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Prefazione

PREFAZIONE

Gianluigi Cogo

Consulente freelance per la trasformazione digitale

Nel ringraziare gli autori per l’opportunità offertami, non posso nascondere un lieve sentimento di tristezza per il distacco che, a causa delle stagioni e delle opportunità della vita, mi porta a osservare questo bellissimo progetto con gli occhi dello spettatore e non del protagonista. Ciò che mi rende comunque felice e sempre entusiasta è la consapevolezza che mai come ora, e per una serie di coincidenze epocali, l’insieme delle opportunità offerte dall’innovazione e dalle tecnologie digitali consentirà alle nuove generazioni di gestire finalmente moltissime progettualità di enorme impatto e beneficio sull’intera società che, solo alcuni anni fa, venivano considerate solamente auspicabili ma poco praticabili. Le cause sono state molteplici e non vale la pena, adesso, fare esercizio di recriminazione o di accusa. Va ricordato però che la cultura dell’adempimento e la cosiddetta burocrazia difensiva hanno giocato un ruolo determinante per creare quell’impasse diventata nel tempo granitica e cristallizzata in quasi tutta la Pubblica Amministrazione italiana. Impasse che spesso ha minato i sogni dei più creativi e spezzato le ali agli innovatori più tenaci e resilienti. Oggi, con un fiume di finanziamenti che non ha precedenti nella storia della Pubblica Amministrazione, gli obiettivi strategici che si avvalgono di tecnologie digitali e di idee innovative, sono finalmente al centro dell’agenda politica del paese e di tutto il vecchio continente. Tutto ciò è reso possibile soprattutto dal Recovery Plan che ha riconosciuto come non più procrastinabile un vero switch off verso servizi pubblici totalmente digitalizzati e un obbligato acculturamento e rinnovamento del capitale umano della Pubblica Amministrazione. L’upskilling di tutto il settore non è più differibile. Il progetto di Regione del Veneto che ha favorito e finanziato l’Urban Digital Center – Innovation Lab di Rovigo affonda le sue radici su due scommesse fondamentali. La prima riguarda l’adesione della Pubblica Amministrazione al modello di Innovazione aperta basato sui principi di attivazione e gestione di un ecosistema multiattoriale, ovvero quello che gli studiosi definiscono: quadruple helix open innovation model. La seconda riguarda la maturazione della Pubblica Amministrazione in ordine alle scelte, alle politiche e dunque all’accountability. Una scommessa che vede i dati pubblici aperti come opportunità per prendere decisioni e operare scelte non più dettate dalla sola regolazione. Sostanzialmente quello che gli studiosi definiscono: data driven government. Due scommesse che la Pubblica Amministrazione non può vincere da sola, soprattutto perché non detiene tutte le competenze per operare in un ecosistema ricevente così ampio e mai così scalpitante ed effervescente. È questa la consapevolezza che ha mosso, in tempi non sospetti, un manipolo di civil servant di Regione del Veneto ad ampliare l’orizzonte di

interesse e di osservazione al di fuori della zona di conforto tipica della Pubblica Amministrazione e a non accontentarsi di svolgere al meglio il compito di servitore, appiattito sull’interpretazione delle regole. Uno spirito di gruppo e di collaborazione aperta con i territori utile ad apprendere dalle migliori esperienze privatistiche e di movimentismo sociale non solo locale ma, e soprattutto transnazionale. Grazie dunque alla cooperazione internazionale, nella quale si sperimentano i progetti più innovativi e rischiosi che non sempre portano al successo sperato, ma che quasi sempre permettono di capire meglio quali siano le aspettative degli attori impegnati in un sistema di innovazione aperta, questo team di civil servant sognatori ha ideato una progettualità che potesse adattarsi al sistema veneto, dove già pulsavano iniziative non aggregate di piccole e medie imprese e artigiani digitali. In sintesi, tutto questo lavoro ha permesso di studiare da vicino esperienze vincenti di cooperazione nazionale e internazionale per lanciare un bando sfidante e rischioso come quello relativo agli Innovation Lab e Palestre Digitali del Veneto. E va sottolineato che non è stato affatto facile convincere i gestori dei Fondi Strutturali Europei nel credere a un’iniziativa che davvero, ad oggi, risulta unica in Italia per la sua complessità ma, e soprattutto, per la sua lungimiranza e visione lunga.

Si immagini, a puro titolo di esempio, come sia difficile anche solo raccontare un’esperienza di ecosistema aperto come quello del @22 di Barcellona e provare a mutuarne gli aspetti più facilmente trasferibili in un territorio come quello del nostro Veneto. Solo a raccontare ciò che si è visto, vissuto e sperimentato in un progetto di cooperazione con partner stranieri, rende già difficile l’applicabilità. Chiederne poi il finanziamento e convincere chi detiene le leve sulla sua bontà, è opera che richiede tenacia e passione infinita. Ma tant’è, va dato atto che i ruoli manageriali e politici della Regione Pubblica Veneto, alla fine, si son convinti che questo rischio andava corso e il modello definito nel bando, era degno di essere promosso come esempio per farsi apprezzare a livello nazionale con i primi tentativi di imitazione. Tale modello, alla fin fine, è molto semplice e i ruoli in gioco lo sono altrettanto: la Pubblica Amministrazione sostiene la governance, il mondo accademico sperimenta le soluzioni, l’impresa le produce e i cittadini partecipano in una logica di co-creazione. Il tutto garantito da una rete di luoghi aperti dove i vari attori si contaminano e scambiano i ruoli in continuazione. Rovigo è uno di questi luoghi, inteso nella sua declinazione principale che vede l’Urban Digital Center – Innovation Lab centro e hub di una rete più ampia, ideato e realizzato in una logica di circolarità. Qui, ogni soggetto che si abitua allo scambio e successivamente alla condivisione, aumenta la consapevolezza e l’empowerment, garantendo alla comunità di appartenenza nuove energie per crescere e innovare. Leggendo il racconto, le idee e la passione degli autori di questo libro ho sentito l’enorme spinta che le persone possono dare all’innovazione. E ho sentito ancora più forte la spinta che le comunità di persone riescono a dare al progresso. Ecco, mi piace immaginare questa rete di laboratori aperti come una comunità in movimento verso un progresso più digitale, più etico e più sostenibile, dove chi detiene competenze le mette a disposizione della comunità e dove chi ha un sogno nel cassetto, trovi nella comunità degli Innovation Lab, il luogo ideale per realizzarlo.

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