OLTRE L’INDUSTRIA DELLA NEVE
Un documento per difendere la montagna Il Club alpino italiano, con il documento “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci – analisi del contesto, prospettive e proposte”, rimette il territorio al centro del dibattito e fa proposte concrete per il futuro di Raffaele Marini* importanza del documento “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci – analisi del contesto, prospettive e proposte” di recente approvato all’unanimità dal Consiglio Centrale del Cai, ed elaborato dalla Commissione centrale Tutela ambiente montano (CCTAM), riguarda in forma analitica lo stato attuale del turismo montano ma, come prospettiva, coinvolge il futuro dei flussi turistici e dei supporti con i quali è opportuno sostenere e immaginare le Terre alte. L’analisi parte dalla condivisione delle posizioni che i Club alpini del nord delle Alpi hanno già da tempo assunto sul tema e dalla considerazione che al Cai spetta l’onere e l’onore di rappresentare l’intero versante sud delle Alpi e l’Appennino in un’ottica di coesione territoriale e sociale. L’acquisizione della recente pubblicazione 2020 International Report on Snow & Mountain Tourism, finanziato dalle principali aziende estere del settore e redatto dall’esperto del settore Laurent Vanat, ha permesso di disporre di un’aggiornata analisi della situazione a livello globale sia di aspetti socio economici, sia di prospettiva di mercato e di flussi turistici.
L’
turazioni (bacini, reti di distribuzione), oltre a notevoli costi fissi che aggravano i bilanci delle varie gestioni. Si consolida la tendenza a trasferire la pratica dello sci ad altitudini maggiori. Inoltre, al fine di raggiungere economie di scala e di fidelizzare la clientela, vengono presentati progetti di interconnessione funiviaria tra queste aree. Tali progetti di espansione insistono spesso su aree di particolare pregio, tutelate dal sistema Rete Natura 2000, parchi nazionali o regionali. Indubbiamente la diffusione della pratica dello sci da discesa ha favorito in passato e favorisce tuttora le attività economiche delle aree montane interessate. Tuttavia, le concause accennate richiedono sempre maggiori sostegni pubblici, evidenziando come il modello economico basato sulla monocultura dello sci da discesa stia andando rapidamente in sofferenza. Da qui la necessità di una visione di lungo periodo che fondi i propri obbiettivi non sul mero mantenimento o una rielaborazione dell’esistente, bensì verso una diversificazione ragionevole e intelligente che tenga conto sia dei cambiamenti climatici, sia dell’evoluzione dei mercati nei prossimi decenni.
UN MODELLO IN SOFFERENZA Emerge in maniera inequivoca come ci si trovi di fronte a un mercato che si sta avviando rapidamente alla maturità, caratterizzato da forte concorrenza internazionale, da stagnazione delle presenze e difficoltà di acquisire nuovi mercati. Inoltre, l’incidenza dei cambiamenti climatici accomuna tutte le stazioni sciistiche. È ormai assodato come le precipitazioni nevose, in quantità e tempi necessari per rendere agibili le piste da discesa, si diradino e si portino a quote più elevate. Ne consegue il sempre più diffuso ricorso alla pratica dell’innevamento artificiale, con inevitabile aumento di consumi idrici e infrastrut-
PROGETTI E SERVIZI I dati raccolti permettono di essere ottimisti sullo sviluppo del turismo “dolce” e di altre attività sostenibili legate alla montagna, sull’evoluzione dell’economia legata alle aree protette e all’ambiente naturale in generale; tali attività hanno manifestato una notevole resilienza in questi tempi di crisi. Non è sufficiente censire qualche centinaia di impianti sciistici dismessi, sparsi tra Alpi ed Appennino, e il grande numero di residenze secondarie, diffuse ma ormai economicamente poco efficienti, senza avviare una revisione delle politiche territoriali, collegandole ai principi dell’Agenda 2030 e quindi dello sviluppo sostenibile e ancor
14 / Montagne360 / febbraio 2021