2 minute read

Capitolo

Il giovane chirurgo e l’etica 13

do (che cosa rappresentano per me la persona umana e la sua dignità? Che senso ha la mia professione?); la visione del mondo della persona che si avvicina al medico (perché ne richiede l’intervento per il recupero della salute? Quali opzioni gli sono concesse di avere rispetto alle tante possibilità, compresa quella, di disporre l’astensione, ora per allora, da una cura o da una terapia?); le opportunità e le possibilità scientifiche e tecnologiche dell’arte-scienza che è la medicina chirurgica (quale il protocollo più accreditato? Meglio seguire una medicina basata sull’evidenza, oppure una medicina narrativa? Che cosa vuol dire proporre e non imporre, ai fini del consenso informato, la terapia più accreditata e più vantaggiosa per il bene del paziente?). È proprio la varietà del menu delle possibili scelte che esige stile di vita personale e visioni etiche certe, ma fino a che punto le scegliamo noi stessi e fino a che punto vengono selezionate per noi con il rischio di diventare noi semplici esecutori? Quali obiezioni io medico posso riservare alla mia coscienza morale rispetto alle prassi consolidate e normate? Oggi i medici sono tutti convinti che bisogna aprire la mente al cambiamento, alle nuove idee e ai nuovi orizzonti, non soltanto in campo medico e tecnologico, ma anche nel campo delle visioni morali, quindi anche alla diversità e all’eguaglianza nella differenza e, soprattutto, al confronto leale e pacifico, in vista di etiche condivise, com’è compito di un’etica e di una bioetica per il nostro tempo.

La difficile scelta tra etiche universali e pluralismo di decisioni morali.

Tuttavia, mentre l’etica (intesa come mondo dei valori che si impongono alla nostra coscienza) richiederebbe un consenso generalizzato su dei valori morali di fondo (che diventano, in tal modo dei veri e propri valori fondamentali e non negoziabili)3, l’attuale contesto socioculturale, invece, si va manifestando come tendenzialmente “relativista”, in campo etico.

Ciò significa non soltanto che ogni opinione morale può essere buona da seguire, ma anche irrimediabile diversità di orientamenti di fondo, per cui saremmo tutti degli stranieri morali, con il solo compito di bilanciare tra tesi contrapposte, oppure di accordarsi su un minimo etico condivisibile. Se si optasse per l’affidamento di ogni decisione etica alla soggettività, all’autonomia, all’autodeterminazione, alla libera valutazione del soggetto, il compito dell’etica si ridurrebbe soltanto ad offrire dei criteri di discussione, in vista del reperimento di possibili decisioni in casi particolari. Oggi, poi, anche in campo medico, tutto viene pericolosamente configurato come collegato all’autonomia assoluta del soggetto, che diviene “unico e assoluto decisore del bene e del male”, in quanto pretende di stabilire in proprio ciò che è bene e ciò che non lo è relegando la collettività al ruolo di esecutrice dei desiderata del soggetto-paziente, perfino nei momenti topici dell’ingresso nella vita

3 In merito, cf. F. Miano (a cura di), Bene comune e valori non negoziabili. Un contributo dell’Azione cattolica, AVE, Roma 2007.

This article is from: