SCIENZA
Nella pancia del ghiacciaio Speleo-glaciologia in Adamello, ovvero discesa nei più grandi ghiacciai del Trentino per verificarne lo stato di salute e per capire quale futuro li attende di Andrea Lona*, Carlo Mattedi*, Aleksandar Pavlović*, Christian Casarotto**
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e è passata di acqua all’interno dei ghiacciai da quando, alla fine del 1800, per la prima volta veniva compiuta una discesa in un mulino glaciale (Vallot, 1898), pozzo verticale che porta l’acqua all’interno dei ghiacciai. Da allora, fra i protagonisti delle attività di esplorazione e ricerca “nella pancia” dei ghiacciai italiani vi sono il compianto Giovanni Badino, Leonardo Piccini, l’Associazione La Venta e i gruppi speleologici di Milano, Varallo, Genova, Novara, Biella e Saronno per citarne solo alcuni. Le loro indagini hanno portato a descrivere cavità glaciali con importanti analisi e considerazioni in merito alla loro formazione ed evoluzione, studi diventati punto di partenza per le attività che Muse (Museo delle Scienze di Trento) e Gruppo Speleologico Lavis (Trento) stanno svolgendo. Il riscaldamento
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climatico, che sta modificando l’ambiente glaciale, ci ha portato a domandarci quali cambiamenti stiano avvenendo nelle profondità dei più grandi ghiacciai del Trentino e quale futuro sia in serbo per loro. Per trovare le risposte dovevamo entrare nella pancia dei ghiacciai. E così, nell’ottobre del 2019 abbiamo deciso di iniziare l’esplorazione dei ghiacciai di Lares, Lobbia e Adamello, tre grandi ghiacciai posti uno accanto all’altro e coronati dalle alte cime dell’Adamello (3539 m), Corno di Cavento (3402 m) e Carè Alto (3465 m) nel granitico gruppo adamellino. Di questi ghiacciai, l’Adamello è il più grande d’Italia. Sin da subito, siamo stati catturati da un grande calderone presente alla fronte del Ghiacciaio di Lares, secondo ghiacciaio del Trentino per estensione (4 km2). Il calderone si forma per il crollo