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Capitolo settimo
Una sera giocammo fin dopo il tramonto. Quando il buio ci sorprese in giardino, il cielo era trapunto di stelle e la luna splendeva bella, grande e magicamente rotonda.
Sventola e Maciste correvano per i vialetti, si nascondevano dietro i cespugli e, abbaiando festosamente, ci raggiunsero. Sventola, agitando le orecchie, si sollevò da terra di pochi centimetri, mentre Maciste, trotterellando come un ubriaco, si spiaccicò a pancia in giù con le orecchie dritte e la codina puntata verso di noi, in posizione di sparo.
Ma rimasi senza parole quando, al di là del giardino che circondava la casa dei nonni, vidi tante lucine che si muovevano verso la siepe.
– Sono le lucciole! – esclamarono Mario ed Angelo.
Rimasi in silenzio, non ne avevo mai viste così tante. Ne avevo sentito parlare a scuola qualche volta.
– Mi pare che utilizzino la luce per trovarsi fra maschi e femmine – dissi. –
Mi piacerebbe vederle da vicino queste moschine con dentro la lampadina. Si accendono e si spengono, come le luci dell’albero di Natale.
Bettina e Matteo ne catturarono alcune e poi le vidi svanire in un soffio d’oro.
Nel frattempo sentimmo ciò che riferiva nonno Bartolomeo a mio zio Umberto: – Che ne diresti se facessimo una capatina?
Tanto non è profonda e non ci sono buche. “Parlano in codice” pensai. “Nella frase manca il soggetto che è la caverna”. Infatti, zio Umberto aveva avuto la brillante idea di esplorarla: – Anche se odio gli ambienti umidi e bui e detesto i pipistrelli, e lì ne troveremo tanti, sarebbe opportuno darle un’occhiata.
– Il babbo e il nonno hanno deciso di esplorare la grotta, ma noi dobbiamo andarci prima di loro – disse Matteo, augurando la buonanotte a tutti.
Quella sera dormii a casa dei miei zii.
Dall’altra stanza sentivamo le voci di zio Umberto e di zia Alice, ovvero di “Salice piangente”: così l’avevano soprannominata in famiglia per via del pianto facile. Infatti, nei momenti di paura e di gioia, zia Alice versava sempre tante lacrime e mio zio, puntualmente, cercava di consolarla con certe frasi incredibilmente buffe, ma che