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Capitolo primo

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Capitolo ottavo

Capitolo ottavo

– Sei stato promosso con ottimi voti, perciò andrai un po’ in montagna a casa dei nonni – mi disse il babbo, dandomi una pacca sulla spalla. – Si vede lontano un miglio che sei contento. Sembri così soddisfatto della mia scelta che quasi quasi ti manca il respiro, ma non devi ringraziarmi, caro – mi sorrise e i suoi baffetti di sorcio spelacchiato ebbero un guizzo.

–Vedrai che zio Umberto e zia Alice ti tratteranno bene e poi non mancheranno le coccole che riceverai dai nonni.

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– Ti accompagnerà un collega del babbo, che raggiungerà alcuni suoi parenti che abitano in un paesino vicino a quello dei nonni e degli zii – mi annunciò la mamma.

Sei contento?

Rimasi muto, feci cenno di sì con la testa e poi mi chiusi in camera.

Una sorpresa simile avrebbe messo chiunque nella bara. Ho sempre detestato la montagna e ho sempre avuto il terrore di camminare nei boschi: l’idea di imbattermi in qualche animaletto mi metteva i brividi addosso. Una volta il nonno mi ci volle portare a tutti i costi. Ad un tratto scorsi un uccellaccio nero tra i rami di un albero, che mi fulminò con lo sguardo.

Indietreggiai bruscamente, il nonno inciampò e cadde come una pera cotta tanto che per rialzarlo mi inzuppai di sudore:

«È un povero corvo» mi ripeteva, mentre io continuavo a strillare disperatamente. E, così, dopo aver rivissuto quel triste ricordo, mi addormentai con l’incubo della partenza. L’indomani il babbo mi accompagnò alla casa del suo collega: – Piero, ti presento mio figlio Marco – disse.

Io tesi la mano per presentarmi e l’energumeno me la strinse forte, a tal punto che le mie dita scricchiolarono spaventosamente.

“Ho le ossicine frantumante e la mano simile a una pappetta” pensai, muovendola appena.

Mi allontanai bruscamente e rimasi in attesa che lo stritolaossa salutasse la moglie e i figli.

Dopo un po’, apparve una giovane donna, alta come un lampione, con un collo da giraffa, due occhi grandi, i capelli scarmigliati: sembrava una pazza appena uscita dal manicomio.

Vicino c’erano i suoi figli simili a due gatti selvatici, pronti a graffiarti. Dietro di me, vidi sbucare una specie di mano che si adagiò sulla mia spalla; non era quella di mio padre e neppure del suo amico, anzi non era nemmeno una mano: era una gigantesca zampa pelosa e apparteneva a Rudi un orribile cagnaccio nero, alto quanto un asinello.

– Gli sei simpatico – mi disse il collega di mio padre – di solito si avventa sugli estranei.

Subito dopo, Rudi mi si piazzò davanti e mi guardò fisso negli occhi: sentii una fitta allo stomaco che sicuramente si era ristretto, sino a raggiungere le dimensione di un cece.

Lui dorme con mio padre in quella camera in fondo al corridoio.

E dopo qualche minuto ecco apparire anche il nonno, il padre dell’energumeno che mi aveva poco prima frantumato le ossa della mano, tentando persino di staccarmela. Era in vestaglia e pantofole, ma in testa aveva il cappello da capitano.

– Non riesco a separarmi da questo – disse – sono stato capitano di marina e il berretto lo porto sempre sulla zucca, persino quando vado a letto.

– E quando fate la doccia? – chiese il babbo.

– Non la faccio mai, proprio per non bagnarlo – rispose con orgoglio. – Questo berretto per me è sacro – esclamò, diventando tutto rosso, mentre le dita e le vene del collo diventavano improvvisamente blu.

Poi mi guardò e mi fissò con un occhio che si contraeva nervosamente: – Sei stato promosso, ragazzo? – mi chiese, continuando a strizzarlo.

Sì, con ottimi voti perciò il babbo mi manda in vacanza in montagna dai nonni.

– Anch’io sono stato promosso sempre con pieni voti a differenza di qualcun altro – e guardò il figlio, il signor Piero che abbassò la testa, arrossendo.

Se non portavo a casa pagelle eccellenti, mio padre mi avrebbe chiuso in cantina per una settimana o mi avrebbe legato ai binari, per aspettare l’espresso delle 7:30 che prendeva abitualmente per andare al lavoro.

– E vostra madre che cosa avrebbe fatto per evitare che vostro padre potesse macchiarsi di un simile crimine? – gli chiesi incuriosito.

– Mia madre si sarebbe strappata i capelli e, dalla vergogna, non sarebbe uscita di casa per tutto il resto della sua vita.

Rudi, nel frattempo, si era allungato a mo’ di tappeto sotto il tavolo del soggiorno, ma spiava ogni mossa.

Mentre stavamo per uscire di casa, la moglie del signor Piero si soffiò rumorosamente il naso e trattenne le lacrime, i figli gli volarono al collo, mentre il bestione gli leccò la guancia e si allungò sotto il tavolo, poi seguì il padre del signor Piero, che gli batté in testa per ben due volte la pipa, in segno di affetto.

Dopo qualche minuto, il signor Piero era al volante della sua auto, mentre io gli sedevo accanto con le mani giunte.

“Come aveva potuto mio padre affidarmi nelle mani di uno squilibrato che andava a tutto gas, zigzagando, facendo sorpassi impossibili e manovre spericolate” mi dicevo.

Per tutto il viaggio, mi raccomandai l’anima a San Ignazio, il santo prediletto di mia nonna, e non feci che ripetere mentalmente queste parole: “Se ti trovi in mezzo ai guai e la fifa è proprio assai, batti due, batti tre, pensa sempre solo a te”.

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