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Chirurgia laparoscopica di base

Peculiarità della chirurgia laparoscopica di base 287

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Capitolo 16

Chirurgia laparoscopica di base

Alessandro Falsetto*, Lorenzo Pandolfini*, GianMatteo Paroli*, Romana Laessig*, Chiara Genzano*, Ahmad El Naarani*, Silvia Rollo* e Marco Scatizzi** *Dirigente medico – UOC Chirurgia Generale, Ospedale S.M.Annunziata, Azienda USL Toscana Centro – Firenze **Direttore UOC Chirurgia Generale, Ospedale S.M.Annunziata, Azienda USL Toscana Centro – Firenze

Nella trattazione dei principi generali della chirurgia laparoscopica non si può prescindere dal descrivere le due procedure laparoscopiche di base che dovrebbero essere nel bagaglio di ogni chirurgo. Parliamo della colecistectomia e dell’appendicectomia.

La Video-Laparo-Colecistectomia (VLC)

È di sicuro l’intervento chirurgico laparoscopico più effettuato. Costituisce ormai da molti anni il gold standard per il trattamento della patologia benigna, preminentemente litiasica, della colecisti (1-3). L’approccio laparoscopico, inoltre, è utilizzato sempre più spesso anche in urgenza (4-6).

Analizziamo, di seguito, i principi generali per l’esecuzione di questa procedura secondo la tecnica francese, che è la più diffusa e, a nostro parere, la migliore per chi si approccia a questo tipo di chirurgia.

Posizione del paziente: il paziente giace supino, arto superiore destro addotto, arto superiore sinistro abdotto per consentire gli accessi venosi e il monitoraggio dei parametri anestesiologici, arti inferiori divaricati (non sono necessari i cosciali), anti-Trendelenburg di 20-30° e tilt laterale sinistro.

Nelle moderne sale operatorie la colonna laparoscopica è montata su pensili sospesi al soffitto, anche i monitor sono fissati al soffitto e indipendenti dallo strumentario della colonna. In questo caso il o i monitor vengono posizionati all’altezza degli occhi dell’operatore, tra la spalla destra e la testa del paziente. Nel caso si utilizzi una colonna laparoscopica vera e propria, questa va posizionata quanto più possibile vicino alla spalla destra del paziente. Una posizione più craniale sarebbe d’intralcio all’attività dell’anestesista e interferirebbe con la posizione del respiratore. Una colonna troppo distante dall’addome, inoltre, potrebbe creare problemi anche alle connessioni dei cavi tra colonna e strumenti (cavo luce, telecamera, tubo dell’insufflatore).

Posizionamento dell’équipe: l’operatore è posizionato tra le gambe del paziente, il secondo chirurgo è alla sinistra del paziente, l’infermiere strumentista è generalmente alla destra del paziente. Il chirurgo operatore utilizza gli accessi T2 e T3 per eseguire le manovre di controtrazione e dissezione, con

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Fondamentali in Chirurgia

il piede sinistro attiva i pedali del bisturi elettrico (taglio e coagulazione). Il secondo chirurgo manovra l’ottica con la mano sinistra attraverso T1 ed effettua le manovre di trazione sulla colecisti o l’abbassamento del duodeno con una pinza da presa attraverso T4. L’infermiere strumentista, oltre alla gestione dello strumentario, mantiene fissi i trocar durante le manovre di introduzione ed estrazione degli strumenti e provvede alla pulizia dell’ottica quando necessario. Tutta l’équipe è orientata verso il monitor e deve avere una visuale ottimale dello schermo.

Lo strumentario è illustrato nella Foto 1 che ritrae il tavolino servitore per la chirurgia aparoscopica di base.

Foto 1 – Strumentario laparoscopico di base: 1 ferri per accesso open; 2 trocar; 3 tubo per insufflatore; 4 ottica e cavo luce; 5 cavi bisturi elettrico (mono e bipolare); 6 termos; 7 kit aspirazione fumi; 8 aspiratore/irrigatore monouso; 9 clinch; 10 forbici; 11 e 12 Johan; 13 uncino e punta “a pallina”; 14 dissettore da 10 mm

Accesso: negli interventi in cui dobbiamo realizzare l’accesso a livello ombelicale, preferiamo effettuare un accesso open. Questo ci consente di avere un accesso leggermente più ampio rispetto alla dimensione del trocar da 12 mm o del trocar di Hasson e facilita la fase di estrazione della colecisti. Comunque, deve essere di dominio del chirurgo anche l’accesso con ago di Veress, utile in pazienti iperobesi dove anche solo l’accesso ombelicale open può risultare particolarmente complesso.

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Posizionamento dei trocar

Nel posizionamento dei trocar valgono i principi di angolazione e triangolazione descritti precedentemente. Le posizioni in seguito descritte possono subire delle variazioni in caso non risultino ottimali al momento dell’introduzione dell’ottica. Si utilizzano 4 trocar (7).

La posizione dei trocar che utilizziamo e che ci sentiamo di consigliare, per chi si approccia a questo intervento, è quella classica della tecnica francese (8): – 12 mm all’ombelico (T1): attraverso questo trocar viene introdotta l’ottica a 30° da 10 mm.

Nella fase di estrazione del pezzo operatorio, l’ottica viene spostata in T2 e attraverso T1 si introduce e si estrae l’endobag con la colecisti. – 12 mm in ipocondrio sinistro per la mano destra dell’operatore (T2): posizionato in pararettale sinistra nel punto di mezzo tra xifoide e T1. In questo trocar vengono introdotti gli strumenti da dissezione (uncino, dissettore, forbici), l’applicatore di clip e, nella fase di estrazione del pezzo, l’ottica. Proprio per questo motivo, a meno che non si utilizzi un’ottica da 5 mm, è necessario che T2 sia da 12 mm. – 5 mm in fianco destro per la mano sinistra dell’operatore (T3): utilizzato per la pinza da presa dell’operatore (pinza di Johan o pinza di Croce-Olmi). Dovrebbe essere posizionato sull’ascellare anteriore a livello della linea ombelicale trasversa. Questo accesso viene utilizzato anche per l’eventuale drenaggio, nel caso se ne ravvisi l’utilità. – 5 mm in posizione paraxifoidea sinistra per la pinza da presa dell’aiuto (T4): attraverso questo accesso, l’aiuto utilizza una pinza da presa tipo clinch o Johan, o in alcuni casi l’aspiratore, per sollevare la colecisti e il legamento rotondo, abbassare il blocco duodeno-pancreatico o divaricare un terzo segmento epatico ipertrofico.

I trocar da usare, a nostro parere e secondo la letteratura, sono quelli privi di punta tagliente, bladeless.

Figura 1 – Posizione trocar per la VLC

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Foto 2 – Posizione dei trocar per la VLC e triangolazione su un piano 3D (“piramidalizzazione”)

Le fasi dell’intervento: una volta completato l’accesso dei trocar sotto visione diretta, si esplora la regione epato-colecistica e si effettua una rapida panoramica dell’intero addome. Attraverso T4 l’aiuto afferra e solleva il fondo della colecisti ed espone l’ilo della colecisti e il legamento epato-duodenale. L’operatore, mobilizzando l’infundibolo colecistico, riconosce gli elementi dell’ilo della colecisti e la via biliare principale (VBP). Per consentire la migliore mobilizzazione possibile, è consigliabile eliminare ogni aderenza sottoepatica.

Le manovre di dissezione vengono realizzate con l’energia monopolare (35W sia per il taglio che per la coagulazione) collegata all’uncino, alle forbici o al dissettore da 5 mm, a seconda delle preferenze dell’operatore.

Una volta riconosciuta l’anatomia della regione (9), l’operatore procede a incidere il peritoneo posteriore e anteriore, subito al di sotto dell’infundibolo della colecisti. Questa manovra permette una maggiore possibilità di mobilizzazione dell’infundibolo stesso e un “allungamento” degli elementi dell’ilo allargando, in maniera indiretta, il triangolo di Calot.

Le rotazioni sull’asse dell’ottica a 30° consentono di visualizzare in maniera ottimale sia la parte anteriore sia quella posteriore dell’infundibolo e dell’ilo della colecisti.

La dissezione del peritoneo della giunzione infundibulo-colecistica prosegue in senso medio- laterale, scoprendo il linfonodo di Mascagni, il dotto cistico e l’arteria cistica fino a esporre del tutto il triangolo di Calot (10). In

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queste fasi risulta particolarmente importante lo “sbandieramento” dell’infundibolo della colecisti che si ottiene con delicate controtrazioni laterali e mediali durante la dissezione, in modo da esporre al meglio gli elementi dell’ilo colecistico.

Una volta esposti tutti gli elementi dell’ilo colecistico si dovrà procedere alla loro chiusura e sezione. Regola vorrebbe che sia prima l’arteria a essere chiusa dalle clip in titanio e sezionata. Nella pratica, molto spesso, risulta più comodo “clippare” e sezionare prima il dotto cistico per guadagnare più spazio e una migliore esposizione dell’arteria cistica e dell’arteria epatica destra che, con relativa frequenza, curva molto vicino alla colecisti prima di dirigersi al parenchima epatico. Saranno apposte, di regola, due clip sulla porzione prossimale e una sulla parte distale di dotto e arteria cistica prima della loro sezione con forbici. L’uso di energia è fortemente sconsigliato per la sezione del dotto cistico. La sua diffusione tissutale potrebbe danneggiare anche la parte di cistico chiusa dalle clip causandone la necrosi, con conseguente caduta delle clips e formazione di un leak biliare. Per tale motivo sarebbe consigliabile utilizzare clip riassorbibili o in plastica (entrambe disponibili in commercio), che non conducono energia e quindi sono più sicure. Queste clip possono essere applicate senza necessità di raddoppiare il loro utilizzo nel moncone prossimale di arteria e dotto cistici.

Dopo la sezione degli elementi dell’ilo si procederà al distacco della colecisti dal letto epatico.

Nelle fasi iniziali dello “scollamento” della colecisti va posta particolare attenzione a tenersi più vicino possibile alla parete della colecisti per evitare di approfondirsi su piani dove, per anomalie anatomiche, potrebbero trovarsi strutture nobili. In genere lo scollamento viene effettuato con uncino e corrente monopolare. La dissezione in questa fase è minuziosa e procede lentamente. Se si dovessero incontrare strutture che dal letto vanno nella colecisti è preferibile chiuderle con clip. Una volta lontani dalla sede dell’ilo, si effettuerà la sezione del peritoneo ai lati della colecisti, in modo da renderla più mobile possibile. Nella nostra esperienza la maggior parte del distacco della colecisti dal letto epatico è realizzata per via medio-laterale e caudo-craniale. Solo nella fase terminale si procederà anche in senso latero-mediale. Non è infrequente che la colecisti si rompa durante lo scollamento. Questa evenienza non costituisce un problema, a patto di aspirare tutta la bile e rimuovere i calcoli che fuoriescono. Una volta staccata la colecisti è possibile procedere in due modi: posizionare la colecisti sul fegato destro per procedere al perfezionamento dell’emostasi del letto epatico oppure estrarre la colecisti e posticipare l’emostasi. Appare ovvio che questa scelta è condizionata dall’entità di un eventuale sanguinamento più o meno importante del letto epatico.

In genere, per ottenere un’emostasi adeguata è sufficiente la coagulazione monopolare spray (aumentando il wattaggio a 50-60W) applicata con l’uncino la cui punta viene sostituita con una sferica (“pallina”). In caso di san-

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guinamenti più importanti si possono utilizzare la coagulazione bipolare o, in extrema ratio, i sistemi di emostasi tissutale. Bisogna precisare che l’emostasi con coagulazione spray deve essere evitata in prossimità dei monconi di dotto e arteria cistici per scongiurare il rischio di lesioni dei monconi, di caduta delle clip o, peggio, di danni a VBP e arteria epatica. Anche in questi casi devono essere preferite la coagulazione bipolare o gli emostatici tissutali.

L’introduzione della colecisti nell’endobag e la sua estrazione avvengono dal trocar ombelicale, con l’ottica spostata temporaneamente in T2. In alcuni casi, per rendere possibile l’uscita della colecisti dall’accesso del trocar ombelicale, è necessario ampliare di qualche millimetro l’incisione sulla fascia muscolare.

Una volta estratta la colecisti si riposiziona il trocar ombelicale e l’ottica torna al suo posto (11-16).

Si esegue un’ulteriore verifica dell’emostasi del letto epatico e della tenuta delle clip sugli elementi dell’ilo, si procede all’eventuale lavaggio e, nel caso si ritenesse necessario, al posizionamento di un drenaggio sottoepatico attraverso l’accesso di T4. Nella nostra esperienza non posizioniamo il drenaggio di routine. Preferiamo limitarne l’utilizzo ai casi di spandimenti di bile infetta o pus, nelle colecistiti acute, in caso di pazienti a rischio sanguinamento (scoagulati, coagulopatici, doppia antiaggregazione, etc) (17-19). Il drenaggio che preferiamo è il drenaggio aspirativo scanalato in silicone.

L’intervento si conclude con l’estrazione dei trocar sotto visione, per verificare la presenza di eventuali sanguinamenti, la desufflazione completa della cavità addominale, fino a scomparsa del timpanismo in ipocondrio destro, e la chiusura degli accessi. Nella nostra esperienza chiudiamo la fascia muscolare a livello degli accessi da 12 mm con filo intrecciato riassorbibile e ago 5/8, che rende più agevole la sutura attraverso le piccole incisioni cutanee.

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La Video-Laparo-Appendicectomia (VLA) Introduzione

A partire dalla prima appendicectomia laparoscopica, eseguita da Semm nel 1982, è seguito un lungo periodo in cui, anche in letteratura, c’è stato un vivo confronto tra laparotomia e laparoscopia per il trattamento in urgenza di questa patologia.

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Oggi non ci sono dubbi che l’approccio video-laparoscopico rappresenti la scelta migliore.

I vantaggi riconosciuti della laparoscopia sono una riduzione del dolore, della morbilità parietale e del danno estetico, della durata del ricovero e del tempo di ripresa delle normali attività.

La durata dell’intervento risulta ormai sovrapponibile o, in molti casi, minore. I costi ospedalieri, a patto di non fare un utilizzo “improprio” della strumentazione, sono solo lievemente superiori. Questo leggero aumento dei costi è compensato ampiamente dalla riduzione della degenza media (1-4).

L’ampia diffusione della tecnica, inoltre, ha permesso di limitare notevolmente le controindicazioni relative e assolute e di ridurre sensibilmente le complicanze.

L’accesso laparoscopico, inoltre, grazie all’esplorazione addominale completa, permette di confermare o confutare la diagnosi iniziale in caso di scoperta di un’altra patologia e/o di un’appendice sana (5,6), in particolare nella donna in periodo fertile (7). È, a tutti gli effetti, l’ultimo esame diagnostico e la prima procedura terapeutica. Il tasso di conversione è < 10% (1). Fattori statisticamente predittivi di conversione sono: la presenza di comorbilità, il riscontro di una perforazione appendicolare, l’appendice retrocecale, la presenza di ascesso appendicolare e la presenza di una peritonite diffusa (8-11). A questi bisogna aggiungere, come fattore predittivo, l’esperienza del chirurgo (12).

Le controindicazioni relative sono quelle di ogni laparoscopia: molteplici interventi di chirurgia addominale precedenti e/o deficit viscerali che impediscono la creazione del pneumoperitoneo.

Nella nostra esperienza tendiamo, comunque, ad approcciare sempre l’intervento in laparoscopia. Abbiamo notato che la procedura è fattibile spesso anche nel caso di precedenti multipli interventi chirurgici addominali.

Nel bambino (sì! A volte può capitare di dover operare anche i bambini) l’accesso laparoscopico obbedisce agli stessi principi tecnici che nell’adulto e ottiene gli stessi risultati (13-16).

La tecnica

L’appendicectomia laparoscopica è il secondo intervento, se non il primo, in ordine di frequenza, che il giovane chirurgo è chiamato a realizzare nel suo lavoro in un reparto di chirurgia, in particolare nelle strutture dove si fa anche la chirurgia d’urgenza.

L’appendicectomia, a meno di rare eccezioni, è infatti realizzata sempre in urgenza. Questo comporta una difficoltà nella descrizione schematica dei vari tempi operatori che possono essere differenti in base alle situazioni. In questo paragrafo, così come fatto per la VLC, descriveremo i principi di base dell’appendicectomia video-laparoscopica senza considerare la moltitudine

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di condizioni anatomopatologiche differenti in cui ci si potrebbe imbattere affrontando questo intervento.

Posizione del paziente

Il paziente è in posizione supina a gambe chiuse, arto superiore destro abdotto per consentire gli accessi venosi e il monitoraggio dei parametri anestesiologici, arto superiore sinistro lungo il corpo, Trendelenburg di 2030° e tilt laterale destro.

Come già detto per la VLC, nelle moderne sale operatorie la colonna laparoscopica è montata su pensili sospesi al soffitto, anche i monitor sono fissati al soffitto e indipendenti dallo strumentario della colonna. In questo caso il o i monitor vengono posizionati all’altezza degli occhi dell’operatore, a destra del paziente. Nel caso si utilizzi una colonna laparoscopica vera e propria, questa va posizionata quanto più possibile vicino al fianco destro del paziente in modo da rispettare la regola dell’allineamento: “operatore – T1 – campo operatorio – monitor”.

Posizionamento dell’équipe

Tutta l’équipe è alla sinistra del paziente. L’operatore, in posizione centrale, con i pedali del bisturi elettrico (anche quello per la coagulazione bipolare) davanti al suo piede sinistro, il secondo chirurgo, in genere, è alla destra dell’operatore (in alcune situazioni può spostarsi alla sua sinistra); l’infermiere strumentista è alla sinistra dell’operatore.

L’operatore utilizza, ovviamente, T2 e T3 per le manovre di trazione e dissezione, il secondo chirurgo manovra l’ottica a 30° attraverso T1. L’infermiere strumentista, come già detto per l’intervento di VLC, oltre alla gestione dello strumentario, mantiene fissi i trocar durante le manovre di introduzione ed estrazione degli strumenti e provvede alla pulizia dell’ottica quando necessario.

Lo strumentario

È sovrapponibile a quello utilizzato per la VLC. L’unica differenza è che per la dissezione, nella nostra esperienza, utilizziamo il dissettore bipolare.

Accesso

Il primo accesso viene realizzato in sede ombelicale con tecnica open per le stesse ragioni descritte per la VLC.

Posizione dei trocar

In considerazione della possibile variabilità anatomica (appendice retrocecale più o meno lunga, appendice con punta nella pelvi o sottoepatica, etc.) e delle condizioni anatomopatologiche secondarie al processo infiam-

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matorio, il posizionamento dei trocar non segue una regola rigida come per altre procedure. Sono sempre validi i principi di base di triangolazione ed ergonomia, ma con gli opportuni adattamenti alle esigenze del caso specifico. Inoltre, operare spesso donne molto giovani, impone anche un’attenzione all’aspetto estetico (17-19). Fatte queste premesse, passiamo a descrivere il posizionamento dei trocar che, secondo la nostra esperienza, può conciliare tutti questi aspetti (Figura 2).

Figura 2 – Posizione dei trocar per la VLA

Una volta effettuato l’accesso e inserito il primo trocar da 12mm, si procede all’esplorazione dell’addome. Spesso basta una rapida occhiata alla regione cieco-appendicolare per confermare la diagnosi o iniziare a sospettare altro. Il secondo trocar verrà posizionato in fossa iliaca sinistra, sulla linea pararettale e a circa 7-8 cm dal trocar ombelicale. L’ottica, che fino a questo punto era nel trocar ombelicale, viene spostata nel trocar in fossa iliaca sinistra che diventerà il T1. Nel caso si disponga e si preferisca utilizzare un’ottica a 30° da 5 mm, il trocar T1 può essere da 5 mm. Il terzo trocar, da 5 mm, viene inserito in sede sovrapubica passando a destra dell’uraco. Il peritoneo parietale in questa regione è particolarmente “compiacente” e segue il movimento di penetrazione del trocar senza però lasciarlo passare facilmente. Per questo motivo è consigliabile inserire sempre prima il trocar in fossa iliaca sinistra e usare, eventualmente, una Johan per fare controtrazione sul peritoneo e permettere l’entrata del trocar in cavità addominale.

Nella nostra esperienza non abbiamo mai avuto bisogno di un eventuale quarto trocar.

Le fasi dell’intervento

Descriveremo di seguito le fasi di un’appendicectomia per patologia infiammatoria acuta, appendicite acuta, perché, nei rari casi in cui si dovesse eseguire una VLA per altro tipo di patologia, ad esempio mucocele o neoplasia, i tempi principali della procedura sarebbero sovrapponibili.

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L’intervento inizia con l’esplorazione della cavità per confermare la diagnosi o, in caso contrario, per ricercare la causa della sintomatologia altrove.

Una volta confermata la diagnosi di patologia appendicolare infiammatoria acuta, si deve verificare la presenza di liquido reattivo, sangue o pus, e aspirarlo accuratamente. Questo serve a evitare che il liquido si sposti in altri recessi, mentre si posiziona il paziente in Trendelenburg e tilt laterale sinistro.

Una volta che il paziente è in posizione, è buona norma spostare cranialmente le anse di tenue, accompagnandole quanto più possibile verso l’ipocondrio sinistro, per esporre al meglio la fossa iliaca destra e la pelvi. Spostando le anse in questo modo, sarà più facile riconoscere l’ultima ansa ileale che ci guiderà verso la regione cecale, anche nei casi più complessi.

Individuato il cieco, spesso sarà necessario liberarlo dalle aderenze con il grande epiploon. È raccomandabile effettuare la lisi di tali aderenze sempre per via smussa, con l’aspiratore o con una Johan chiusa. Se la diagnosi è stata effettuata tempestivamente e il processo infiammatorio è recente, la manovra risulterà agevole e a basso rischio. Ciò non risulterebbe possibile in caso di piastrone appendicolare. Ma quella è tutta un’altra storia.

Trovata l’appendice, spesso si dovrà liberare la punta che, essendo il più delle volte la sede di partenza del fenomeno infiammatorio, tenderà ad aderire alle strutture contigue, come ad esempio peritoneo parietale, salpinge, ultima ansa ileale e in alcuni casi anche sigma. La liberazione della punta dell’appendice non è sempre realizzabile per via smussa. Una volta liberata la punta, l’operatore la prende con una pinza da presa in T₃, distendendo l’appendice in tutta la sua lunghezza ed esponendo il mesenteriolo. Con la pinza o con il dissettore bipolare in T2 procederà, quindi, alla coagulazione del mesenteriolo e alla sua sezione con le forbici mantenendosi perpendicolari all’asse maggiore dell’appendice stessa. È buona regola non provare a ottenere la coagulazione completa del mesenteriolo con una o due applicazioni di bipolare a tutto spessore, ma procedere coagulando e sezionando progressivamente pochi millimetri alla volta. Questo tipo di attenzione può evitare inutili sanguinamenti. L’applicazione prolungata, nello stesso punto, della coagulazione bipolare, inoltre, potrebbe aumentare notevolmente la temperatura della punta dello strumento in prossimità del fondo cecale, causando lesioni termiche.

Raggiunta la base dell’appendice si dovrà procedere alla sua legatura. L’utilizzo dell’Endoloop in Vicryl è la soluzione più pratica e veloce. In alternativa, è possibile usare un filo di Vicryl e fare le legature intracorporee. È buona regola eseguire due legature: una sulla base e l’altra sul moncone, prima della sezione. Questo limita la contaminazione ed evita la fuoriuscita dell’eventuale coprolita (20-22). La sezione dell’appendice va fatta con le forbici e senza applicare energie, che potrebbero causare una necrosi della base e lo scivolamento della legatura o la immediata lesione del filo. Nel caso in cui la base dell’appendice fosse compromessa dal processo infiammatorio o

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Fondamentali in Chirurgia

necrotico, è possibile utilizzare una suturatrice meccanica. La sezione dovrà comprendere una parte del fondo del cieco, in modo da far “cadere” la sutura in tessuto sano e adeguatamente vascolarizzato. Sarà necessario, in questi casi, fare molta attenzione alla sede della valvola ileo-cecale ed essere certi di non comprenderla nella linea di sezione. È consigliabile, inoltre, asportare tutte le agrafe in eccesso cadute dalla suturatrice per non lasciarle libere in addome (23-31).

Sezionata l’appendice conviene estrarla subito dall’addome utilizzando un endobag, per evitare contaminazioni. L’estrazione avviene attraverso il trocar ombelicale.

Una volta estratta l’appendice, si reintroduce il trocar ombelicale e si procede all’accurata verifica dell’emostasi e, nei casi in cui la contaminazione sia importante, a un abbondante lavaggio. Bisogna prestare attenzione a lavare e aspirare tutto il liquido, anche in sede sottodiaframmatica destra, dove potrebbe essersi raccolto a causa della posizione di Trendelenburg. L’aspirazione del liquido va ripetuta anche dopo aver riportato il paziente in posizione “neutra”, azzerando il Trendelenburg e il tilt laterale. Uno dei vantaggi dell’appendicectomia video-laparoscopica è proprio la possibilità di lavare tutta la cavità addominale e portar via ogni residuo di liquido sporco/ infetto. Sappiamo bene che la stessa cosa non è possibile in chirurgia open, a meno di eseguire una laparotomia più o meno ampia.

Come per la colecistectomia, non facciamo un uso routinario del drenaggio, ma ne valutiamo l’utilità caso per caso (32-34). Nell’eventualità lo ritenessimo utile, useremmo un drenaggio aspirativo, scanalato e in silicone introdotto dall’accesso del trocar sovrapubico (T3).

L’intervento si conclude con l’estrazione dei trocar in visione diretta, per verificare eventuali sanguinamenti dagli accessi, la desufflazione completa dell’addome e la chiusura della fascia muscolare degli accessi da 12 mm con sutura intrecciata e ago 5/8. Per la cute utilizziamo un monofilamento non riassorbibile 3/0 o 4/0.

Bibliografia

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