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L’autocostruzione alla base di nuovi modelli di innovazione sociale
L’AUTOCOSTRUZIONE ALLA BASE DI NUOVI MODELLI DI INNOVAZIONE SOCIALE
Valentina Temporin
Architetta, designer di allestimenti per lo spazio fisico e virtuale, responsabile e project manager per Poplab, www.poplab.cc
Nel 2001 al MIT - Massachusetts Institute of Technology di Boston, all’interno del dipartimento Center for Bits and Atoms nasce il primo FabLab, che letteralmente sta per Fabrication Laboratory. Tutto inizia grazie all’esperimento del Professor Neil Gershenfeld1 che durante un suo corso universitario propone agli studenti di organizzare un’officina dove poter costruire i propri modelli realizzati digitalmente anche collaborando a distanza. Il progetto ha un successo inaspettato che porta ad aprire laboratori simili in tutto il mondo, prima in altre università e poi all’interno di enti e associazioni, fino ad arrivare all’iniziativa di privati che si aggregano intorno a questi luoghi. Le regole sono semplici ma chiare: la rete internazionale dei FabLab si fonda infatti sull’idea che si possano mettere a disposizione del pubblico macchine per la fabbricazione digitale a cui di solito non si ha accesso. Inoltre le tipologie di macchinari sono già definite, permettendo la condivisione globale di idee e di sperimentazioni. In questo modo quindi individui singoli e piccole imprese possono trasformare idee in prototipi e prodotti. Dalla creazione del primo FabLab c’è stata un’incredibile evoluzione delle macchine per la personal fabrication che fino a quel momento non esisteva, essendo la produzione di manufatti quasi esclusivamente limitata agli spazi delle fabbriche e agli artigiani più evoluti (De Pietro, 2019).
Chiaramente quello che più si è modificato però, al di là delle macchine, è la modalità con cui ci si può approcciare alla costruzione di un oggetto. Nel momento in cui la manifattura digitale è entrata a far parte – potenzialmente – della vita di tutti, il tema della produzione è completamente cambiato: se prima la personalizzazione era appannaggio di pochi e ci si orientava verso prodotti globalizzati, in questo passaggio la personalizzazione è diventata un elemento distintivo ma accessibile. Dalle incisioni laser per scrivere il proprio nome su piccoli oggetti di uso comune fino alla realizzazione di intere macchine per i propri
1 Professore al MIT di Boston e Direttore del MIT Center for Bits and Atoms, laboratorio affiliato al MIT Media Lab.
FabLab di Rovigo con fresa CNC e waterjet.
specifici scopi, si è iniziato ad immaginare di potersi produrre davvero “quasi qualunque cosa” come diceva proprio Gershenfeld sottolineando le potenzialità del primo laboratorio di questo tipo2. Chiaramente i vantaggi di questi spazi, che hanno davvero modificato a poco a poco la percezione dei processi produttivi rendendoli accessibili e democratici, sono molteplici. Da un lato di certo questo supporta il bisogno crescente di prototipazione che si manifesta nella società, a vari livelli. Dallo studente, all’ingegnere professionista, dal designer autoproduttore, all’artista, all’hobbista. Dall’altro si è sviluppata una diversa attenzione per il percorso che porta dalle materie prime fino al prodotto finito infondendo idee legate al riuso, al riciclo, all’ottimizzazione dei materiali (Gershenfeld, 2007). Ovviamente anche prima del 2001 esistevano laboratori simili, ma erano appannaggio di università e centri di ricerca. Tali luoghi di sperimentazione, aperti al pubblico più vario, puntano invece a dimostrare “che capitale tecnologico e capitale creativo diventano valori aggiunti a livello territoriale unicamente quando raggiungono una forma socialmente diffusa e riconosciuta. Una società coesa e resiliente è una società dove gli individui hanno competenze al passo con i tempi e tramite la collaborazione condividono la conoscenza applicandola praticamente. Il FabLab è proprio questo: in base alla grande ondata tecnologica, sfrutta e costituisce dei sistemi di collaborazione e di trasferimento di competenze”3 . E proprio con l’idea di costruire sistemi di collaborazione e trasferimento di competenze nasce nel 2015 il FabLab di Rovigo (Poplab), che però, rispetto ad altri laboratori che tendono a proporre la produzione di ogni tipo di oggetto, si concentra sull’ambito architettura e design. Si sviluppa quindi un filone che porta l’attenzione sull’autocostruzione come strumento di aggregazione legato
2 Nel 1998 Gershenfeld inizia un corso al MIT titolato How to make (almost) anything. L’AUTOCOSTRUZIONE ALLA BASE DI NUOVI MODELLI DI INNOVAZIONE SOCIALE
L’AUTOCOSTRUZIONE ALLA BASE DI NUOVI MODELLI DI INNOVAZIONE SOCIALE a spazi specifici, con l’intento di riattivarli o renderli più usabili attraverso la produzione di piccole costruzioni o oggetti di design. Ne nasce un lungo catalogo di progetti formativi e workshop con differenti target per stimolare questo tipo di percorso collaborativo. Infatti questa tipologia di processi può diventare elemento di innesco per incentivare il coinvolgimento delle comunità nei processi di trasformazione territoriale, culturale e sociale, soprattutto attraverso percorsi laboratoriali e formativi in grado di mostrare ai cittadini che loro stessi possono diventare protagonisti della trasformazione dello spazio pubblico. Mettendo quindi insieme attori decisionali e gruppi di lavoro si possono attivare percorsi di rigenerazione e riattivazione urbana con la sperimentazione sul campo e l’ottenimento di un risultato concreto garantito dall’uso del FabLab. È chiaro che anche in questo caso, come in generale per l’approccio visto in precedenza, ciò che si stimola è la fabbricazione di elementi personalizzati e unici. Davvero in questo modo si possono costruire oggetti, arredi, giochi, sedute progettate intorno alle specifiche esigenze di un determinato luogo e dei cittadini che lo vivono. Alla base di queste attività c’è infatti sempre una preparazione preventiva legata al confronto con le persone che poi dovranno usare questi arredi e il luogo stesso. Fulcro delle attività è la ricerca di nuovi modi di abitare lo spazio pubblico con nuovi sistemi di collaborazione sia durante la costruzione che durante l’uso, con l’intento di provare a creare nuovi legami di comunità e nuove modalità di generare spazi veramente collettivi. La strategia dell’autocostruzione può quindi attivare un processo di cambiamento profondo nelle persone coinvolte, che si prendono la responsabilità di riorganizzare un FabLab di Rovigo, laboratori di autocostruzione con stampa 3D. determinato spazio per mezzo del loro proprio lavoro. Non è più la costruzione di un oggetto privato ma di un elemento che andrà a far parte della città. Da non sottovalutare l’aspetto sociale legato a queste attività dal momento che si innescano relazioni profonde sia coinvolgendo target simili (ad esempio studenti o bimbi piccoli), sia aggregando gruppi di persone con competenze ed età diverse. Le esperienze fatte sono tutte positive e dimostrano che l’aiuto reciproco porta anche ad un trasferimento di competenze e a un apprendimento molto rapido degli strumenti. “Nei FabLab l’idea che si impara a insegnare e si insegna per imparare, è infatti la chiave di volta che esprime brillantemente il processo di consolidamento di nuovi saperi locali attraverso le comunità di individui”.
FabLab di Rovigo, laboratori di progettazione urbana.
È proprio qui che si innesca un processo di innovazione sociale, nello stimolare l’apprendimento collettivo di saperi che possono essere immediatamente riversati su progetti urbani di utilità pubblica. Proprio perché l’esigenza di miglioramento dello spazio pubblico arriva dai cittadini, sono i cittadini stessi che possono trovare la migliore soluzione possibile, ovviamente guidati dai facilitatori del processo di progettazione partecipata. Trovare nuovi modi per andare incontro a una esigenza collettiva è una finalità fondamentale dell’innovazione sociale, promuovendo al tempo stesso l’importanza di approcci sostenibili, virtuosi e circolari.
Riferimenti bibliografici
De Pietro, L. (a cura di) (2019). Dai FabLab agli Innovation Lab. L’esperienza della Regione del Veneto. Padova: CLEUP. Gershenfeld, N. (2007). Fab: The Coming Revolution on Your Desktop-from Personal Computers to Personal Fabrication. New York, Basic Books. L’AUTOCOSTRUZIONE ALLA BASE DI NUOVI MODELLI DI INNOVAZIONE SOCIALE