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non sortivano alcun
affetto, perché lei continuava a piangere. Ad un tratto sentimmo un tonfo e, subito dopo tanti rumori: mi misi a sedere sul letto e aguzzai l’udito.
– È il babbo, si sta sfilando i pantaloni e ogni sera, quando se li toglie, piombano regolarmente sul pavimento chiavi e monete. Ora mio padre reciterà alla mamma alcune frasi che ci faranno morire dal ridere – disse Matteo.
Se continui a lacrimare nel tuo bel pianto potrei navigare. Io sono un marito non sono un pirata, non piangere, testa di rapa!
Matteo e io ridemmo a crepapelle, immaginammo l’espressione di zia Alice, che continuava a lamentarsi, cacciando certi miagolii che avrebbero intenerito chiunque all’infuori di zio Umberto, che riprese a canzonarla senza pietà.
Mia zia singhiozzò ancora per un po’ e poi la sentimmo finalmente russare.
– Stanotte ho dormito proprio male – disse zio Umberto l’indomani mattina.
– Si vede! – esclamò acida zia Alice.
– Ho gli occhi gonfi di sonno, e…
– … il pullover a rovescio, la camicia che esce dai pantaloni e il cappello schiacciato come una focaccia – puntualizzò Matteo.
– Sei davvero uno zio speciale – intervenni per addolcire la pillola.
Sono un po’ sottosopra anche con i pensieri – confessò, facendosi improvvisamente serio.
Mio cugino mi diede una gomitata e sollevò le sopracciglia: – La caverna! – mormorò con un fil di voce.
Salutammo e ci dirigemmo verso la casa dei nonni.
Nonno Bartolomeo era entrato proprio in quel momento nella stalla e sentimmo la sua voce: parlava con Serena e Guendalina, così sgattaiolammo nel capanno degli attrezzi e prendemmo torce e corde.
– Prendi anche la zappa, potrebbe servirci per scavare – mi disse Matteo, indicandomela.
Dobbiamo affrettarci. Sono sicuro che il babbo e il nonno faranno un sopralluogo nella grotta e credo proprio che non saranno i soli. L’arrivo dello speleologo ha scatenato tanta curiosità in tutti gli abitanti – concluse Matteo, sistemando le corde e le torce in uno zainetto.
Andammo prima da Angelo e poi da Mario. In casa di quest’ultimo c’era aria di bufera.
Quel demonio di mio fratello una ne pensa e mille ne fa.
Entrammo in casa e vedemmo la mamma del mio amico con le braccia ai fianchi e la faccia verde: – Mi farai scoppiare la bile – disse, rivolgendosi al marmocchio, che correva con un vaso di porcellana bianco a fiori, ficcato in testa.
Voleva fare il capitano! – disse Mario ed ha deciso di usare il vaso a mo’ di cappello. Ed ora la testa gli è rimasta incastrata.
È un piccolo demonio! – esclamò la mamma. – Il mio bel vaso a fiori, il mio bel vaso a fiori! – ripeteva, disperandosi.
Intanto il marmocchio incominciò a strillare e, facendosi venire le convulsioni, ripeteva: – Levatemi questo coso dalla testa! La mamma ci aveva provato più volte senza riuscirci; poi, esasperata, afferrò il vaso e lo sollevò energicamente. Ma il risultato fu disastroso: il marmocchio rimase sospeso a scalciare e a urlare come un maiale scannato. – Calmati! – prima o poi troveremo la soluzione – diceva Mario, guardando il fratellino con il vaso in testa.
La mamma, allora, propose di spaccarlo con l’attizzatoio, ma la piccola peste incominciò a strepitare di brutto.