OLTRE L’INDUSTRIA DELLA NEVE
Economia fragile Turismo e gestione dei territori montani: alcune riflessioni di carattere economico di Giampiero Lupatelli*
I
l Club alpino italiano, con il rapporto su “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci”, prende posizione su proposte di ampliamento di stazioni sciistiche alpine e appenniniche che tornano ad affacciarsi sulla scena. Un testo documentato, ricco di riferimenti bibliografici e statistici, aggiornato allo stato del dibattito internazionale. Il documento non fa mistero delle sue importanti riserve nei confronti dei progetti di ampliamento e del loro invadere aree intatte dal punto di vista ambientale. Nelle perplessità espresse, tuttavia, ancor più dei rilievi legati al cambiamento climatico, colpisce la frequenza ricorrente del giudizio sulla fragilità economica dei progetti, esito della “maturità” della industria dello sci. Vorrei dunque, per la parte chi mi compete, attenermi strettamente a questo punto di vista per sviluppare, da economista territoriale, qualche argomentazione. Nell’estrema brevità di questo spazio affronterò tre questioni che ne richiederebbero maggiore per essere argomentate e chi mi limiterò quindi ad accennare. La prima riguarda la sopravvalutazione dell’importanza del turismo nell’economia italiana. La seconda riguarda la condizione del patrimonio immobiliare e della sua devalorizzazione dopo la grande recessione del 2008-2011. La terza, infine, riguarda l’intimo e necessario legame con la sostenibilità di ogni attendibile prospettiva di sviluppo del territorio montano. L’IMPATTO DEL TURISMO SULL’ECONOMIA Il Conto satellite del Turismo, secondo una metodologia internazionalmente accettata, attribuisce al turismo la formazione del 6% circa del Valore Aggiunto all’interno del territorio italiano, poco più di un ventesimo del totale. Una quota importante ma assai lontana da quelle radicate nell’immagine corrente che, considerando gli effetti indotti attribuiscono al turismo un’incidenza del 15% sul Pil. Si consideri però che la somma degli effetti indotti ai tutti i settori dell’economia vale almeno tre volte il Pil. Il che riporta l’incidenza economica del turismo più o meno ai livelli di partenza. Si sopravvaluta l’impatto del turismo sull’eco-
nomia, e se ne sottovalutano i problemi irrisolti di competitività, i modesti livelli di produttività, l’ampia presenza di fasce di lavoro irregolare e di evasione fiscale. SERVIZI E VALORI FIGURATIVI La seconda considerazione riguarda il peso che nell’economia turistica (e ancora di più nell’economia del turismo invernale) assumono i servizi prodotti dalle seconde case. I servizi turistici delle abitazioni di proprietà valgono quasi i 2/3 dei servizi di alloggio che a loro volta sono la metà del Valore Aggiunto turistico. Si tratta di un valore meramente figurativo: le transazioni monetarie che lo hanno generato risalgono al tempo della loro costruzione e, solo in misura ridotta, ai più modesti flussi di manutenzione, frequentemente deficitari. I flussi figurativi non registrano invece la flessione che da oltre un decennio investe il valore del nostro patrimonio immobiliare. Tanto che gli stessi costi di recupero risultano spesso superiori al valore commerciale dei beni. Non a caso la manovra del superecobonus cerca di colmare questo gap accollandone alla collettività (a fronte di benefici di natura ambientale) il differenziale. I VALORI DELLA SOSTENIBILITÀ Ci misuriamo oggi con enormi incertezze sull’evoluzione di una domanda turistica mondiale falcidiata dalla pandemia e destinata a risentirne ancora gli effetti per tempi non brevi. Principio di precauzione vorrebbe che, in questo scenario, decisioni irreversibili sulla utilizzazione di risorse non riproducibili fossero quantomeno sospese. Se esiste una componente dei consumi globali che non registra oggi flessioni, è quella che raccoglie l’adesione dei consumatori ai valori di sostenibilità e ai beni e servizi che la rappresentano. Con l’effetto paradossale che una riorganizzazione dell’offerta sciistica che comportasse seri pregiudizi in chiave di sostenibilità potrebbe distogliere correnti di fruizione e di reddito dai luoghi che si vorrebbero invece valorizzare. Ÿ * Economista, Vicepresidente di CAIRE Consorzio febbraio 2021 / Montagne360 / 19