali siamo stai, anche pesantemente da qualcuno, accusati di aver trasformato un Monastero in un ristorante, dimenticandosi di quanto successo dalla cacciata dei monaci alla fine del 1700 oltre che del degrado in cui si trovava il Monastero, e le sue aree agricole. Altri pesanti attacchi sono arrivati sul tema del parcheggio, senza considerare che la gente può godere, come ormai da anni sta accadendo, delle bellezze della Valle della Biodiversità e delle attività che si svolgono al Monastero grazie all’esistenza del parcheggio, peraltro perfettamente integrato nel contesto, posizionato all’ingresso della valle. Credo che la migliore risposta consista nella motivazione, riportata e sottoscritta dal Ministro Franceschini sull’attestato della vittoria a livello nazionale del Premio del Paesaggio indetto dal Consiglio d’Europa: “Per la restituzione alla pubblica fruizione di un paesaggio in stato di degrado che rischiava di essere oggetto di interventi speculativi; per la multidimensionalità con cui il progetto ha agito in modo virtuoso sul territorio ponendo grande attenzione alla governance ed alle modalità con cui le azioni proposte ed attuate, rappresentino una sicura garanzia di continuità dell’iniziativa basata su criteri di sviluppo sostenibile; per l’approccio multidisciplinare al paesaggio nella organica attenzione alla dimensione economico-produttiva, a quella ambientale, a quella estetica, a quella storico-culturale, a quella identitaria e, non da ultimo, alla dimensione sociale; per aver generato un esemplare processo di costruzione di paesaggi di prossimità ed evidenziato la volontà e l’impegno di una comunità tenace ed operosa”. Bombardieri, come sono i rapporti con l’Amministrazione Comunale? “Mi rendo conto che a seguito della ristrutturazione di Astino la MIA, oltre a dover realizzare gli obiettivi in ambito assistenziale e culturale previsti dal suo oggetto sociale, ha in carico la gestione di due dei beni più importante della


Citta, (la Basilica di Santa Maria Maggiore ed Astino) ed ha quindi sulle spalle una grossa responsabilità. Forte è quindi la responsabilità del Sindaco, a cui compete la nomina del consiglio di amministrazione, e dei consiglieri. Responsabilità che comporta innanzi tutto la necessità di dimenticare ogni logica partitica e di avere come bussola solo gli interessi della cittadinanza, ovviamente nel rispetto dello statuto che richiama le tavole fondative della Congregazione del 1265, anche perché la Fondazione Mia non è società partecipata, ed il ruolo del Sindaco è solo quello di nominare le cariche. Ho la fortuna di presiedere un consiglio di amministrazione che si muove secondo tale logica, nel quale non è possibile individuare dai comportamenti dei singoli chi sia stato indicato dalla maggioranza o dalla minoranza del consiglio comunale. Pochissime volte, in ormai quasi sette anni, ho avuto l’impressione che in merito a qualche argomento vi fossero da parte di qualcuno preoccupazioni di tipo partitico. E per questo ringrazio il Sindaco Gori, e chi con lui ha designato i consiglieri, per l’importante professionalità e complementarietà dei consiglieri nominati a comporre il Cda della MIA. Posso inoltre affermare di non aver mai avuto dalla politica, né dal Sindaco, né da altri, pressioni di alcun tipo. E di aver invece sempre avuto la massima collaborazione nel pieno rispetto dei rispettivi ruoli. È necessario che queste modalità diventino un imperativo morale. Un’ultima questione: mi pare che vi sia un maggior utilizzo della Basilica per iniziative culturali E’ vero. Ricordo che la Basilica ha una storia civica molto particolare. Le mura sono di proprietà del Comune di Bergamo, il quale deve farsi carico di tutte le spese per la relativa manutenzione (ed è in programma a breve un intervento particolarmente oneroso). In passato nella Basilica si tenevano, oltre alle funzioni religiose, anche riunioni e consigli di organismi civici. Proprio per questo riteniamo importante ospitare nella Basilica iniziative culturali compatibili e rispettose del suo essere Chiesa. Non nascondo che nei nostri consigli queste iniziative vengono attentamente vagliate e che spesso le diverse sensibilità portano a volte ad un confronto serrato sull’opportunità o meno di ospitare questo o quell’incontro. Personalmente ritengo importante accogliere in Basilica conferenze su tematiche ritenute compatibili oltre che concerti musicali. Abbiamo invece deciso di non accettare dibattiti, perché riteniamo che in Basilica debba prevalere lo spirito di ascolto e di riflessione e di non chiedere alcun compenso per l’utilizzo della Basilica per tali iniziative. Non credo che questo sia trasformare la Basilica in un teatro, e che sia invece una forma di rispetto per la sua particolare storia e la sua funzione anche civica. Due anni fa vi è stata una serata particolare che ci aveva destato una certa preoccupazione. Abbiamo ospitato la serata inaugurale di Bergamo Film Meeting con la proiezione di un film muto, avente una tematica sociale, accompagnato con il suono dell’organo della Basilica. È stata una serata bellissima e apprezzatissima. In merito alla Basilica stiamo affrontando il tema dei relativi costi di gestione ordinaria, che ammontano a circa 300 mila euro all’anno. Abbiamo iniziato a far pagare un biglietto minimo (tre euro) per le visite guidate, ritenendo che le stesse abbiano oggettivamente la natura di visita museale. Personalmente non sopporto però l’idea che i bergamaschi debbano pagare per entrare nella loro Basilica. Stiamo pensando ad una formula che preveda il pagamento di un biglietto d’ingresso a tutti i visitatori non residenti in provincia di Bergamo. Crediamo possa bastare un biglietto di due euro, forse anche un solo euro, per coprire le spese di gestione ordinaria”.

(V.E.F.)

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“2023 CAPITALI DELLA CULTURA... Tommaso Revera

E LA PAPPA?

Proseguiamo il percorso che ci porta a interpellare i più famosi chef del territorio di Brescia e di Bergamo in relazione all’importanza del settore enogastronomico e della ristorazione al fine, di farsi trovare pronto per il grande appuntamanto del 2023 che vedrà le due città lombarde impegnate come Capitali italiane della Cultura. Questo mese abbiamo chiesto un parere in merito a Stefano Cerveni e ad Umberto De Martino.

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STEFANO CERVENI, CHEF RISTORANTE DUE COLOMBE (BORGONATO, BS)

Quanta importanza hanno la ristorazione e il settore alberghiero nell’anno in cui Bergamo e Brescia saranno Capitali della Cultura italiane? “Avranno un’importanza fondamentale. L’arte dell’accoglienza, le infinite risorse legate ai giacimenti enogastronomici e le grandi capacità dei nostri operatori sono anche cultura, confronto e opportunità. La ricchezza, in questo senso, dei nostri territori rappresenta un’occasione imperdibile per il rilancio di un settore trainante, il turismo, troppe volte lasciato a se stesso e non sostenuto”. Pensi che a livello locale dovrebbero essere investite maggiori risorse a favore di questi due settori anche alla luce delle conseguenze drammatiche legate al Covid-19? “Le istituzioni dovrebbero approfittare di questo momento davvero difficile con un cambio di rotta che non faccia sentire soli tutti gli operatori, ma sostenuti, incoraggiati ed incentivati. I sostegni economici arrivati durante la pandemia, nonostante lo sforzo economico immenso dello stato, sono serviti a ben poco. È necessaria una politica di interventi atti a facilitare gli investimenti, con grande attenzione per la filiera produttiva fondamentale per poi poter avere una ristorazione di identità. Sono fondamentali interventi per sgravi fiscali

Stefano Cerveni (ph Nicolò Brunelli)


imprenditori di poter assumere, di poter investire nelle proprie aziende, di avere una visione positiva del futuro. Si parla tanto in questo periodo anche di carenza di personale, incolpando gli imprenditori di sottopagare e sfruttare i propri dipendenti. Non si parla invece del rapporto di quanto costa all’azienda un dipendente su quanto realmente riceve nella busta paga… Si dovrebbe anche investire molto sulla formazione, aumentando le risorse per gli istituti professionali, troppo lasciati a se stessi e privi di risorse sufficienti a garantire una base di preparazione idonea a poter inserire nel mondo del lavoro una nuova generazione di operatori cha ad oggi mi preoccupa molto, per mancanza di preparazione e di percezione di cosa sia realmente questo affascinante mondo dell’accoglienza e della ristorazione”. Per rispondere in modo adeguato alla domanda che scaturirà dagli eventi, c’è bisogno di una resurrezione di questi due settori? “Quello degli eventi è in assoluto il settore che ha più sofferto, e che soffre tutt’ora per limitazioni, anche se indispensabili per contenere e sconfiggere la pandemia. Ripeto: per incentivare la resurrezione servono interventi mirati sull’incentivo a produrre, alleggerimento della burocrazia e supporto nei costi di gestione del personale”. Cosa si potrebbe fare concretamente per risollevare questi asset di importanza strategica nell’ottica di un rilancio dei nostri territori? “Penso ci sia una cosa molto importante da fare, per quanto riguarda noi ristoratori, ossia dare più spazio ed importanza ai prodotti dei nostri territori, dai laghi alle campagne. Ascoltare di più i produttori, dargli più spazio, permettendogli di incentivare la qualità dei loro prodotti e tenendo viva o addirittura far crescere una filiera di importanza fondamentale, per qualità ed unicità. Questo anche e soprattutto intraprendendo iniziative di gruppo atte alla collaborazione tra produttore e ristoratore, per creare una grande squadra pronta a primeggiare. Non dimentichiamo che investire nella qualità dell’accoglienza e della ristorazione significa metter in moto un volano che permetterebbe lo sviluppo di tutti i settori collegati”.

UMBERTO DE MARTINO, CHEF RISTORANTE FLORIAN MAISON (SAN PAOLO D’ARGON, BG)

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Umberto De Martino

“La ristorazione riveste un ruolo importante da sempre. Condividere e unire le persone ad un tavolo, infatti, rimane uno dei momenti più importanti della vita e forse l’unico dove ogni freno inibitorio si esaurisce e rimane un senso fraterno di appartenenza uno all’altro. Davanti al cibo i pensieri si rilassano ed esce la parte vera di ognuno di noi. Da sempre. Conservare il settore e proteggerlo, oggi ancor più di ieri. I luoghi in cui, per causa di forza maggiore, abbiamo dovuto rinunciare nell’ultimo anno e mezzo devono tornare luoghi di passione, emozione e di cultura. Bergamo e Brescia sono e saranno due città che possono dare molto anche dal punto di vista culinario. Ci sono molte realtà che vanno valorizzate, amate e fatte conoscere: ristoranti dai quali ispirarsi per avvicinare al settore clienti, collaboratori, amici e permettere loro di godere e di avere sensazioni uniche. L’epidemia non ha abbattuto il nostro settore: ci siamo solo dovuti rivedere capendo il valore di questo lavoro. Cucinare come servire i propri ospiti rimarrà un piacere: niente e nessuno potrà mai frenare il mio desiderio di accoglienza. Sono più attento, mi piace coinvolgere i miei clienti nel progetto, nella mia Maison e nella mia vita. Penso sempre che ogni situazione che mi si presenta sia un modo per vedere oltre ma con occhi migliori”. Pensare di cambiare qualcosa? “Non credo. Bisogna solo continuare a credere nei propri valori, nei propri sogni- Di qualsiasi natura siano. Sempre”.


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UNA VITA DA MEDIANO

FRANCISCO MALENCHINI

TRA PASSIONE SPORTIVA, REGOLAMENTI STRINGENTI E CICLISTI SCORRETTI, LA SUA STORIA D’AMORE PER LA BICICLETTA, IL CICLISMO SU STRADA E IL PROFESSIONISMO. FINO AGLI ANNI DELLA VERGOGNA A CAUSA DEI TANTI ATLETI TROVATI DOPATI.

Fisico asciutto, tanti tatuaggi e un’abbronzatura da bagnino alle Maldive... “È per via della bicicletta, ogni mattina mi alzo presto e mi faccio la mia oretta in sella per tenermi in forma anche se non corro più”. Francisco Malenchini, una carriera alle spalle come professionista del pedale, pochi acuti, una vita a portare le borracce e a tirare le volate ai campioni della squadra. Pochi mesi fa suo padre si è addormentato sulla sua poltrona davanti alla televisione e non si è più svegliato.


“Diceva sempre - ci confida Fransisco - che non avrebbe mai voluto finire su una sedia a rotelle e che avrebbe preferito restarci secco in un colpo solo... Qualcuno lo ha ascoltato anche se forse era meglio aspettare ancora un po”. Amava anche lui la bicicletta? “Si ma non ha mai gareggiato”. E tu coma hai iniziato? “Da adolescente giocavo a calcio ed ero anche bravino. militavo nella Hintim Ellen ed ebbi dei contatti per entrare nelle giovanili della Fiorentina”. In che ruolo giocavi? “Mediano, come nella canzone di Ligabue, una vita da mediano a recuperar palloni... Ad un certo punto mi sono stancato del pallone, non avevo più stimoli, anche perché mi ero avvicinato al mondo del ciclismo dopo aver conosciuto molto bene Matteo Carrara, allora professionista bergamasco. Ho cominciato ad uscire in allenamento con lui e qualche altro professionista e ho scoperto che andavo forte”. La prima bici da corsa? “Era una Maffioletti, un artigiano di Villa D’Almè. Realizzava lui i telai e in breve tempo ho iniziato a correre per la sua squadra sia in mountain bike, sia nelle corse su strada, anche se sono sempre stato più amante della velocità, anche un po’ spericolato. Intorno ai 19 anni, lo stesso Maffioletti, vedendo le mie potenzialità mi mise in contatto con una squadra belga, la VacansOleil, che oggi non esiste più. Lo sponsor era un conosciuto tour operator olandese. Nel ciclismo la squadra prende il nome dello sponsor e molti imprenditori sottovalutano questa opportunità ma, la Salvareani, la Molteni, la Mercatone Uno, così come è stato per Mapei più recentemente, hanno imposto il loro nome al mercato, grazie alle squadre di ciclismo di cui erano sponsor”. Inizia la tua avventura... “Venni inserito nella squadra B della VacansOleil come professionista e percepivo già un ottimo stipendio. Ma a quel punto i miei limiti emersero. In gergo si dice che non ho un gran motore, non ho una dote naturale fisica per diventare un campione, non ce l’ho... Ma ho la testa, e metto tanta dedizione in quello che faccio. Purtroppo sono arrivato al professionismo in un periodo in cui il ciclismo stava attraversando un momento molto buio per via del doping e di tutti i controlli asfissianti a cui si era sottoposti. Ognuno di noi ha un “passaporto biologico”, una scheda con i parametri vitali di ogni funzione corporea che devono rimanere costanti nel tempo. Inoltre, siamo tra il 2005 e il 2008 viene introdotto anche il dovere della reperibilità. Bisogna sempre e comunque (ancora oggi) segnalare ogni spostamento che fai su una piattaforma della V.A.D.A., l’ente che vigila sul doping che vuole costantemente sapere dove sei, se ti alleni, dove ti alleni, quante ore stai in palestra ecc. In ogni minuto della giornata si è passibili di un controllo da parte degli ispettori e si ha un’ora di tempo per tornare a casa, farsi esaminare e sottoporsi ai prelievi del caso”. C’è da dire che negli anni dal 2000 in poi in molti hanno esagerato... “Vero, andavano in ritiro e sparivano ma quando tornavano a correre erano tutti tonici, dimagriti e volavano sui pedali. Per questi motivi sono stati introdotti controlli stringenti e ovviamente molti corridori erano contrari alle nuove regole. La maggior parte di loro si oppose ma io non ero affatto contrario alle regole introdotte dalla V.A.D.A. e dall’Unione Mondiale del Ciclismo che trovo giuste. Con il doping a cui sono sempre stato contrario, se uno è un mulo non diventa un cavallo… resta sempre un mulo”. Quindi eri favorevole ai controlli? “Sono stato uno dei pochi che si sono subito schierati con gli organi del ciclismo. Io ero comunque un gregario, un portaborracce, ma in grado di vedere la corsa, di organizzare le strategie e sostenere i compagni: un uomo squadra. Questo era apprezzatissimo da tutti ma quando mi sono esposto a

FRANCISCO MALENCHINI favore delle regole, la cosa non è piaciuta ai miei compagni che da lì in poi non mi hanno più ascoltato né sostenuto. L’ambiente era in pratica favorevole al doping e ricordo c’era molto nonnismo. Anche se le trasfusioni di sangue sono vietate, ci sono cliniche in Svizzera dove ti tolgono il tuo sangue, da due a quattro sacche, lo puliscono, lo preparano, lo ossigenano e in occasione di appuntamenti importanti lo vai a riprender... bello fresco. Il doping esiste in molte forme e nel ciclismo certe pratiche sono vietate mentre in altri sport sono quanto meno tollerate. Anche nell’automobilismo, anche ai massimi livelli, assumono farmaci per essere più lucidi e avere riflessi più pronti”. Allora decidi di smettere? “Anche per la nausea per le cose che venivano a galla da quel mondo che dovrebbe essere trasparente e formativo per i giovani, ad un certo punto ho capito che avrei potuto contribuire a tenere alti i valori dello sport che ho amato tanto e per il quale tanto ho faticato, diventando il manager di giovani corridori. Sto provando a farlo a modo mio, non limitandomi a trovare un contratto per correre in una certa squadra e a riscuotere la mia provvigione. I ragazzi di oggi sono più deboli, meno organizzati mentalmente e si perdono in un bicchiere d’acqua. Spesso sono fragili e hanno alti e bassi pazzeschi. Nella maggior parte dei casi arrivano da famiglie umili perchè il ciclismo costa molta fatica ma pochi soldi e quando arrivano a guadagnare un po’ di quattrini si perdono per strada”. Quando si inizia a guadagnare con il ciclismo? “Si cominciano a vedere un po’ di soldi a diciotto anni e, se decidi di compiere il salto al professionismo, lo stipendio minimo è di almeno 2500 euro al mese e non è difficile arrivare a guadagnare anche 500 mila euro l’anno”. Dipende dai risultati? “Sì, ma non solo. Se i dirigenti di una squadra vedono in un giovane del potenziale, anche inespresso, lo trasformano, lo plasmano alle necessità della squadra e la componente doping, purtroppo è una costante. I guadagni derivano solo dagli sponsor non essendoci diritti televisivi e nessuno, come si sa, paga per vedere il Giro d’Italia sulle strade. Quindi le esigenze degli sponsor vengono prima di tutto e sono imprescindibili”. Adesso cosa pensi di fare? Continuo a seguire alcune giovani promesse... ma a dire il vero vorrei propormi alla vostra rivista per dedicare uno spazio alla bicicletta e al suo meraviglioso mondo....Che ne pensa direttore? Penso che se ne possa parlare. Benvenuto a bordo. (V.E.Filì)

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PUNTO DI FUGA


PDF Non servono tante parole per spiegare PDF. È uno di quei posti che quando ci sei capisci perchè ci sei. Se anche per voi la motocicletta non è solo un pratico mezzo di trasporto, se ti senti rock dentro ma ti piace anche ballare il liscio... Hai già capito tutto. Pdf, Punto di fuga è un’officina, un pub, un posto dove ascoltare musica buona e lasciarsi andare ai sogni di viaggi sulle highway americane e dove la filosofia della cura della motocicletta diventa sfrenata elaborazione, customizzazione come si dice oggi. Pdf, è un’associazione privata dove la vita spericolata non è solo la strofa di una bella canzone.

Via per Grumello, 61, Bergamo


BEPANTHENOL TATTOO ED ENPA INSIEME PER LA SALVAGUARDIA DI SPECIE ANIMALI A RISCHIO ESTINZIONE

OTTO SPECIE A RISCHIO ESTINZIONE DIVENTANO PROTAGONISTE DEI DISEGNI DI QUATTRO NOTI TATTOO ARTIST ITALIANI PER SENSIBILIZZARE SUL TEMA DELLA BIODIVERSITÀ E DELLA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE

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Secondo uno studio dell’International Union for Conservation of Nature - l’organizzazione che monitora le specie in pericolo e il grado di minaccia a cui sono sottoposte - risultano più di 31.000 le specie nel mondo in via d’estinzione e in Italia, nonostante le ampie risorse ambientali, sono diversi gli animali sottoposti a questo rischio. Bepanthenol Tattoo ed ENPA hanno scelto di fare assieme un gesto concreto in favore della biodiversità custodita dagli animali che abitano il nostro territorio: se un tatuaggio è per sempre, anche l’habitat naturale in cui vivono dovrebbe esserlo. Insieme a quattro noti tattoo artist italiani sensibili alle tematiche di ENPA, sono stati così selezionati otto animali simbolo – l’Aquila del Bonelli, il Gufo delle Nevi, la Pernice Bianca, lo Stambecco delle Alpi, la Tartaruga Marina Comune (Caretta Caretta), la Lucertola delle Eolie, le Farfalle Diurne e il Capovaccaio. Ogni tatuatore ha adottato simbolicamente due degli animali a rischio dedicandogli un tatuaggio, rendendolo simbolo e patrimonio della biodiversità in pericolo. Sono Luca Font, artista che trae ispirazione dal modernismo europeo, suprematismo russo e futurismo italiano allo stesso tempo, Ylenia Manzoni, in arte Yle Vinil, tatuatrice dall’anima poetica e sognante, Nik The Rookie, estetica old school dallo stile contemporaneo, e Gilberta Vita, composizioni floreali ad acquerello impresse sulla pelle. Scegliendo di tatuare su quattro volontari una specie a rischio, nel tentativo di impegnarsi simbolicamente a farla durare nel tempo sia sulla pelle che in natura, hanno contribuito ad accendere i riflettori sul tema urgente dell’estinzione animale.

PRESERVATION

TATTOO


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Bepanthenol Tattoo, la pasta trattamento intensivo con Pantenolo di Bayer lancia assieme ad ENPA, L’Ente Nazionale Protezione Animali, The Preservation Tattoo, progetto per accrescere la conoscenza e la salvaguardia delle specie animali a rischio estinzione in Italia.


PRESERVATION

TATTOO Il progetto prende vita sulla landing page dedicata, con video, storie ed emozioni volte a sensibilizzare il pubblico, invitandolo a donare una cifra volontaria a ENPA. Dal sito sarà inoltre possibile scaricare il Preservation Tattoo preferito, per portare sempre con sé l’animale prescelto e far durare nel tempo il supporto all’iniziativa. Sulla pagina Instagram di Bepanthenol Tattoo ci sarà spazio per il docu-film che racconta la storia del progetto, le foto e i bellissimi disegni dei tattoo artist, con le loro riflessioni in merito a questo importante tema di sostenibilità e protezione. “Come Bayer siamo convinti che ogni piccolo gesto in favore di temi importanti per la società e l’ambiente conti. Bepanthenol Tattoo rappresenta il brand che più di tutti può fare qualcosa di concreto e proteggere anche questi animali simbolo della ricchissima biodiversità del territorio italiano. La collaborazione con ENPA è perfettamente in sintonia con i valori di Bayer e con il tema della protezione, caro a Bepanthenol Tattoo” commenta Heiko Petersen, a capo della Divisione Consumer Health di Bayer Italia.

Marco Bravi, Presidente del Consiglio Nazionale ENPA dichiara: “È un grande piacere poter partecipare con Bepanthenol Tattoo a una iniziativa così vicina ai valori della nostra organizzazione. Sensibilizzare le persone sull’importanza della preservazione degli animali e della biodiversità tramite la metafora del tatuaggio, della cura che impieghiamo perché questo duri nel tempo e non si rovini, è esattamente quello che facciamo noi ogni giorno con le specie in pericolo di cui ci prendiamo cura. Questo progetto è inoltre occasione per noi di ricordare le iniziative aperte in favore delle tartarughe marine e dei cetacei del Mar Adriatico “Cara Caretta” e “Nate Libere”, tra le specie scelte da uno dei tatuatori”. Segui il progetto su Instagram: @bepanthenol_tattoo e sul sito Bepanthenol Tattoo



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POLITICANDO di Maurizio Maggioni

ANDIAMO SU MARTE MA DIMENTICHIAMO I PROBLEMI DELLA TERRA Abbiamo visto il mondo cambiare, in meglio o in

peggio lo verificheremo presto, entro i prossimi due anni. Per ora si è preso coscienza della nostra vulnerabilità e capacità di reazione. Abbiamo imparato che tutto passa con la velocità della luce, che è difficile capire, se non impossibile, da dove parte il nemico con le sue bordate. Il gioco è finito, the game is over, dicono gli anglosassoni, noi preferiamo dire che quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare e lo abbiamo dimostrato. Tutto, come previsto, sta tornando alla normalità, una strana normalità che da ottobre sarà sancita, giusto 18 mesi dopo l’evento catastrofico. La scienza con i suoi limiti, i suoi pregi e i suoi difetti, ha sempre ragione, è l’uomo con i suoi pensieri che è bestia nel proprio io. Basti pensare al povero Prof. Bassetti, di Genova, che è sotto scorta per aver fatto il suo lavoro e datoci consigli corretti, rischiando ogni giorno la vita contro il virus mortale. Ma così è l’uomo: si adatta sempre di più ad ogni singola situazione, meglio di ogni altro animale, proseguendo nella sua evoluzione, migliore o peggiore che sia. Riprendendo la vita in comunità ci si ritrova in Cornovaglia, i Grandi del Mondo (G7 e altri), per decidere cosa fare nel prossimo futuro, sia economicamente che politicamente, ma soprattutto per quanto riguarda la Sanità e la Salute. Risultato? Mediocre, senza coraggio. Solite manfrine e geopolitica. Manca il coraggio di una Yalta o Helsinki di altri tempi: un nulla di fatto, andiamo avanti così e vogliamoci bene, sino alla prossima. La vera vincitrice è la Regina Elisabetta II, grande Donna che ha dimostrato al mondo, ancora una volta, cosa significhi governare e rappresentare la Democrazia. Della rosa color rosa striato bianco, nuovo fiore che porta il nome del Principe di Edimburgo, i suoi abiti colorati, i suoi sorrisi, ma soprattutto per il messaggio che ha voluto passare a coloro lì riuniti: attenzione avete degli obblighi verso il mondo che rappresentate, non abbassate la guardia dovete lavorare per il bene del vostro popolo, dei popoli tutti, non dimenticatelo.

Mi auguro, perciò, che la crescita programmata del 5% sia stata stimata al ribasso, perché essa non può competere con il 15% programmato dalla Cina, dopo che ha toccato il 21 durante la pandemia. Ci vuole coraggio e perseveranza per cambiare ciò che non funziona, in ordine al vertice: OMS, ONU e NATO (che erano tra gli invitati). Cosa di poco conto! Senza ristrutturazione generale non se ne farà niente, anzi potrebbe andare peggio. Vedremo che scelte verranno fatte per il ricambio al vertice NATO, tra pochi giorni. Da lì potremo capire alcune cose. Per ora capiamo, a casa nostra, che con Draghi abbiamo ripreso una certa considerazione nel gotha politico, rimaniamo in attesa della bomba licenziamenti del prossimo settembre-ottobre 2021 e che l’estate passi bene sia economicamente che sanitariamente. Poi il nodo “Presidente della Repubblica” 2022, la ristrutturazione della Magistratura e della Giustizia in generale. Questi i dati da tener presente, gli indicatori del vero cambiamento, per l’impostazione dei prossimi dieci anni di storia italiana. Un lungo periodo, che permetterà ai nostri giovani di capire ampiamente quale sarà il loro futuro, socialmente e lavorativamente. Non so se ne avremo il coraggio, ma questo è il momento ideale e doveroso per le grandi scelte: mi auguro che ce la si possa fare, davvero. Se posso dire la mia, tocca a noi oggi, forza produttiva e con qualche conoscenza storica, non mollare il colpo, anzi essere sempre più di stimolo per i cambiamenti.Va bene andare sulla Luna in taxi, su Marte a prendere il sole, ma forse frenando un po’ le nostre “velleità” potremmo focalizzarci sul quel mondo lasciato a se stesso e ai fagocitatori cinesi, tentando di risolvere i loro problemi perché possano essere aiutati a crescere. Intendo dire, Africa e Asia, che debbano crescere liberi dai nostri vincoli economici, che debbano rispettare le culture degli altri, ma per le quali noi dobbiamo batterci perché vengano capite e rispettate.È di questi giorni la notizia del nostro ammaina bandiera in Afghanistan, dopo vent’anni lasciamo questo Paese, speriamo, migliore di prima. Siamo una Nazione sempre pronta ad aiutare, ad esportare Democrazia, quella vera, ad esserci, sempre. Diamo un esempio importante nel mondo, dovremmo impegnarci di più essere sempre più presenti negli organismi internazionali, contare di più. Speriamo nella nostra diplomazia, speriamo nel nostro futuro. Un augurio di Buona Estate ed un saluto di Buon Vento al Comandante Livio Caputo, che è andato avanti.

Addio a Livio Caputo uno dei giornalisti più appassionati dell’editoria italiana, grande esperto di politica estera, scrittore e amico di Indro Montanelli che aveva affiancato sin dalla fondazione de Il Giornale, quotidiano di cui aveva appena preso la direzione ad interim dopo le dimissioni di Alessandro Sallusti.

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FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZONALE

DI BRESCIA E BERGAMO CON LE SERATE AL TEATRO GRANDE DI BRESCIA E AL TEATRO SOCIALE DI BERGAMO HA PRESO IL VIA L’EDIZIONE 2021

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In un clima di grande euforia è stato inaugurato il Festival Pianistico

Internazionale di Brescia e Bergamo giunto alla sua 58a edizione. la neo eletta presidente Daniela Guadalupi ha così voluto salutare il pubblico presente. “Illustrissime Autorità, Gentili Signore e Signori, Cari Amici del Festival, porgo a tutti un cordiale saluto. Lo porgo in particolare a Voi, che avete voluto essere presenti stasera confermando la Vostra passione per la musica e il vostro affetto al Festival giunto quest’anno alla sua 58.ma edizione annuale consecutiva. Grazie. Vi chiedo un applauso per il nostro grande Presidente Andrea Gibellini che stasera è qui con noi. Egli ha reso un grande servizio al Festival per oltre vent’anni, attraversando momenti veramente impegnativi, e mantenendolo saldamente in linea con la “mission” che Filippo Siebanck, prima di lui, e Agostino Orizio, gli avevano affidato; di questo spirito di servizio gliene saremo tutti noi eternamente grati. È lui che mi ha stimolato nell’accettare la carica di Presidente e mi auguro di ricambiare la stima che lui mi ha dimostrato. È un’edizione che segna il ritorno da settimana prossima al meravigliosamente rinnovato Teatro Donizetti. In programma 32 concerti: davvero un grande sforzo produttivo per l’organizzazione del Festival che in poco più di un mese dalla fine del lockdown ha saputo mettere in scena un’edizione che nulla ha da invidiare a quelle passate. Anche quest’anno il festival presenta un programma coerente e tematico. Dopo la pandemia ripartiamo con Chopin, la pietra miliare del pianoforte, che verrà interpretato da alcuni dei più grandi artisti internazionali, ancora una volta ospiti a Brescia e a Bergamo.


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LE IMMAGINI DELLA SERATA INAUGURALE AL TEATRO GRANDE DI BRESCIA (ph. Umberto Favretto)


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Stasera il maestro Pier Carlo Orizio dirigerà la nostra Filarmonica. Vorrei salutare con affetto i giovani musicisti che la compongono: il festival crede nei giovani li sostiene e li valorizza con produzioni prestigiose. Un particolare benvenuto, anche a nome di tutti Voi, al maestro Jan Lisiecki (Lisciezchi). Lo ringraziamo molto per aver accettato l’invito del festival. Nel 1964 Agostino Orizio, il nostro indimenticabile fondatore, creò il Festival, un ponte culturale tra le città di Brescia e Bergamo che ha permesso alle due comunità, di condividere progetti e di collaborare nel nome della musica. Credo che 58 anni dopo, si possa affermare che l’idea del Maestro fu profetica. Nel 2023 Brescia e Bergamo saranno, insieme, “Capitale della cultura” un’occasione straordinaria per avviare progetti duraturi, almeno quanto il Festival! Mi sia consentito infine un particolare ringraziamento a tutti gli Enti pubblici, i Donatori, gli Sponsor per il loro fondamentale sostegno economico e per l’attenzione e la stima che ci riservano. In particolare ringrazio Intesa Sanpaolo che sostiene il Festival e questa serata. L’apporto corale del nostro pubblico e di tutti i nostri sostenitori ci motiva a continuare il nostro impegno al servizio della grande musica. Con questi sentimenti, a tutti rinnovo il mio saluto ed auguro una lieta serata”.

il festival prosegue con un ricco programma che trovate www.festivalpianistico.it

le immagini della serata inaugurale del Festival al Teatro Sociale di Bergamo Alta (ph. Sergio Nessi )alta


2 FUOCHI DI PAGLIA di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it

COSA SARA’

È passato un anno e mezzo, o forse più, da quando il Covid19 ha fatto la sua apparizione in Cina. Il mondo da allora è profondamente cambiato e probabilmente nulla ritornerà come prima. Innanzitutto perché ci vorrà molto tempo per recuperare tutti i danni che questa psuedo pandemia ha causato alle economie mondiali, ma soprattutto perché la mentalità della gente è stata minata nel profondo. Tantissimi sono stati i virus che hanno infettato l’umanità nel corso dei secoli e molti saranno quelli che ancora verranno. Pensate che durante la guerra del Vietnam, i soldati americani contribuirono a diffondere l’influenza “spaziale” (un virus di tipo A-H3N2), che solo in Italia, tra il 1968 e il 1969, provocò 20.000 decessi, mentre nel mondo si superò il milione di morti. Anche allora si trattava di una pericolosa forma di polmonite, ma a nessuno venne in mente di fermare il pianeta, di chiudere in casa la gente e di mascherare le persone per strada. È lampante che, a causa di questa pandemia, si siano acclarate anche alcune evidenze. La più eclatante è che l’uomo digitale ha perso il suo coraggio ancestrale e ha supinamente accettato di tutto pur di salvare la pelle, persino la perdita della sua libera scelta e del suo diritto di replica. Buoni e senza reagire, abbiamo acconsentito persino ad un generale in divisa di programmare l’emergenza sanitaria in tempo di pace. Ma i militari calzano a pennello quando si parla tutti i giorni di coprifuoco. Così l’uomo digitale ha dimostrato che può essere facilmente manipolato dai main media e dalla rete come mai era successo prima. Oggi dobbiamo tristemente prendere atto che le persone si stanno persino affezionando alla mascherina e non se la tolgono nemmeno in spiaggia, in bicicletta, o in macchina quando sono da sole. Poco importa se qualcuno ha spiegato loro che effetto faccia sulla salute la maggior quantità di anidride carbonica che respirano e la pericolosità dei batteri che su di essa si accumulano dopo pochi minuti. Per non parlare di un’efficacia alquanto dubbia. Nell’ultimo anno e mezzo, grazie ad un’informazione parziale e compulsiva, il pensiero unico ha regnato incontrastato. Giornalisti, politici e medici venivano chiamati in televisione, o intervistati sui giornaloni, solo se si assoggettavano alle tesi sanitarie della maggioranza ben pensante.

Chi non era d’accordo veniva considerato alla stregua di un mero complottista e perciò andava silenziato e emarginato immediatamente. Stessa benevola sorte è toccata ai vaccini, che normalmente hanno un ciclo di sperimentazione che dura qualche anno e che invece oggi si è ridotto a soli pochi mesi. Viene da pensare che fossero già belli e pronti, preparati in anticipo per un virus strano che quasi certamente è uscito da un laboratorio. E gli effetti collaterali che comunque sono evidenti? Parva materia, da non commentare nemmeno, pena l’esclusione persino dal lavoro e dalle vacanze. Poco importa se adesso con la bella stagione i virus influenzali tendono a sparire, come è naturale che sia. Il merito, per l’opinione pubblica ormai manovrata, è unicamente attribuibile a Astra Zeneca, Pfizer, Johnson e Moderna. Su questa onda emotiva, all’inizio di giugno a Bologna abbiamo assistito ad un fenomeno di isteria collettiva, dove, pur di accaparrarsi dei vaccini “open day”, è nata una parapiglia furibonda tra migliaia di indemoniati accalcati dall’alba in una chilometrica coda. Semplici follie di cervelli ormai sterilizzati dalla dittatura sanitaria. E cosa sarà domani? Bè, ci vuol poco a capire che in un anno di follie restrittive e di chiusure obbligatorie si siano persi solo in Italia più di un milione di posti di lavoro e che lo Stato si sia indebitato in modo esponenziale. Tutti debiti che diventeranno un domani altre tasse insopportabili. Quindi il futuro economico delle nuove generazioni sarà come minimo in salita, per non dir di peggio. Poi dobbiamo tener in considerazione gli effetti globali dello psico virus, che ha pesantemente folgorato i rapporti sociali e il raziocinio delle menti. La loro durata potrebbe investire un’intera generazione. Concludendo, speriamo non sia profetico quanto ha recentemente esternato il medico virologo (fuori dal coro) e premio Nobel, Luc Montagnier, e cioè che l’RNA messaggero potrebbe avere nel tempo effetti indesiderati non noti e che i vaccini potrebbero incoraggiare lo sviluppo di varianti ancora più gravi e più mortali del Covid19. Ma state tranquilli, qualora accadesse, la colpa sarà sicuramente attribuita a chi non si è vaccinato e al respiro infetto dei soliti negazionisti della malora. Perché alla fine, e verso la fine, questo sarà un mondo di pecore mansuete, marchiate e tosate, gestite da pochi e potenti turbo-pastori. Alla prossima e in alto i cuori. Anche su Twitter: @Fuochidipaglia


Confermando e ripulendo dai volumi aggiuntivi il contenitore a pianta ellittica e mantenendo la posizione dell’ingresso verso piazzale Oberdan, il progetto trasforma l’attuale avancorpo, ne mantiene il sedime e lo abbassa in altezza in modo da costruire un portale che consente allo spazio pubblico di fluire all’interno dell’edificio. Si crea così il foyer del museo, una vera e propria piazza coperta interna a tutta altezza, uno spazio multifunzionale attrezzato per esposizioni di opere di grandi dimensioni. Questo spazio ospita inoltre il bookshop e sale didattiche informali per attrarre il pubblico più giovane. In posizione opposta all’ingresso sono collocati gli uffici del museo e uno spazio commerciale che si affaccia verso il nuovo studentato dell’area Montelungo-Colleoni.

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UNA CASA NUOVA PER L’ARTE MODERNA

Uno scalone centrale scava l’ingresso al museo al primo e secondo livello con la galleria per esposizioni temporanee, ricavata, questa, all’interno del volume opalino che presenta una serie di pannellature modulari mobili capaci di creare ambienti più o meno grandi È STATO PRESENTATO IL PROGETTO PRELIMINARE e più o meno illuminati.DELLA NUOVA GAMEC DI BERGAMO, LA GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMAll’ultimo piano è stato necessario ridurre il volume, per l’imposPORANEA DELLA CITTÀ, DA ANNI ORMAI ALLA RICERCA DI UNA sibilità di costruire in adiacenza al passaggio del torrente Morla: NUOVA SEDE, PIÙ CAPIENTE, LUMINOSA E ADATTA A OSPITARE I stato quindi ricavato un volume leggero che ospita un ristorante MOLTEPLICI LINGUAGGI DELè CONTEMPORANEO. panoramico, accessibile dall’esterno anche quando il museo è chiuso. Il nuovo volume segue le linee di confine edificatorio lasciando il resto dello spazio a una terrazza panoramica in copertura. La superficie complessiva passerà dagli attuali 2.200 metri quadrati della sede di via San Tomaso a poco meno di 6.000.


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LA NUOVA GAMEC


Il progetto di C+S Architects prevede la trasformazione del palazzetto dello sport di via Pitentino senza eseguire demolizioni radicali, all’interno di una visione ambiziosa del futuro culturale della città. Il cantiere si aprirà non appena sarà ultimata la nuova arena per lo sport della città di Bergamo, attualmente in fase di realizzazione nello spazio di Chorus Life, pronto nel settembre 2022. Dopo quella data sarà possibile avviare l’iter per il cantiere della nuova GAMeC. Intanto, entro metà giugno verrà pubblicato il bando per affidare la progettazione definitiva ed esecutiva, oltre alla direzione lavori.

Progetto architettonico e coordinamento generale: C+S Architects, Carlo Cappai, Maria Alessandra Segantini con Alice Cecchini, Alessandra Lione, Roman Joliy, Treviso Studio economico: Studio Capitanio, Bergamo Progetto strutturale: F&M Ingegneria, Mirano Progetto impiantistico e sostenibilità ambientale: Seingim, Ceggia Verifica vulnerabilità sismica: Studio Musci, Bergamo Commitente: Comune di Bergamo Superficie costruita: 5707 mq Superficie spazio pubblico: 10.100 mq Superficie parcheggi: 2750 mq Superficie terrazza di copertura: 1133 mq

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Per quel che riguarda la struttura, verrà mantenuta l’attuale forma dell’impianto sportivo. Verranno demolite le tribune e sarà realizzata una grande lanterna che conterrà la parte espositiva attraverso la realizzazione di solai intermedi e sfruttando l’altezza dell’attuale campo di gioco. La scelta è stata spiegata da Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini, partner di C+S Architects: «Abbiamo risorse limitate e meno suolo da consumare, in quanto proprio il suolo è una risorsa non rinnovabile. Crediamo sia necessario valorizzare edifici antichi e sistemi urbani obsoleti perché sono spazi speciali a disposizione delle comunità, banche di energia e di materie prime, risorse invece che problemi da risolvere. Il retrofit è uno strumento resiliente per tradurre il passato più o meno recente e trasformarlo in una risorsa per la comunità».

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STEFANO BOERI

Andrea Caputo

Anniiina Koivu

Giorgio Dona

Lukas Wegwerth


E SUPER SALONE SIA! STEFANO BOERI HA PRESENTATO LA FIERA PIU’ IMPORTANTE D’ITALIA CHE HA CURATO, IN PROGRAMMA A MILANO DAL 5 AL 10 SETTEMBRE: “L’UNICO MODO PER RILANCIARLO ERA PROPORRE QUALCOSA DI IMPERDIBILE. UN PROGETTO SOSTENIBILE E INCLUSIVO. NIENTE STAND, MA INCONTRI, SHOW E RELAX: SARÀ UN’ESPOSIZIONE COLLETTIVA CON IL MEGLIO DEL DESIGN. IL COSTO DEL BIGLIETTO? È UN ASPETTO DA VALUTARE BENE...”

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CLAUDIO FELTRIN PRESIDENTE DI FEDERLEGNOARREDO, LA FEDERAZIONE CHE RAPPRESENTA LE AZIENDE ITALIANE DEL SETTORE LEGNO-ARREDO CHE HANNO NEL SALONE DI MILANO UNA VETRINA INSOSTITUIBILE

Maria Cristina Didero

Maria Porro – Pres. Assarredo


PERCHÉ SUPERSALONE? “Perché non sarà né mini, né light, né ino. Ma Super. Si tratta di un’esposizione collettiva con il meglio del design. Spero che le prossime edizioni possano prendere spunto dal nostro lavoro. E che al Supersalone tornino le aziende che non partecipavano più”. STEFANO BOERI

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L’unico modo per far ripartire e rilanciare il Salone del Mobile di Milano, dopo lo stop del 2020 e i tanti dubbi sull’edizione di quest’anno, era realizzare un evento imperdibile. E l’architetto Stefano Boeri che ne sarà il curatore ha scelto anche il nome: a Milano dal 5 al 10 settembre ci sarà il “supersalone”. Il tempo stringe, la situazione sanitaria non è ancora stabilizzata e il Salone dovrà attirare a Rho migliaia di persone ma Boeri appare ottimista. Durante la conferenza di presentazione della sua idea di Salone ne indicato i punti di forza. “Allestimento unico senza stand, gli oggetti esposti in vendita online, l’apertura al pubblico tutti i giorni, gli eventi anche per la sera e il verde, tanto verde. Mi piace immaginarlo come la fiera campionaria di una volta che diventava un happening per le famiglie e attirava visitatori da tutta Italia. Vogliamo proporre un progetto sostenibile e inclusivo. Con i migliori marchi e i migliori prodotti subito in vendita (basterà un Qr code per ritirare la merce in negozio), incontri, lezioni, spettacoli dal vivo, aree relax mantenendo una costante connessione con la città. La fiera di sua natura è business, non intrattenimento - ha detto Boeri - ma questo è un anno davvero speciale in cui dobbiamo tenere conto delle esigenze del pubblico che dopo mesi di sofferenze ha bisogno di uscire e di ripensare gli spazi dell’abitare. Per questo è importante presentare mobili di prima qualità, nuovi e di catalogo. Poi il business sarà garantito con aree destinate agli incontri di lavoro. Sono stato tra i primi a dire che non si poteva rinunciare al Salone e quando mi è stato proposto l’incarico ho accettato con un’idea nuova. È stato un lavoro di squadra. A cui si è aggiunta quella dei co-progettisti: Andrea Caputo, Maria Cristina Didero, Anniina Koivu, Lukas Wegwerth, Marco Ferrari ed Elisa Pasqual dello Studio Folder, Giorgio Donà».


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GUIDO CREPAX

I MILLE VOLTI DI VALENTINA

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AOSTA, CENTRO SAINT-BÉNIN FINO AL 17 OTTOBRE 2021


Guido Crepax. I mille volti di Valentina è l’esauriente mostra personale dedica-

ta ad uno dei più celebri e popolari maestri del fumetto d’autore che si potrà visitare fino a domenica 17 ottobre. L’esposizione, curata da Alberto Fiz in collaborazione con Archivio Crepax. Sono oltre 100 le opere in mostra (catalogo Gli Ori) nell’ambito di un allestimento spettacolare specificatamente studiato per il Centro Saint-Bénin dove lo spettatore può attraversare ambienti tematici in dialogo tra loro dov’è prevista la realizzazione di manichini, sagome tridimensionali e tappezzerie d’autore. Insieme alle tavole originali più emblematiche, la rassegna, divisa in sette sezioni, offre l’occasione di analizzare la poliedrica indagine artistica di Guido Crepax presentando inediti documenti d’archivio, copertine di dischi, oggetti di design, abiti, paraventi, studi per la pubblicità, grandi giochi tridimensionali e molto altro. Come appare evidente dal titolo, un ruolo di primo piano è affidato alla sua icona più celebre, Valentina, un personaggio della contemporaneità, in grado d’influenzare la storia della moda e del costume. Valentina appare attraverso una serie di opere che ne descrivono l’assoluta unicità nella storia del fumetto in quanto la sua immagine nasce dalla contaminazione tra mito (l’attrice Louise Brooks) e realtà (la moglie Luisa). La fusione di queste due anime ha consentito di sviluppare, nel tempo, una figura che riflette i differenti aspetti dell’universo femminile sopravvivendo, come le grandi star del cinema e della letteratura, al suo autore. La mostra propone un percorso coinvolgente e ricco di sorprese dove l’indagine di Crepax emerge nella sue differenti sfaccettature partendo da L’Uomo Invisibile, la prima storia disegnata da Crepax a soli dodici anni. Ma gli esordi dell’artista sono caratterizzati da una specifica attenzione nei confronti della Musica (il padre Gilberto Crepax era primo violoncellista alla Fenice di Venezia) e sin dal 1953 realizza oltre 300 copertine di dischi in parte presenti in mostra. Ma la musica è una costante del fumetto dove si fa riferimento al rock (non possono mancare i Beatles), così come al jazz con Charlie Parker e Dizzy Gillespie. Anche i Giochi hanno una trattazione specifica in mostra: Crepax aveva la passione per la ricostruzione storica di eventi che si trasformano in straordinari percorsi tridimensionali dove compaiono, ad esempio, le battaglie piemontesi della Campagna d’Italia. Non mancano nemmeno i giochi della boxe o quelli che hanno come riferimento i viaggi di Marco Polo. Di fondamentale importanza, poi, sono il Cinema e il Teatro a cui viene dedicata una specifica trattazione che comprende anche Fotografia e Televisione. Le sue storie, infatti, sono vere e proprie sequenze cinematografiche a fumetti con montaggi, inquadrature e primi piani. I riferimenti sono continui, da Eisenstein a Pabst, da Antonioni a Truffaut. Una sezione è, poi, dedicata a Arte e Letteratura, altre due tematiche fondamentali nell’opera a tuttotondo di Crepax. Nell’ambito dell’esposizione si documentano le vicende che hanno coinvolto grandi maestri quali Kandinsky o Moore (a entrambi è dedicata una storia, Il falso Kandinsky e La Sindrome di Moore), così come Manet (in mostra la citazione trasgressiva dell’Olympia) e Magritte. Il dialogo prevede anche la rivisitazione dei grandi classici della letteratura coinvolgendo, tra gli altri, Poe, Stevenson (di particolare significato sono le tavole tratte da Dottor Jekyill e Mister Hyde), Diderot e il Marchese De Sade.

Un’altra sezione particolarmente innovativa è quella che riguarda Moda, Design e Pubblicità dove sono esposti abiti e oggetti ispirati dalla poetica di Crepax quali lampade, vetri, paraventi e piastrelle. Da Versace a Krizia, da Castiglioni a Eileen Gray, è continua la dialettica con i differenti aspetti della creatività contemporanea. Insieme a Valentina, la rassegna analizza anche le altre figure femminili (Valentina e le altre), da Bianca a Anita, che animano l’universo di Crepax caratterizzato, spesso, da una forte componente onirica. La mostra si conclude con un coup de théâtre: sull’altare della chiesa sconsacrata è prevista la ricostruzione dello studio di Crepax, Viaggiatore immobile, con il suo tavolo da lavoro e l’immancabile cassa del violoncello del padre che compare in molte immagini dei fumetti. Le pareti sono state ricoperte dalla tappezzeria creata per le storie a fumetti su cui appaiono ben sedici tavole originali in una sintesi visiva di grande efficacia. Nel medesimo ambiente viene, infine, collocato un video che consente di ripercorrere il percorso creativo del grande autore.

La mostra è accompagnata da un prezioso volume in italiano e francese edito da Gli Ori con tutte le immagini della mostra e un apparato critico che prevede gli interventi di Antonio Crepax, Alberto Fiz e Daria Jorioz. La pubblicazione è arricchita da un’intervista di Alberto Fiz al regista Mario Martone che ha collaborato con Crepax nell’ambito del teatro, da un ricordo di Luisa Crepax, la moglie dell’artista recentemente scomparsa, oltre a un’intervista immaginaria a Valentina. Ampia è anche l’antologia critica con le testimonianze, tra gli altri, di Roland Barthes, Umberto Eco, Alain Robbe-Grillet, Giorgio Manganelli, Oreste Del Buono, Gillo Dorfles, Achille Bonito Oliva.


NASCE LA PRIMA AGENZIA DI VIAGGIITALIANA PER CHI HA IL CANE TRIPFORDOG.COM: ESCURSIONI E VACANZE CON IL VOSTRO AMICO A QUATTRO ZAMPE “LA NOSTRA MISSIONE È QUELLA DI AGEVOLARE GLI SPOSTAMENTI, LE VACANZE, LE ESPERIENZE E LE ATTIVITÀ DI CHI VUOLE VIAGGIARE INSIEME AL PROPRIO CANE, PREVENENDO DI FATTO L’ABBANDONO”, MARCO FABRIS IDEATORE DEL PORTALE TRIPFORDOG.COM

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TRIP FOR

DOG


Viaggiare con il proprio cane non è mai stato così semplice. Nasce la prima agenzia di viaggi per chi ha il cane, TripForDog.com. Gli amici pelosi a quattro zampe potranno stare sempre con voi o avere un dog-sitter esperto che li aspetta e se ne occuperà, se non possono entrare. Si passeranno così delle giornate indimenticabili e rilassate con i propri amici a quattro zampe e si avrà l’opportunità di conoscere altri amanti dei cani. Un esperto sarà sempre al vostro fianco. Con l’apertura del portale si costruisce un ponte fra domanda e offerta di esperienze a quattro zampe nella natura, fra monumenti storici e opere d’arte, ma anche in città o sulle sponde di uno specchio d’acqua. Vi entusiasma l’idea entrare al Colosseo o passeggiare per il Foro Romano, ma vi dispiace troppo lasciare il vostro amico cane da solo a casa o in albergo? Oppure sognate di fare un giro fra le meraviglie di Firenze in compagnia del vostro cane, ma non sapete come organizzarvi per non correre il rischio di incappare nel legittimo, ma antipatico cartello “io aspetto fuori”? Volete fare un tour di “branco” con altri cani? Essere accompagnati da una guida esperta ed un educatore cinofilo nella natura per fare trekking con il proprio amico a quattro zampe? Oppure fare un giro turistico in una città d’arte con cane al seguito? TripForDog.com è l’ideale per chi ama viaggiare in compagnia del proprio cane e magari anche socializzare, creando nuovi legami di amicizia con uomini e donne che condividono la stessa passione, non solo per gli animali, ma anche per la natura, l’arte, la storia, il trekking, il buon cibo e molto altro… Che cosa si può fare con il proprio cane L’offerta di TripForDog.com si articola in diverse opportunità di svago, tutte personalizzabili. se richiesto. Le esperienze di viaggio sono pensate da un team di professionisti affermati, in grado di confezionare su misura la perfetta vacanza con i vostri amici pelosi. Ci sono centinaia di idee e di destinazioni alla portata di tutte le tasche, selezionate per accompagnare i vostri cani alla scoperta di luoghi e itinerari sempre nuovi, sotto l’occhio esperto di una guida ambientale escursionistica o di un educatore cinofilo, o in alcuni casi di entrambi. TripForDog.com organizza esperienze 4 quattro zampe: BauTour di branco, dog trekking e tour enogastronomici pet-friendly, accompagnati da educatori cinofili certificati. Si può andare a vedere una mostra o un museo, con biglietto salta - coda, e dog sitter per il proprio cane nei più importanti siti culturali del nostro Paese. Potete usufruire di un accesso dedicato che vi metterà al riparo dallo stress delle code in biglietteria e potendo contare sull’ausilio di un dog sitter certificato che si prenderà cura del vostro cane per tutto il tempo della visita guidata e che ve lo farà ritrovare all’uscita, felice e scodinzolante, al termine del vostro tour. TripForDog.com offre alloggi e pacchetti vacanza BauCamp completamente personalizzabili. Fare le vacanze con un cane in Italia è una delle esperienze più piacevoli, ce n’è per tutti i gusti: mari, monti, campagne, laghi e migliaia di possibilità, sempre ricordando che purtroppo solo un terzo degli hotel accettano cani. Per questo motivo,TripForDog.com può aiutarvi non soltanto a individuare le strutture migliori, selezionate accuratamente per garantire i comfort e i servizi più adatti ai vostri amici pelosi, ma anche a costruire un pacchetto di viaggio personalizzato per voi e il vostro cane, da casa a destinazione, suggerendovi treni, navi e traghetti dog-friendly, spiagge per cani, aree verdi sicure dove scorrazzare e gli hotel in cui i cani non solo sono ammessi ma sono davvero benvenuti. Se invece state pensando di portare il vostro amico peloso con voi in un viaggio all’estero, TripForDog.com vi ha preparato un

utilissimo vademecum per aiutarvi nella scelta migliore, con tutte le norme da rispettare, i documenti necessari e le informazioni utili su trasporti, hotel e numeri da tenere a portata di mano. Ha una selezione di guide specializzate per BauTour privati di mini-gruppi, in tutta Italia, naturalmente pensati per non abbandonare nemmeno per un minuto i nostri amici a 4 zampe. Si possono organizzare in città d’arte o in destinazioni particolari. TripForDog.com provvede anche all’organizzazione di visite private con guida, destinate a piccoli nuclei familiari e a mini-gruppi di amici, accompagnati dai loro compagni a 4 zampe. Un’esperienza unica che farà felice ogni membro della famiglia, grazie alla possibilità di personalizzare il BauTour fin nei minimi dettagli, assicurandosi la garanzia di portare con sé il proprio cane. TripForDog.com offre eventi pet-oriented in ogni momento dell’anno, come per esempio il BauCapodanno in location selezionate dog friendly e senza botti. Che ne direste di passare una giornata di vendemmia a 6 zampe tra i vigneti dell’Oltrepò Pavese, con tanto di degustazione vinicola in una rinomata azienda agricola? Oppure di passare un BauCapodanno in agriturismo, al riparo dai tradizionali, ma tanto temuti botti di San Silvestro? O ancora di trascorrere una giornata al “Acqua Park per cani”, o un’indimenticabile esperienza di vita con la Scuola Italiana Cani da Salvataggio, sotto l’occhio vigile degli Istruttori della SICS, e tanti tanti altri BauMoment da condividere con il vostro fedele compagno di mille avventure? Tutto questo e tanto altro è stato selezionato da TripForDog.com e viene proposto in un ricco calendario di eventi che terranno compagnia a voi e al vostro quadrupede del cuore per tutto l’anno. Il portale è stato pensato per rendere ancora più intuitiva e pratica la user experience degli utenti, accompagnati passo passo nella scelta delle destinazioni e delle esperienze da fare con il proprio cane. Come è nato TripForDog.com !TripForDog è nato durante un viaggio che ho fatto con il mio cane Mela, nominata presidente a 4 zampe di TripForDog, con partenza da Milano e destinazione l’estrema Andalusia. – spiega Marco Fabris, ideatore del portale - In quella avventura ci siamo trovati ad affrontare i mille problemi che ogni anno rendono la vita difficile a migliaia di cani e ai loro accompagnatori umani. Da lì è nato TripForDog, che negli ultimi 6 anni ha portato in vacanza oltre un milione famiglie “allargate”. La nostra missione - continua Marco Fabris – insieme a tutto il team che si è moltiplicato nell’ultimo periodo è sempre stata quella di agevolare gli spostamenti, le vacanze, le esperienze e le attività di chi vuole viaggiare insieme al proprio cane, prevenendo di fatto l’abbandono. Abbiamo una visione molto familiare, per noi i nostri cani fanno a tutti gli effetti parte della famiglia e hanno gli stessi diritti e doveri di ogni altro membro. Ecco perché abbiamo deciso di estendere l’attività di TripForDog.com ai tour personalizzati e alle uscite di branco, dove il binomio cane e umano vive esperienze stupende insieme e rende la vacanza e la relazione con il cane qualcosa di unico conoscendo, anche, altri binomi che hanno la stessa passione”. Info: SITO: https://www.tripfordog.com EMAIL: info@tripfordog.com FACEBOOK: https://www.facebook.com/tripfordog INSTAGRAM: https://www.instagram.com/tripfordog/ PINTEREST: https://www.pinterest.it/tripfordog/ LINKEDIN: https://www.linkedin.com/company/trip-for-dog/

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La ricerca scientifica non ha confini! Infatti la ricerca effettuata sulle malattie genetiche rare porta spesso a soluzioni anche per malattie definite “comuni”. Sono definite rare le malattie che colpiscono un numero ristretto di persone e di conseguenza generano problemi specifici legati alla loro rarità. Il limite stabilito in Europa è di una persona affetta ogni 2.000. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ci siano circa 7.000 malattie rare, di cui la grande maggioranza è di origine genetica. Una malattia può essere rara in una regione, ma essere frequente in un’altra; ad esempio, la talassemia, un’anemia di origine genetica, è rara nel Nord Europa, ma è frequente nelle regioni del Mediterraneo. La “malattia periodica” è rara in Italia, ma è diffusa in Armenia. Allo stesso modo, esistono molte malattie che possiedono varianti rare. È ormai noto che le conoscenze ottenute da studi condotti in ambiti in apparenza circoscritti, come possono essere quelli delle malattie rare, possono rivelarsi fondamentali per ambiti più ampi e in apparenza distanti I tumori, le malattie renali, cardiovascolari, Covid-19: sono moltissime le malattie “comuni” che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, possono beneficiare dei risultati ottenuti dalla ricerca sulle malattie rare. Uno degli esempi virtuosi di questo travaso di conoscenze riguarda la ricerca sull’ipercolesterolemia familiare, una malattia genetica rara caratterizzata da un accumulo eccessivo nel sangue di colesterolo LDL, il “colesterolo cattivo”, fin dalla giovane età e non a causa di stili di vita scorretti, ma per via di un difetto genetico che riduce la capacità del fegato di intercettarlo ed eliminarlo. Di conseguenza, tutti i problemi cardiovascolari associati a un eccesso di colesterolo nel sangue, angina, infarto, ictus, sono drammaticamente anticipati alle prime decadi di vita. Proprio studiando i meccanismi molecolari alla base di questa malattia rara due biochimici americani, Joseph Goldstein e Michael Brown, che per questi studi hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina e sono riusciti a capire a fondo la regolazione del metabolismo cellulare del colesterolo. La Fondazione A.R.M.R. (Aiuti per la ricerca sulle malattie rare) si adopera da più di 27 anni per raccogliere fondi da destinare ai Ricercatori dell’Istituto Mario Negri che ha fondato il Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare “Aldo e Cele Daccò” di Ranica, in provincia di Bergamo. Oggi il Centro è una realtà di riferimento per la ricerca clinica nel contesto nazionale e in Europa. Dal 2001 è sede del Coordinamento della Rete Regionale per le Malattie Rare della Lombardia e opera in collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità. Proprio per quanto sopra esposto che ti chiediamo di sostenere anche tu la Fondazione A.R.M.R. (Aiuti per la Ricerca sulle Malattie Rare), donando il 5 X 1000 e questo è uno splendido modo di contribuire alle attività di RICERCA e che non costa nulla. Insieme alla “Ricerca” uniti per vincere!

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