Montagne360 | Novembre 2020

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FOTOGRAMMI D’ALTA QUOTA a cura di Antonio Massena

Chiedilo a Keinwunder * Regia: Carlo Cenini e Enrico Tavernini (Italia 2014) 46 minuti Ha vinto: il Premio del pubblico come miglior film in concorso al 62° Trento film Festival (2014), il Primo Premio al Sestriere Film Festival 2014, il Primo Premio al Terre Alte film festival Milano 2014, il Premo come Miglior film di Alpinismo e Arrampicata al Rio Mountain Festival (2014) di Rio de Janeiro, Brasile l film racconta la vita incredibile e misteriosa di Hermann Keinwunder, un grande alpinista caduto nell’oblío. Attraverso una ricostruzione storica in stile documentaristico, con interviste ad alpinisti di fama, specialisti e anche grazie alla scoperta di nuovi materiali d’archivio inediti, vengono alla luce le stupefacenti imprese dello scalatore trentino, certamente uno dei misconosciuti padri dell’alpinismo moderno. Un viaggio nella figura enigmatica di un uomo che offre allo spettatore uno sguardo decisamente nuovo e affascinante sulla storia alpinistica moderna. Attraverso la casuale scoperta, da parte del presunto figlio, di attrezzature alpinistiche, fotografie, immagini video, comincia il racconto della vita di questo strano, insolito e misterioso alpinista. Il film ruota anche intorno a interviste con personalità come Manolo, Fausto De Stefani ed Enrico Camanni che raccontano di questo personaggio sui generis in maniera molto convincente, seriamente, senza mai far trasparire un’ombra di dubbio o perplessità. Film molto “teatrale” nell’impostazione e nelle modalità narrative grazie anche alle realistiche capacità interpretative dell’attore-figlio di Keinwunder. Alpinista sui generis in quanto capace di ascensioni su vie difficili e complesse ma con la particolare filosofia del “non voler mai arrivare in vetta”, egli quindi rappresenta un paradosso, ovvero un alpinista-non-alpinista. Testimonianze dirette poche, nessuna voglia di pubblicità e la trasmissione delle sue imprese attraverso il passa parola. Negli anni ’40 e ’50 arrivare in vetta era l’essenza dell’alpinismo. Anche

I

gli altri personaggi intervistati (scienziati, scrittori, medici, autori teatrali, registi cinematografici, architetti) raccontano di questo personaggio in maniera credibile. E le interviste son tutte giocate sul filo della serietà ma anche di una sottile ironia. La costruzione del film si avvale di un linguaggio innovativo che supera i confini del tradizionale documentario: le interviste, l’utilizzo delle immagini girate in super 8, alcune reali e alcune sapientemente ricostruite, il fil rouge della narrazione attoriale, ti portano a immaginare Hermann Keinwunder come un grande alpinista ante litteram, precursore dei movimenti più anarcoidi dell’arrampicata. Il racconto dello scherzo al quale viene sottoposto (verrà portato sulla vetta del Campanil Basso in Brenta da “amici” ubriaco e drogato) e la sua reazione furiosa che lo porterà a immaginare il progetto “ultra vetta” è ai limiti del surreale e del fantastico: l’idea era di alzare la vetta per poter affermare che non ci era mai arrivato. Così come il racconto assurdo e i relativi “filmati d’epoca” del suo incontro con lo yeti. Il film è ottimamente montato, calibrato, immagini si alternano alle interviste mai fuori luogo, suono e musiche di spessore come quelle utilizzate nella parte finale (Erik Satie – Gymnopedies) quando il figlio ha quasi raggiunto Keinwunder… ma a pochi passi da lui una forza misteriosa lo riporta indietro. Perché? Chiedetelo a Keinwunder! Ÿ * La prenotazione dei titoli è riservata alle Sezioni Cai. Per informazioni sul prestito del film: www.cai/itcineteca - cineteca@cai.it

Nella foto, un fotogramma del film: l'immaginario incontro con lo yeti (foto Archivio Film Festival Trento) 84 / Montagne360 / novembre 2020


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