numero
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Anno 11 Marzo | Aprile 2021
www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG
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Spalla congelata DALLE TERAPIE FISICHE FINO ALLA CHIRURGIA, ECCO COME CURARLA
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Fibromialgia NON SOLO FARMACI
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Psicologia MANIPOLAZIONE AFFETTIVA: COME DIFENDERSI?
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Bellezza S.O.S. CAPELLI
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Sofia Goggia
La regina delle nevi
Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 1
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numero ) EDITORIALE 7 11 candeline per Bergamo Salute ) ATTUALITÀ 8 Campagna vaccinale a una svolta? ) SPECIALITÀ A-Z 10 Neurologia Ictus, come riconoscerlo e cosa fare 14 Ortopedia “Spalla congelata”. Dalle terapie fisiche fino alla chirurgia, ecco come curarla 16 Reumatologia Fibromialgia. Non solo farmaci ) PERSONAGGIO 18 Sofia Goggia La regina delle nevi ) IN SALUTE 20 Stili di vita Quanto il giudizio condiziona la nostra quotidianità? 22 Alimentazione Mai senza insalata! ) IN ARMONIA 24 Psicologia Manipolazione affettiva: come difendersi? 26 Coppia Separarsi bene per i figli. Ecco come fare
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Anno 11 Marzo | Aprile 2021
) IN FAMIGLIA 30 Dolce attesa Partorire sorridendo 32 Bambini La fimosi nel bambino. Quando e come intervenire? 34 Ragazzi Body shaming. Corpi criticati, corpi non amati ) IN FORMA 36 Fitness Camminare: benessere per corpo e mente, un passo dopo l’altro 39 Bellezza S.O.S. capelli ) ATS INFORMA 42 Da ATS Bergamo le regole d’oro per proteggere se stessi e gli altri ) RICETTA 44 Muffin con cioccolato, pere e burro di datteri ) RUBRICHE 52 Altre terapie Respirazione consapevole. Un aiuto contro l’ansia, ma non solo 54 Animali Un cucciolo con un cane anziano. Come gestire la convivenza
) DAL TERRITORIO 56 News 60 Onlus Cooperativa sociale Il Pugno Aperto 62 Il lato umano della medicina Medicina e musica rock 65 Malattie rare Sindrome di Stickler 66 Testimonianza Quando la disabilità diventa una sfida ) STRUTTURE 68 RSA Casa Mia Verdello 70 Politerapica Terapie della Salute ) PROFESSIONI SANITARIE 71 Infermiere di famiglia e comunità ) REALTÀ SALUTE 73 A.Ri.Bi. 76 Studio dentistico Previtali 79 Associazione InsiemeAte Onlus 81 Centro Medico M.R. Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
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Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 3
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EDITORIALE
11 candeline per Bergamo Salute A marzo di 11 anni fa nasceva “Bergamo Salute”. Che emozione vedere il primo numero prendere forma, pagina dopo pagina. E ancora di più tenere in mano la prima copia stampata con in copertina un bel bambino appena nato che sprizzava di gioia e speranza. Un po’ come tutti noi che in questo progetto abbiamo creduto e abbiamo lavorato, con passione, per vederlo realizzato, non senza un po’ di incoscienza. Incoscienza perché in tempi in cui l’informazione si indirizzava verso il web noi abbiamo scelto una rivista cartacea, certi che potesse funzionare lo stesso. E così è stato. Per fortuna sono molte le persone che, per approfondire temi importanti come la salute, si affidano ancora alla carta stampata e si fidano dell’informazione autorevole, seria e mai sensazionalistica che abbiamo sempre cercato di dare.
A tutte loro il nostro grazie di cuore! Oggi “Bergamo Salute” è un pre-adolescente con tanto entusiasmo ma anche con i suoi momenti “difficili” e di sconforto. L’ultimo anno, in particolare, ci ha messo spesso a dura prova: non abbiamo potuto distribuire il numero di marzo scorso - quello dei 10 anni - causa emergenza sanitaria, la redazione è stata costretta a lavorare in smart working, l’incertezza economica derivata dalla pandemia ha avuto ripercussioni anche su di noi. Ma nonostante tutto abbiamo stretto i denti e siamo andati avanti. Se questo è stato possibile e siamo arrivati fin qui è merito sicuramente delle tante realtà che hanno continuato a sostenerci, nonostante le ovvie difficoltà, hanno continuato a credere in noi e nel nostro lavoro e per questo le ringraziamo! Ma, lasciatemelo dire, è anche merito
dello straordinario team di questa rivista: Rosa, la nostra insostituibile caporedattrice (e factotum) sempre sul pezzo, saggia e un po’ folle allo stesso tempo, un faro nei momenti più complicati, e Luciano, il nostro sales manager (ruolo in realtà riduttivo rispetto a quello che fa), testardo e tenace, una persona straordinariamente onesta e seria, nel lavoro come nella vita, sempre pronta a farsi in quattro per il bene della rivista e non solo. Più che colleghi, amici e compagni di strada. Una strada che ci ha portati a compiere 11 anni e che speriamo possa continuare così, nel segno della passione, dell’amicizia e dell’impegno nell’offrirvi sempre un’informazione utile ed affidabile.
Adriano Merigo Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 7
ATTUALITÀ
Campagna vaccinale a una svolta? ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Un anno fa le agghiaccianti foto dei camion militari che trasportavano le bare dei bergamaschi vittime del Covid fecero il giro del mondo commuovendo tutti e mostrando la terribile gravità della pandemia. Era il 18 marzo. Quella data è il simbolo della pandemia ed è diventata la “Giornata Nazionale della Memoria” per ricordare tutte le vittime italiane. Il primo anniversario è stato celebrato a Bergamo, la provincia più colpita l’anno scorso con quasi 6 mila morti per il virus. Alla cerimonia, che si è tenuta nel “Bosco della Memoria” alla Trucca, dove sono stati piantati per il momento 850 alberi, è intervenuto il Presidente del Consiglio de Ministri Mario Draghi. “Questo è il luogo del dolore e del riscatto” ha detto tra l’altro il presidente “Siamo qui per celebrare il ricordo perché la memoria di ciò che è accaduto nella primavera dell’anno scorso non si appanni. Ricordare ci aiuta a fare buone scelte per la tutela della salute pubblica e per la salvaguardia del lavoro dei cittadini”. E ancora: “Siamo qui per promettere ai nostri anziani che non accadrà più che le persone fragili non vengano adeguatamente assistite e protette. Solo così rispetteremo la dignità di coloro che ci hanno lasciato. Solo così questo Bosco della Memoria sarà anche il luogo simbolo del nostro riscatto”. Sulla campagna 8 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
vaccinale ha promesso: “Il governo c’è e ci sarà ed è impegnato a fare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile. È la nostra priorità”. La campagna affidata al neocommissario, il generale degli Alpini Francesco Paolo Figliuolo, prevede di inoculare 53,7 milioni di dosi da aprile a giugno, quasi 79 milioni di dosi da luglio a settembre e 28,2 milioni negli ultimi tre mesi dell’anno. Un piano che potrà essere realizzato se non subentreranno ostacoli con le case farmaceutiche che finora hanno avuto problemi nel garantire la regolare consegna delle fiale. O addirittura come AstraZeneca i cui vaccini sono stati sospesi per qualche giorno dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, perché sospettati di aver causato 25 casi di trombosi su 20 milioni di persone vaccinate nel mondo. Dopo un’indagine l’Ema ha di novo dato il via libera ad AstraZeneca, che intanto ha cambiato nome in Vaxzevria al suo siero, sostenendo che non esiste un nesso di casualità tra la morte dei 25 pazienti, tra cui 3 italiani, e il vaccino. Ha però preteso che nel bugiardino, il foglietto che accompagna ogni medicinale e riporta anche le controindicazioni che spesso non vengono neppure lette, venga inserito anche il rischio di trombosi. Intanto resta il timore
delle migliaia di persone che non hanno ancora superato i 65 anni di età, limite per essere vaccinati con questo siero. Molti hanno rifiutato il vaccino, anche se gli esperti hanno dato ampie rassicurazioni sulla bontà del prodotto e il presidente Draghi è stato tra i primi a farsi iniettare proprio questo vaccino. Come hanno fatto anche il generale Figliuolo e il capo della Protezione Civile. Chi si rifiuta viene messo in coda e si potrà immunizzare soltanto alla fine della campagna, diventando così un pericolo di contagio per se stesso e per gli altri. Il piano vaccinale prevede per il momento quattro sieri: AstraZeneca, Pfizer, Moderna, che vanno iniettati una prima volta e poi con richiamo dopo quasi un mese. L’ultimo è Johnson & Johnson, il cui arrivo è previsto per le prossime settimane e che ha un vantaggio rispetto a quelli sino ad ora disponibili. È sufficiente infatti una sola somministrazione e non due: ci saranno da aprile alla fine dell’anno circa 26 milioni e 500 mila dosi, consentendo così una forte accelerazione all’immunizzazione degli italiani. Entro l’anno dovrebbero essere pronti anche altri vaccini: il Curevac che sarà prodotto in Austria dalla Novartis, l’italiano ReiThera che è nell’ultima fase di
sperimentazione in 26 centri ospedalieri e ha tra i volontari lo scrittore ex magistrato Gianrico Carofiglio che in tv ha così commentato il suo parere sui vaccini : “Si parla in modo un po’ sgangherato dei loro rischi, ma salire su un’auto in città implica un rischio enormemente maggiore”. Infine il russo Sputnik che sarà prodotto dalla Adienne Pharma & Biotech del bergamasco Antonio Francesco Di Naro. Un’azienda leader conosciuta in tutto il mondo soprattutto per i cosiddetti farmaci “orfani” per la cura delle malattie rare e per le medicine oncologiche. Di Naro, che è nato a Bergamo nel 1966, vive a Lugano, ama parlare spesso in dialetto bergamasco anche con gli svizzeri e con i collaboratori e a Bergamo ci torna spesso a trovare le sorelle. Ha studiato al Collegio Vescovile
Sant’Alessandro e si è diplomato al Liceo Scientifico Lussana. Poi la laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Milano, master alla Bocconi, e due anni di ulteriori studi all’Istituto Mario Negri. Prima di dare vita all’Adienne, acronimo delle iniziali del nome e cognome, ha lavorato a lungo, da dirigente, in varie case farmaceutiche internazionali. Nel 2004 ha deciso di mettersi in proprio e di fondare la sua società che allora aveva la sede in via Broseta per occuparsi di quelle nicchie trascurate dalla grande industria farmaceutica. Adesso l’azienda è a Caponago nell’ex stabilimento dell’AstraZeneca. L’Adienne è l’unica azienda scelta in Europa dal Fondo di investimento russo per produrre lo Sputnik V,
il vaccino anticovid di Mosca. “Ci ha messo in contatto la Camera di commercio Italia-Russia”, ha raccontato Di Naro in un’intervista. “Siamo stati contattati con altri ma gli unici selezionati siamo stati noi in tutta Europa”. Dello Sputnik, che tradotto significa compagno di viaggio, si dichiara ottimista sostenendo che si tratta di un buon vaccino che però deve avere ancora l’autorizzazione dall’Agenzia europea del farmaco. Se tutto va bene sarà disponibile alla fine di quest’anno. Intanto la speranza è che il piano vaccinale proceda senza intoppi. Solo se ci vacciniamo tutti e rispetteremo ancora le norme (distanziamento, igiene delle mani, eccetera eccetera) potremo dire di aver sconfitto il virus e finalmente tornare ad una vita il più normale possibile. Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 9
SPECIALITÀ A-Z
NEUROLOGIA
Ictus
Come riconoscerlo e cosa fare ∞ A CURA DI MASSIMO CAMERLINGO
Tre-quattro ore dalla comparsa dei sintomi. È questo il lasso di tempo entro il quale una persona colpita da un ictus ischemico dovrebbe ricevere assistenza medica. In questo modo, infatti, è possibile ridurre la mortalità e le conseguenze invalidanti che questa patologia porta con sé. Ecco perché diventa fondamentale imparare a riconoscere i sintomi e non perdere tempo prima di chiedere aiuto. Tempestività nella terapia e miglioramento dell’efficacia delle strategie preventive oggi giocano un ruolo fondamentale nella riduzione dell’incidenza e della mortalità e nella diminuzione del numero dei ricoveri da ictus.
QUANDO UN’ARTERIA DEL CERVELLO SI OSTRUISCE L’ictus ischemico cerebrale (“colpo”, “stroke”) è una malattia vascolare acuta causata dall’ostruzione di un vaso arterioso cerebrale dovuta alla deposizione di un trombo (trombosi) o all’arrivo di un embolo (embolia) tali da impedire l’apporto di sangue a una parte di cervello. 10 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Terza causa di morte in Italia, dopo le malattie ischemiche del cuore e i tumori e prima di invalidità permanente nel mondo occidentale, nel nostro Paese colpisce ogni anno circa 120-140.000 persone (circa il 2,2-2,4 per mille abitanti), con una maggiore incidenza dopo i 55 anni e negli uomini.
NON SOTTOVALUTARE I CAMPANELLI D’ALLARME Il segno più comune è rappresentato da un’improvvisa debolezza dei muscoli di un lato del corpo (paralisi), spesso associata all’attenuazione o abolizione della percezione del tatto nella parte colpita (anestesia). I segni possono essere anticipati o accompagnati da mal di testa, nausea o vomito e vertigini oppure perdita della capacità di parlare e/o di capire (afasia) e di vedere cosa succede da un lato visivo (emianopsia). Qualora vi fosse interessamento dei centri della vigilanza o l’ictus fosse molto esteso vi può essere depressione della coscienza fino al coma.
IL PRINCIPALE FATTORE DI RISCHIO? L’IPERTENSIONE Negli ultimi decenni si è fatto un notevole sforzo scientifico per cercare d’identificare i fattori di rischio della malattia. Il principale fattore di rischio è sicuramente l’ipertensione arteriosa. Numerosi studi hanno dimostrato che la cura di questa patologia riduce in modo significativo gli eventi. Un’acquisizione più recente è che vanno curate tutte le forme di ipertensione, essendo stato dimostrato che anche la pressione sistolica (la “massima”) causa eventi. Altri fattori di rischio al centro dell’attenzione sono i lipidi. Categorie di farmaci capaci di ridurre i valori di colesterolo hanno dato risultati di prevenzione in termini percentuali analoghi a quelli ottenuti con i farmaci anti-ipertensivi. Gli altri principali fattori di rischio curabili sono rappresentati dal diabete e dalla necessità di eliminare il fumo di sigaretta. Infine, per i pazienti con malattie cardiache aritmiche (fibrillazione atriale), è indicato l’utilizzo dei farmaci anticoagulanti (i farmaci inibitori della
vitamina K ), soprattutto se di sesso femminile, ipertesi, di età superiore ai 75 anni e con storia di episodi di scompenso di cuore.
TEMPESTIVITÀ DELLA CURA E ASSISTENZA SPECIALIZZATA PER RIDURRE MORTALITÀ E DISABILITÀ Fino a poco tempo fa non esisteva alcuna cura. Era in voga il concetto di “nichilismo terapeutico“, ossia l’inutilità di qualsiasi intervento per questa malattia. Oggi non è più così. Vi sono cure efficaci non solo nel campo della prevenzione degli
eventi, ma anche in quello della riduzione della gravità una volta che l’evento è avvenuto. L’ictus ischemico è una situazione di emergenza che viene trattata attraverso la somministrazione di farmaci che hanno come obiettivo cercare di dissolvere il trombo responsabile dell’ostruzione del flusso sanguigno e prevenire la formazione di altri che potrebbero causare un secondo ictus a distanza di poco tempo. Questa procedura si chiama trombolisi. È stato dimostrato che la somministrazione attraverso una vena nel braccio o direttamente nell’arteria cerebrale interessata da farmaci trombolitici capaci di sciogliere i trombi può essere in grado di ricanalizzare il vaso ostruito e ridurre di conseguenza sia la mortalità sia l’invalidità determinate dall’ictus. Questo è lo stesso tipo di trattamento salvavita utilizzato per l’infarto di cuore. Purtroppo questa terapia per essere efficace deve essere iniziata entro pochissimo tempo (circa tre ore) dall’esordio dei sintomi. Per questi motivi è necessario un team di persone esperto e affiatato capace di riconoscere in modo tempestivo i sintomi di uno
DOTT. MASSIMO CAMERLINGO Responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia e Stroke Unit Policlinico San Marco Zingonia (BG)
stroke ischemico acuto e rodato sulle modalità di terapia. Questo team deve comprendere oltre al neurologo, il medico di pronto soccorso e il radiologo, perché è indispensabile eseguire prima della terapia almeno un esame TAC encefalo, per escludere altre cause. Inoltre questi medici devono essere aiutati dai medici di famiglia e dal 118 per anticipare ulteriormente la diagnosi. È inoltre necessario che il paziente sia seguito poi in una Stroke Unit, ovvero unità specificamente
Aprile: mese della prevenzione Aprile è il mese che A.L.I.Ce. Italia Odv, l’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale, dedica ogni anno alla prevenzione dell’ictus. Quest’anno i riflettori sono accessi sull’ipercolesterolemia che, insieme a fumo, ipertensione e obesità, costituisce uno dei principali fattori di rischio ictus che possono essere modificati attuando un cambiamento nel proprio stile di vita: una sana e corretta alimentazione, ad esempio, è in grado di ridurre il colesterolo nel sangue tra il 5 e il 10%, diminuendo in questo modo anche il rischio di incorrere in malattie come ictus e infarto. L’altra arma contro l’ictus è la diagnosi precoce: fare gli esami del sangue una volta all’anno per controllare i valori del colesterolo può evitare l’insorgenza improvvisa di patologie gravi come ictus e infarti. Per informazioni: www.aliceitalia.org.
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SPECIALITÀ A-Z
NEUROLOGIA
attrezzata e dotata di personale addestrato per la cura della persona con ictus. In alcuni casi può essere indicato in pochi centri specializzati e attrezzati aggiungere alla procedura (qualora non fosse efficace come nelle aspettative in persone sufficientemente giovani e in grado di tollerare un atto invasivo) un intervento cosiddetto di trombectomia agendo direttamente all’interno dell’arteria ostruita, arrivando all’interno del cervello con un microcatetere arterioso previa inserzione in una arteria femorale o un’arteria del braccio, in modo
analogo a quanto avviene nella malattia coronarica acuta. Spetterà al primo team che accoglie il malato decidere quando attivare questo tipo d’intervento che per ora non rappresenta ancora un’indicazione di massa.
FISIOTERAPIA E LOGOPEDIA PER IL RECUPERO DOPO L’EVENTO ACUTO Superata la fase di emergenza il paziente deve seguire un percorso di riabilitazione in modo che possa recuperare quanto più possibile le funzioni perdute a causa dell’ictus.
Può trattarsi di una: > riabilitazione logopedica, se le aree del cervello coinvolte sono quelle che controllano il linguaggio; > riabilitazione fisioterapica, se dovessero essere stati danneggiati i processi motori. L’insieme di queste procedure è in grado di recuperare a vita attiva o appena compromessa più del 40% di tutte le persone compromesse da un evento ictus ischemico cerebrale, a patto però di fare presto: il fattore tempo è determinante per salvare il cervello.
Il ritorno a domicilio dopo ricovero ospedaliero: come muoversi? L’impatto esercitato dal ritorno all’ambiente familiare su una persona in esiti da ictus è forte. I livelli di compromissione fisica, psichica, cognitiva, comportamentale ed emotiva possono essere molto variabili e di conseguenza lo sono anche le limitazioni nella quotidianità. Risulta quindi fondamentale l’intervento di un professionista esperto di attività di vita quotidiana: il terapista occupazionale (TO). Privilegiando il domicilio come luogo di intervento, il TO valuta il paziente non come persona a sé stante, ma inserita nel suo specifico contesto familiare. Infatti s’intuisce facilmente come determinate attività svolte in ospedale (a partire dall’igiene e dai trasferimenti) risultino più difficili da compiere nella propria casa. Barriere architettoniche e coniuge non abituato a gestire certe problematiche sono esempi di ostacoli che si possono
incontrare. Il TO valuta attentamente sia il domicilio sia la persona e suggerisce eventuali modifiche ambientali, strategie, ausili ed esercizi utili a favorire la maggior partecipazione attiva del paziente nelle attività quotidiane per lui prioritarie in quel momento. Inoltre insegna ai parenti quanto e come intervenire: il loro aiuto temporaneo o permanente può essere essenziale, ma non bisogna sostituirsi alla persona laddove c’è autonomia residua. Un aspetto non trascurabile è la motivazione che spinge il paziente tornato a casa ad assumere gradualmente un ruolo più attivo e ad avere obiettivi più chiari rispetto a quando era in ospedale, ambiente che porta a un atteggiamento generalmente più passivo e dipendente dal personale sanitario (la presenza del servizio di TO negli ospedali è sostanziale anche per accelerare questo processo). La
stessa classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) spiega quanto i fattori ambientali e i fattori personali (aspetti psicologici, affettivi e comportamentali) influiscano sulla performance della persona.
DOTT.SSA RENATA CANOVA Terapista Occupazionale Valle Seriana e Centro Polispecialistico Zogno
SPECIALITÀ A-Z
ORTOPEDIA
“Spalla congelata” Dalle terapie fisiche fino alla chirurgia, ecco come curarla ∞ A CURA DI ENZO VINCI
Dolore diffuso a tutta la spalla, che sembra peggiorare di notte e disturba il sonno, rigidità (non conseguente a immobilizzazione dell’arto) con riduzione della capacità di movimento. Sono questi i primi sintomi della capsulite restrittiva, chiamata anche “capsulite adesiva” o “spalla congelata”, patologia ad esordio talvolta subdolo e progressivo. Riconoscerla precocemente è fondamentale per accelerare i tempi di guarigione.
QUANDO L’ARTICOLAZIONE SI “CONGELA” La capsulite restrittiva è una patologia a carico della capsula articolare, cioè quel “manicotto” che unisce le due componenti dell’articolazione della spalla: la parte finale dell’omero (cosiddetta testa) e una protuberanza della scapola chiamata glenoide. In seguito a un processo infiammatorio del tessuto che forma la capsula articolare (capsul-ite appunto, dove ite sta per infiammazione), questa si restringe causando una limitazione del movimento. Il termine capsulite adesiva deriva da una letterale traduzione dall’inglese, ma in realtà non vi è nulla di “adesivo”; altri termini comunemente usati per definire questa patologia sono “spalla congelata”, il suo corrispettivo inglese “frozen shoulder”, “spalla rigida idiopatica”. Questo “congelamento” dell’articolazione riduce notevolmente 14 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
l’arco di movimento e può causare dolore quando si cerca di muoversi anche per semplici attività quotidiane come allungarsi per prendere un oggetto o spazzolarsi i capelli.
LE TRE FASI DELLA MALATTIA Dopo la fase iniziale e più dolorosa (detta di raffreddamento) che può durare settimane, la capsulite evolve in una seconda fase (il vero e proprio congelamento) caratterizzata da diminuzione del dolore a riposo, ma presenza di un fastidio continuo con rigidità dell’articolazione e limitazione del movimento, per poi passare alla terza fase o “fase del disgelo” in cui si si assiste a un seppur lento ma progressivo recupero di mobilità articolare.
categorie di farmaci come gli antiepilettici sono frequentemente associate a questa patologia, che comunque può manifestarsi in ogni persona, uomo o donna, senza particolari fattori “di rischio” o traumi pregressi. Curiosamente si è notata un’aumentata inciden-
I PIÙ A RISCHIO: LE DONNE TRA I 40 E I 50 ANNI Ancora non sono chiare le cause che possono favorire la comparsa di questa patologia. Quello che si è visto è che le donne tra i 40 e i 50 anni sembrano essere maggiormente predisposte a sviluppare forme di capsulite restrittiva. Anche la presenza di patologie come il diabete e le cardiopatie o l’assunzione prolungata di alcune
DOTT. ENZO VINCI Specialista in Ortopedia e Traumatologia Direttore dell’Unità Funzionale di Chirurgia Spalla e Gomito della Casa di cura San Francesco di Bergamo
za, per fattori ancora non noti, di questa problematica dopo la prima ondata di Sars-Covid.
I SINTOMI? A VOLTE POSSONO TRARRE IN INGANNO I sintomi dolorosi della spalla sono spesso confusi con altre patologie come la tendinopatia calcifica, la rottura della cuffia dei rotatori, l’artrite o la tendinite del capo lungo del bicipite. Nonostante queste patologie in alcuni casi possano evolvere verso una capsulite adesiva, ciò non è assolutamente la regola. Di fronte a una limitazione dell’arco di movimento, soprattutto in rotazione e flessione, esami strumentali come una radiografia, la
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Risonanza Magnetica Nucleare e l’esame clinico consentono di escludere altre possibili patologie e confermare la diagnosi.
TERAPIE “SU MISURA” A SECONDA DELLA GRAVITÀ La terapia della capsulite restrittiva dipende dal livello di gravità. Spesso, nelle fasi iniziali, farmaci antiinfiammatori sono utili per ridurre la reazione infiammatoria e conseguentemente diminuire il dolore. Terapie fisiche come la tecarterapia o onde d’urto possono giovare. Un terapista della riabilitazione esperto è di aiuto per effettuare una mobilizzazione attiva-assistita o passiva che deve essere eseguita molto dolcemente, senza mai forzare, meglio se in una piscina riabilitativa con acqua calda. In as-
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sociazione alle terapie riabilitative, è molto utile anche eseguire un programma d’esercizi domiciliari. In alcuni casi, iniezioni intrarticolari con acido ialuronico e/o farmaci cortisonici possono rappresentare un valido trattamento. La terapia chirurgica, indicata soprattutto nei casi di severa limitazione e in pazienti con fattori di rischio (come ad esempio il diabete), è rappresentata dalla capsulolisi in artroscopia. Si tratta di un intervento che viene eseguito generalmente in regime di day hospital, attraverso il quale, con tecnica mini-invasiva, si tagliano le porzioni della capsula articolare infiammata. Un altro approccio, ancora diffuso ma meno consigliabile per le possibili complicanze, è la mobilizzazione dell’articolazione in narcosi, che consiste nel forzare l’articolazione del paziente addormentato in tutte le direzioni. In ogni caso, sia dopo la manipolazione in narcosi sia dopo l’artroscopia, il paziente deve continuare la terapia riabilitativa di mobilizzazione e gli esercizi domiciliari. La capsulite restrittiva si risolve con le terapie descritte e non evolve in artrosi o in danni alla cuffia dei rotatori. È comunque importante che i pazienti comprendano che i tempi di recupero sono molto lunghi, parecchi mesi (il paziente deve essere “paziente”) e che in alcuni casi la patologia può ripresentarsi. Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 15
SPECIALITÀ A-Z
REUMATOLOGIA
Fibromialgia Non solo farmaci ∞ A CURA DI TANIA UBIALI
Colpisce circa il 2% degli italiani, ma ad oggi è ancora poco conosciuta. La sua diagnosi avviene con difficoltà e spesso in ritardo. È la fibromialgia, patologia cronica che letteralmente significa dolore nei muscoli e nelle strutture connettivali fibrose (legamenti e i tendini). Oggi esistono diverse opzioni terapeutiche, ma fondamentale è la collaborazione del paziente e il suo stile di vita.
UNA SINDROME CON SINTOMI ETEROGENEI La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da una varietà di sintomi diversi, sui quali domina il dolore cronico diffuso, inteso soprattutto come artromialgie (dolori articolari e muscolari) ai quattro arti e al rachide, in particolare in regione cervicale e lombare. Si associano tuttavia molti altri disturbi, quali stanchezza cronica invalidante, insonnia, cefalea, disturbi intestinali (intestino irritabile), deflessione del tono dell’umore o disturbi d’ansia, sensazione di confusione o di “perdita della memoria”, parestesie o disestesie a mani e piedi (formicolii o sensazione di bruciore/calore/ dolore pungente), dismenorrea, sindrome poliallergica.
TRA LE IPOTESI SULLE CAUSE ANCHE LO STRESS 16 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
La fibromialgia colpisce prevalentemente il sesso femminile, senza distinzione d’età; negli ultimi anni sono inoltre in aumento anche gli esordi giovanili. Al momento restano ancora da chiarire le cause d’insorgenza. La ricerca in questo ambito ha messo in evidenza alterazioni nei circuiti di trasmissione e regolazione del dolore, che determinerebbero una riduzione della soglia del dolore e contestualmente iperalgesia e allodinia, ovvero un’accentuazione della sensazione dolorosa e la percezione di stimoli normalmente innocui come dolorosi. A innescare questi meccanismi potrebbero contribuire lo stress e una ridotta resilienza, ovvero la capacità di far fronte alle avversità. È invece dubbia la com-
Alla fibromialgia e a come conviverci è dedicato l’instant book realizzato da Aisf-Odv, Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica, che rappresenta e assiste i pazienti colpiti. Il libro è scaricabile al link: https://bit.ly/3kL7LIY
partecipazione di fattori genetici che potrebbero predisporre allo sviluppo della malattia. Si tratta in ogni caso di ipotesi su cui si sta ancora lavorando.
LA DIAGNOSI: ESAMI DEL SANGUE E STRUMENTALI SOLO PER ESCLUDERE ALTRE PATOLOGIE La diagnosi di fibromialgia viene posta su base clinica e dopo esclusione, attraverso accertamenti di laboratorio e strumentali, di altre
patologie organiche quali malattie infiammatorie articolari, connettiviti, patologie endocrinologiche, eventi infettivi virali o sindromi da affaticamento cronico post-virali che presentano manifestazioni spesso sfumate e aspecifiche. Durante la visita il primo passo è il colloquio, finalizzato a indagare i sintomi sopra descritti. Successivamente si passa all’esame obiettivo, con il quale si ricercano segni caratteristici, come l’assenza d’infiammazione articolare, contrattura muscolare diffusa e la dolorabilità alla digitopressione dei cosiddetti “tender point”, punti di giunzione miotendinea (ovvero tra muscoli e tendini corrispondenti) che risultano particolarmente dolorosi nelle persone fibromialgiche. L’ultima revisione dei criteri diagnostici del 2016 include la presenza di dolore generalizzato in almeno quattro settori, presente da almeno tre mesi, associato a dei punteggi significativi su due scale di valutazione del dolore e della severità dei sintomi. Viene inoltre chiarito che si può diagnosticare una fibromialgia anche in presenza di altre patologie clinicamente significative, per quella che veniva definita fibromialgia “secondaria”, e che può insorgere soprattutto in soggetti affetti da patologie croniche invalidanti.
IL PRIMO PASSO DELLA CURA? UNO STILE DI VITA ATTIVO E SANO La terapia si fonda sulla combinazione tra terapia farmacologica e
La cantante americana Lady Gaga a causa della fibromialgia è stata costretta a cancellare alcune date del suo tour europeo nel 2019” trattamento non farmacologico. Quest’ultimo risulta di fondamentale importanza per ottenere un soddisfacente controllo dei sintomi, anche se spesso viene trascurato dal malato. L’aspetto non farmacologico si fonda innanzitutto sull’attività fisica regolare a basso impatto (yoga, pilates, tai chi, ginnastica dolce, ginnastica in acqua, nuoto etc.), sulla fisiochinesiterapia in varie declinazioni (rieducazione motoria, ginnastica posturale, terapie fisiche), sulla massoterapia decontratturante, la psicoterapia, ma anche su terapie ancora ritenute alternative ma soggettivamente talvolta efficaci, come ad esempio l’agopuntura e la balneoterapia. Le terapie farmacologiche aiutano a modulare le vie del dolore, combattono l’insonnia che frequentemente accompagna la fibromialgia e la contrattura muscolare, riducono i fastidiosi formicolii o le sensazioni di scosse elettriche lungo il corpo. Pur in assenza di protocolli terapeutici standardizzati, vengono comunemente utilizzati: farmaci antidepressivi quali la duloxetina o l’amitriptilina, miorilassanti come
l’eperisone, la tizanidina o la ciclobenzaprina, analgesici come il tramadolo o il tapentadolo, farmaci comunemente utilizzati per il dolore neuropatico come il pregabalin o il gabapentin. La scelta della terapia andrebbe effettuata in base alle caratteristiche del singolo paziente, in cui può prevalere un ambito su un altro (come dolore, contrattura o allodinia). Può capitare che le terapie non risultino efficaci al primo colpo o che vengano poco tollerate, richiedendo modifiche o aggiustamenti nella dose. Questo non deve scoraggiare, perché le opzioni a disposizione sono varie. Il messaggio chiave nella fibromialgia dovrebbe essere cercare di non arrendersi al dolore, ma impegnarsi quotidianamente per mantenere uno stile di vita attivo e salutare, in un quadro in cui i farmaci possono dare una mano.
DOTT.SSA TANIA UBIALI Specialista in Reumatologia Presso IRO Medical Center Azzano San Paolo
Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 17
PERSONAGGIO
SOFIA GOGGIA
La regina delle nevi «Sono contentissima. Avrei voluto giocarmela in pista, ma comunque è stata una vittoria schiacciante, ho vinto quattro gare su 5 e il peggior risultato è stato un secondo posto. Il giorno della gara finale la sveglia è arrivata prestissimo, intorno alle 5.10, perché la giornata si annunciava intensa fra prova e gara. Così sono andata in palestra per i primi esercizi di attivazione, poi è arrivata la notizia della cancellazione della gara e della mia vittoria. È la mia seconda Coppa mondiale di discesa libera, penso sia meritata, avevo un buon vantaggio. L’infortunio è arrivato nel momento sbagliato, alla vigilia dei Mondiali, tuttavia il fatto di avere fatto l’impossibile per essere qui dopo 45 giorni, mi rende orgogliosa. Ho recuperato in tempi molto brevi, già una settimana fa abbiamo visto che il callo osseo era praticamente rimarginato, sono riuscita in pochi giorni di allenamento a capire che la forma non era poi così male». Sono state queste le prime parole di Sofia Goggia dopo la vittoria della seconda Coppa del mondo di discesa libera in carriera. Dalle lacrime alla felicità. Da uno stupido infortunio che le ha fatto saltare la partecipazione ai mondiali di Cortina d’Ampezzo, il 31 gennaio, alla Coppa del Mondo di discesa libera di sci. Sofia Goggia, bergamasca di Astino, 28 anni, campionessa olimpica, due mon18 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Ph: Pentaphoto/Archivio Fisi
∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
diali, adesso sorride. Ma allora era sconvolta, triste, disperata. Si era preparata per tutta la stagione all’appuntamento iridato e invece, come racconta lei stessa «sono caduta nella neve marcia con lo zaino pesante in spalla sulla pista di rientro dopo l’annullamento di una gara a Garmisch. È stato terribile». Ma come al solito Sofia ce l’ha messa tutta. Come le altre quattro volte in cui si era infortunata seriamente. Cinque in totale. La prima a 15 anni. L’ultima con la rottura del piatto tibiale del ginocchio destro. Per un mese e mezzo ha fatto esercizi in palestra per non perdere il tono muscolare. «E ho svolto la riabilitazione presso FisioCenter Multimedica di Bagnolo San Vito in provincia di Mantova» ci dice. «Un lavoro che ha dato ottimi frutti. Mi sono consegnata nelle mani delle poche persone di cui mi fido ciecamente.
Una di queste è Roberto Galli, mi conosce da quando avevo 15 anni e per me è come un secondo padre. Se sono riuscita ad ottenere certi successi è grazie ai recuperi che mi ha sempre fatto fare. Questa volta comunque si è trattato di un infortunio relativamente semplice da superare». Tanto lavoro anche a casa sotto lo sguardo vigile di papà Ezio, ingegnere e pittore, e di mamma Giuliana, guardata a vista anche dalla sua pastora australiana Belle che quando può se la porta anche sulle piste di sci. E finalmente di nuovo sugli sci. «È stato molto bello. Mi hanno sicuramente aiutato i tanti messaggi di solidarietà arrivati nelle prime settimane, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma anche da numerose personalità del mondo sportivo e semplici appassionati. E ringrazio di cuore le mie compagne per come mi hanno
supportato, hanno sofferto con me. La delusione per la mancata partecipazione ai Mondiali di Cortina è però rimasta tanta. terribile non esserci, ma sono consapevole che nella vita ci sono cose ben più gravi e importanti. È stato difficile accettarlo, adesso però dobbiamo per forza guardare avanti, verso i prossimi obiettivi, le Olimpiadi di Pechino dell’anno prossimo» dice la campionessa che da anni indossa anche la divisa delle Fiamme Gialle, la Guardia di Finanza, e che tra i tanti trofei annovera anche un Tapiro d’oro di “Striscia la notizia” ricevuto mentre usciva dalla palestra ancora con le stampelle. Riconoscimento che lei ironicamente commentò: «sarà l’unico oro che vincerò quest’anno. Spero di ottenere il prossimo per meriti sportivi». Niente di più sbagliato. Per la seconda volta in carriera, a distanza di tre anni, ha vinto la Coppa del Mondo di discesa libera (davanti alle svizzere Corinne Suter distanziata di 70 punti e Lara Gut) bissando quella vinta quest’anno dalla sua amica Marta Bassino in
slalom gigante. «E non parlatemi di fortuna. Anzi non scrivete che sono stata fortunata perché la gara è stata annullata. È successo anche l’anno scorso con la Coppa vinta da Federica Brignone. Anche lei è stata definita fortunata, anche se aveva sbaragliato il campo e non aveva potuto fare le ultime gare per il maltempo. Io ho vinto 4 gare su 5 disputate. Non mi dite che sono stata fortunata perché non si è potuto gareggiare per le proibitive condizioni atmosferiche. Sono venuta qui per fare la mia gara e purtroppo non l’ho potuta fare. Avrei voluto vincere la Coppa sul campo». Adesso si riposerà un po’ Sofia. Si dedicherà alla sua amica del cuore, Belle che spesso mostra su Facebook mentre l’abbraccia e la coccola. E ai suoi hobby, la filosofia e la poesia. Il suo poeta preferito è John Keats di cui ha fatto sua una frase “La vita è un’avventura da vivere, non un problema da risolvere”. Sofia è davvero uno spirito libero, nata sotto il segno dello Scorpione,
di cui ha tutti i connotati: cocciuta, tenace, battuta pronta. È un talento della neve, anzi la regina della discesa libera. Ma è anche una patita della musica, dalla classica a Fedez e J-Ax e della polenta. «Se non la sai fare non sei nessuno» ha detto più volte. Ma i suoi principi, come ci aveva sottolineato in una nostra intervista del 2016 sono: «Tranquillità, concentrazione e consapevolezza». E aggiunge ora: «Sono i tre ingredienti che mi servono. Credo rimangono sempre validi anche a quattro anni di distanza. In questo tempo sono arrivati molti risultati e quindi la ricetta è giusta ma aggiungerei anche un’ulteriore esperienza raccolta in pista e fuori». E gli studi? «Sono ancor iscritta a un corso universitario anche se mi riesce difficile frequentare con continuità. L’attività agonistica mi assorbe al 100 per cento ma non escludo un giorno di inseguire anche l’obiettivo della laurea». E l’amore? Sofia preferisce non rispondere. Ora si dedica anima e corpo alla preparazione delle prossime Olimpiadi.
Ph: Pentaphoto/Archivio Fisi
Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 19
IN SALUTE
STILI DI VITA
Quanto il giudizio condiziona la nostra quotidianità? ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
«Che impatto ha il giudizio sulle nostre vite? Notevole. Il giudizio, spesso inconsapevole, è presente in moltissime attività e situazioni della nostra esperienza quotidiana, al punto da diventare un’attività deleteria per la nostra mente. Applicando il giudizio, in qualche modo, riteniamo di avere già fatto e compreso una determinata esperienza; una convinzione che spesso viene rafforzata dal fatto che riteniamo di avere ragione. È possibile considerarsi depositari della verità solo perché abbiamo sperimentato una situazione simile in passato o perché ci hanno raccontato che una data situazione “funziona” così? Anche in questo caso è tutto molto relativo. Un distinguo va certamente fatto, perché c’è giudizio e giudizio! C’è un giudizio discriminatorio che ci permette, per esempio, di allontanarci da un pericolo oggettivo (un semaforo rosso, un precipizio vicino ad un sentiero) e un giudizio che pensa di conoscere già una situa20 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Il giudizio non coincide con la realtà. Spesso i giudizi “filtrano” e deformano la realtà, impedendo di vedere con chiarezza ciò che sta accadendo dentro e fuori di noi” zione o una persona, incasellandola in categorie già pronte. In questo articolo ci occuperemo di questo secondo tipo di giudizio». Chi parla è Ermanno Manzoni, Counselor Psicosomatico. Lo abbiamo incontrato per parlare di come il giudizio possa influenzare le nostre esperienze quotidiane e di come ci si possa liberare da un atteggiamento troppo giudicante e vivere più “liberamente” e in armonia con se stessi e con gli altri. Da dove nasce il giudizio? Il giudizio si manifesta in modo molto veloce e automatico, sfrut-
tando numerose categorie in cui inserire l’elemento con cui siamo venuti in contatto (situazione, luogo, persona, noi stessi). Queste categorie, formatesi nel tempo, sono frutto delle esperienze personali o indirette, insegnamenti ricevuti dalla scuola, dalla famiglia, dalla società, dalla religione etc.. Esiste però anche un’altra forma di giudizio che si manifesta in modo molto primitivo appena entriamo in contatto con l’elemento dell’esperienza: scatta il “mi piace” se non lo vediamo come un pericolo per noi e quindi possiamo trarne beneficio, oppure il “non mi piace” se è per noi un potenziale pericolo e quindi tendiamo ad allontanarci. È un giudizio che applichiamo sin da bambini. Man mano che cresciamo, poi, sviluppiamo il nostro “Io” che progressivamente si rafforza, dandoci un senso di separatezza dagli altri: è sulla base di questa separatezza e differenza che iniziano confronti, competizione e anche il giudizio.
Come si struttura il giudizio e dove lo “viviamo” nella nostra quotidianità? Proviamo a pensare per un attimo quante volte ci troviamo a giudicare nell’arco di una giornata e su quali basi. Magari con frasi del tipo “Io non lo farei mai” oppure “quello è giusto”, “quest’altro è sbagliato”, proiettando le nostre “certezze” o ragionando, spesso, per generalizzazioni e stereotipi. Ci troviamo anche a giudicare una persona per il suo comportamento non considerando che non conosciamo il suo vissuto e cosa l’ha spinta a un determinato gesto. Molte volte indirizziamo il giudizio anche verso noi stessi, criticandoci per errori o perché non manteniamo alti standard di efficienza, ad esempio nel lavoro o nelle relazioni. Cercando di aderire a stereotipi imposti dall’esterno o a immagini che ci siamo creati o ci hanno trasmesso nel tempo, entriamo in conflitto con noi stessi non accettandoci come esseri “umani”, ovvero esseri che possono essere fragili, vulnerabili e possono sbagliare. Anche in questo caso si crea distanza e separazione, che diventa nociva e che non ci permette di ascoltarci
intimamente e amare ciò che siamo veramente, che non ci aiuta a perdonarci e a trarre insegnamento da un’esperienza. Come si può combattere un atteggiamento troppo giudicante? Non ci si può sbarazzare del giudizio, è nella nostra natura umana giudicare, ma si può imparare ad accettarlo e fare in modo che non condizioni negativamente le nostre vite. Il primo passo è quello di averne consapevolezza, accorgersi di avere un giudizio e progressivamente, iniziare il processo di accettazione e sospensione. Molto utile per raggiungere l’obiettivo è la mindfulness, pratica che ci permette di portare attenzione e vivere il presente in modo non giudicante e curioso verso le esperienze, così da imparare ad apprezzare ciò che sta accadendo dentro e fuori di noi proprio mentre accade. Nella meditazione mindfulness ci sono numerose pratiche per sviluppare questa consapevolezza che come base hanno l’osservazione e il contatto con il respiro. Allora potremmo provare, quando ci troviamo in situazioni in cui il pensiero giudi-
ERMANNO MANZONI Counselor Psicosomatico Istruttore Mindfulness MBSR A Bergamo
cante (quello che crea distanza e separazione) potrebbe prendere il sopravvento, ad entrare in contatto con il nostro respiro, osservandolo semplicemente. Così facendo potremmo accorgerci dell’attività giudicante della nostra mente per poi accettarla e sospenderla per un momento tornando al respiro. Il respiro è sempre presente, in qualsiasi momento e ha il potere di sganciarci, anche solo per un attimo, dai nostri giudizi automatici. Rivolgersi al respiro per osservare cosa sta succedendo è un grande dono che possiamo fare a noi stessi e alle nostre relazioni.
IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
DAL BANCO ALLA TAVOLA: COME SCEGLIERLA E CONSERVALA
Mai senza insalata! ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Con l’avvicinarsi della bella stagione aumenta la voglia di alimenti freschi che aiutino a liberarsi dal carico di scorie accumulate durante l’inverno. In primavera, infatti, trionfano sulle nostre tavole ricche insalate ed erbe spontanee. Molte sono le varietà d’insalata ma le caratteristiche nutrizionali variano pochissimo. Ipocaloriche, ricche di acqua, sali minerali, fibre, antiossidanti, vitamine e mucillagini le rendono veri e propri “integratori da tavola” che ci aiutano ad affrontare la bella stagione più leggeri e in salute. I loro benefici sono molteplici: hanno proprietà depurative, antigonfiore, anticellulite e remineralizzanti. Scopriamo allora quali sono le insalate primaverili più gustose e le loro virtù con l’aiuto della dottoressa Tiziana Fiorini, dietista.
LATTUGA ROMANA È la principale lattuga da taglio 22 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
in commercio, caratterizzata da foglie dritte e cespo compatto e allungato. La colorazione varia dal bianco della parte centrale al verde scuro delle foglie. Il termine lattuga deriva dal latino “lactis” (latte) in riferimento al liquido bianco contenuto nel fusto. «È composta per oltre il 94% da acqua e da notevoli quantità di fibre insolubili, utili per contrastare la stitichezza. Grazie al rilevante contenuto di cromo, la Romana risulta particolarmente indicata per contrastare la glicemia e l’assetto lipidico (colesterolo e trigliceridi)» osserva la dottoressa Fiorini.
TROCADERO Chiamata anche Cappuccina, è una varietà di lattuga dalla tipica forma arrotondata e foglie larghe dal colore verde brillante esternamente che diventano sempre più chiare, fino al bianco, man mano si avvicinano alla parte centrale (cuo-
Sebbene la scelta dell’insalata possa sembrare un’azione semplice, è bene controllare alcuni fattori. Il colore deve essere brillante e vivo, senza macchie scure o zone dal colore tendente al marroncino. Le foglie devono apparire compatte, turgide e ben consistenti; se sono mollicce l’insalata non è fresca. Un altro consiglio è prediligere insalate di stagione a Km0 più gustose e salutari. Dopo aver controllato che non ci sia traccia della presenza di insetti o altri animali, è opportuno rimuovere l’involucro o la confezione che contiene l’insalata. Prima di riporla in frigorifero, nello specifico cassetto delle verdure, l’ideale è avvolgerla in un panno umido. Si conserva per 3-4 giorni ma più tempo resta in frigorifero, più perde il contenuto vitaminico.
re). Esiste anche una varietà rossa, meno diffusa. «È ricca di fibre e, quindi, svolge una leggera azione lassativa e diuretica. Contiene vitamine A, C, E e K e minerali preziosi (ferro, calcio, magnesio e potassio). Il sapore fresco e delicato la rende adatta al consumo a crudo. Tuttavia può essere cotta, diventando un caldo contorno o una buonissima vellutata» spiega la dietista.
cibi ad alte temperature. Contiene anche una buona dose di vitamina A utile per le difese immunitarie e minerali preziosi come ferro e potassio. Svolge funzioni depurative del fegato, diuretiche e carminative (favorisce l’espulsione di gas intestinali)» dice la dottoressa Fiorini. Il caratteristico sapore amarognolo la rende ottima in insalata o cotta per insaporire primi e secondi piatti.
ICEBERG
SPINACIO
Nota anche come Brasiliana o “lattuga dei grandi laghi”, è una varietà di lattuga a cappuccio, dalla forma compatta e foglie chiare e croccanti. Deve il nome all’originario metodo di trasporto e confezionamento: i cappucci erano coperti da ghiaccio tritato diventando così simili ad iceberg.
Gli spinaci sono una coltivazione resistente ai climi freddi, ma in primavera si gustano le foglie più dolci e nutrienti, comunemente chiamate “spinacino”. «Dal punto di vista nutrizionale è un ortaggio ricco: oltre al ferro che lo rende celebre, fornisce un ottimo apporto di vitamine. L’elevato contenuto di luteina lo rende alleato della vista. È ricco di acido ossalico, per cui è sconsigliato a chi soffre di calcoli» sottolinea la dietista. Di solito viene consumato cotto, ma è ottimo anche crudo in insalata.
SONGINO Definita l’insalata dai mille nomi (Songino, Soncino, Valeriana o Valerianella) e dalle mille virtù. «Benefica per il cuore grazie alla presenza di vitamine del gruppo B, stimola le attività di fegato, reni e intestino grazie alle azioni rinfrescanti, digestive e detossinanti» commenta l’esperta. Questa varietà d’insalata ha foglie leggermente allungate e rotondeggianti ed è il simbolo della delicatezza. Si consuma esclusivamente cruda in insalata, da sola o mista ad altri ingredienti.
RUCOLA Questa insalata, coltivata o selvatica, appartiene alla famiglia delle Crucifere, la stessa di cui fanno parte cavoli e broccoli di cui condivide le proprietà benefiche. «È ricca di vitamina C e clorofilla che regala energia e vitalità e blocca gli effetti cancerogeni delle ammine, sostanza generate dalla cottura dei
TARASSACO «Oltre ad essere un fortissimo diuretico (il nome dialettale più comune è piscialetto), è anche coleretico (induce il ferro a produrre la bile) e colagogo (induce la cistifellea ad espellere la bile). Per questo motivo ha un notevole potere anticolesterolemico. Inoltre è una miniera di sali minerali e vitamine A, C e B» spiega l’esperta.
dottoressa Fiorini. Negli anni Trenta – Quaranta e ancora oggi, con la radice tostata si ottiene il surrogato del caffè.
ORTICA Questa fantastica “erbaccia” di campo è una vera miniera di sali minerali e vitamine. «Ha un effetto ipoglicemizzante che aiuta a regolarizzare l’assorbimento degli zuccheri, ostacolando la formazione del grasso viscerale. È un ottimo astringente intestinale, aumenta il latte nelle nutrici e combatte allergie e orticaria (principio dell’omeopatia “simila cum similibus curantur”)» suggerisce la dietista. Le foglie di ortica possono essere aggiunte a risotti e minestre o frittate.
PIMPINELLA Della stessa famiglia delle rosacee, quest’insalata selvatica ha un ottimo potere contro le emorragie. «Ricca di tannini, vitamina C, flavonoidi, olio essenziale ed enzimi, favorisce la digestione» conclude la dottoressa Fiorini. Ha un sapore di cetriolo ma più delicato e si usa in cucina per profumare e insaporire le insalate. Con le foglie si prepara un ottimo tè.
CICORIA «Questa erba di campo ha proprietà amaro-toniche che facilitano la scissione dei trigliceridi, evitando che gli acidi grassi si accumulino nei tessuti. Viene utilizzata da secoli in fitoterapia per preparare sciroppi depurativi e lassativi» osserva la
DOTT.SSA DARIA FIORINI Dietista A Bergamo Villaggio degli Sposi
Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 23
IN ARMONIA
PSICOLOGIA
Manipolazione affettiva: come difendersi? ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Nei rapporti di coppia, nelle relazioni familiari o con amici, al lavoro con i capi o i colleghi. La manipolazione affettiva è qualcosa che nella vita di tutti i giorni, in contesti diversi, ci troviamo a vivere molto più spesso di quanto si possa pensare. Una vera e propria forma di violenza psicologica, subdola e invisibile, difficile da individuare poiché crea ferite nascoste all’occhio umano ma con conseguenze, nel lungo periodo, dolorose. Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Raffaella Capuano, psicologa. Dottoressa Capuano, cosa s’intende per “manipolazione affettiva”?
La manipolazione affettiva consiste nel tentativo nascosto di sopraffare un’altra persona, facendole mettere in atto comportamenti o pensieri non suoi, al fine di ottenere controllo e potere. Chi manipola tende a utilizzare un’ampia gamma di strategie, spesso consapevoli, per convincere l’altra persona a fare quello che desidera. Un manipolatore non chiede quello che vuole in modo esplicito, cerca di ottenerlo sotterraneamente. Generalmente la manipolazione è più efficace all’interno di legami affettivi in cui l’utilizzo dei sentimenti diventa una vera e propria leva per controllare l’altro. Non sono state rilevate dagli studi particolari differenze di genere, lavorative o sociali: chiunque
può essere un manipolatore. Quali sono i meccanismi di manipolazione più diffusi? I meccanismi di manipolazione sono molto numerosi. Innanzitutto la manipolazione richiede un rapporto almeno in apparenza positivo: il manipolatore si guadagna la fiducia e la stima della futura vittima, al fine di farle abbassare le difese, attraverso l’utilizzo massiccio di lusinghe, complimenti e attenzioni. In seguito questi modi premurosi lasciano spazio gradualmente ad azioni fredde e talvolta crudeli: silenzi inspiegabili a causa di un disaccordo, improvvisi scatti
“Manipolatore” versus “manipolato” Manipolatore Spesso è un individuo con una personalità narcisistica. Non sempre, però. Può anche essere una personalità debole e remissiva che mediante atteggiamenti differenti può comunque manipolare l’altro, utilizzando la propria apparente debolezza e fragilità.
Manipolato In genere è un individuo competente e capace nella vita quotidiana, ma portato nelle relazioni a dipendere dall’altro come fonte di amore e sostegno irrinunciabile, bisognoso di affetto e validazione, disposto a tutto pur di non deludere e perdere la persona di riferimento.
DOTT.SSA RAFFAELLA CAPUANO Psicologa A Bergamo presso Dipendiamo - Centro per la cura delle New Addiction
d’ira, offese per imporre il proprio pensiero e volere. I conflitti diventano distruttivi, il manipolatore attacca finché l’altro non scende a compromessi. Lo scopo di questi comportamenti è indebolire l’altro e mettere a tacere ogni obiezione. In seguito possono arrivare delle scuse fittizie dal manipolatore oppure si può tornare alla normalità senza troppe spiegazioni. Questa continua alternanza di comportamenti opposti impedisce alla vittima di individuare una logica e quindi di riuscire a difendersi. Uno dei meccanismi di manipolazione più efficaci è il senso di colpa: la vittima si sente sempre e inevitabilmente colpevole di qualcosa e il manipolatore, che accusa l’altro come strategia, non si prende mai nessuna responsabilità. Nei casi più estremi avviene una vera e propria invalidazione dell’altra persona, si tratta di una forma di abuso psicologico ed emotivo chiamata gaslighting che induce la vittima a mettere in discussione la propria percezione degli eventi reali e a dubitare della propria sanità mentale.
Una delle conseguenze peggiori della manipolazione affettiva è l’isolamento sociale: i manipolatori tendono a mettere zizzania tra le persone care e la vittima, facendo terra bruciata intorno a quest’ultima, che si sentirà sola e disperata. Come riconoscere la manipolazione e come proteggersi? È molto difficile comprendere di essere intrappolati in queste dinamiche, pertanto diventa complesso non solo uscirne, ma anche rendersi conto della manipolazione in atto. Le vittime inizialmente provano un senso di incredulità verso quello che il manipolatore dice e attua perché non concepiscono che una persona che stimano e apprezzano si comporti così. In un secondo momento si sentono confuse, scariche, tristi e provano un senso generale di malessere: spesso non riescono a dare un nome a quello che stanno vivendo e attribuiscono il disagio psicologico ad altro. Aumentare la consapevolezza è certamente il primo passo
per uscirne. La lettura di libri, video, articoli sulle dinamiche manipolatorie aiuta a comprendere meglio quello che si sta vivendo e a uscire dalla cortina di fumo creata dalla manipolazione. Può essere utile analizzare la situazione in modo più lucido con l’aiuto di familiari, amici o psicoterapeuti esperti. È importante ripristinare i rapporti con i propri affetti che spesso sono stati allontanati dal manipolatore. Dopo aver compreso il problema, è utile rimanere vigili e imparare il modus operandi della persona che manipola in modo da non venire travolti da queste strategie disfunzionali, ma essere capaci di intercettarle. Anche la scrittura può aiutare ad inquadrare meglio quello che sta accadendo e a dare voce ai motivi che impediscono di liberarsi dalle catene della manipolazione. La strada più importante e salutare è comprendere a fondo come mai quelle specifiche tattiche manipolatorie funzionano su di sé per imparare a tutelarsi e proteggersi in futuro da questo tipo di violenze psicologiche.
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COPPIA
Separarsi bene per i figli Ecco come fare ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Sempre più spesso accade che una coppia decida, per diverse ragioni, di porre fine alla propria relazione sentimentale e affrontare la dolorosa esperienza della separazione. Esperienza dura per tutti, ma in primis per i bambini che si trovano coinvolti in questo difficile processo. «Se l’amore tra mamma e papà è finito, quello tra genitori e figli durerà per sempre e anche in questa delicata fase la coppia può e deve continuare a esercitare il proprio ruolo educativo/genitoriale. Lo può fare innanzitutto facendo attenzione ai bisogni dei figli già nelle primissime fasi, 26 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
scegliendo i modi e i tempi più opportuni per comunicare la decisione di separarsi, proseguendo poi nella scelta delle modalità di affidamento e continuando a esercitare il proprio compito educativo nella quotidianità, che si rivelerà trasformata per tutti» suggerisce la dottoressa Alice Giangiacomo, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Giangiacomo, il momento forse più difficile è quello di raccontare ai figli cosa sta succedendo. Quali consigli si possono dare? Spiegare la situazione ai figli, in
modo veritiero, è senza dubbio uno dei momenti più importanti. Il messaggio fondamentale da dare è che la mamma e il papà hanno bisogno di vivere separati perché non vanno più d’accordo ed è per questo motivo che hanno bisogno di due case diverse. È importante sottolineare che continueranno ad amarli come prima e che faranno di tutto per andare d’accordo come genitori; rassicurarli che l’amore di genitori per loro non cambierà mai; spiegare loro che potranno vedere e amare i genitori come sempre e che la separazione non interferisce sulla possibilità di volersi bene fra
genitori né impedirà a mamma e papà di continuare a essere dei buoni genitori. È bene scegliere un luogo calmo e protetto da interferenze e interruzioni, sedendosi accanto a loro e mostrandosi affettuosi. Se farlo insieme o singolarmente dipende dai rapporti tra i genitori e dal grado di comunicazione tra loro. Ciò che conta è riuscire a garantire una comunicazione tranquilla, se non è possibile meglio farlo separatamente. Un altro consiglio è dare il giusto peso alle reazioni dei figli, le reazioni immediate dei figli possono essere varie e non necessariamente indicative del suo reale vissuto. Ad esempio, un bambino potrebbe apparire sereno solo perché si sforza di compiacere i genitori, ma in realtà
fatica ad accettare la separazione; un altro bambino potrebbe esplodere in rabbia e pianti, reazione liberatoria a dimostrazione che si sente libero di esprimere i propri sentimenti e anche di elaborarli rapidamente. Davanti a una crisi di pianto non si deve cercare di tranquillizzarli con una versione edulcorata della realtà. I bambini non devono coltivare false speranze da cui rimarrebbero delusi. Bisogna essere chiari perché le decisioni di coppia non riguardano la relazione con i figli, in modo che i piccoli non si sentano i responsabili della separazione. Se l’amore tra marito e moglie può cambiare nel tempo, i figli devono sentirsi che l’affetto nei loro confronti non verrà mai a mancare. Un altro aspetto
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che consente di separarsi bene è quello di accordarsi sulla gestione dei figli. È quindi molto importante che i genitori, nell’interesse dei figli, cerchino di instaurare tra loro una
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COPPIA
buona comunicazione per essere uniti nella separazione, a partire dal trovare insieme un accordo su come e quando comunicare la notizia ai figli. Anche l’aspetto relativo alle decisioni che si prendono nei confronti del bambino è cruciale: si può distinguere, per semplificare, tra decisioni giornaliere o ordinarie e quelle di maggior interesse come istruzione, educazione e salute. Si può immaginare che per districarsi nella quotidianità ci vuole un buon livello di libertà decisionale, al fine di non rendere la gestione di tempo e spazi familiari una fatica immensa; mentre per avere un progetto educativo comune e condiviso, le scelte che hanno un impatto rilevante nello sviluppo psico-sociale dei figli devono essere prese insieme ed essere condivise. Spesso la separazione porta con sé una dose, più o meno grande, di conflittualità. Come gestirla? 28 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Per poter realizzare pratiche educative e relazionali che mettono al primo posto il benessere del bambino, non affaticando la sua crescita né limitando il suo “spazio mentale”, è fondamentale sospendere il conflitto davanti ai figli. Più ansia, litigi e incomprensioni sono presenti nel nucleo familiare, meno questo spazio cognitivo è libero e accessibile per la crescita. Bisogna sempre rendere evidente al figlio che esiste una fiducia tra i due genitori poiché entrambi lavorano per il suo bene, riuscendo a dividere il piano della coppia da quello genitoriale. Il rispetto e la lealtà nei confronti dei figli e delle loro esigenze deve continuare a essere una priorità anche dopo la separazione; se i genitori seguono il bene dei figli, e crescono in un ambiente affettivo accogliente e rispettoso, si automatizza un comportamento di rispetto anche verso l’altro genitore. Questo significa evitare di parlare male del coniuge
davanti a figli o chiedergli di fare una scelta tra mamma e papà, due atteggiamenti molto comuni nelle separazioni conflittuali. I bambini devono sentirsi liberi di provare lo stesso amore per entrambi i genitori, nella certezza di non sentirsi abbandonati in una situazione di cambiamento importante. Ciò che fa soffrire i bambini non è la separazione dei genitori, ma il livello di conflittualità che questa porta con sé. Bisogna aiutarli ad affrontare il loro dolore per la perdita della coppia genitoriale stabile, spiegando chiaramente che non è colpa loro se papà e mamma si separano, che sono cose che succedono e la vita è fatta anche così. Ma che la si può affrontare. Diamo la possibilità ai figli di esprimere la loro sofferenza e aiutiamoli più con i fatti che con le parole. Dimostriamoci disponibili a parlare con loro ogni volta che lo richiederanno. Se parlano poco o non fanno domande o
non reagiscono, non illudiamoci che chi tace acconsente. Prepariamoci dunque a rispondere ai loro eventuali perché in ogni momento e non sentiamoci sollevati se i figli non ci hanno posto domande. Solitamente quando figli non fanno domande non è perché non si pongono domande, ma succede più frequentemente perché percepiscono i genitori in difficoltà nel dare risposte. Come fare, invece, per non stravolgere del tutto la quotidianità dei figli e attenuare il senso di distacco? Per garantire ai figli la maggior stabilità possibile si consiglia di cercare di mantenere gli stessi ritmi e abitudini di prima, rimanendo entrambi presenti e attivi e creando dei momenti, anche
se separatamente, da condividere con il bambino in modo creativo e costruttivo, preferibilmente su degli obiettivi condivisi. Il genitore che lascia la casa familiare, dovrebbe essere scrupolosamente presente nella vita del bambino anche con brevi telefonate soprattutto subito dopo la separazione. In generale, è importante che i genitori siano in grado di accogliere la fragilità dei bambini e rassicurarli della presenza di mamma e papà. Inoltre, anche in una nuova casa e nel momento della separazione lasciare al bambino i propri spazi per giocare, riposare e identificarsi lo aiuterà a comprendere che c’è posto per lui nella vita del genitore. Poiché il momento del distacco è molto difficile da affrontare per i bambini, è necessario tentare di renderlo naturale e vederlo come
un cambiamento fisiologico dettato dallo stabilirsi di nuove abitudini. Sarebbe auspicabile che ci fosse una regolarità nel passaggio da un genitore all’altro, stabilita chiaramente e condivisa da entrambi i genitori, soprattutto nella fase iniziale dove i bambini sono più sensibili ai costanti cambiamenti. Si potrebbe creare un rituale che accompagni e faciliti il distacco emotivo dall’altro genitore, ad esempio un oggetto transizionale (un pupazzo, una maglietta, un oggetto importante per il bambino). Vista la delicatezza e la complessità di queste situazioni, chiedere una consulenza psicologica può essere d’aiuto ai genitori per affrontate con consapevolezza queste fasi nell’interesse dei bisogni dei figli e nel rispetto delle esigenze e possibilità dei singoli genitori.
IN FAMIGLIA
DOLCE ATTESA
Partorire sorridendo Una “nuova” opportunità per un travaglio senza dolore ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
La gravidanza, per una donna, rappresenta un momento davvero unico anche per il mix di emozioni contrastanti che la caratterizza: gioia e felicità, ma anche ansia e paura soprattutto quando si avvicina il momento del parto. Sebbene la soglia di sopportazione sia molto soggettiva, è universalmente riconosciuto che le doglie e il parto possano essere considerati come uno dei dolori più intensi da sperimentare. Negli anni, la medicina ha messo a disposizione delle donne la possibilità di accedere a tecniche cosiddette di partoanalgesia, o parto indolore, per affrontare il momento del travaglio nel modo più sereno possibile. Tra queste non solo la “classica” epidurale ma anche il “parto con il sorriso”. Ne parliamo con il dottor Claudio Crescini, ginecologo. Dottor Crescini, cosa s’intende per partoanalgesia? 30 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Nell’uso comune il termine partoanalgesia è riferito all’anestesia neuroassiale, detta anche peridurale (o epidurale) o locoregionale, che viene eseguita dallo specialista anestesista-rianimatore. Si tratta dell’iniezione di un anestetico nel punto della colonna vertebrale do-
Il “parto con sorriso” con protossido è molto diffuso nei paesi anglosassoni per la sua economicità, non richiedendo la presenza di personale medico, mentre in Italia non si è mai diffuso sia perché poco conosciuto sia perché di limitata efficacia analgesica”
ve sono presenti le fibre nervose sensitive. Lo stimolo doloroso che proviene dall’utero e dal canale del parto viene bloccato senza però paralizzare la muscolatura: vengono bloccate le fibre nervose sensitive (che trasmettono il dolore al cervello) ma non quelle motorie che comandano i muscoli. L’epidurale per essere efficace e non influire negativamente sui meccanismi del travaglio di parto richiede la presenza di un anestesista dedicato in sala parto 24 ore su 24 che sappia utilizzare la tecnica nel modo migliore (il metodo migliore è definito top up cioè somministrazione di piccoli boli di anestetico/analgesico frazionati, decisi di volta in volta dall’anestesista in accordo con l’ostetrica in base a come procede il travaglio). L’obiettivo infatti è togliere il dolore ma non la capacità di spingere da parte della donna durante il periodo espulsivo.
Quali sono i vantaggi di un parto indolore per la mamma e il bambino? Talvolta, soprattutto se si è alla prima gravidanza, la fase iniziale del travaglio, chiamata fase latente durante la quale ci sono contrazioni uterine dolorose ma irregolari e quindi poco efficaci, può essere molto lunga e durare anche 24 ore o più. In questo periodo di tempo la donna è molto disturbata dalle contrazioni ma purtroppo non succede molto a livello di dilatazione cervicale e ci si sente dire che è ancora presto per il parto. In questi casi una peridurale correttamente eseguita toglie il dolore e permette alla donna di aspettare tranquillamente il travaglio attivo senza demoralizzarsi o invocare il taglio cesareo. Una delle obiezioni, anche delle mamme, rispetto alla partoanalgesia è la paura di non poter “sentire” e vivere appieno tutte le fasi del parto. È vero? Se la partoanalgesia con epidurale viene gestita da un anestesista dedicato e inserito nel team di sala parto e quindi con una somministrazione di anestetico personalizzata questo problema non sussiste. Ovviamente ogni donna deve vivere il parto
come esperienza personale molto significativa e speciale della propria vita. Per alcune donne il dolore può essere un elemento importante di questa esperienza molto speciale e talvolta unica. Quali altri metodi esistono per alleviare il dolore del parto? Oltre all’anestesia epidurale, esistono molti altri mezzi per ridurre o alleviare il dolore del travaglio e del parto anche se non hanno la stessa efficacia dell’anestesia peridurale. Per esempio l’immersione in acqua, l’applicazione di compresse calde, i massaggi, i cambiamenti di posizione e il cosiddetto parto col sorriso, sono tutti mezzi che alleviano il dolore parzialmente. Anche la presenza di una persona che accompagna con affetto e attenzione la donna durante il travaglio si è dimostrato un mezzo utile di sollievo dal dolore. In cosa consiste il parto con il sorriso? All’inalazione a ogni contrazione di una miscela di gas contenente metà ossigeno e metà protossido di azoto. La miscela di gas è contenuta in bombole e la donna in travaglio durante la contrazione uterina dolorosa ne trae alcune boccate attraverso un’apposita mascherina
DOTT. CLAUDIO CRESCINI Specialista in Ostetricia e Ginecologia Vicepresidente AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani). Codirettore gruppo GEO (Gruppo emergenze ostetriche). Direttore Scientifico ASST BG Est
da lei stessa gestita. Si tratta di un gas il protossido di azoto che ha un effetto analgesico ma non si accumula nell’organismo e quindi non ha effetti collaterali né sulla madre né sul feto. Non richiede la presenza del medico e viene gestito dalla donna aiutata dall’ostetrica. Il vero problema è che l’efficacia è modesta, di molto inferiore alla peridurale. Il vantaggio è che non richiede la presenza medica e non ha effetti collaterali. Ovviamente con questi dosaggi non provoca euforia.
COLLOQUI di sostegno
PERCORSI di psicoterapia
per crisi legate a fasi della vita o a situazioni traumatiche quali separazioni, difficoltà lavorative, perdite.
per affrontare difficoltà relazionali, e forme di malessere quali ansia, angoscia, fobie, panico, stati depressivi, disturbi del carattere, problemi di identità, dipendenze alimentari e affettive.
Albo degli psicologi della Lombardia n.4433 Albo degli Psicoterapeuti ex art.3 legge 56/89
Dott.ssa Francesca Calioni Bembo Via XXIV Maggio 17 - Bergamo (BG) f.calioni.bembo@gmail.com Tel. 035 256024
MEMBRO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA
IN FAMIGLIA
BAMBINI
La fimosi nel bambino. Quando e come intervenire? ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
La fimosi è un restringimento del prepuzio, fisiologico nei primi anni di vita. Se però il problema persiste dopo i cinque anni, allora diventa necessario intervenire. Se non curato, infatti, può causare sintomi come dolore durante l’erezione e la minzione. Cosa fare allora? Ce lo spiega il dottor Francesco Saettini, pediatra. Dottor Saettini, che cosa s’intende per fimosi? L’estremità del pene, chiamata glande, è ricoperta dal prepuzio, il quale svolge il ruolo di proteggere il glande. Se, a causa di un restringimento, lo scorrimento del prepuzio sul glande risulta difficoltoso o mancato, si parla di fimosi. Esistono tre gradi di fimosi. > Lieve: sebbene il glande possa essere esposto in tutta la sua interezza vi è un restringimento 32 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
a livello del glande/corpo del pene (solco balano-prepuziale). Il bambino quindi può avvertire dolore o fastidio quando si mette in atto la manovra di scopertura del glande, che risulta non agevole. > Moderata: il meato uretrale (lo sbocco esterno dell’uretra dal quale esce l’urina) può essere esposto solo parzialmente. Ciò provoca difficoltà a mantenere un’adeguata igiene locale. > Grave: non è possibile eseguire la manovra di scopertura del glande e il meato non è visibile. Infezioni locali o delle vie urinarie sono causate da una mancata igiene locale. Quali sono le cause di questo restringimento? Il restringimento del glande è normale nei primi anni di vita. Nei bambini più piccoli solitamente il prepuzio non scorre a sufficienza
fino a scoprire interamente il glande. Questo fenomeno è fisiologico e presente nell’80% dei lattanti a sei mesi e nel 10% dei bambini a tre anni. Si può parlare di fimosi solo dopo i cinque anni, età in cui il numero di bambini che presentano difficoltà nello scoprire il glande scende a uno su 100. Nella quasi totalità dei casi la fimosi è provocata da un’infiammazione localizzata al glande e al prepuzio (balanopostite o balanite xerotica obliterante) o da traumi dovuti a manovre maldestre di stiramento del prepuzio. Come si manifesta? Nei bambini la fimosi è per lo più asintomatica. Gli adolescenti con fimosi grave presentano spesso difficoltà nell’urinare (disuria), dolore durante le erezioni e difficoltà nei rapporti sessuali. La balanopostite si manifesta con arrossamento locale, gonfiore e prurito.
Come e a che età si diagnostica? Come detto, la diagnosi di fimosi può essere posta nei bambini con più di cinque anni di età. Se il pediatra, dopo aver attentamente raccolto la storia clinica (anamnesi) del bambino, non riuscirà a retrarre il prepuzio e a scoprire il glande si parlerà di fimosi grave. Nei casi lievi/moderati la retrazione sarà possibile, ma durante la manovra di scorrimento del prepuzio sul glande il pene assumerà il cosiddetto aspetto a “clessidra” o “strozzato”. Come si può curare? Iniziamo con il dire cosa non fare. Non è indicato “stirare” il prepuzio. Questa manovra, oltre a essere dolorosa, può peggiorare la fimosi a causa dei traumi provocati. Una normale e adeguata igiene dei genitali riduce la comparsa di
infiammazioni, di aderenze e di fimosi. Il miglior farmaco per le forme lievi/moderate è il betametasone, da applicare localmente due volte al giorno per un mese. L’uso di questa crema cortisonica riduce l’infiammazione della cute del prepuzio, riportando la cute alla sua normale elasticità. Alla terapia con betametasone si associa lo stretching del prepuzio: lo scorrimento del prepuzio sul glande in maniera molto delicata aiuta a dilatare il prepuzio. I genitori possono eseguire questa manovra se adeguatamente addestrati da parte del medico o del personale sanitario. Sono invece assolutamente da evitare le manovre fai da te. Se il trattamento di un mese non risolve completamente il problema ma si dimostra comunque efficace, si può prolungare la terapia per un altro mese. Il monitoraggio del
bambino continuerà nei mesi successivi per intervenire tempestivamente in caso di ricadute. Solo in caso di ricadute, mancata efficacia della terapia conservativa (cortisone) o frequenti episodi infettivi del glande, del prepuzio (balanopostiti) o delle vie urinarie può rendersi necessario l’intervento chirurgico.
DOTT. FRANCESCO SAETTINI Specialista in Pediatria Presso CasaMedica Bergamo
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IN FAMIGLIA
RAGAZZI
Body shaming Corpi criticati, corpi non amati ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
“Sei troppo grassa”, “sei pelle e ossa”, “non sei abbastanza attraente”, “hai troppa cellulite”, “ma quella non si vergogna ad andare in giro così”. Sono solo alcuni esempi di affermazioni che, sempre più spesso, oltrepassano il limite, mettendo in atto una nuova forma di bullismo verbale definita “body shaming”, un fenomeno sempre più diffuso negli ultimi anni sul web e sui social network. «Si tratta di un atteggiamento di critica, derisione, umiliazione e valutazione degli altri, ma anche di se stessi, esclusivamente sulla base di canoni fisici ed estetici. Ad esserne vittima sono per lo più adolescenti, non solo perché maggiormente esposti ai social media, ma anche per la fase delicata di passaggio e trasformazione fisica, sessuale, cognitiva, psicologica e sociale che si trovano ad attraversare» osserva la dottoressa Pamela Tassetti, psicologa e psicoterapeuta. 34 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Dottoressa Tassetti, perché il fenomeno del body shaming è cresciuto così tanto negli ultimi tempi? La società odierna ci bombarda quotidianamente con modelli di corpi ideali che non tollerano imperfezioni e che devono essere costantemente mantenuti e migliorati. Questi modelli rischiano di generare aspettative irrealistiche e insostenibili sui modi in cui si dovrebbe apparire per sentirsi desiderati e accettati dall’altro. Come mi mostro all’esterno, come mi vedono gli altri rischia di assumere un valore maggiore rispetto a chi sono e cosa so fare, con la conseguenza di prendersi meno cura della propria parte interiore, dei propri bisogni e desideri più profondi. Questo fenomeno è inevitabilmente amplificato dal web e dai social network, che diventano sia veicoli di questi modelli di perfezione sia il terreno in cui il body shaming ha modo di manifestarsi
ed esprimersi in un microcosmo in cui si è tutti connessi, esposti ed “esibiti” anche se virtualmente. Quali sono le conseguenze che può avere soprattutto sugli adolescenti e i più giovani? Le parole che rivolgiamo a noi stessi e agli altri incidono inevitabilmente sul livello di autostima, cioè sulla considerazione e valutazione di sé e degli altri. L’utilizzo di espressioni negative (“guarda come sono/sei grassa!”) può ferire e spegnere il desiderio di mostrarsi per come si è realmente, disincentivando la persona a coltivare la propria autenticità. Si possono provare vergogna e senso di colpa, inadeguatezza, ansia, rabbia, una cascata di stati d’animo connessi al timore di sentirsi rifiutati che possono rappresentare un fattore di rischio, da non sottovalutare, per l’insorgenza di ritiro sociale, di disturbi legati al tono dell’umore, di disturbi del comportamento alimentare (la
cui presenza sta diventando sempre più massiccia, con un’età di esordio sempre più bassa sia nel genere femminile sia in quello maschile). Il cibo, infatti, può diventare il mezzo più immediato che si ha a disposizione per tenere a bada le emozioni spiacevoli derivanti dalle critiche e dai disprezzamenti subiti. La persona può mettere in atto comportamenti alimentari disfunzionali: diete restrittive con un controllo ossessivo di cibo e corpo, fame emotiva (spiluccare in continuazione, mangiare di nascosto cibi ritenuti “proibiti”, mangiare di notte…), problematiche che possono sfociare in una patologia oppure restare sottosoglia, compromettendo in entrambi i casi la salute della persona. Il fenomeno del body shaming ricopre, quindi,
un ruolo significativo nell’innesco di comportamenti disfunzionali che possono compromettere la salute fisica e mentale di chi ne è vittima. Pertanto, è importante parlarne, per conoscerlo e per sapervi rispondere con le opportune strategie.
in modo che possano accompagnare i ragazzi e le ragazze in un percorso di sana valorizzazione di sé e delle proprie possibilità, per arrivare a sentirsi amabili, per ciò che sono, dentro e fuori.
Come si può aiutare i ragazzi a non cadere vittime di questi meccanismi? Poiché spesso chi vive il problema non ne è, fin da subito, consapevole, è importante che genitori, insegnanti, amici sappiano cogliere i campanelli d’allarme citati prima e chiedano aiuto a professionisti esperti del settore. Fondamentale sarebbe avviare un lavoro di rete, in primis tra medico di base, psicoterapeuta, nutrizionista e famiglia
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IN FORMA
FITNESS
Camminare: benessere per corpo e mente, un passo dopo l’altro ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
Con le palestre chiuse da mesi, sono sempre di più gli italiani di tutte le età che hanno riscoperto il piacere di camminare. Un’attività fisica, che secondo sempre più studi scientifici, offre numerosi benefici al corpo e alla mente: aiuta a bruciare calorie, rinforza le difese immunitarie, è un toccasana per l’umore, solo per citarne alcuni. Ne parliamo con il dottor Paolo Ferrero, cardiologo, e Marco Rillosi, fisioterapista. 36 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
CAMMINARE, IL GESTO PIÙ NATURALE DEL MONDO. ECCO LE REGOLE PER FARLO BENE «Camminare è uno schema motorio di base che completa il suo sviluppo intorno ai 18 mesi. È un movimento complesso in parte autonomo che coinvolge l’uso e la coordinazione di diversi muscoli del corpo di arti superiori, inferiori e del tronco» spiega il dottor Ferre-
DOTT. MARCO RILLOSI Fisioterapista, Osteopata e laureato in Educazione motoria preventiva e adattata Presso For Me Curno (BG)
ro. «Per camminare bene bisogna fare attenzione a diverse parti del corpo: i piedi devono essere il più possibile diritti, le spalle rilassate e all’indietro e la testa alta con sguardo rivolto avanti». Utile è anche mantenere gli addominali “core” e i glutei contratti, in modo da ridurre il rischio di mal di schiena.
TANTI BENEFICI PER LA SALUTE FISICA E MENTALE Il cammino apporta diversi benefici al corpo sia al fisico che alla mente. «Camminare attiva diversi muscoli del corpo apportando
un miglioramento del loro tono muscolare. Inoltra migliora le funzionalità di cuore e polmoni, infine aiuta a prevenire diverse problematiche generate dalla sedentarietà come il mal di schiena o l’obesità, in più mantenendo muscoli, tendini più elastici e le articolazioni mobili, riduce l’infiammazione di queste ultime» sottolinea il dottor Ferrero. Ma camminare influisce anche sull’umore. «Si è visto che l’attività fisica in tutte le sue forme comporta il rilascio di endorfine che, agendo a livello del nostro sistema nervoso centrale, stimolano il buon umore, combattendo a volte possibili casi depressivi».
BASTANO 25 MINUTI AL GIORNO Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono necessari almeno 150 minuti alla settimana di attività aerobica a intensità moderata. «Si è appurato che camminando per almeno 25 minuti al giorno si riduce il rischio di patologie a carico dell’apparato cardiovascolare, e di possibili tumori, e si combatte la depressione» sottolinea lo specialista.
PASSO NORMALE O SOSTENUTO? L’IMPORTANTE È MUOVERSI «L’attività del camminare è in
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grado di stimolare molteplici apparati, in particolare il sistema cardiovascolare, respiratorio e quello muscolo scheletrico. Durante un cammino a passo normale questi sistemi lavorano in condizioni d’intensità ottimale esprimendo la massima capacità di resistenza. Si può infatti mantenere per lunghi periodi senza avere un eccessivo sforzo fisico e attivando un metabolismo aerobico» spiega Rillosi. «Aumentando la velocità i diversi sistemi vengono stimolati ad amplificare la loro funzione, ottimizzando così i risultati e benefici. Attenzione però: per una persona sedentaria, così come per persone che abbiano avuto un trauma o subito un intervento, la camminata sostenuta è difficile da mantenere in prima battuta ed è quindi necessario iniziare con un cammino a passo lento e poi progressivamente aumentare l’intensità. La camminata veloce, inoltre, può essere una buona alternativa o un’attività propedeutica, per chi invece a causa di eventuali deficit non può sostenere un’attività di corsa
che stressa indubbiamente di più il sistema muscolo scheletrico». La velocità della camminata, quindi, può essere adattata alla propria condizione fisica, aumentando di volta in volta l’andatura a seconda del livello di allenamento, fino ad
arrivare a percorrere un chilometro in otto-nove minuti. Lo stesso principio di gradualità vale anche per la durata della camminata: si può iniziare con 25 minuti per poi salire fino a 40-45 (e oltre).
La scarpa giusta Fondamentale per camminare bene è la scelta delle calzature, che devono essere in grado di ammortizzare l’appoggio del piede al suolo, consentendo una distribuzione sequenziale del peso del corpo su tallone, pianta e punta dei piedi. «Oggi le nuove tecnologie e le varie sperimentazioni hanno portato allo sviluppo di diversi tipi di calzature che soddisfano a pieno le richieste sia di persone che si affacciano da poco a questo mondo sia di persone che hanno richieste mirate» osserva Claudio Gasbarro, fisioterapista. «In generale una calzatura ha bisogno di alcuni requisiti obbligatori: deve essere morbida, comoda e flessibile, dotata di un rialzo in regione del tallone rispetto alla pianta del piede e deve avere una suola che sia in grado di assorbire in parte gli urti durante il cammino. Nella maggioranza dei casi una scarpa da ginnastica neutra si adatta a ogni esigenza della persona; solo in particolari casi come ad esempio, in un piede eccessivamente pronato, si possono rendere necessarie calzature più specifiche volte a correggere la problematica specifica».
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S.O.S. capelli I trucchi per mantenerli sani e prevenirne la caduta ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
In questo periodo dell’anno avete notato che perdete più capelli del solito mentre fate lo shampoo, li pettinate o li asciugate? Niente panico. La caduta dei capelli è fisiologica, avviene tutto l’anno e soprattutto nei cambi di stagione può diventare più intensa. «Se negli altri periodi dell’anno di
norma si perdono fino a 50 capelli al giorno, in primavera si può arrivare a perderne anche 70-100 al giorno. Inoltre, la caduta di capelli che avviene con il cambio di stagione, generalmente dura per qualche settimana per poi arrestarsi da sola. Se però il fenomeno dura più a lungo e la quantità di
capelli diventa abbondante, opportuno chiedere il consulto di uno specialista» osserva il professor Antonino di Pietro, dermatologo. Professor Di Pietro, cosa si può fare per rendere i capelli più forti ed evitare o limitare la caduta dei capelli? Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 39
IN FORMA
BELLEZZA
Per mantenere una chioma folta e sana in primavera e contribuire ad attenuare la caduta, esistono dei prodotti specifici che rinforzano e ristrutturano i capelli. Buoni risultati in particolare hanno dato le nuove formulazioni messe a punto da recenti ricerche italiane in dermatologia e tricologia a base di Glixina. Si tratta di un prezioso complesso costituito da tre elementi essenziali per la salute dei capelli: > il glicogeno, un polisaccaride ricavato dal mais e naturalmente presente anche
nella cute, che tende però a diminuire con l’avanzare dell’età > le fucoxantine, polisaccaridi estratti da due alghe (Asparagopsis armata e Ascophyllum nodosum) che stimolano il microcircolo e contribuiscono a far arrivare gli elementi nutritivi al cuoio capelluto e a rendere i capelli più idratati e resistenti agli stress esterni > pool di aminoacidi, “elementi che costituiscono la cheratina che è la proteina fondamentale
PROF. ANTONINO DI PIETRO Specialista in Dermatologia Direttore scientifico dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis
Una chioma sana e forte? Ecco i cibi che non devono mancare Anche l’alimentazione può aiutare a contrastare la caduta dei capelli nel cambio di stagione. Soprattutto in questo periodo dell’anno è fondamentale che in tavola non manchino i nutrienti necessari alla buona salute dell’organismo e di conseguenza anche della chioma. Via libera in particolare a frutta e verdura fresche, preziose fonti di vitamine, minerali e antiossidanti, che vanno consumate quotidianamente. Vitamine Vitamina B: oltre a stimolare la crescita dei capelli, combatte anche l’eccesso di sebo. Si trova in cereali integrali, pesce grasso, legumi e latticini. Vitamina A: aiuta a rinforzare il fusto dei capelli. Si trova nel fegato, nei latticini, nelle uova e nella frutta e verdura di colore rosso, giallo e arancione (albicocche, carote, anguria, frutti di bosco, pomodori). Vitamina C: favorisce la crescita, stimola la circolazione sanguigna e a sua volta nutre i follicoli e impedisce la rottura dei capelli. Ne sono ricchi agrumi, kiwi, peperoni e frutti di bosco. Vitamina E: regola la produzione di sebo e ha un’azione antiossidante. Si trova nei cereali, riso integrale, olio di oliva, mandorle e nocciole. Minerali Ferro: componente dell’emoglobina che, trasportando l’ossigeno nel sangue, è indispensabile per avere una chioma folta e sana. È presente nella carne (in particolare nelle interiora), nei legumi, nella frutta secca e nelle verdure a foglie verdi. Rame: permette al corpo di utilizzare il ferro per la sintesi dell’emoglobina, contribuisce alla produzione del collagene e della sostanza che colora i capelli. Le maggiori fonti alimentari sono crostacei, frattaglie, cacao e cioccolato, frutta secca. Selenio: rinnova le cellule del cuoio capelluto e ha un’azione antiossidante. Si trova in particolare nei cereali integrali. Manganese: che ha un’azione antiossidante e stimola la crescita dei capelli. È presente nei cereali integrali, frutta secca, verdure a foglie verdi. Infine, molto importanti per la crescita dei capelli sono anche gli alimenti contenenti Omega 3, un acido grasso presente nel salmone, nelle aringhe, nelle sardine ma anche nell’avocado e nelle noci.
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della struttura del capello”, spiega lo specialista. Ma esiste qualche accorgimento da seguire anche nella routine quotidiana? Assolutamente sì. Dalla scelta dei prodotti per la detersione, fino alla spazzolatura e all’asciugatura, sono tutti passaggi fondamentali che possono aiutare a mantenere in salute la capigliatura. > Rinforzare i capelli con shampoo, maschere e fiale antirottura. Scegliere bene lo shampoo è la prima mossa per rinforzare i capelli. Soprattutto chi li ha secchi dovrebbe preferire un detergente oleoso, più efficace nel proteggere il film idrolipidico. Per rinforzare i capelli, utili sono anche le maschere, meglio se ad azione ristrutturante, da applicare almeno una volta alla settimana sulle punte e lasciare in posa 10 minuti. Si possono utilizzare anche delle fiale antirottura, che depositano sui capelli aminoacidi e molecole di cheratina, rendendoli più resistenti. > Massaggiare il cuoio capelluto. Massaggiare regolarmente il cuoio capelluto è un valido ed efficace metodo
anticaduta, poiché contribuisce ad attivare la circolazione, prevenendo il diradamento. In particolare, durante il lavaggio, bisognerebbe eseguire un massaggio stimolante di almeno cinque minuti, sollevando delicatamente la cute per riossigenare la pelle e migliorare la microcircolazione locale. Dopo si può procedere sciacquando i capelli e alternando getti di acqua tiepida e acqua fredda. In questo modo la pressione del polpastrello e la diversa temperatura dell’acqua agiscono come “ginnastica” per il microcircolo. > Spazzolare con delicatezza. È consigliabile evitare di spazzolare o pettinare i capelli quando sono ancora bagnati, poiché risultano più suscettibili alla trazione e perciò più facili da spezzare. Inoltre, è meglio utilizzare un pettine in legno a denti larghi per essere più gentile sulle lunghezze. > Evitare asciugature troppo “calde”. Nell’asciugatura bisogna per prima cosa eliminare quanta più acqua possibile, tamponando con un asciugamano. Poi, meglio mantenere il phon a distanza dalla testa e a temperatura
bassa, facendo una pausa di qualche minuto di tanto in tanto. La temperatura troppo alta, infatti, porta non solo all’ebollizione dell’acqua presente nei capelli, che danneggia le proteine, ma influisce anche negativamente sulla microcircolazione del cuoio capelluto. È consigliabile inoltre di limitare l’uso di trattamenti che sfruttano il calore, come piastre e altri accessori per i capelli. E se tutto questo non basta? Quando le buone abitudini non bastano e la caduta dei capelli è evidente, diventa necessario rivolgersi al dermatologo per individuare la vera causa del problema e valutare il trattamento più indicato a seconda delle necessità. Le terapie dermatologiche utili per contrastare il diradamento dei capelli sono in particolare il trattamento PRP (Plasma Ricco di Piastrine) che si basa su microiniezioni di plasma ricco di piastrine ricavato dal sangue del paziente, e la terapia Biorevis, che consiste in microiniezioni indolori sul cuoio capelluto a due millimetri di profondità di aminoacidi e peptidi che hanno un’azione rigenerante e stimolante sui bulbi piliferi.
ATS INFORMA
Da ATS Bergamo le regole d’oro per proteggere se stessi e gli altri ∞ A CURA DI ATS BERGAMO
La situazione epidemiologica che stiamo vivendo costringe molte famiglie da ormai un anno a restare chiuse in casa. Molto spesso questo è dovuto al riscontro di una positività (da cui deriva il rispetto all’isolamento) o alla quarantena. L’Ats di Bergamo vuole suggerire le regole basilari, semplici ma efficaci, per contribuire a proteggersi e limitare i contagi tra la popolazione. Iniziamo col dire che isolamento e quarantena non sono esattamente la stessa cosa; nel gergo comune spesso vengono utilizzati in maniera del tutto interscambiale, in realtà si riferiscono a due condizioni diverse. Con il termine isolamento si fa riferimento alla separazione delle persone infettive (quindi positive) 42 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
dal resto della comunità in modo da prevenire/limitare la trasmissione del contagio;il termine quarantena invece indica la restrizione dei movimenti di persone sane, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo e potrebbero perciò essere a rischio di sviluppare la malattia. Tuttavia all’atto pratico, le regole igienico-comportamentali che valgono per gli uni valgono anche per gli altri. Infatti in questo preciso momento storico, dobbiamo tenere a mente che l’obiettivo principale è quello di interrompere il più precocemente possibile la catena di trasmissione della malattia. Come fare? In questo articolo Ats Bergamo riassume le principali raccomandazioni sui comportamenti da mantenere in casa; molte le avrete già sentite e
risentite, altre magari vi resteranno impresse o saranno delle novità. > La regola d’oro alla lotta al Covid è isolarsi. Questo vale sia per
il soggetto positivo, sia per chi è posto in quarantena. È importante che i soggetti posti in isolamento o quarantena abbiano una stanza dedicata, possano dormire da soli, preferibilmente dovrebbero avere un loro bagno (quando questo non è possibile, il bagno va pulito e disinfettato ogni qual volta venga utilizzato). > Per disinfettare in maniera efficace è necessario utilizzare alcool etilico ad almeno 70° o candeggina alla diluizione dello 0,5% (usare una candeggina che abbia indicato nell’etichetta la diluizione e aggiungere l’acqua necessaria per raggiungere la diluizione efficace dello 0,5%; attenzione: la candeggina va ricostituita giornalmente). Il soggetto posto in isolamento o quarantena dovrebbe. preferibilmente, mangiare nella sua camera o comunque separatamente dagli altri membri della famiglia. Le stoviglie utilizzate vanno lavate con acqua calda e sapone, tuttavia per maggiore scrupolo è possibile anche utilizzare posate e piatti personalizzati. > È molto importante non condividere salviette, asciugamani, lenzuola o qualsiasi altro oggetto che potrebbe costituire veicolo di infezione. > La biancheria del soggetto in isolamento domiciliare dovrebbe essere posta in un sacco separato
e gestita separatamente da quella del resto della famiglia; può essere lavata in lavatrice a 60°C per almeno trenta minuti o a tempi più brevi per temperature superiori, usando un comune detersivo. > Mi raccomando, non dimenticate le mani. Tante volte lo si dà per scontato, ma rappresentano uno dei principali mezzi di trasmissione delle infezioni: lavatele frequentemente, igienizzatele anche e soprattutto dopo aver tossito e starnutito. > Purtroppo non sempre e non in tutte le condizioni è possibile attuare un comportamento così rigoroso. Spesso perché gli spazi a disposizione sono limitati o ci sono situazioni in cui è difficile attuare un totale isolamento. In questi casi è opportuno comunque che la persona provi a fare del suo meglio, dopodiché è indispensabile utilizzare sempre la mascherina e mantenere il distanziamento di almeno un metro se si condivide lo stesso ambiente. Sarebbe sempre preferibile mangiare in momenti diversi o comunque ben distanziati, creare una zona separata per il sonno, arieggiare frequentemente gli ambienti e disinfettare spesso le superfici e le maniglie delle porte. > È importante, infine, sottolineare che anche nei casi in cui nella stessa famiglia ci siano più persone positive, l’isolamento dovrebbe avvenire
DOTT.SSA FABIANA SALERNO Assistente Sanitaria Dipartimento di Prevenzione ATS Bergamo
anche tra di loro, ove possibile, perché spesso la negativizzazione avviene in momenti diversi, così come per i soggetti posti in quarantena. Questo perché esiste il periodo di incubazione durante il quale alcuni di loro potrebbero sviluppare una positività e diventare a loro volta un nuovo caso e generare conseguentemente ulteriori contatti familiari. Nei casi in cui si assistano persone positive non autosufficienti, utilizzate tutti i dispositivi di protezione necessari (mascherina, guanti, visiera se possibile) rigorosamente monouso. Insomma, sappiamo bene anche noi che non è sempre facile, ma vi chiediamo ancora un piccolo sforzo: proviamo a fare ognuno la nostra parte. La coscienziosità di voi tutti è di fondamentale importanza per noi e per la nostra città. Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 43
Dessert
Muffin con cioccolato, pere e burro di datteri
Difficoltà di preparazione Facile
Tempo di preparazione 40 minuti
Calorie per muffin 500 Kcal
INGREDIENTI per 12 muffin 140 g... Farina farro integrale 100 g... Farina farro bianca 60 g..... Farina di riso integrale o mandorla o nocciola 12 g...... Lievito per dolci 70 g...... Olio di girasole 78/80 .. Cioccolato fondente a pezzettini 1............ Pera a cubetti 130 ml. Latte di riso qb......... Vaniglia, sale, scorza d’arancia Per il burro di datteri 140 g... Datteri denocciolatii 130 ml. Latte di riso PREPARAZIONE
MICHELA QUADRI Cuoca Presso il Ristoro de Il Sole e la Terra di Bergamo
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Bollire latte e datteri per ottenere il burro, dopo 5 minuti frullare bene. Aggiungete olio e 130ml di latte e mescolare bene. Miscelare le farine con lievito ed aromi. Unire il composto alla miscela di farine e poi anche pera e cioccolato. Mettere il tutto in stampini per muffin e cuocere a 170 gradi per 15-20 minuti.
GLI AMICI DI BERGAMO SALUTE DOVE PUOI TROVARE LA RIVISTA IN DISTRIBUZIONE GRATUITA
ALBINO Caredent Albino Viale Stazione, 4 Centro Prelievi Bianalisi Albino Via Volta, 2/4 ALMENNO SAN SALVATORE Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus Via Repubblica, 1 ALMÈ Farmacia Visini Via Italia, 2 ALZANO LOMBARDO Ospedale Pesenti Fenaroli / Asst Bergamo Est Via Mazzini, 88 AZZANO SAN PAOLO Fortimed Italia Via Cremasca, 24 Iro Medical Center Via del donatore Avis-Aido, 13 Studio Odontoiatrico Dott. Campana Marco Via Castello, 20 BAGNATICA Centro Prelievi Bianalisi Bagnatica Piazza Gavazzeni Ottica di Moda Via Papa Giovanni XXIII, 63/e BERGAMO ASST Papa Giovanni XXIII Piazzale OMS, 1 ATS Bergamo Via Borgo Palazzo, 130 ATS Bergamo Via Galliccioli, 4 Asilo Nido Trilingue Puffiland Via Pietro Ruggeri da Stabello, 12 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Boccaleone Via Rovelli, 27 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Borgo Palazzo Via Vivaldi, 5 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Colognola Via dei Caravana, 7 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Loreto Via Pasteur, 1/a Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Monterosso Via Leonardo Da Vinci, 9 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Redona Via Leone XIII, 27 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / San Colombano Via Quintino Basso, 2 Ass. Socio Culturale Ricreativa Terza Eta’ / Villaggio degli Sposi Via Cantù, 2
Associazione Mosaico Via Scuri, 1/c Athaena Via Ronzoni, 3 Avis Monterosso Via Leonardo da Vinci, 4 Blu Fit / Nuoto Bergamo Alta Via Gusmini, 3 Cartolombarda Via Grumello, 32 Centro Acustico Italiano Via San Bernardino, 33/c Centro Sportivo Piscine Italcementi Via Statuto, 41 Centro per l’Età Evolutiva Via dei Partigiani, 5 Domitys Quarto Verde Via Pinamonte da Brembate, 5 Dott. Barcella Antonio c/o Centro Don Orione Via Don Orione, 6 Dott. Ghezzi Marco Via Zambonate, 58 Dott. Paganelli Paolo Via Angelo Maj, 26/d Fisioforma Via Pitentino, 14/a Forneria Rota Via Silvio Spaventa, 56 Happy Friends Via Meucci, 2 La Terza Piuma Via Divisione Tridentina, 6/b Medical Farma Via Borgo Palazzo, 112 Methodo Medical Center Via San Giorgio, 6/n OPI Via Rovelli, 45 Ordine Medici Bergamo Via Manzù, 25 Ottica Gazzera Via Gasparini, 4/e Palamonti/CAI Via Pizzo della Presolana, 15 Perform Sport Medical Center Via Furietti, 10 Physis Istituto Int. Kinesiologia Via Tintoretto, 6 Prenatal Via Camozzi, 95 Primomodo Viale Giulio Cesare, 29 Residenza Anni Azzurri Via Colognola ai Colli, 8 Selene Centro Medico Via Puccini, 51 Still Osteopathic Clinics Via Calzecchi Onesti, 6 Studio Dott.ssa Monica Vitali Via Camozzi, 111
Studio di Podologia Via Suardi, 51 BONATE SOPRA Farmacia Quattro Strade Piazza Vittorio Emanuele II, 17 Ortopedia Tecnica Gasparini Via Milano, 57 BREMBATE DI SOPRA Piscine Comunali Via Bruno Locatelli, 36 CALCINATE Avis Calcinate Via Molino, 1 Ospedale F.M. Fassi / Asst Bergamo Est Piazza Ospedale, 3 CASAZZA Centro Prelievi Bianalisi Casazza Piazza della Pieve, 2 Istituto Polispecialistico Bergamasco Via Nazionale, 89 CASNIGO Centro Sportivo Casnigo Via Lungo Romna, 2 CHIUDUNO Centro Prelievi Bianalisi Chiuduno Largo Europa, 3 Giacomo Strabla Centro Sportivo Via Martiri della Libertà CIVIDATE AL PIANO Farmacia San Nicolò Via Alpini, 35 CLUSONE PreSST Bergamo Est / Clusone Via Somvico, 2 COLOGNO AL SERIO Farmacia Comunale Piazza Garibaldi, 6/a COSTA VOLPINO Centro Prelievi Bianalisi Costa Volpino Via Marco Polo, 2 CURNO Bongiorno Antinfortunistica Via Enrico Fermi, 10 Caredent Curno Via Enrico Fermi, 5 Dm Drogerie Markt Curno Via Enrico Fermi, 39 Dott. Stabilini Sergio Via Emilia, 12 Il Sole e la Terra Via Enrico Fermi, 56 DALMINE Farmacia Ornati Dott. De Amici Via Papa Giovanni XXIII, 11 Farmacia all’Università Via Marconi, 9 Istituto Medico Sant’Alessandro Via Cavagna, 11
PreSST Bergamo Ovest / Dalmine Viale Betelli, 2 GAZZANIGA Ortopedika Via Battisti, 113 Ospedale Briolini / Asst Bergamo Est Via Manzoni, 130 GORLAGO Namasté Salute Piazza Gregis, 10/a Qui Centro Polifunzionale Dinamico Via Del Fabbricone, 16 GORLE Casa di Riposo Caprotti Zavaritt Via Arno, 14 Centro Medico MR Via Roma, 28 Locanda del Punto Via Roma, 16 GRASSOBBIO Centro Prelievi Bianalisi Grassobbio Via Fornacette, 5 GRUMELLO DEL MONTE Aqva Club Via Don Belotti Four Dental Via Marconi SNC LALLIO Privatassistenza Via Aldo Moro, 25 LOVERE Ospedale SS. Capitanio e Gerosa / Asst Bergamo Est Via Martinoli, 9 PreSST Bergamo Est / Lovere Piazzale Bonomelli, 8 NEMBRO Privatassistenza Nembro Piazza Umberto I, 8 OSPITALETTO Dott.ssa Seiti Mara Via Famiglia Serlini Trav III, 16 PALAZZOLO SULL’OGLIO Caredent Palazzolo sull’Oglio Viale Europa, 6 (c/o Centro Comm. Europa) PEDRENGO Cooperativa ProgettAzione Via Moroni, 6 PIARIO Ospedale M.O. A. Locatelli / Asst Bergamo Est Via Groppino, 22 PONTE SAN PIETRO Centro Medico Ponte Via S. Clemente, 54 PreSST Bergamo Ovest / Ponte San Pietro Via Caironi, 7
Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 47
AMICI DI BERGAMO SALUTE PRESEZZO Dott. Brembilla Rolando Via Vittorio Veneto, 683 ROGNO Centro Prelievi Bianalisi Rogno Via Giardini, 3 ROMANO DI LOMBARDIA Avalon Via Rinaldo Pigola, 1 Caredent Romano di Lombardia SS 498 (c/o Centro Comm. Il Borgo) Farmacia Comunale Via Duca D’aosta Ospedale SS. Trinità / Asst Bergamo Ovest Via S. Francesco d’Assisi, 12 ROVETTA Centro Sportivo Rovetta Via Papa Giovanni XXIII, 12/f SAN GIOVANNI BIANCO Farmacia Contenti Via Carlo Ceresa, 44 Ospedale Civile / Asst Papa Giovanni XXIII Via Castelli, 5 SAN PAOLO D’ARGON Centro Prelievi Bianalisi San Paolo d’Argon Viale delle Rimembranze InsiemeAte Via Francesco Baracca, 28
SAN PELLEGRINO TERME In Cammino Via de Medici, 13 Istituto Clinico Quarenghi Via San Carlo, 70 SARNICO PreSST Bergamo Est / Sarnico Via Libertà, 37 SCANZOROSCIATE Centro Prelievi Bianalisi Scanzorosciate Piazza della Costituzione SEDRINA Farmacia Micheli Via Roma, 71/a SERIATE Caredent Seriate Via Italia, 131 Istituto Ottico Daminelli Via Italia, 74 Ospedale Bolognini / Asst Bergamo Est Via Paderno, 21 PalaPadel Via Grinetta, 1F Politerapica -Terapie della Salute Via Nazionale, 93 PreSST Bergamo Est / Seriate Via Paderno, 40 Privatassistenza Seriate Via Italia, 27 SPIRANO Euphoria Sport Dance A.S.D. Viale Lombardia, 15
STEZZANO Caredent Stezzano Via Guzzanica, 62/64 (c/o Centro Comm. Le Due Torri) Dm Drogerie Markt Stezzano Viale Industria, 293 Farmacia San Giovanni Via Dante Alighieri, 1 TELGATE Centro Prelievi Bianalisi Telgate Via Roma, 48 TRESCORE BALNEARIO Caredent Trescore Balneario Via Nazionale, 44 Consultorio Familiare Zelinda Via Fratelli Calvi, 1 Ospedale S. Isidoro / Asst Bergamo Est Via Ospedale, 34 PreSST Bergamo Est / Trescore B. Via Mazzini, 13 TREVIGLIO Caredent Treviglio Via Roma, 2/a Dm Drogerie Markt Treviglio Via Baslini Krioplanet Via Pontirolo, 18/c Ospedale di Treviglio Caravaggio / Asst Bergamo Ovest Piazzale Ospedale, 1 PreSST Bergamo Ovest / Treviglio Via San Giovanni Bosco, 3
TREVIOLO Farmacia Bianchi Via Roma, 73/b Mondoflex Via Santa Cristina, 31 URGNANO Antica Farmacia Via Papa Giovanni XXIII, 435 VERDELLO Casamia Via XXV Aprile, 9 VERTOVA Dott. Barcella Antonio c/o Centro Medico Valseriana Largo Vittorio Veneto, 29 VILLA D’ALMÈ Caredent Villa d’Almè Via Roma, 20/d Farmacia Donati Via Roma, 23 PreSST Papa Giovanni XXIII / Villa d’Almè Via Roma, 16 ZANICA Dott. Fustinoni Paolo Via Libertà, 99 Farmacia Gualteri Piazza Repubblica, 1 ZOGNO PreSST Papa Giovanni XXIII / Zogno Piazza Bortolo Belotti, 1/3
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ISTITUTO OTTICO DAMINELLI
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RUBRICHE
ALTRE TERAPIE UN AIUTO ANCHE NELLA PANDEMIA
ginnastica respiratoria, ma è tutt’altro. Il Pranayama è un insieme di tecniche, nelle quali si distinguono tempi, luoghi e ripetizioni che, combinati insieme, rispondono a diverse esigenze e che possono migliorare di molto le nostre capacità, non solo respiratorie. Noi siamo abituati a pensare alla respirazione come a un atto involontario che ci accompagna dalla nascita all’ultimo istante, ma può essere anche un’azione volontaria. Ed è soprattutto in questa veste che può diventare una “medicina,” per tanti aspetti che non siamo abituati a considerare.
Durante quest’anno di emergenza da Covid 19, sono state diverse le esperienze che hanno utilizzato tecniche di respirazione profonda e consapevole dello Yoga per dare supporto a persone colpite dall’infezione da Coronavirus, ma anche a operatori sanitari. Il dottor Giorgio Noera, cardiochirurgo e membro del Comitato Tecnico Scientifico della Sanità Militare e del Ministero della difesa, già nella prima ondata ha istituito un comitato scientifico, del quale fanno parte esperti di tecniche di meditazione, psicoterapeuti, istruttori di yoga, chinesiologi, con l’obiettivo di promuovere l’utilizzo della respirazione terapeutica nei pazienti Covid 19, seguendo i protocolli di S-Viasa University di Bangalore, riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Moltissimi sono stati gli istruttori di Yoga di tutta Italia che hanno aderito al progetto (#aiutolepersonearespirare), tra cui anche quattro di Bergamo che hanno e stanno continuando a operare sul territorio assistendo i pazienti positivi a casa, con protocolli respiratori adattati e con tecniche di supporto emotivo.
In che senso? Il respiro ha tante componenti che esulano dal solo scambio di ossigeno: mette in relazione il no-
stro interno con il mondo esterno; inspirare ci attiva mentre espirare ci calma; la nostra parte emotiva
Respirazione consapevole Un aiuto contro l’ansia, ma non solo ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
“La vita inizia con un inspiro e finisce con un espiro”. È da questo concetto che è nato il Pranayama, insieme di tecniche di respirazione menzionate nei testi sacri della tradizione indiana che ancora oggi possono rappresentare uno strumento importante per contrastare alcuni dei disturbi più diffusi nella nostra società. Come ci spiega Manuela Mai, chinesiologa. Ci spiega meglio cosa s’intende per Pranayama? Nel mondo dello Yoga, per Pranayama s’intendono tutte quelle tecniche di respirazione menzionate nei testi sacri: è una pratica che ci permettere di espandere l’energia vitale, di rendere il respiro lungo e lento… può sembrare una 52 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Prana in Sanscrito significa energia, o soffio vitale che riempie l’universo, Ayama vuol dire invece estensione o espansione. Pranayama significa quindi estensione o espansione della dimensione del prana
si manifesta nel modo in cui respiriamo. Basti pensare quando siamo in ansia o preoccupati: il respiro cambia e diventa più corto. Nel momento in cui si acquista la consapevolezza del proprio respiro, trasformandolo in un atto non più involontario ma volontario, ci si può aprire a un mondo di risposte inaspettato: > si può regolare il tono del nervo vago, responsabile di tutte quelle reazioni viscerali legate agli stati emotivi e non solo; > si può contribuire a rafforzare il sistema immunitario; > s’impara a sedare lo stato di ansia; > si può migliorare la relazione
tra frequenza respiratoria e cardiaca (regolando la coerenza cardiaca); > si riesce ad abbassare il livello di cortisolo nel sangue (il cosiddetto “ormone dello stress”). La consapevolezza è una conquista, una qualità che va scoperta, riconosciuta e applicata, in ogni ambito, come nel respiro, perché ci permette d’integrare la nostra mente con il corpo. Allora il Pranayana diventa un mezzo, come lo yoga, per vivere al meglio la relazione con il nostro corpo, non solo nella malattia.
MANUELA MAI Chinesiologa, Insegnante di Yoga e massoterapista Studio Personalmente Bergamo
RUBRICHE
ANIMALI
Un cucciolo con un cane anziano Come gestire la convivenza ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
“Ho un cane anziano e vorrei adottare un cucciolo. Come fare?”. Un cucciolo è senza dubbio un essere meraviglioso, estremante vivace e pieno di energia. Se inserito in una famiglia in cui c’è già un cane non più giovane però potrebbe diventare per lui fonte di stress. Ecco allora i consigli di Patrizia Milesi, istruttore cinofilo, per gestire correttamente il nuovo ingresso e soprattutto la convivenza tra giovane e anziano. Prendere un cucciolo per far compagnia a un cane anziano è una buona o cattiva idea? Dipende molto da come viene 54 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
gestito il delicato momento dell’adozione del nuovo amico a quattro zampe. I cuccioli invadono gli spazi poiché ricercano contatto, protezione e gioco, in particolare con i loro simili, inoltre attirano molto l’attenzione sia dei familiari sia degli estranei, fatto che potrebbe suscitare gelosia. Per il nostro anzianetto di casa la vivacità di un cucciolo potrebbe essere fonte di energia positiva, poiché i piccoli spronano a trovare energia e ne generano con la loro felicità ed entusiasmo, ma se la cosa diventa eccessiva il rischio è provocare forte stress e stanchezza per il cane già in famiglia da anni. Il risultato? Anziché favorire uno
stato di benessere potrebbe indurlo a sviluppare problematiche psicofisiche dettate da stress o da urti continui del cucciolo irruento, scoordinato e con tanta voglia di fare. Come comportarsi allora per far sì che il cane di casa non soffra negativamente la presenza di un nuovo compagno? Innanzitutto il consiglio è rivolgersi a un bravo educatore o istruttore cinofilo che, valutando la situazione, possa aiutare in una scelta ponderata e consapevole. Poi sarà importante preparare il cane
al cambiamento iniziando ad “arredare” la casa facendo comparire ciò che servirà al nuovo arrivato senza alterare i punti fissi del cane già di famiglia (è importante non spostare cuccia o ciotole e non modificare la sua routine). Il momento e il luogo del primo incontro dovrà essere attentamente valutato: meglio un primo approccio all’aperto, in un luogo completamente neutro per entrambi, evitando il giardino di casa o peggio ancora dentro casa. Una volta in casa entrambi, sarà fondamentale mantenere ben definiti gli spazi di ognuno di loro, sia per il riposo sia per i pasti. Il cane anziano dovrà essere tutelato dalla potenziale foga del giovane, dovrà poter mangiare con i suoi tempi e dovrà poter dormire o riposare con tranquillità, quindi andrà messo in conto che potrebbe essere necessario utilizzare luoghi separati per il cibo e una tutela per il giusto riposo (con l’utilizzo di un recintino
metallico) o di stanze separate. Le prime attenzioni da parte di tutti, ospiti e familiari, inoltre, dovranno essere, almeno in fase iniziale, per il cane già di famiglia in modo da non suscitare in lui forme di gelosia. Un altro aspetto importante di cui tenere conto è che, pappa e riposo a parte, i due cani hanno bisogni molto diversi anche sotto altri punti di vista: il cucciolo avrà bisogno di muoversi di più, di giocare, fare esperienze nuove, mentre l’anzianetto avrà anche lui bisogno di fare e muoversi ma con tempi molto diversi e personalissimi. Il suggerimento quindi è rispettare assolutamente le loro diverse esigenze, ad esempio portandoli a spasso separatamente (se possibile), giocando e interagendo con loro in tempi e modi diversi. Ovviamente non dovranno mancare nemmeno momenti da condividere, magari non gestiti da una sola persona, ma in due, così che tutti traggano
piacere dallo stare tutti insieme, in completo rispetto delle singole personalità. Queste sono solo regole generali: è importante essere seguiti da un istruttore o educatore cinofilo, che, conoscendo la famiglia, possa dare i consigli più idonei, perché ogni situazione è unica come lo sono anche i nostri amici a quattro zampe.
PATRIZIA MILESI Istruttore Cinofilo Responsabile Tecnico/Operativo del campo pratica Capiamo-Ci di Cavernago
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NEWS Un servizio di ascolto per adolescenti a rischio dipendenze Un video bellissimo e di grande impatto emotivo per sensibilizzare i giovani e le famiglie contro il disagio e le conseguenze dannose provocate dall’uso di alcol. Con il messaggio “Non lottare da solo, hai un alleato accanto a te…Chiama, Atena Ascolta!”, l’Associazione Atena di Bergamo lancia ad aprile una campagna di promozione, nel mese della prevenzione alcologica (Alcohol prevention day), relativa al servizio di ascolto psicologico contro il disagio giovanile che porta avanti da 5 anni: Atena Ascolta. Si tratta di uno sportello di ascolto che offre a ragazzi e genitori la possibilità d’incontrare, in orario pomeridiano, una psicoterapeuta disponibile a fornire aiuto o approfondimenti su tematiche connesse con l’uso di sostanze alcoliche, stupefacenti, gioco d’azzardo e comportamenti a rischio. Nel video realizzato e prodotto dal videomaker bergamasco Umberto Da Re appaiono un uomo e una donna che sono intrappolati dietro un telo bianco che simboleggia la dipendenza e il pericolo. «Quello che dapprima ci sembra una coltre attraente e confortante si trasforma ben presto in dipendenza da cui è difficile liberarsi» spiega Da Re. Qui interviene Atena Ascolta per aiutare a superare il disagio con una serie di sei incontri gratuiti a Bergamo. Per saperne di più, si può telefonare al numero 347.9607132, scrivere all’indirizzo email atenassociazione@gmail.com o visitare il sito web: www.associazioneatena.it.
Contatosse: la prima App per monitorare i colpi di tosse giornalieri Un’App per monitorare la propria tosse e supportare il medico nella diagnosi della tosse cronica, ovvero una tosse che dura più di otto settimane e che impatta in modo significativo su ogni aspetto della vita di chi ne soffre: fino al 10% della popolazione globale, prevalentemente donne (due pazienti su tre) tra i 50 e i 60 anni. Disponibile per sistemi Android e iOS, l’App ContaTosse è parte integrante della campagna di sensibilizzazione multicanale “La tosse cronica non è social” realizzata da MSD, con il patrocinio di FederAsma e Allergie, per essere a fianco dei pazienti nel percorso che porta al miglioramento della propria qualità di vita e del proprio stato di salute. Nata dall’ascolto dei pazienti e pensata per rispondere alla loro necessità di acquisire maggiore consapevolezza sulla propria tosse, l’App ha un’interfaccia semplice e intuitiva: nella homepage è possibile inserire i colpi di tosse effettuati durante il giorno. La funzione notte, invece, offre la possibilità di registrare automaticamente i colpi di tosse grazie all’utilizzo del microfono dello smartphone.
La Fashion Revolution arriva a Bergamo con FA.RE e i ragazzi di La Terza Piuma Come sono prodotti i vestiti che indossiamo? Chi li cuce? Fino a qualche tempo fa, queste questioni poco importavano: si comprava un capo perché bello o, magari, firmato. Ora, però le coscienze si sono risvegliate grazie a una nuova consapevolezza e volontà di rispetto per l’ambiente, il lavoro e le sue ricadute sulle persone. Siamo, insomma, molto più attenti alla sostenibilità. Questi temi sono al centro della Fashion Revolution, che qui a Bergamo si concretizza in FA.RE, il progetto di La Terza Piuma - di cui Bergamo Salute è media partner - che vuole mostrare come una moda sostenibile non solo è possibile, ma è un vero e proprio motore economico, culturale e di stile che sta rinnovando il panorama mondiale della produzione tessile. «La moda può suscitare emozioni,
provocare, guidare, affascinare, ma è anche industria e una forza economica importante, in grado d’impattare sulla vita di milioni di persone, anche per effetto della delocalizzazione delle produzioni. Oggi vestirsi responsabilmente è un dovere, soprattutto verso le future generazioni» dice Alessandra di La Terza Piuma. Forse non tutti sanno, infatti, che la Fashion Revolution è un movimento internazionale, nato per ricordare la tragedia di Rana Plaza in Bangladesh dell’aprile 2013, nella quale 1.129 lavoratori persero la vita, schiacciati dalle macerie della fabbrica che crollò per la mancanza di norme sulla sicurezza. Durante la Fashion Revolution Week in tutto il mondo si tengono conferenze, incontri, mostre per sensibilizzare su questi temi. «A Bergamo abbiamo preparato numerosi eventi in
streaming, tutti gratuiti» ci spiega Alessandra. «Innanzitutto tre talk con punti di riferimento della moda sostenibile, in collaborazione con RadioBrusa, creata da giovani bergamaschi. Saranno visibili in diretta sui nostri canali social, sia Facebook #laterzapiuma che Instagram #laterzapiumabg, o su www. radiobrusa.it. Abbiamo inoltre organizzato attività che dureranno tutto l’anno, ad esempio una campagna di raccolta di scarpe da ginnastica. Grazie a Esosport, azienda che si occupa del riciclo della gomma verranno trasformate in tappetini antitrauma per un parco giochi della nostra città. A giugno ci sarà un percorso dedicato ai giovani under 35 che vogliono cimentarsi in progetti di economia solidale, per creare un’impresa green e cambiare il mondo un po’ alla volta».
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DAL TERRITORIO
NEWS
Luna Rossa Orgoglio (anche) bergamasco ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Luna Rossa non ce l’ha fatta, è stata tradita dal vento e da qualche errore di manovra e ha dovuto cedere le armi alla barca della Nuova Zelanda che ha così vinto di nuovo la finale dell’America’s Cup. C’erano tante speranze dopo la vittoria nella Prada Cup ma Luna Rossa, il cui scafo in carbonio è stato realizzato nei cantieri della Persico Marine a Nembro, si è comunque battuta bene nelle acque del golfo di Hauraki in Nuova Zelanda: purtroppo in due regate è incappata in un buco di vento e non è riuscita a rimontare nella sfida ai campioni della Nuova Zelanda. Si deve accontentare così del prestigioso premio, la Coppa Prada dove ha messo in fila tutti gli equipaggi di varie nazioni che sognavano la finale. Ma come ha dichiarato Patrizio Bertelli, amministratore delegato di Prada, l’avventura continua e ci si preparerà per la prossima sfida all’America’s Cup con le modifiche che saranno probabilmente apportate ancora nel cantiere della Persico Marine dove Luna Rossa è stata costruita in tre anni di lavoro con 40 persone impegnate nel progetto e nella realizzazione. È stato un lavoro di squadra. Sono stati costruiti due scafi come prevede il regolamento della Coppa America. 58 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
Con Prada, che con Pirelli, ne è lo sponsor, si è lavorato in sinergia grazie anche alla presenza e ai consigli dello skipper Max Sirena. Un lavoro che ha dato i suoi frutti. Tanto che Patrizio Bertelli ha voluto che accanto al timone comparisse il nome del costruttore. Un riconoscimento che promuove l’eccellenza del Made in Italy in questo settore. Ed è stata una grande gioia per tutti, alle quattro del mattino, vedere in tv Luna Rossa trionfare nella Coppa Prada. Luna Rossa è figlia della meccatronica (la disciplina che studia l’interazione tra meccanica, idraulica, elettronica e informatica e ha infinite applicazioni, dall’automotive all’industria aerospaziale, passando per tecnologia biomedica, automazione, robotica e, ovviamente nautica). È nata al computer, realizzata nel cantiere bergamasco che, per questa edizione, ha costruito anche i foil arm (i bracci gialli che sollevano la barca, tutti uguali) per tutti i partecipanti. Specializzata nella progettazione e produzione di stampi e impianti per le auto e nella realizzazione di yacht, l’azienda è stata fondata nel 1976 da Pierino Persico. La storia del capofamiglia sembra uscita dal libro “Cuore”. Partito da un
sottoscala ad Albino, ora ha sedi negli Usa, in Messico, in Germania e in Cina. Pierino, nominato Cavaliere del lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è nato ad Albino 73 anni fa. Inizia a lavorare da ragazzino, appena conseguito il diploma di avviamento professionale di tipo industriale, in una ditta di costruzioni in ferro e poi in una fonderia come operaio apprendista fino al servizio militare. Smessa la divisa diventa modellista in un’azienda che costruisce modelli in legno. Nel ’72 si sposa con Isa che gli dà tre figli, Claudia, Alessandra e Marcello. Quattro anni dopo decide di mettersi in proprio e insieme alla moglie apre ad Albino la sua modelleria del legno per realizzare stampi in acciaio, per le produzioni in serie dalle moto ai giocattoli. Da lì a poco comincia la sua avventura industriale: acquista un capannone nell’area della ex Cartiera Pesenti a Nembro e sperimenta nuovi materiali fino a diventare, come si è definito “il tappezziere di fiducia” delle case automobilistiche. Si specializza nella progettazione e produzione in serie dei pannelli interni delle auto, dalla BMW alla Mercedes, Audi, Volkswagen, Renault, Citroen, Peugeot e s’ingrandisce. Assume
Una barca che vola Luna Rossa è un monoscafo di nuovissima generazione, classe AC75 (cifra che indica la lunghezza in piedi, corrispondenti a 20,7 metri. È larga 5 metri, pesa 6,5 tonnellate, ha un albero di 26,5 metri e un timone centrale a T. Le caratteristiche più innovative sono le ali basculanti che consentono a Luna Rossa di sollevarsi sull’acqua e sfiorare anche il muro dei 100 km/h. Velocità stratosferica per un mezzo senza motore. A bordo, l’equipaggio è composto da undici uomini. Luna Rossa è stato un caso unico, in quanto lo skipper, Max Sirena, può contare su due timonieri: James Spithill che ha vinto due volte l’America’s Cup e Francesco Bruni. L’equipaggio comprende anche il regolatore della randa e il grinder, con il compito di intervenire sui sistemi idraulici per far volare l’imbarcazione.
ingegneri, progettisti, complessivamente 500 addetti che ora sono diventati quasi 800 nelle varie filiali in giro per il mondo. Chi lo conosce sostiene che la fortuna dell’azienda, diventata Persico Group, dipende dai suoi rapporti interpersonali con i collaboratori, i clienti, i fornitori. Con i collaboratori li spinge a ottenere il massimo e a dare quel qualcosa in più che altri non sanno ottenere. E poi investe, sperimenta alla ricerca di nuove tecnologie e di nuove sfide. Con lui anche i tre figli che ha coinvolto con un intelligente passaggio generazio-
nale. La primogenita Claudia è la vice presidente Sales & Marketing di Persico Spa, Alessandra è la vicepresidente Purchaising & Operations, Marcello è vicepresidente Finance & Stategy e presidente di Persico Marine. Il legame con la Coppa America nasce nel 1990 con il Moro di Venezia di Raul Gardini, partecipa alla realizzazione dello scafo e inizia l’avventura. Negli anni successivi costruisce altre barche per la competizione d’Oltreoceano e per le principali regate oceaniche come “Vendéé Globe” o “Jules Verne Trophy“ fino all’ultima, anzi
agli ultimi due scafi, di Luna Rossa. Nel cantiere di Nembro vengono realizzati anche Yachts fino a 145 piedi di lunghezza (44 metri).utilizzando robot che provengono dal settore aerospaziale. Le parole d’ordine sono: innovazione, rispetto della natura e dell’ecologia. Basti pensare che i resti degli stampi in carbonio, perfettamente integri, vengono riciclati ottenendo tessuti di carbonio da poter utilizzare per gli stampi di altre barche, mentre i pezzi di avanzo di carbonio ottenuti dal taglio col plotter vengono utilizzati da un’azienda locale per fare protesi sanitarie. Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 59
DAL TERRITORIO
ONLUS
La cooperativa sociale Il Pugno Aperto compie 30 anni ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Il 6 giugno la cooperativa sociale Il Pugno Aperto compie trent’anni. Fondata nel 1991 da un gruppo di giovanissimi operatori sociali che decise d’inventarsi e condividere un progetto a sostegno delle fasce sociali più deboli, oggi la cooperativa, che ha sede a Treviolo, gestisce numerosi progetti sia nell’Ambito di Bergamo sia in quello di Dalmine, dà lavoro a oltre 200 persone e occasioni di volontariato a un altro centinaio. «La cooperativa ha iniziato la sua attività con interventi nell’area dei minori e della salute mentale. Poi nel tempo i servizi sono cambiati con il mutare dei bisogni del territorio, in base agli incontri fatti nel percorso, alle condizioni sociali del periodo. Ogni sfida è stata affrontata in modo appassionato, operando in modo coerente con i propri valori e con le esigenze delle persone» osserva la Presidente, Cristina Offredi. I festeggiamenti per questo importante traguardo prenderanno forma in una mostra fotografica che racconterà le persone di Pugno Aperto nei loro luoghi di lavoro, impegnati nell’attività di dare un servizio alla comunità. La mostra verrà esposta per quindici giorni lungo il Sentierone di Bergamo e per altre due settimane nel centro di Dalmine. In occasione dell’apertura e della chiusura (se le condizioni sanitarie lo permetteranno) ci saranno piccoli mo60 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
menti di festa e di condivisione sia con le realtà con cui la cooperativa collabora sia con i cittadini. «I cittadini in molti casi sono i protagonisti e i beneficiari dei progetti della cooperativa e spesso non sanno che dietro servizi a loro molto vicini ci sia proprio una realtà come la nostra. È il caso delle scuole dell’infanzia e asili nido che gestiamo, direttamente o tramite il consorzio Sol.co Città Aperta di cui siamo soci, o in collaborazione con qualche Fondazione e Parrocchia. - Gli educatori della cooperativa inoltre collaborano in alcune attività negli oratori, operano nei CRE estivi, sono presenti negli spazi gioco per mamme e bambini e negli spazi compiti, progettano e seguono azioni nelle comunità per le famiglie e i ragazzi spesso in collaborazione con le amministrazioni comunali» continua Offredi. Tra le altre azioni svolte ci sono progetti per persone adulte che vivono periodi di fragilità di diverso tipo, per esempio i progetti di housing sociale (accoglienza in case temporanee), le attività a domicilio e nel tempo libero per persone
seguite dai servizi di salute mentale, i percorsi di assistenza domiciliare per anziani e gli interventi per persone in situazione di grave marginalità; molti di questi servizi sono svolti in collaborazione con altre cooperative, associazioni ed enti del territorio. «Allo stesso tempo, la cooperativa si occupa di accoglienza di migranti richiedenti asilo o che richiedono il riconoscimento dello status di rifugiati. In questo caso abbiamo scelto di privilegiare la dimensione dell’accoglienza diffusa, con appartamenti collocati in contesti residenziali, per favorire la reale integrazione sociale delle persone». La cooperativa si occupa inoltre di progetti per minori e famiglie fragili. Tra i progetti più longevi in questo ambito c’è quello della comunità minori Il Guado. «Il Guado è uno spazio di accoglienza e cura per bambini e ragazzi, maschi e femmine, tra gli 8 e i 18 anni, che vivono in condizione di grave fragilità familiare e che sono stati allontanati dal proprio contesto di vita su disposizione del Tribunale dei Minorenni. Il lavoro pedago-
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Comunità per minori “Il Guado”
gico che viene svolto cerca di garantire ai ragazzi serenità, cura del loro benessere psicosociale e delle relazioni che intrecciano con gli operatori, con i coetanei e con gli adulti del territorio in cui la comunità è immersa. Dopo tre traslochi e oltre 10 anni passati nella sede di Stezzano, da novembre 2020 il Guado si è trasferito a Mariano, nel comune di Dalmine. L’opportunità di migliorare i luoghi
di accoglienza e il numero degli accolti, qualche anno fa, è arrivata quando la cooperativa ha incontrato i soci del Circolo Familiare di Mariano di Dalmine, un’altra cooperativa nata prima della Seconda Guerra Mondiale. Il Circolo è stato incorporato nel Pugno Aperto e abbiamo potuto così dare nuova vita all’immobile storico di proprietà del Circolo, impegnandoci a tenere un forte legame con il
territorio, nello spazio ristrutturato abbiamo trasferito la Comunità Minori Il Guado e riservato una ampia sala per progetti e uso comunitario. La presenza del Guado a Mariano di Dalmine diventa così un’occasione per tutti i cittadini di comprendere che la cura dei più piccoli e fragili non è solo un compito dell’istituzione, ma è anche una responsabilità sociale di tutti» conclude la Presidente.
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DAL TERRITORIO
IL LATO UMANO DELLA MEDICINA
Medicina e musica rock ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Ci sentiamo al telefono. Lo cerco ma è impegnato con i suoi pazienti. Passa poco tempo e il dottor Roberto Longaretti, 40 anni, medico di famiglia in Val Cavallina (tra i comuni di Vigano San Martino, Borgo di Terzo, Luzzana, Berzo San Fermo e Grone, circa 6.000 abitanti) mi richiama. «Ho finalmente un momento libero» mi dice «Possiamo parlare anche se devo visitare altri pazienti». Roberto Longaretti per la sua disponibilità e la cura alle persone è stato definito “l’angelo dei malati di Coronavirus della Val Cavallina” e ha ricevuto attestati dai Comuni di Borgo di Terzo e di Grone. «Sono stati una manifestazione di affetto e riconoscenza che mi ha commosso e ne sono molto grato». E non poteva essere diversamente. Durante la pandemia che ha colpito anche la Valle lo scorso anno, nel momento della massima pressione dell’infezione il dottore ha curato 25-30 persone al giorno, da febbraio a maggio ha effettuato 800 visite domiciliari e curato almeno 400 persone per polmonite. «Uscivo alle 7 e tornavo la sera alle 22 e poi dovevo occuparmi fino a tarda notte di rispondere alle telefonate e ai messaggi dei miei pazienti. In coscienza devo dire che non me la sentivo di rifiutare, non potevo fare diversamente. Se un malato mi chiama devo andare da lui, mettendo da parte l’altra mia grande passione: la musica». Già la musica. Roberto Longaretti non è solo appassionato ma da anni si esibisce come cantante o, come si dice adesso, frontman della rock band “Spread”, un gruppo 62 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
bergamasco dalle mille sfaccettature che sperimenta e che ha al suo attivo vari concerti e tre album, “I cinghiali hanno la testa”, “C’è tutto il tempo per dormire sottoterra” e l’ultimo nel 2018 “Vivi per miracolo”. «Si, è vero la musica è la mia valvola di sfogo da quand’ero bambino”, ci dice il dottor Longaretti. “Quando mi sono diplomato ero indeciso se iscrivermi alla facoltà di medicina o al Conservatorio. Ho deciso di fare il medico ma la passione per la musica non l’ho abbandonata e, insieme ad alcuni amici, conosciuti ai tempi dell’asilo, abbiamo dato vita a questo gruppo». Poi nella sua vita è apparsa un’altra musicista,
Roberta, bassista dei Verdena, un altro gruppo musicale formatosi ad Albino, ed è stato subito amore. Un amore che ha portato alla nascita di tre bellissime bambine: Amelia, Irene e Gaia. Da cinque anni Roberto è medico di famiglia in Val Cavallina, ma abita a Zandobbio in prossimità
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
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di un bosco. «Mi piace stare al contatto con la natura» rivela il medico. «Dopo anni vissuti in città, a Bergamo e a Brescia, sentivo il bisogno di ritrovare un po’ di pace vicino alla natura. E dal 2016 sono in questa splendida valle con la mia famiglia». Ma l’anno scorso la tranquillità è stata violentata dal coronavirus e il dottore ha
Le passioni dell’”angelo dei malati di Coronavirus della Val Cavallina” dovuto affrontare una guerra non dichiarata a causa del virus. «È stato qualcosa che va al di là di qualsiasi previsione, ancora oggi fatico a realizzare ciò che ho vissuto. Ma è fondamentale raccontare quello che è successo. Noi umani purtroppo tendiamo per natura a rimuovere i traumi più profondi, ma in questo caso è presto per dimenticare e anzi il ricordo deve essere vigile perché malauguratamente non è finita. Anzi stiamo tornando a ritmi pericolosi, i casi di contagio sono in aumento. Anche nella Valle. Non vorrei trovarmi di nuovo in situazioni come quelle vissute l’anno scorso con i pazienti
che mi chiamavano a tutte le ore e io non riuscivo ad abbandonarli. Li ho curati con i protocolli internazionali, con criteri ben precisi. Ho aiutato tutti, ma dieci sono dovuti ricorrere al ricovero in ospedale e, di questi, cinque purtroppo no ce l’hanno fatta. Ho sofferto, ogni decesso mi pone degli interrogativi. Tutti i casi mi sono rimasti impressi nella mente. Ogni caso. Noi medici di medicina generale instauriamo con i nostri pazienti un rapporto di fiducia e di continuità. Quella che si chiama empatia. Un lavoro sicuramente pesante, impegnativo, ma è questo il senso della mia scelta: offrire sempre
un servizio costante a chi ne ha bisogno. E allora non bisogna lasciarsi andare. Soprattutto adesso che la situazione appare ancora preoccupante, dobbiamo osservare tutte le norme igieniche, lavarsi le mani, stare a distanza, indossare sempre la mascherina, anzi due, una chirurgica e insieme una FFP2. Io nella prima fase, nel 2020, quando non si riuscivano a trovare guanti e mascherine mi sono salvato indossandone una che usano i verniciatori». «Credo di essere stato fortunato, ma la paura di contagiarmi e di contagiare mia moglie e le mie tre figlie mi spaventava. Ho vissuto in casa separato da loro. Usavo la lavanderia come camera di decontaminazione. Quando tornavo a casa dopo una giornata a tu per tu con l’epidemia mi spruzzavo di alcol e mettevo da lavare i vestiti con il disinfettante». Una vita piena di paura da oltre un anno e che purtroppo è ancora lì in agguato. Intanto per lenire timori e rabbia meglio una canzone dell’ultimo album degli Spread, di cui il dottor Longaretti è il frontman e che da oltre un anno per la pandemia non può esibirsi in concerti. Prima i pazienti e gli ammalati.
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SINDROME DI STICKLER Codice di Esenzione. RN1220 Categoria. Malformazioni congenite. Definizione. Condizione caratterizzata principalmente da miopia e displasia scheletrica spondiloepifisaria. Epidemiologia. L’incidenza è pari a circa 1:7500. Maschi e femmine ne sono affetti in egual misura. Segni e sintomi. Segni clinici fondamentali sono rappresentati dal fenotipo cranio-facciale e dalla presenza di miopia grave, che compare solitamente entro i dieci anni. Il volto è appiattito, con occhi prominenti, epicanto (piega cutanea sopra l’occhio davanti alla palpebra), radice nasale larga e appiattita, narici anteroverse, micrognazia (ridotto sviluppo della mandibola). Frequenti problematiche a livello oculare sono rappresentate da degenerazione corio-retinica, astigmatismo, cataratta, distacco di retina. Nella grande maggioranza dei casi sono presenti anomalie ossee a carico delle articolazioni delle caviglie, delle ginocchia e dei polsi; le articolazioni possono essere ingrandite e iperestensibili nei primi anni di vita, per poi andare incontro a quadri di artropatia severa che può arrivare a mimare l’artrite reumatoide infantile. Possono essere inoltre presenti: sordità neurosensoriale o di conduzione, palatoschisi (apertura del palato), metafisi (porzione dell’osso, situata a ogni estremità della diafisi) allargate, prolasso della valvola mitralica, glaucoma. Eziologia. Eziologia genetica e modalità di trasmissione autosomica dominante, con una notevole variabilità di espressione. È stata recentemente dimostrata in pazienti affetti la presenza di mutazioni nei geni COL2A1, COL11A1, COL11A2. Diagnosi. La diagnosi viene sospettata sul piano clinico e confermata da indagini radiologiche e test genetici. Terapia. Utile il monitoraggio oculistico per la cura della miopia e la prevenzione del distacco di retina. Da suggerire la consulenza genetica per i soggetti affetti e i loro familiari.. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR
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DAL TERRITORIO
TESTIMONIANZA
Quando la disabilità diventa una sfida ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Abbiamo raccolto il racconto di Erica Villa, giovane scrittrice e atleta disabile divenuta nota per le sue gare di corsa in carrozzina “speciale” (appositamente realizzata per l’impegno agonistico). Con i suoi libri e la sua passione per lo sport vuole dimostrare che la disabilità non è un limite, ma può diventare motivo di una grande sfida umana e personale. Mi chiamo Erica, ho ventisette anni e abito a Treviolo in provincia di Bergamo. Sono disabile dalla nascita e durante la mia vita ho avuto tanti momenti belli, grazie all’amore e all’affetto della mia famiglia, ma anche tanti tristi. Ho giocato, riso, scherzato, pianto. Ho sperato che il mio vivere cambiasse, vorrei essere come la maggior parte delle persone. Ho conosciuto persone con varie sfaccettature: ognuna diversa dalle altre, chi sincero, chi bugiardo, chi amico, chi prepotente e maleducato. Come la mia
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compagna alla scuola elementare che tutti i giorni, durante l’intervallo quando finiva di gustarsi le patatine, anziché andare a lavarsi le mani, se le puliva nei miei capelli. O come la professoressa di matematica alle medie che mi dava sempre voti bassi nonostante io avessi studiato. Mi ricordo invece con molto piacere l’insegnante di italiano, il quale sapeva gratificarmi in tutto quello che facevo, grazie a lui mi sentivo spronata per dare sempre il meglio. Era un docente con i fiocchi, entrava in classe sempre con il sorriso e con la voglia di insegnare. Non vedevo l’ora che arrivasse la lezione di italiano per essere felice. Per quanto riguarda le scuole superiori, ho fatto un percorso di studi diversi. Prima l’istituto magistrale dove ho trovato alcuni docenti capaci di capire le mie difficoltà, altri, solo perché disabile, mi declassificavano e mi abbassavano sempre la media dei voti e di questo ne soffrivo, tant’è vero che alla
mattina, quando mia mamma mi chiamava perché era ora di andare a scuola, piangevo perché non volevo andarci per non sentirmi nuovamente umiliata. Così ho lasciato e mi sono iscritta all’Enaip Lombardia, una scuola che serve per entrare nel mondo del lavoro, anche se così non è per tutti. Ma anche lì ho avuto problemi con i miei docenti. E allora ho frequentato un centro diurno per disabili, tre volte la settimana. Il primo anno, essendo una novità, ci andavo molto volentieri perché tutti gli operatori erano carini con me. Poi ho iniziato a non andarci più molto volentieri perché gli operatori si erano stancati di essere gentili. E allora ho pensato di dare una svolta alla mia vita e ho cominciato a scrivere la mia storia. Fin da piccola ho avuto questa passione per la scrittura e ora è diventata un lavoro. Nel 2016 ho pubblicato “Leggimi dentro”, è il diario di Erica, ragazza disabile che raccontandoci alcune
giornate significative della sua vita, ci permette di viaggiare con lei e ammirare la sua vitalità. Un libro di emozioni, ricordi, speranze. Un anno dopo ho pubblicato “Vita di Sghirbia”, un libro di esperienze vissute. Mi ha insegnato che si possono aprire e chiudere tante porte, ma che i ricordi rimangono nel cuore e impressi nella mente, nessuno mai potrà portarmeli via. Due libri che raccontano la mia vita. Poi sono passata a un genere diverso: avventura fantastica, pubblicato nel maggio 2018. Il libro si intitola “Senza confini”. Fantastici personaggi caratterizzano questa piacevole storia, ricca di sentimento, amicizia, solidarietà e allegria. Il quarto libro è “Cornici della mia vita”. Ognuno dei miei conoscenti è una cornice della mia vita da custodire con cura nel cuore, come Luca il mio ragazzo con il quale sogno di sposarmi. Nell’ottobre 2019 ho pubblicato “Rotelle fumanti”, in cui racconto le imprese nelle maratone con Fabio Marcassoli. Io su una carrozzina speciale e Fabio, campione di Kick boxing e atleta sensibile, a spingere. L’ho conosciuto in un giorno non tanto bello per entrambi, ma è bastato tenersi per mano per dare inizio ad un’amicizia profonda. Un giorno è venuto a trovarmi a casa e, mentre si parlava, gli ho confidato questo
mio grande sogno di correre una maratona e, in quel momento, ho visto nei suoi occhi una felicità incredibile, tant’è vero che mi ha risposto: “Ti accompagno io, posso avere questo onore?” e così è stato. Non credevo alle mie orecchie e dall’emozione, continuavo ad abbracciarlo, perché finalmente il mio sogno, sarebbe diventato presto realtà. Ha fatto modificare la mia sedia a rotelle da Guido Plebani e mi ha detto: “Il vero obiettivo di questa corsa per me, è quello di renderti felice!” Ci siamo allenati e finalmente il tempo tanto atteso per l’esordio del duo Villa-Marcassoli, che Fabio ha subito battezzato “Rotelle fumanti”, è arrivato. Domenica 24 settembre 2017, la mezza maratona dei Mille Città di Bergamo. Una grande emozione… La notte prima entrambi non abbiamo chiuso occhio per l’agitazione. Pronti, partenza, via. Le ruote giravano alla velocità della luce. Ero incredula, chiudevo gli occhi e li aprivo continuamente per rendermi conto che il mio più grande sogno e desiderio era diventato realtà e in quel momento stavo correndo veramente. Ma a circa tre quarti della corsa, Fabio si sente stanco, fino a quando un gruppo di motociclisti Harley ci hanno visto gareggiare e hanno cominciato a tifare per lui urlando in coro: “Forza!”. In quel frangente Fabio ha detto che ha sentito dentro di sé un’adrenalina pazzesca e le gambe, dall’essere ormai quasi senza forza, hanno cominciato nuovamente a riprendere velocità. Ha detto che il tifo di queste persone era talmente sentito, che le sue gambe anziché correre, è come se si fossero messe a volare senza meta. Fabio con tutta
In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
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la felicità di questo mondo mi dice: “Tesoro, siamo solo all’inizio di questa nostra felicità sportiva!”. Lo sport mi ha sempre affascinato, ho fatto nuoto da piccola, poi sci con il maestro Simone Gai, che, sembra quasi un paradosso, ho incontrato durante una vacanza al mare. Lui faceva il bagnino ad Andora dove andavamo d’estate, d’inverno insegnava sci a Sauze d’Oulx. E lì sono andata, e mi ha insegnato la velocità. Mi ha preso in braccio e mi ha accomodata sul guscio sciistico. Un volo indimenticabile. Così per tre ore consecutive ogni giorno. Da allora non ho più paura di niente, sono pronta a sfidare tutto. Peccato che la sera del primo marzo, Simone è mancato in uno scontro frontale con lo scooter. Un grande dolore per me. Lo ricorderò sempre tra le mie “cornici”. Ora però ho un progetto che spero si possa realizzare presto: sposarmi con Luca che ho conosciuto grazie a una mia professoressa di Casnigo. È successo il 4 giugno 2019, un giorno che mi ha stravolto felicemente la vita.
Tra i desideri di Erica, oltre a sposare il fidanzato, c’è correre la maratona di New York e trasformare il suo libro “Rotelle fumanti” in un film. Per chi volesse aiutarla a far diventare il suo sogno realtà: https://www.produzionidalbasso.com/project/ rotelle-fumanti-produzione-del-film/ Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 67
STRUTTURE
R.S.A. CASA MIA VERDELLO
Molto più di una casa di riposo CASA MIA VERDELLO è la prima Residenza per anziani aperta a Verdello nel 2015 dal Gruppo ORPEA, realtà francese leader nel settore con oltre trent’anni di esperienza e oggi uno dei punti di riferimento cui rivolgersi per chiunque abbia necessità di affidarsi al mondo delle case di riposo, delle cliniche riabilitative e/o psichiatriche. Ma quali servizi offrono in concreto le RSA? E quali sono, in questa fase di emergenza sanitaria, i plus che possono mettere a disposizione dei loro ospiti per una maggiore sicurezza? Lo abbiamo chiesto a Egidio Passera, direttore di CASA MIA VERDELLO. Direttore, cosa s’intende oggi per RSA?, Le Residenze Sanitarie Assistenziali non sono semplici Case di Riposo come siamo abituati a pensare. Questa particolare tipologia di “nuovo ente” è stata introdotta in Italia a partire dalla metà degli anni Novanta e, col tempo, si è sempre più strutturata, rispondendo a criteri normativi specifici volti alla tutela della persona ed alla complessità dei suoi bisogni. Le RSA sono dunque strutture non ospedaliere ma a impronta sanitaria, nelle quali ogni ospite viene preso in carico da un punto di vista medico, infermieristico e riabilitativo. I percorsi che portano all’assistenza sanitaria residenziale sono vari, fra i quali la maggior parte prevede la provenienza di utenti in condizioni di cronicità o 68 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
di stabilizzazione delle condizioni cliniche dagli ospedali, da strutture “post-acuti” o dal domicilio. Come si entra in una RSA? Vi accedono persone non autosufficienti che in relazione al loro stato psico-fisico non sono in condizioni di essere assistite presso il domicilio o che necessitano di trattamenti continui e apposite équipe di cura composte da più specialisti. Le formule private ospitano anche soggetti autosufficienti che, per scelta autonoma preferiscono essere assistiti da personale a loro dedicato, al posto di trascorrere la vita in casa soli. Il soggiorno presso queste Residenze può infatti essere variabile: da brevi degenze di “sollievo”, al fine di ripristinare uno stato di benessere temporaneamente perso, a ospitalità lunghe o permanenti. Per accedere è sufficiente fare “Domanda di Ingresso in RSA” consegnando presso la struttura scelta l’apposito modulo predisposto da Regione Lombardia, utile alla direzione sanitaria a verificare l’idoneità all’accesso, considerando lo stato di salute dell’ospite e una valutazione multidimensionale del suo quadro clinico. Si è parlato molto durante questa pandemia dell’importanza di tutelare gli ospiti delle RSA, tra i soggetti più fragili… La pandemia che ha caratterizzato il 2020 e lo stato di emergenza nel quale ancora tutti noi siamo ci ha
ricordato il valore che può avere una corretta e competente presa in carico, soprattutto quando si tratta delle persone più fragili. In questo senso le RSA sono luoghi di vita piacevoli e sicuri. Queste strutture oggi dispongono infatti di tutti i dispositivi di protezione più idonei, delle procedure di igiene e sanificazione nel pieno rispetto delle disposizioni ATS, Regionali e DPCM, e possono contare su personale qualificato. In questo senso anche CASA MIA VERDELLO assicura ai suoi ospiti: > assistenza medico-infermieristica; > assistenza riabilitativa, promossa dal personale fisioterapico; > attività di animazione e socializzazione, promossa dagli educatori professionali; > aiuto nello svolgimento delle attività quotidiane da parte degli operatori OSS e ASA; > prestazioni alberghiere, di ristorazione, lavanderia e pulizia di alto livello. Il giorno dell’ingresso e lungo tutta la permanenza in struttura i membri dell’équipe predispongono e aggiornano periodicamente il piano di assistenza individuale (PAI) per ciascun ospite, un documento di sintesi che raccoglie e descrive a livello multidisciplinare lo stato di salute della persona. A che punto siamo con il vaccino anti-Covid nelle RSA? La scelta di affidare un proprio caro a una Residenza per anziani
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L’assistenza sanitaria non va intesa solo come servizio ma anche come sensibilità delle persone preposte per costruire un rapporto di fiducia che duri nel tempo. La salute è la nostra priorità. A testimonianza di ciò CASA MIA VERDELLO ha conseguito, per il biennio 2021-2022, il riconoscimento di due Bollini RosaArgento da parte di Fondazione ONDA (per informazioni: www.bollinirosargento.it)” è una decisione complessa, non solo perché bisogna individuare quella più adatta al nostro familiare, ma anche a titolo affettivo. Ciò nonostante è importante tenere presente che l’accoglienza in RSA rappresenta spesso la soluzione migliore per coloro che necessitano di cure a carattere continuativo. Il modello proposto da CASA MIA VERDELLO ha come obiettivo un’efficienza socio-sanitaria e il comfort alberghiero. A tal fine la Residenza ha avviato e concluso le campagne di vaccinazione rivolte
a ospiti e dipendenti, effettua un monitoraggio attivo (mediante tamponi) a cadenza periodica e dispone di misure di sicurezza pre-ingresso e osservazione in itinere che attestino la messa in pratica delle corrette procedure. Per realizzare un servizio d’assistenza di qualità è necessario anche concepire luoghi accoglienti in cui vivere; per questo motivo tutti gli ambienti della RSA sono stati appositamente progettati, dalle camere, in prevalenza singole, alle diverse aree destinate alle
attività. Il nostro obiettivo è accogliere gli ospiti in ambienti sicuri e confortevoli. In conclusione, risiedere nella nostra RSA significa abitare in un luogo tutelato e accogliente.
Via XXV Aprile 9 Verdello (BG) Tel. 035 871959 www.orpeaitalia.it Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 69
STRUTTURE
POLITERAPICA - TERAPIE DELLA SALUTE
Il paziente sempre al centro di una équipe multidisciplinare
“Il paziente per noi è una persona nella sua interezza, non limitata al suo specifico disturbo. Su questo principio si basa il nostro approccio multidisciplinare, in cui il paziente è accolto, preso in carico e posto al centro dell’attenzione della struttura dove professionisti delle diverse specialità medico-chirurgiche, professionisti sanitari, psicologi e collaboratori lavorano insieme per assicurare un percorso di diagnosi e cura attento e completo”. Chi parla è Pasquale Intini, direttore di Politerapica - Terapie della Salute, struttura sanitaria che opera dal 2008 a Seriate. “La nostra attività è incentrata su tre pilastri: il primo è la responsabilità sociale di impresa, cioè non poniamo attenzione al solo profitto ma svolgiamo un ruolo nel tessuto socio-economico in cui operiamo, attraverso il 70 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2021
secondo pilastro che è la sinergia con strutture, enti e professionisti socio-sanitari presenti sul territorio. Il terzo pilastro è la risposta alle esigenze di salute dei cittadini e del territorio: la struttura deve avere la capacità di organizzarsi rapidamente per far fronte in modo efficace alle esigenze dei cittadini. Le nuove attività nate durante la pandemia ne sono una prova tangibile” sottolinea il direttore. In quali aree operate? Eroghiamo visite e attività medico-specialistiche in più di 30 discipline con professionisti di alto livello, senza lista di attesa e a costi accessibili. Abbiamo definito questa area “Medicina Vicina” perché accorcia le distanze tra specialista e paziente, tra malattia e salute, tra territorio e cittadino. Una medicina
che parla la stessa lingua del paziente, in cui il rapporto curante-curato sia prima di tutto un rapporto tra persone. Abbiamo poi, per adulti e bambini, un’area di riabilitazione dell’apparato locomotore (fisioterapia, massaggio terapeutico, terapie fisiche, trattamento delle scoliosi in età evolutiva) e un’area di riabilitazione del pavimento pelvico (trattamenti dell’incontinenza e della ritenzione, dei disturbi pelvici, della dispaurenia e del dolore pelvico). Per le mamme e i genitori c’è un’area dedicata a gravidanza, neonatalità, allattamento e puerperio con incontri e percorsi ad hoc. Siamo dotati anche di un ambulatorio di piccola chirurgia dove offriamo prestazioni di chirurgia generale, vascolare, proctologica, tiroidea e urologica e uno di primo livello di oncologia dermatologica
- melanoma per la diagnosi precoce, il trattamento e il follow-up. In struttura ci sono poi un ambulatorio vaccinale (consulenza vaccinale e somministrazione vaccini) e un ambulatorio di Medicina dello Sport che prevede la consulenza specialistica e la certificazione idoneità attività sportiva non agonistica con ECG.
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Durante la pandemia avete varato nuove attività… Esattamente, sono nati l’ambulatorio test Covid-1,9 in collaborazione con Synlab, per offrire diversi esami (tamponi ed esami sierologici) e l’ambulatorio di recupero e riabilitazione dopo Covid-19. È ormai chiaro che la malattia in forma grave non si esaurisce con la dimissione dall’ospedale o un test negativo. I pazienti che sono stati affetti da Covid-19 hanno bisogno di assistenza per favorire un più rapido ed efficace recupero, in primis attraverso un supporto psicologico esteso anche ai familiari che hanno vissuto lutti o sono stati coinvolti nella sofferenza del malato. Il team multidisciplinare di questo ambulatorio comprende diverse figure professionali: anestesista rianimatore, fisiatra con esperienze di riabilitazione cardio-polmonare, fisioterapisti, dietologo e psicologo.
Via Nazionale 93 Seriate (BG) Tel. 035 298468 info@politerapica.it www.politerapica.it
L’ Ambulatorio di Chirurgia Pediatrica: fiore all’occhiello Sono diversi i problemi che dalla nascita all’adolescenza possono colpire il neonato prima, il bambino poi e infine il ragazzo. Possono essere patologie congenite o acquisite, presenti già alla nascita o evidenziate nei primi anni di vita. Spesso si tratta di patologie relativamente comuni ma da non sottovalutare perché, se non trattate, possono avere conseguenze anche gravi nel presente e poi nell’età adulta. Tra queste: > reflusso gastro esofageo nel lattante e nel bambino più grande; > ernia inguinale o della parete addominale; > idrocele; > fimosi ed aderenze balano-prepuziali; > testicolo ritenuto; > varicocele; > neoformazioni cutanee o sottocutanee; > molluschi contagiosi; > onicocriptosi. A questi disturbi si aggiungono quelli del pavimento pelvico: incontinenza, enuresi, stipsi per citarne alcuni. Questi problemi devono essere opportunamente affrontati anche per prevenire la perdita di autostima del bambino, con ripercussioni fino all’età adulta. Sono problemi che devono essere curati in équipe, anche in questo caso con un corretto approccio multidisciplinare. Le principali figure coinvolte sono il chirurgo pediatrico, lo psicologo, il fisioterapista riabilitatore pelvico e l’ostetrica riabilitatrice pelvica ai quali si possono affiancare pediatra, fisiatra, dietologo, endocrinologo, dermatologo e tutti gli altri specialisti di Politerapica. L’ambulatorio si pone come struttura di primo livello per le patologie trattate, prendendo in carico il paziente pediatrico in sinergia con le strutture di livello superiore presenti sul territorio. In particolare, l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Pediatrica dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dotata di un’équipe di eccellenza.
GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE
Infermiere di famiglia e comunità Una figura sempre più chiave nel passaggio da medicina d’attesa a medicina d’iniziativa
IL PERCORSO DI STUDI E FORMAZIONE La formazione dell’IFeC è individuata a livello accademico in percorsi post lauree come la laurea magistrale, dottorato e master di primo e secondo livello. L’ associazione infermieri di famiglia e comunità (AIFeC) ha prodotto nell’ aprile del 2019 un position paper di concerto con le Univesità di Torino e del Piemonte Orientale.
∞ A CURA DI SONIA GIBELLINI
Nei prossimi dieci anni otto milioni di persone avranno almeno una malattia cronica grave. Nel 2030, potrebbero
SONIA GIBELLINI Infermiera di famiglia e comunità
Consigliere OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo
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arrivare a quattro milioni e mezzo gli ultra 65enni che vivranno soli, e di questi, 1,2 milioni avrà più di 85 anni. Il potenziamento dell’assistenza domiciliare e della residenzialità fondata sulla rete territoriale di presidi sociosanitari e socioassistenziali, oggi ancora privilegio per pochi con forti disomogeneità a livello regionale, non è più procrastinabile anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani all’interno dei nuclei familiari. Se oggi ci sono 35 anziani ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio: 63. La Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNO-
PI) ha calcolato che per far fronte nell’immediato al bisogno di salute sul territorio delle persone con patologie croniche e non autosufficienza, oltre ai medici di medicina generale per quel che attiene alla diagnosi e alla terapia, servono per almeno 31mila infermieri (uno ogni 500 persone con queste caratteristiche, che in Italia sono oltre 16 milioni). L’infermiere di famiglia e comunità (IFeC) è il responsabile della gestione dei processi infermieristici in ambito comunitario: attraverso la prossimità, la proattività e l’approccio multiprofessionale promuove un’assistenza di natura preventiva, curativa, riabilitativa e
palliativa differenziata per bisogno e fasce d’età, con interventi orientati a garantire risposte eque ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale di riferimento. Sostiene e coordina il percorso dell’assistito attraverso l’informazione, l’educazione e la promozione del self care, la presa in carico pro attiva, sviluppando un percorso assistenziale definito con gli altri professionisti, al fine di promuovere, attraverso il lavoro di rete, l’integrazione tra la persona assistita, la sua famiglia e i diversi interlocutori e servizi presenti nel sistema salute territoriale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’IFeC è il professionista competente nella promozione della salute e della prevenzione, compresa la presa in carico dal punto di vista infermieristico, delle persone nel loro ambiente familiare e di vita, nella gestione partecipativa dei processi di salute individuali e della comunità. L’obiettivo è mantenere, e migliorare nel tempo, l’equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute. Oggetto dell’assistenza dell’IFeC è quindi l’intera comunità, di cui fanno parte la rete dei servizi sanitari e sociosanitari, le scuole, le associazioni e i vari punti di aggregazione, che vede la famiglia come unità di base. Le competenze necessarie a questo professionista sono di tipo relazionale, gestionale, clinico ed educativo. L’ infermieristica di famiglia e di comunità facilita il passaggio dal paradigma della medicina d’attesa a quello della medicina di iniziativa e l’evoluzione dal focus sulla malattia all’orientamento alla persona e al contesto di vita. L’IFeC può fare la differenza
nella personalizzazione delle cure, nel rafforzamento della capacità di cura della famiglia, delle reti della comunità e dell’integrazione del team territoriale, nel potenziamento della continuità delle cure e nella diffusione del caring professionale. Ne consegue il mantenimento della capacità dell’utente di gestire in autonomia il proprio problema salute, con un aumento della qualità di vita soprattutto nei gruppi fragili e cronici e diminuzione di ripetuti ricoveri in strutture e accessi incongrui al pronto soccorso. A tutte le professioni sociosanitarie è richiesto un cambiamento delle modalità di lavoro che consiste nell’aprirsi una costante comuni-
“Secondo me la missione delle cure infermieristiche in definitiva è quella di curare il malato a casa sua (...) intravedo la sparizione di tutti gli ospedali e di tutti gli ospizi. (...) ma che cosa serve parlare ora dell’anno 2.000?” ∞∞ FLORENCE NIGHTINGALE
Infermiera inglese conosciuta come “la signora con la lanterna”, considerata la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna.
cazione e condivisione delle informazioni cliniche, nelle capacità di scambiare dati in tempo reale, nella disponibilità alla gestione di responsabilità condivise in un modello di continuità delle cure. Dopo il Patto per la salute 20192021 in cui si parla di assistenza infermieristica di famiglia e comunità valorizzata, Regione Lombardia con i DGR XI/2672, XI/3377 e XI/3525 nel potenziare le cure primarie e territoriali attiva e definisce i criteri per l’assunzione di infermieri di famiglia. Attualmente nella provincia di Bergamo gli IFeC sono dipendenti delle ASST, Papa Giovanni XXIII, Bergamo Est e Bergamo Ovest e il loro numero è quantificato in base al numero dei cittadini del territorio dell’ASST di competenza. Molti di loro hanno partecipato ad un corso regionale di formazione, con i colleghi delle altre province lombarde e ora stanno svolgendo attività di supporto territoriale per l’emergenza Covid. Per esempio l’effettuazione dei tamponi Covid domiciliari per le persone che non hanno possibilità di muoversi da casa, preceduta da un colloquio telefonico; durante la visita domiciliare viene svolto anche un monitoraggio della situazione del cittadino, che può essere ricontattato o rivisto a distanza di ore o giorni. È una grandissima svolta per la professione infermieristica e per la cittadinanza: l’IFeC è l’ anello di congiunzione tra l’ utente e tutte le offerte territoriali, il sostegno a cui la persona può fare riferimento perché sa di poter ottenere una risposta alla sua richiesta. È un percorso da costruire: conoscenze, competenze, creatività, resilienza e consapevolezza di fare la differenza nella vita e nella salute delle persone.
REALTÀ SALUTE
A.Ri.Bi. 40 anni in sella, pedalata dopo pedalata
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40 anni e non sentirli. ARiBi., associazione nata per promuovere il rilancio della bicicletta in Italia, quest’anno taglia un traguardo importante con tante iniziative già portate avanti e realizzate con entusiasmo e altrettante all’orizzonte. Sempre in sella, una pedalata dopo l’altra. «L’A.Ri.Bi. è nata nel 1981 per “studiare” soluzioni atte a sollecitare e favorire l’uso della bicicletta e deve la sua nascita a benemeriti personaggi bergamaschi tra cui l’Avvocato Angelo Mainetti, il grande campione Felice Gimondi e ad altri numerosi professionisti noti» spiega Claudia Ratti, presidente dell’associazione. «Era un periodo in cui la crisi petrolifera imponeva la ricerca di mezzi di locomozione più “sostenibili” rispetto all’ambiente. Ecco perché occorreva rilanciare la bicicletta! Da allora molto è stato fatto, sia nelle abitudini dei singoli, che in molti casi si sono resi conto della necessità di cambiare stile di vita, sia nelle scelte politiche e amministrative. Certamente siamo ancora lontani da un risultato soddisfacente: le strade sono piene di auto che si paralizzano da sole, il trasporto pubblico non è sufficientemente sviluppato né su ferro né su gomma; le abitudini dei singoli sono dure a cambiare anche perché
le alternative nella mobilità sono poco praticabili, poco sostenute. Andare in bici nelle nostre città è ancora difficile, a volte pericoloso, scelta di un numero ancora limitato di testardi e appassionati pedalatori nonostante l’avvento del bike sharing e di incentivi statali per agevolarne la scelta». Oggi A.Ri.Bi. che fa parte della grande famiglia
del CSI (Centro Sportivo Italiano), festeggia i suoi primi 40 anni, un punto di arrivo ma ancora di più di ri-partenza. Un compleanno celebrato il 27 marzo con un evento social a cui hanno partecipato numerose presenze e autorevoli ospiti che hanno contribuito in modo fattivo a far crescere l’associazione e con tanti nuovi progetti. Innanzitutto un nuovo logo inclusivo, che al suo interno ripropone la bandiera
della pace per ribadire che l’Associazione non ammette nessun tipo di discriminazione. Ma anche un nuovo sito più smart per attrarre le giovani generazioni, reso visibile anche sul sito in-lombardia.it per amplificare la visibilità delle iniziative dell’associazione, e ancora una mostra itinerante con otto pannelli tematici che ripercorrono le principali tappe e obiettivi che A.Ri.Bi. ha perseguito in questi anni. «Il contenuto di questi pannelli è stato tradotto in inglese come le precedenti pubblicazioni che avevano al centro le mappe del territorio al fine di renderle anche strumenti di promozione territoriale e turistica» sottolinea la Ratti. E non è tutto. «Abbiamo anche istituito il premio “La Piccola Copenaghen” conferito per la prima edizione alla città di Treviglio, anche sede della nostra Associazione, che ha recentemente messo a punto il prestigioso progetto “Bicipolitana Treviglio” in sinergia con A.Ri.Bi., Team Gerobile, Pianura da Scoprire e Legambiente Circolo Terre del Gerundo» conclude la Presidente Claudia Ratti.
ARiBi. Associazione per il Rilancio della Bicicletta Via Monte Gleno 2 L Bergamo aribiufficio@gmail.com www.aribi.it
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REALTÀ SALUTE
Scanner intraorale Meno fastidi e cure sempre più personalizzate grazie alla tecnologia «La diffusione delle tecnologie digitali negli studi dentistici sta modificando il modo di approcciarsi ai pazienti e pianificare i trattamenti. Per questo nel nostro studio abbiamo deciso di dotarci di uno scanner intraorale. Questo strumento, accolto con sorpresa dai nostri pazienti, è stato subito apprezzato per i vantaggi che offre. L’introduzione dello scanner intraorale nel nostro studio segna un passaggio fondamentale tra le metodiche più manuali finora utilizza-
te e un sistema innovativo sempre più tecnologico. Questo segna simbolicamente un passaggio di consegne tra due generazioni, tra mio padre e me». Chi parla è il dottor Federico Previtali, odontoiatra dello Studio Dentistico Previtali. Lo abbiamo incontrato per conoscere meglio questa tecnologia. Dottor Previtali, che cos’è lo scanner intraorale? È un sistema di misurazione tridimensionale che cattura immagini
reali delle strutture anatomiche del cavo orale e le analizza nel mondo digitale. Permette di rilevare impronte dentali digitali senza l’uso di materiali in pasta. Un terminale proietta un fascio di luce sugli elementi dentari e cattura una serie di immagini, che vengono acquisite da un software che ricostruisce in tempo reale un modello 3D virtuale. Il modello viene inviato al laboratorio che, con un software di progettazione, invia le informazioni ad appositi macchinari che realizzano i manufatti in zirconia, ceramica, resina o metalli. È possibile anche realizzare una stampa 3D dei modelli (modelli stereolitografici). Quali sono i campi di applicazione? Si può usare in quasi tutti i casi che richiedono un’impronta: case study protesici o ortodontici, realizzazione di corone o ponti su denti o su impianti, riabilitazione di arcate con denti naturali o impianti, realizzazione di apparecchi ortodontici e bite. È possibile utilizzarlo anche per riabilitazioni con protesi removibili.
Studio dentistico Previtali
Via Broseta 112 B 24128 Bergamo Tel. 0352650712-3486520243 info@studiodentisticoprevitali.it www.studiodentisticoprevitali.it
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Che vantaggi offre l’uso di questo strumento? Molto apprezzato è il comfort rispetto alle impronte tradizionali, evitando l’uso dei materiali in pasta che possono essere fastidiosi. Il numero di sedute è ridotto, soprattutto in riabilitazioni complesse, e i tempi di realizzazione del manufatto sono più rapidi grazie all’invio immediato delle immagini. I materiali in pasta sono soggetti a deformazione, mentre lo scanner acquisisce informazioni molto precise e dettagliate su forma, dimensione e posizione delle arcate, dei denti e dei tessuti molli, e sui contatti occlusali statici e dinamici tra denti superiori e inferiori, con una maggiore qualità dell’impronta. Si valuta immediatamente la qualità dell’impronta, visualizzando le immagini; in casi di preparazioni per corone protesiche, il software rileva eventuali imperfezioni che possono essere corrette e nuovamente acquisite con lo scanner. Il tempo di acquisizione di un’arcata è di circa un minuto; è possibile anche eseguire impronte parziali scansionando solo la zona interessata. Il paziente viene maggiormente coinvolto nelle fasi del lavoro, potendo visualizzare direttamente le immagini della propria bocca. Le immagini vengono conservate nel software e possono essere visualizzate in qualunque momento. Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 77
REALTÀ SALUTE
Un viaggio per guardare in modo nuovo la fragilità e l’Alzheimer
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Si chiama Empathy Care ed è un innovativo percorso formativo aperto a tutti per comprendere la fragilità e l’Alzheimer. Nato dalla collaborazione tra Paola Brignoli, direttore di InsiemeAte Onlus che da vent’anni offre servizio di assistenza domiciliare, e Erika Ongaro, formatore certificato Validation®, unisce due metodologie diverse, il Virtual Dementia Tour® e Validation® , massimizzando il raggiungimento degli obiettivi comuni: empatia e accoglienza globale della persona fragile. Tutto è partito da una domanda: “si può creare ancora un ponte con l’anziano fragile che vada oltre il linguaggio e la semplice e sola comunicazione verbale? È possibile cambiare la nostra prospettiva e la nostra visione della persona disorientata? Possono le metodologie Virtual Dementia Tour® e Validation® aiutarci come Caregiver a costruire una relazione significativa con i grandi anziani male orientati e disorientati?”. «La risposta è certamente sì, la formazione è chia-
mata a una nuova sfida: condurre i caregiver per mano a varcare la soglia di un mondo che è sempre stato avvolto da un velo. Solo sperimentando, solo con una cassetta degli attrezzi nuova si potrà rispondere con efficacia ai nuovi bisogni dell’anziano fragile» dice Paola Brignoli. «Siamo chiamati a una riflessione ulteriore: siamo non solo “cogito ergo sum” ma anche e soprattutto sentimenti ed emozioni. Per connettermi alle emozioni che sono nella persona fragile devo riconoscere le stesse emozioni in me, azione che richiede uno sforzo emotivo non indifferente» aggiunge Erika Ongaro. «Siamo ripartite da qui: dalla possibilità di creare nuove relazioni, con la volontà di “abitare” il rapporto che viene a crearsi. Qualsiasi atteggiamento mettiamo in atto con la persona male orientata o disorientata le stiamo comunicando qualcosa». Perché allora non attivare un percorso orientato su entrambi i metodi? Il Virtual Dementia Tour® è un programma di formazione
EMPATHY CARE
esperienziale di simulazione, utilizzato sia da professionisti sia dalle persone della comunità, creato per intensificare il legame e l’empatia nei confronti delle persone che vivono la demenza e sviluppare strategie utili nel processo di cura e assistenza. «Il VDT® permette ai Caregiver di “entrare a pieno” nei panni della persona con demenza, favorisce da subito la creazione di un processo trasformativo basato sul “provare”, “percepire”, “sentire” cìò che la persona fragile vive nel quotidiano» spiega Brignoli. Il metodo Validation®, invece, è basato sulla creazione di una relazione volta ad accogliere ciò che l’anziano con demenza sperimenta. «Attraverso l’empatia e l’utilizzo di tecniche verbali e non verbali si accoglie l’emozione che l’anziano ha bisogno di esprimere anche e soprattutto se questa emozione è considerata “negativa” come paura, rabbia, tristezza. Per Validation® non esistono emozioni “buone” o “cattive”, ciò che sente la persona con demenza va accolto» osserva Ongaro. Dalla sinergia tra i due metodi si è giunti all’Empathy Care, un nuovo metodo che può portare il caregiver a trasformare la sua visione della relazione con la malattia.
un percorso unico ed innovativo
Virtual Dementia Tour® e Metodo Validation® La formazione di base con i due metodi integrati rappresenta un'importante passo verso un cambiamento di approccio nella cura delle persone affette da demenza o Alzheimer. Il percorso inizierà con l'esperienza del VDT®, seguirà la formazione Validation® online e si concluderà con il debriefing congiunto.
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REALTÀ SALUTE
Centro Medico M.R. Al via il nuovo ambulatorio dedicato alle patologie del piede
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Nuova preziosa collaborazione al Centro Medico M.R di Bergamo: da febbraio è operativo il nuovo ambulatorio dedicato alle patologie del piede guidato dal dottor Nicola Del Bianco, medico chirurgo specialista in ortopedia, traumatologia e chirurgia del piede, co-fondatore del metodo Pbs (Percutaneous Bianchi System), tecnica chirurgica percutanea inserita all’interno della ricerca di un continuo percorso d’innovazione per la cura delle varie patologie del piede. Le visite specializzate del dottor Del Bianco sono il punto di partenza per la diagnosi delle patologie del piede (alluce valgo, dita a martello, metatarsalgia, spina calcaneare) che possono essere curate con la nuova chirurgia percutanea, con particolare attenzione dedicata all’alluce valgo, patologia che colpisce soprattutto le donne e si caratterizza per la deviazione dell’al-
luce verso le altre dita. Molti e diversi sono i fattori che possono favorire l’insorgenza dell’alluce valgo che spesso si accompagna al dito a martello (sovrapposizione del secondo dito del piede all’alluce). Oltre alla familiarità, altre cause possono essere il piede piatto o cavo, l’obesità, la gravidanza o la menopausa. Fondamentale, quindi, è innanzitutto uno stile di vita salutare e l’utilizzo di scarpe comode e idonee per il proprio tipo di piede. In ultima istanza, e se la problematica è in stato avanzato, si ricorre all’intervento chirurgico. «Oggi è sempre più possibile avvalersi di tecniche meno invasive, come la Pbs, tecnica eseguita in anestesia locale, rapida e che non fa uso di mezzi di sintesi (viti, placche o fili), stabilizzando le fratture in modo naturale grazie al bendaggio post-operatorio e altri accorgimenti che consentono ai pazienti
di camminare subito, recuperando precocemente le funzionalità del piede» conferma il dottor Del Bianco. «La chirurgia percutanea è una tecnica che si sta diffondendo in tutto il mondo, destinata per la sua scarsa invasività, per i risultati e per la rapidità di esecuzione a sostituire nei prossimi anni gran parte della tradizionale chirurgia per il trattamento dell’alluce valgo e delle altre patologie del piede». Il metodo applicato dal dottor Del Bianco permette la correzione delle patologie del piede come l’alluce valgo e di tutte le affezioni correlate (dito a martello, metatarsalgie, deformità del quinto dito) mediante l’uso di apposite frese e sottilissimi strumenti chirurgici) molto simili a quelli usati in odontoiatria, che introdotti attraverso un semplice forellino della cute consentono di effettuare direttamente sull’osso resezioni scheletriche e osteotomiche (ndr. recisioni dell’osso) di riallineamento, ripristinando così il corretto asse scheletrico dell’alluce e delle dita del piede. L’assenza di incisioni chirurgiche e di dolore post operatorio e l’immediata ripresa della deambulazione rendono questa tecnica (conosciuta anche come “tecnica dei buchini”) particolarmente gradita ai pazienti.
CENTRO MEDICO M.R. Dir. San. Prof. M. Valverde Via Roma 28 - Gorle (BG) Tel. 035 290636 - 4236140
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Marzo/Aprile 2021 | Bergamo Salute | 81
Bergamo Salute anno 11 | n° 59 Marzo | Aprile 2021 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Rosa Lancia rosa.lancia@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Unsplash, Pentaphoto/Archivio Fisi Adriano Merigo Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via Dalmine, 10/A - 24035 Curno (BG Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco
COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Sergio Clarizia - Pediatra Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
COMITATO ETICO • •
Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Gianluca Solitro Presidente OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo
Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.
Tiratura 30.000 copie/bimestre. Canali di distribuzione: • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".
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Non abbiamo mai smesso
di vederci.
Laura Cipolla, Silvia Saronni Animatrici
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