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I ROM, una lunga storia di discriminazione

I ROM, UNA LUNGA STORIA DI DISCRIMINAZIONE

di Annalisa Zanuttini

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Un pregiudizio antico

Sono molto antiche le origini di quelle popolazioni che oggi vanno sotto il nome di Rom, includendo i gruppi che costituiscono la minoranza romani (gli altri gruppi sono sinti, manouche, romanichals, kale e caminanti). Ognuno può essere diviso in comunità più piccole con caratteristiche etniche, linguistiche e socioculturali differenti. Comunque, tutti loro condividono un linguaggio comune (il romaní o romanes), l’origine e la storia.

Ma al di là delle ragioni che hanno spinto questo popolo ad abbandonare le proprie terre per iniziare a spingersi verso l’Europa balcanica e poi verso Occidente, è fondamentale capire che molto presto, a partire dal XVI secolo, viene loro imposto il marchio di “vaganti” con tutte le accezioni negative e persecutorie che tale stigma comportava.

Inoltre, il pregiudizio antico che li relegava in una società minore con una sottocultura ha comportato che la loro storia sia diventata invisibile sia nei documenti che nelle cronache dell’Occidente.

Secondo vari studiosi il loro luogo d’origine è la zona nord-occidentale dell’India, dalla quale sono emigrati nel IX e X secolo, probabilmente per sfuggire all’invasione dei mongoli.

La loro migrazione verso l’Europa li ha portati in Persia, Turchia, Grecia ed Egitto; infine sono entrati nell’Europa occidentale intorno ai secoli XIV e XV.

Nel 1300 le prime bande di “zingari “che si affacciavano nelle terre occidentali e anche in Italia si mescolavano alle folle di pellegrini e viandanti in movimento per sfuggire la fame o per raggiungere la Terra Santa o altri luoghi di pellegrinaggio.

Tra i pochi documenti arrivati sino a noi si menziona la “Grande Banda” guidata da un certo Andrea che nel 1440 si proclamava “duca di Egitto” e sosteneva di essere in viaggio per motivi di penitenza, per espiare il peccato di avere rinnegato il Dio cristiano sotto le minacce degli infedeli e per questa ragione si recava a Roma, sperando di ottenere dal pontefice Martino V una lettera salvacondotto che gli permettesse di muoversi liberamente.

Molto presto la percezione di questo popolo, definito come il “popolo maledetto” in quanto discendente, secondo la leggenda, dal figlio di Cam maledetto da Noè, si identifica non più con quella del pellegrino medioevale, protetto perché in viaggio per fede, ma con quella del vagabondo, che suscita paura in quanto diverso, potenziale ladro e delinquente, disturbatore dell’ordine pubblico, non assimilabile alla società dominante.

Da metà del 1400 in poi la maggior parte dei paesi europei ha attuato politiche discriminatorie e di persecuzione nei confronti degli “zingari”: bandi di espulsione e divieto di sosta nei vari territori, pena la forca per gli uomini e la fustigazione per donne e bambini, alle donne poi era vietato leggere la mano e predire il futuro, considerate pratiche demoniache.

Lo Stato Pontificio emise bandi particolarmente severi e giunse all’arruolamento forzato di molti “zingari” dimoranti a Roma e nei dintorni per destinarli alle galee pontificie in vista della guerra contro i Turchi, che poi si concluse con la battaglia di Lepanto del 1571.

Nonostante la paura del diverso e la criminalizzazione da parte delle autorità pubbliche, i rapporti degli “zingari” con le popolazioni locali non sono stati sempre improntati alla diffidenza e all’intolleranza, infatti spesso gli “zingari” riparavano e fabbricavano oggetti, offrivano possibilità di scambi, di commercio e di spettacoli a comunità isolate. Un aspetto particolare di questa convivenza si ha nel Meridione italiano dove le comunità “zingare” vivono, anche se appartate, accanto alle popolazioni locali, entrando a vario titolo nella religiosità popolare: la figura della zingara che ha particolari mansioni in certi riti è un esempio di questa coabitazione.

Il fascino esercitato dagli” zingari” sulle persone semplici, con quelle che venivano considerate pratiche magiche o divinatorie, infastidiva non solo le pubbliche autorità, ma in modo particolare la Chiesa cattolica, che dopo il Concilio di Trento, convocato nel 1543 per arginare la Riforma protestante di Lutero, intervenne profondamente nella vita della società civile per preservare la fede cattolica.

La lotta contro l’eresia colpì non solo pensatori, scienziati, eretici, ma anche gli usi e le tradizioni degli “zingari” considerati non conformi alla vita cristiana.

Il pensiero illuminista

Nel XVIII secolo l’avvento dell’illuminismo vede nello spirito razionalistico e nella fede nel progresso i presupposti per migliorare la società sotto la guida illuminata della monarchia.

In una simile visione socio politica l’oscurantismo e il pregiudizio non avevano più ragione di esistere e gli uomini in teoria erano tutti uguali.

In realtà nel pensiero dei regnanti sull’impero degli Asburgo ovvero di Maria Teresa d’Austria, di suo figlio Giuseppe II e del re di Spagna Carlo III lo stile di vita delle comunità “zingare” era un impedimento alla loro perfetta assimilazione e integrazione nella società.

Alle persecuzioni spesso cruente dei secoli precedenti si sostituiva una politica di controllo e di normalizzazione, che prevedeva la rinuncia da parte delle comunità al loro stile di vita e spesso anche alla loro lingua.

Per i gruppi che si opponevano era prevista la sottrazione dei figli piccoli: che venissero trasferiti in collegi per farne dei buoni cristiani.

Il positivismo

Nella seconda metà dell’Ottocento si afferma il positivismo, ovvero la scienza basta sulla osservazione dei dati e dei fatti, si sviluppa anche l’antropologia che prevede lo studio della specie umana basato sulle diverse caratteristiche biologiche, sociali e culturali.

Anche questa volta l’antico pregiudizio sugli “zingari” sembra prevalere nel pensiero degli studiosi: Cesare Lombroso nella sua opera principale del 1879 “L’uomo delinquente” inquadra gli zingari in una specifica razza di delinquenti con tutti le principali perversioni.

Dopo la fine della Prima guerra mondiale con il crollo dell’Impero asburgico e con la divisione dei suoi territori si assiste ancora a un grande movimento delle comunità, cominciando da quelle che nel 1855 si erano liberate dalla schiavitù in Romania.

In ogni caso gli spostamenti dei vari gruppi continuano a costituire per le autorità di pubblica sicurezza un problema di polizia perché si pensa gli “zingari” siano oziosi e vagabondi, che vivono come parassiti sulle spalle della società e questa è la peggiore delle colpe.

Il fascismo e il nazismo

La dittatura fascista in Italia potenzia l’atteggiamento precedente, aumentando il rigido controllo dell’ordine pubblico, la marginalizzazione dei soggetti, potenzialmente molesti, il disprezzo per le razze considerate inferiori.

Nella Germania nazista, ossessionata dall’idea della purificazione della razza nordica, prese corpo l’orribile disegno di distruzione delle cosiddette razze inferiori come gli Ebrei o i Rom e i Sinti che venivano identificati come elementi asociali o corruttori del sangue tedesco.

Molto si è scritto sulla Shoah, mentre ancora non è stato studiato abbastanza lo sterminio di Rom, Sinti e Camminanti.

Nella loro lingua, i Rom lo chiamano Porajomos, che significa “Grande Divoramento”, oppure Samudaripen, che significa “tutti morti”. Non ci sono stime esatte del numero di Rom, Sinti e Caminanti sterminati: 250mila, 500mila, 1 milione? Non lo sapremo mai.

Il Porajmos non fu improvviso, né inaspettato, come non lo fu la Shoah. Come gli Ebrei, anche i Rom, i Sinti e i Caminanti, unificati nel termine dispregiativo “zingari” erano da secoli percepiti come una sorta di corpo “estraneo” e “diverso” dal resto degli europei, additati cinicamente da molti leader politici e religiosi come la causa dei mali delle comunità nelle quali si trovavano a passare. Solo nel 2000 la Chiesa Cattolica ha chiesto ufficialmente perdono per aver taciuto sulle persecuzioni dei Rom.

Anche nel più grande Campo di annientamento nazista, Auschwitz, gli “zingari” erano separati dagli altri deportati. A Birkenau erano rinchiusi, in un settore specifico, il ZigeunerLager. Nella notte del 2 Agosto 1944 i triangoli marrone (questo era il colore assegnato loro dai Tedeschi, erano i “brauner”) si ribellarono al progetto nazista di ucciderli. Combattendo quasi a mani nude, uccisero alcuni aguzzini ma, alla fine, furono tutti sterminati: 5 mila, tra uomini, donne e bambini. Dei 23 mila “zingari” deportati ad Auschwitz, 20 mila furono assassinati e quella data, il 2 Agosto del 1944, si ricorda come la data simbolo del Porajmos.

Oggi

La minoranza romaní comprende circa 12 milioni di persone che vivono in tutto il mondo (otto milioni delle quali in Europa). Condividono una storia comune di persecuzione e discriminazione che è alla base della loro migrazione e dei continui spostamenti.

A partire dagli anni Sessanta, nuove ondate migratorie provenienti dalla Jugoslavia sono arrivate nei vari Paesi europei, a causa della crisi economica. Poi la guerra nella ex Jugoslavia ha moltiplicato i flussi dei profughi, che fuggivano, spesso senza documenti, perché i loro paesi di provenienza si sono sfatti nel caos del conflitto.

I Rom sono la minoranza etnica più povera e discriminata d’Europa, oggetto di pregiudizi, violenze e intolleranze.

Vedono violati continuamente i principali diritti umani di cui devono godere tutti. Il diritto a un’abitazione adeguata e a non essere sgomberati, il diritto a ricevere cure mediche, il diritto per i ragazzi e le ragazze ad andare a scuola, il diritto per gli adulti a un lavoro dignitoso.

Non vi sono dati certi su quanti ROM vivano in Italia. Il Consiglio di Europa parla di circa 140 mila persone pari allo 0,23% della popolazione; studi più recenti dicono che circa 26 mila Rom vivono in campi informali o in alloggi inadeguati e i bambini spesso soffrono di quella che viene definita la “patologia del getto”: malnutrizione, scabbia, tubercolosi, ansia, depressione.

Da molto tempo ormai Amnesty International è in prima fila insieme alle altre ONG che si occupano della difesa dei Rom, per la protezione dei loro diritti economici e sociali tra cui quello all’alloggio.

La campagna “Io Pretendo Dignità” (2009-2014) ha contribuito all’affermazione del diritto all’alloggio e alla protezione dagli sgomberi forzati delle minoranze più fragili compresi i Rom.

Anche la campagna “Per Un’Europa Senza Discriminazione” (2010-2016) ha combattuto contro pratiche discriminatorie e per l’applicazione del diritto dei Rom a un alloggio adeguato in vari Paesi: Italia, Francia, Romania, Bulgaria e Serbia. In questo ultimo decennio Amnesty International ha inviato missioni di ricerca nei vari Paesi dove i diritti dei Rom sono maggiormente violati: Italia, Francia, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria e Bulgaria.

Attraverso rapporti accurati sono state denunciate e documentate tutte le violazioni e si è richiesto ai vari governi e alla Comunità europea di intervenire per abrogare leggi, pratiche e abitudini che consentono queste violazioni, nel convincimento che solo eliminando l’impunità vi potranno essere cambiamenti sostanziali nella vita delle comunità Rom.

Annalisa Zanuttini: Membro del Coordinamento Europa di Amnesty International Italia

IN EVIDENZA:

DUE PESI DUE MISURE - Le Politiche abitative dell'Italia discriminano i ROM https://www.amnesty.org/download/Documents/12000/eur300082013it.pdf

LASCIATI FUORI - Violazioni dei diritti umani dei ROM in Europa https://issuu.com/amnestyinternational_italia/docs/lasciati_fuori-_violazioni_dei_diritti_ dei_rom_in_

L’antico viaggio dei Romanì dall’India verso l’Europa.

Foto: Museo statale di Auschwitz-Birkenau / auschwitz.org - Una delle poche fotografie rimanenti di una prigioniera di un campo “zingaro” (ZigeunerLager).

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