GIULIANA GEMELLI E FRANCESCO LANZA (A
CURA DI)
mia docenza amo fare ai miei studenti alcune domande per far si che il gruppo si conosca e che soprattutto riconosca gli obiettivi che ci accomunano e che ci hanno condotti ad occuparci dei cavalli. Alla domanda “in che periodo della tua vita ti sei accorta/o di amare i cavalli” la maggior parte delle persone non lo riesce ad indicare con precisione, riportando che si tratta di qualche cosa che nasce assieme a loro, e spesso scorgo emozione nei loro occhi mentre lo dicono. Silvia e io siamo veterinari ippiatri da più di due decadi. Laurearsi in Medicina Veterinaria ad entrambi sembrava la strada più adatta, ai tempi della fine del liceo, per prendersi cura dei nostri amati. Non provenendo da famiglie equestri altre soluzioni di vita con i cavalli non venivano allora contemplate. Ci siamo conosciuti a Bologna, io ero alla fine del mio percorso di studi. Lei quasi all’inizio. Da allora, oltre che vivere una felice relazione, abbiamo condiviso un percorso professionale che ci ha portati, supportandoci l’un l’altra, ciascuno nella propria specializzazione, a dei soddisfacenti livelli come veterinari. Ad un certo punto però ci siamo guardati in faccia e con sincronismo ci siamo fermati. Come potevamo investire così tanto delle nostre vite nel tentativo di curare il fisico dei cavalli se la maggior parte delle cause dei loro malanni derivavano dalla scorretta gestione dell’animale da parte di tecnici, cavalieri e addetti ai lavori? Era diventato frustrante realizzare che senza il benessere mentale ed emozionale il corpo non poteva reagire adeguatamente alle cure mediche e che queste spesso erano destinate a tamponare gli effetti ma non a rimuovere le cause. E soprattutto non vedevamo soluzione. Pensavamo di non poter incidere in questo stato di fatto. Gli animali, di certo quelli domestici, e senza dubbio soprattutto il cavallo, non hanno la fortuna che abbiamo noi. Non possono scegliere, non sono liberi. La qualità delle loro vite dipende esclusivamente da ciò che noi predisponiamo per loro. La arrogante credenza che 184