24 minute read
Rischio clinico e sicurezza del paziente chirurgico
Aspetti giuridici e deontologici della professione del chirurgo 55
Marinucci G. La colpa per inosservanza di leggi, Giuffrè, 1965; Belvedere A, Riondato S. La responsabilità in medicina, Giuffrè, 2011; Ammirati D. La responsabilità penale del medico, Cedam, 2004; Ambrosetti F, Piccinelli M, Piccinelli R. La responsabilità nel lavoro d’equipe, Casa
Editrice UTET, 2003; Corso G, Balboni E. La responsabilità in ambito sanitario, G. Giappichelli Editore, 2011; Fresa R. La colpa professionale in ambito sanitario, Casa Editrice UTET Giuridica, 2008; Iadecola G, Bona M. La responsabilità dei medici e delle strutture sanitarie, Giuffrè, 2009; Mariotti P, Serpetti A, et al. La medicina difensiva, Maggioli Editore, 2011; Pastore R, Palmieri G. La responsabilità nell’esercizio della professione medica,
Casa Editrice La Tribuna, 2008; D’Apollo L. La responsabilità del medico, G. Giappichelli Editore, 2012; Secchi E. La responsabilità medica, Giuffrè, 2010; AA.VV. , La responsabilità medica, Giuffrè, 1982; Primo Triolo D. La colpa medica, Key Editore, 2015; Gasparre A. La colpa penale del medico, Key Editore, 2015; Di Pentima M G. L’onere della prova nella responsabilità medica, Giuffrè, 2007; Bilancetti M. La responsabilità penale e civile del medico, Cedam, 1998; Piccentini F. La responsabilità sanitaria, Giuffrè, 2007; Brazier M, Cave E. Medicine patients and the law, Casa Editrice Lexisnexis, 2007; Marinucci G, Dolcini E. Manuale di diritto penale parte generale, Giuffrè, 2015; Fiori A, Marchetti D. Medicina legale della responsabilità medica, Giuffrè, 2016; Pettenoti R, Volpe G P. Omicidio colposo, Cedam, 2005; Farnetti A, Cucci M, Scarpati S. Problemi di responsabilità sanitaria, Giuffrè, 2007; Fiori A, Bottone E, D’Alessandro E. Quarant’anni di giurisprudenza della Cassazione nella responsabilità medica, Giuffrè, 2000; Mariotti P, Genovese U. Responsabilità sanitaria e medicina difensiva, Maggioli Editore, 2013; Buzzoni A. Responsabilità medica e sanitaria, Milano, Edizioni FAG, 2014; Welsch S. Responsabilitè du médecin, Editions Litec, 2000; Castelletta A. Responsabilitè médicale, Parigi, Editions Dalloz, 2002; De Matteis R. Responsabilità e servizi sanitari, Casa Editrice Dott. Antonio Milani, 2007; Di Pirro M. Responsabilità del medico, Gruppo Editoriale Simone, 2015; Pulice M. Responsabilità medica, Gruppo Editoriale Esselibri – Simone, 2009; Nuti S, Tartaglia R, Niccolai F. Rischio clinico e sicurezza del paziente. Modelli e soluzioni nel contesto internazionale, Bologna, Il Mulino, 2007; Trimarchi P. Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961; Catalano A. Rischio clinico da problema a opportunità, CIC Edizioni Internazionali, 2009; Lmayatt V. Tolley’s managing risk in healthcare, Casa Editrice Lexisnexis, 2004; Stauch M. The law of medical negligence in England and Germany, Hart Publishing, 2008;
Capitolo 3
Giovanna Sgarzini Dirigente medico – UOSD Rischio Clinico e Medicina Legale – Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Roma
Il rischio è una componente implicita in ogni azione sanitaria ed è quindi necessaria la consapevolezza che l’errore è un evento possibile a cui tutti gli operatori sanitari sono esposti: dalla consapevolezza dell’esistenza dell’errore prendono spunto i programmi di gestione del “rischio clinico”.
Il rischio clinico considera la possibilità che un paziente subisca un “danno o disagio involontario, in seguito alle cure sanitarie, con un prolungamento del periodo di degenza e/o un peggioramento delle condizioni di salute o la morte”.
Molteplici fattori concorrono alla “rischiosità” del sistema in ambito sanitario: a) fattori strutturali-tecnologici come le caratteristiche del fabbricato sanitario e della impiantistica intesa come progettazione e manutenzione, sicurezza e logistica degli ambienti, funzionamento, manutenzione, rinnovo di apparecchiature e strumentazioni, infrastrutture, reti, digitalizzazione; b) fattori organizzativo-gestionali e condizioni di lavoro come politica e gestione delle risorse umane, organizzazione, stili di leadership, formazione e aggiornamento, carico di lavoro e turni, sistema di comunicazione organizzativa, coinvolgimento degli stakeholder, aspetti ergonomici, politiche per la promozione della sicurezza del paziente con linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici e sistemi di segnalazione degli errori; c) fattori umani come caratteristiche individuali come percezione, attenzione, memoria, capacità di prendere decisioni, percezione della responsabilità, condizioni mentali e fisiche, abilità psicomotorie e competenza professionale, dinamiche interpersonali e di gruppo; e) fattori esterni come normativa e obblighi di legge, vincoli finanziari, contesto socio-economico- culturale, influenze della opinione pubblica e dei media, delle associazioni professionali e di pubblica tutela.
Tra tutti questi fattori, quello umano, considerando in esso anche i processi cognitivi che sono alla base delle performance decisionali, l’efficacia della comunicazione e la capacità di collaborazione, rappresenta il fattore di maggiore criticità per il buon esito delle cure e la riduzione dei rischi correlati.
La comunicazione ha un ruolo significativo nella promozione della sicurezza delle cure e ricopre un ruolo centrale nell’eziologia, nell’aggravamento ma anche nel contenimento degli effetti degli possibili errori. La comunica-
58
Fondamentali in Chirurgia
zione è infatti alla base della maggior parte dei processi assistenziali, all’interno dei quali si possono riconoscere anche dei momenti di comunicazione strutturati come le check-list, il briefing preoperatorio e il debriefing postintervento. Per tale motivo la comunicazione va promossa a livello di sistema, ma anche resa “competenza e strumento professionale” di ciascun operatore e dirigente. Inoltre, una comunicazione trasparente e onesta degli errori e degli eventi avversi, oltre a ragioni etiche e deontologiche, è essenziale per promuovere e rafforzare la relazione medico-paziente.
Errore ed evento avverso
Definire il concetto di “errore” in sanità non è semplice: può essere considerato un’insufficienza del sistema che condiziona il fallimento delle azioni programmate oppure una “azione non sicura” o una “omissione” con potenziali conseguenze negative sull’esito del processo di cura, considerata inadeguata da “pari” di riconosciuta esperienza e competenza.
L’errore non deve essere motivo di vergogna o di colpevolizzazione, piuttosto deve essere considerato uno strumento di apprendimento: la conoscenza dell’errore deve essere condivisa per evitare che accada nuovamente, facendo però in modo che nel gruppo non emergano elementi di conflitto e/o di accerchiamento verso chi lo ha commesso. Molti errori non sono attribuibili a un singolo soggetto/operatore (errore individuale), ma spesso vi sono elementi organizzativi o strutturali, che possono concorrere al suo accadimento.
James Reason, per spiegare e illustrare efficacemente il problema degli errori nei sistemi complessi, ha proposto il modello del “formaggio svizzero Emmental” in cui i buchi nelle fette di formaggio rappresentano le insufficienze latenti che sono presenti nei processi sanitari; quando si modificano più fattori che normalmente agiscono come barriere protettive, i buchi si possono allineare permettendo il concatenarsi di condizioni che portano al verificarsi dell’evento avverso (1). Un evento avverso è quindi un evento correlato al processo assistenziale che comporta al paziente un danno indesiderabile, non intenzionale e non dovuto alle condizioni cliniche. Se l’evento avverso è conseguenza di un errore, può essere considerato “prevenibile” attraverso l’attuazione di adeguate misure di prevenzione.
Da anni la letteratura evidenzia la gravità del problema degli eventi avversi nei suoi aspetti umani ed economici. I primi studi sugli eventi avversi risalgono agli anni ‘50, ma lo studio che ha richiamato l’attenzione di tutto il mondo sanitario è stato l’Harvard Study del 1991 in cui si riportava che, in seguito a un ricovero ospedaliero, il 3.7% dei pazienti aveva subito un danno dovuto a negligenza nell’1% dei casi, dimostratosi fatale nel 13.5% dei casi (2).
Nel 1999, il documento To Err is Human affermava che negli Stati Uniti gli errori medici erano responsabili di una quota stimabile tra 44.000 e 98.000 decessi l’anno, più di quelli dovuti a incidenti stradali, cancro della mammella o AIDS (3).
Rischio clinico e sicurezza del paziente chirurgico 59
Nel 2000 anche il Dipartimento della Sanità Inglese riportava nel documento An Organisation with a Memory, un’incidenza di eventi avversi del 10% in pazienti ospedalizzati, con una stima di 850 000 eventi avversi/anno (4). La percentuale di eventi avversi nel 10% dei pazienti ospedalizzati è stata confermata da studi australiani, The Quality in Australian Health Care Study QAHCS, 1995: 16.6% (5), ed europei, Hospitals for Europe’s Working Party on Quality Care in Hospitals, 2000: 10% (6).
Carthey e Reason valutavano la resilienza dei sistemi sanitari e sostenevano che le strutture sanitarie, attraverso il miglioramento continuo dell’organizzazione del lavoro, potevano contribuire a ridurre la possibilità di accadimento degli errori (7).
A supportare la tesi contribuì il chirurgo americano Atul Gawande, nel lavoro Error in Medicine: What Have We Learned (8), in cui l’Autore evidenziava che cooperazione, comunicazione interpersonale e mutuo soccorso sono strumenti fondamentali di lavoro perché giocano un ruolo essenziale nell’evitare che si verifichino errori in sala operatoria.
Anche in Italia, all’indomani della pubblicazione di To Err is Human, venivano varati numerosi provvedimenti relativi alla sicurezza del paziente. Il Ministero della Salute istituiva nel 2003 la “Commissione Tecnica sul Rischio Clinico” e riportava un’indagine sugli errori in sanità in cui veniva valutato, tra i vari aspetti, lo stato di implementazione del sistema di gestione del rischio clinico nelle Aziende sanitarie (9). Tra il 2004 e il 2006, il Ministero elaborava anche un sistema per la segnalazione degli eventi sentinella e alcune raccomandazioni per la prevenzione e la gestione degli stessi, che nel corso degli anni sono arrivate alle attuali 19 (10). In seguito, venivano istituite le Unità Operative di Risk Management, l’Osservatorio per la Sicurezza dei Pazienti nel gennaio 2007 e, nel 2008, l’Osservatorio di Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti, con lo scopo di divulgare gli interventi di successo realizzati nell’ambito della gestione del rischio clinico e sicurezza dei pazienti da parte delle strutture sanitarie di ogni regione.
La sicurezza del paziente chirurgico è stata oggetto di interesse anche delle Società scientifiche con numerose pubblicazioni sia da parte della Società Italiana di Chirurgia (SIC) (“Sicurezza in chirurgia”, “Chirurgia e qualità”, “Rischio clinico in chirurgia” e “Sicurezza in Sala operatoria. Dalle abilità non tecniche all’accreditamento del chirurgo”) (11-13), che dall’Associazione Italiana Chirurghi Ospedalieri (ACOI) che nel 2009 proponeva il “Progetto Qualità e Sicurezza in Sala operatoria” e insieme ad Agenas una collaborazione per lo “Sviluppo di un programma di valutazione delle buone pratiche per la sicurezza del blocco operatorio finalizzato alla diffusione e al trasferimento delle pratiche di provata efficacia”.
La sicurezza delle cure è stata inoltre “normata” nella recente legge 24/2017 contenente “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Nell’art.1 si dice che: “La sicurezza delle
60
Fondamentali in Chirurgia
cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività”. Concorrono alla realizzazione della sicurezza delle cure “l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative”.
Queste attività di prevenzione del rischio coinvolgono tutto il personale sanitario, compresi i liberi professionisti che operano in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
La legge specifica inoltre che, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, i sanitari si devono attenere alle “…buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida, salve le specificità del caso concreto…”. In mancanza delle suddette raccomandazioni, i Sanitari devono fare riferimento e attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali.
Analisi degli errori
In relazione al tipo di insufficienza del sistema che è alla base dell’errore, possiamo distinguere errori attivi ed errori latenti: – Gli errori attivi sono di solito ben identificabili, prossimi al verificarsi dell’evento, spesso riconducibili a un’azione sbagliata commessa da un operatore, o a un incidente, come il malfunzionamento di uno strumento. – Gli errori latenti sono invece spesso dovuti a insufficienze organizzative-gestionali del sistema che possono creare le condizioni favorevoli per il verificarsi di un errore attivo.
Considerando un esempio pratico, la somministrazione di un farmaco sbagliato è un errore attivo commesso da un operatore, ma è necessario ripercorrere tutte le fasi del processo di lavoro, per individuare le circostanze che, direttamente o indirettamente, lo hanno reso possibile.
L’analisi degli errori o dei “quasi errori”, near miss, permette di individuare le insufficienze nel sistema che possono contribuire allo scatenarsi di un evento avverso e di valutare o progettare le idonee barriere protettive. Può essere condotta con due diversi approcci che non si escludono a vicenda. – Approccio proattivo: da preferire quando possibile, in cui l’analisi parte dalla revisione die processi e delle procedure esistenti, identificando, nelle diverse fasi, i punti di criticità.
Questo approccio può essere utilizzato anche per ideare e progettare nuove procedure, protocolli e miglioramenti tecnologici con l’obiettivo di realizzare barriere protettive che impediscano o quantomeno prevengano l’errore umano/attivo.
Lo strumento di analisi proattiva più utilizzato è la Failure Mode and Effect Criticality Analysis (FMECA) che si basa sull’analisi sistematica di un
Rischio clinico e sicurezza del paziente chirurgico 61
processo, eseguita da un gruppo multidisciplinare composto da operatori ed esperti.
Nella prima fase, detta “istruttoria”, si analizzano la letteratura, la documentazione e le eventuali interviste agli operatori. Nella seconda fase detta di “analisi”, il processo viene scomposto in macroattività e ogni macroattività viene analizzata sulla base dei singoli compiti e ruoli e, per ogni singolo compito o ruolo, vengono individuati i possibili errori (modi di errore). Si valuta quindi sia quantitativamente la probabilità di errore che qualitativamente la gravità delle sue conseguenze. Si effettua cioè una “stima del rischio” analizzando le possibilità di accadimento di errore o guasto, failure mode, nelle varie fasi e i loro possibili effetti, failure effect.
A ciascuna fase si assegna un indice di priorità di rischio (IPR) in base alla: – probabilità di accadimento (punteggio da 1 a 10); – probabilità di rilevabilità (punteggio da 1 a 10); – gravità (punteggio da 1 a 10).
SCHEDA TECNICA PER FMEA Definire l’oggetto dell’analisi. Definire il progetto o il processo che deve essere studiato: a. Descrivere il modo di realizzazione o di funzionamento corretto; b. Effettuare l’analisi qualitativa descrivendo i modi di errore/guasto, i loro effetti, le possibili cause; c. Costruire le tre scale di valutazione necessarie: gravità dell’effetto, probabilità della causa, rilevabilità dell’errore/ guasto; d. Effettuare le valutazioni quantitative in riferimento ai tre elementi precedenti; e. Calcolare l’indice di priorità del rischio (IPR); f. Ordinare per IPR decrescente; g. Assumere decisioni per abbassare il livello di rischio (controllo, riduzione, eliminazione).
SCALE DI VALUTAZIONE
Probabilità dell’errore: punteggio 1-10; Gravità dell’errore: punteggio 1-10; Rilevabilità dell’errore: punteggio 1-10; CALCOLO IPR Assegnazione punteggi ai 3 elementi: P probabilità, G gravità, R rilevabilità; Calcolo di IPR: PxGxR (Minimo IPR: 1 x 1 x 1=1 Massimo IPR: 10 x 10 x 10= 1000)
STIMA DEL RISCHIO PROBABILITA’ DI ACCADIMENTO Remoto < 0.3 %; Occasionale: 0.3 – 7 %; Probabile 7 – 14 %; Frequente > 14 %;
62
Fondamentali in Chirurgia
STIMA DEL RISCHIO SCALA DI SEVERITA’ DEL DANNO Descrizione del livello di danno: Nessuno: L’errore non ha comportato danni; ha reso necessario un maggiore monitoraggio; Lieve: Danno temporaneo; prolungamento della degenza < 1 mese; Medio: Invalidità temporanea; prolungamento della degenza > 1 mese; Grave: Invalidità permanente o rischio di morte come shock o arresto cardiaco; Morte: Decesso del paziente
– Approccio reattivo: l’analisi parte da un evento avverso accaduto, o quasi accaduto, e ricostruisce a ritroso la sequenza degli avvenimenti con lo scopo di identificare i fattori che hanno causato o che hanno contribuito al verificarsi dell’evento. Tra gli strumenti più utilizzati troviamo la Root Cause Analysis (RCA), un’analisi retrospettiva che consente di comprendere cosa, come e perché è accaduto un evento e prevede la costituzione di un gruppo interdisciplinare che comprenda esperti della materia, i soggetti coinvolti nell’evento e quelli che sono maggiormente interessati nel processo e nel sistema.
Il gruppo acquisisce le procedure inerenti l’evento per stabilire quali siano gli standard definiti dall’organizzazione e raccoglie le informazioni su quanto accaduto, anche attraverso interviste agli operatori, da eseguire prima possibile rispetto al verificarsi dell’incidente, per aggiungere elementi rilevanti per l’analisi. Le cause oggetto di analisi possono ricadere in vari ambiti: comunicazione, addestramento, formazione, fatica e programmazione del lavoro, procedure locali, ambiente e attrezzature, barriere. Le classi delle cause vanno identificate in relazione allo specifico problema selezionando le più importanti: per identificare la correlazione dei fattori che hanno contribuito all’evento si utilizzano alcuni diagrammi chiamati di causa-effetto o diagrammi dei fattori contribuenti.
Il Diagramma a spina di pesce, o di Ishikawa, assomiglia allo scheletro di un pesce in cui la spina principale rappresenta l’evento avverso e le altre spine rappresentano le cause e i fattori contribuenti. Le classi delle cause e i fattori contribuenti, solitamente, sono: struttura, attrezzature, metodi, risorse umane, etc.
Il Diagramma ad albero è una forma alternativa di diagramma di causa-effetto, utile per disegnare l’insieme dei fattori di un determinato fenomeno che si intende studiare per definire l’oggetto di analisi, identificare le classi di cause dalle più generali alle più specifiche rispondendo alle domande: “A che cosa è dovuto?”, “Quali sono le cause?”, “Perché è accaduto?”.
Dopo l’esecuzione dei diagrammi, la terza fase della RCA prevede, a seguito della discussione di tutte le cause potenziali, lo sviluppo di raccomandazioni e azioni di miglioramento che prevengano o riducano la probabilità che lo stesso evento si ripeta.
Rischio clinico e sicurezza del paziente chirurgico 63
Altri strumenti di Risk Management – Sistemi di segnalazione (reporting)
Sono modalità strutturate per la raccolta di informazioni relative al verificarsi di eventi avversi e/o di quasi eventi. Un sistema di reporting efficace costituisce una componente essenziale di un programma per la sicurezza delle cure. Ancora oggi vi sono difficoltà ad aderire al reporting da parte delle organizzazioni e degli operatori sanitari per diverse ragioni tra cui la convinzione della scarsa efficacia del sistema, la sfiducia nei cambiamenti e l’atteggiamento difensivo. – Briefing sulla sicurezza (Riunione per la sicurezza)
Questo strumento va adattato alle esigenze dell’unità operativa, garantendo comunque regolarità, continuità e risposta ai problemi che emergono, per ottenere, attraverso il potenziamento del “lavoro di squadra”, maggiore responsabilizzazione nei comportamenti individuali e maggior attenzione verso la sicurezza dei pazienti.
Consente di creare un ambiente in cui la sicurezza del paziente venga vista come una priorità, in un clima che stimoli la condivisione di informazioni circa le situazioni, effettive o potenziali, di rischio.
È uno strumento semplice e facile da usare, un breve confronto, una discussione colloquiale, ma strutturata, riguardante i potenziali rischi per il paziente presenti nella unità operativa. La riunione deve essere condotta da un moderatore capace di spiegare le motivazioni e gli obiettivi.
Può essere effettuato all’inizio del turno o all’inizio della seduta operatoria, raccogliendo per 5-10 minuti tutti gli operatori che si occupano della cura del paziente. Alla fine del turno si può effettuare un’altra brevissima riunione, debriefing, con lo scopo di confrontarsi sulle situazioni potenzialmente rischiose che si sono verificate nel corso delle attività. – Safety walkaround (giri per la sicurezza)
Consistono in “visite” che i referenti della sicurezza, con mandato della
Direzione, effettuano nelle UUOO per identificare con il personale i problemi legati alla sicurezza. Il personale viene invitato a raccontare eventi, fattori causali o concomitanti, quasi eventi, problemi potenziali e possibili soluzioni. Le modalità organizzative prevedono incontri, all’interno delle
UUOO, fra gli esperti e un piccolo gruppo o singoli operatori, della durata di pochi minuti, in cui si cerca di raccogliere e di stimolare le segnalazioni del personale per quanto riguarda situazioni di danno o di rischio. Fra le barriere più frequenti da superare vi è la paura da parte degli operatori di essere puniti o colpevolizzati per avere effettuato la segnalazione e la diffidenza e mancanza di fiducia nelle conseguenti azioni correttive. – Focus group
Metodologia che la sanità eredita dalla ricerca sociale per identificare tutti gli aspetti di un problema, partendo dalle esperienze e dalle percezioni delle persone che sono entrate in contatto con il problema stesso. Posso-
64
Fondamentali in Chirurgia
no essere effettuati sia con singole figure professionali che con l’équipe, con i pazienti, i familiari e con altri stakeholder, limitando il gruppo a 8-12 persone e la discussione, che deve essere condotta da un moderatore preparato, contenuta un’ora e mezzo. – Revisione di cartelle cliniche
La revisione delle cartelle cliniche ha rappresentato la pietra miliare negli studi sugli errori in sanità e sulla valutazione di qualità, permettendo sia indagini sui processi decisionali che osservazioni riguardo agli esiti, e all’aderenza a linee guida e protocolli. Questo strumento è molto discusso in merito alla rilevazione di errori ed eventi avversi in quanto alcune informazioni, ad esempio gli esami di laboratorio, le prescrizioni, i referti, sono oggettivamente rilevabili, mentre non tutte le fasi del processo decisionale sono tracciabili nella documentazione clinica e rimangono quindi implicite. Mentre gli eventi avversi gravi sono quasi sempre riportati nelle cartelle, gli errori e le condizioni sottostanti non lo sono quasi mai e anche i near miss vengono raramente annotati.
La valutazione del rilevatore è un giudizio soggettivo che risente di diverse variabili tra cui la propria specifica competenza. È quindi necessaria una formazione omogenea dei rilevatori e la condivisione delle griglie di lettura. – Audit
La parola audit deriva dal latino “audio”, dar udienza, ascoltare e apprendere: è una metodologia di analisi strutturata e sistematica utilizzata per migliorare la qualità dei servizi sanitari.Le fasi di un audit possono essere rappresentate in un ciclo: – Scelta del tema: l’audit può riguardare l’outcome delle attività cliniche e delle attività assistenziali, le prestazioni, le risorse e il loro impiego, tutte le forme di assistenza formali e informali, i processi organizzativi. I criteri che possono aiutare nella definizione delle priorità fanno riferimento
Rischio clinico e sicurezza del paziente chirurgico 65
alla frequenza dei problemi, alla gravità delle conseguenze e alla possibilità di porre in atto soluzioni o misure preventive; – Definizione dello scopo e degli obiettivi: si definiscono gli scopi e gli obiettivi che devono essere dettagliati, specifici e concordati; – Identificazione degli standard: l’attività dell’audit clinico è basata sul confronto con standard definiti delle cure o dei servizi. Gli standard devono avere determinate caratteristiche che possono essere sintetizzate con l’acronimo SMART: Specific, correlati al tema, Measurable concretamente definibili, Achievable, raggiungibili con le risorse disponibili, Research based, basati sulle evidenze, Timely, aggiornati; – Raccolta e analisi di dati: i dati possono essere raccolti con revisione della documentazione clinica, con interviste ai pazienti e/o staff, con questionari o tramite sistemi di segnalazione.
Vanno raccolti utilizzando metodi quantitativi, qualitativi, o entrambi e analizzati. L’analisi e l’interpretazione dei dati deve sempre avere come riferimento lo standard scelto e la lettura dei dati deve consentire di prendere decisioni, analizzando tutte le opzioni a disposizione; – Elaborazione di un piano di intervento con: raccomandazioni, azioni, responsabilità e tempistica; – Monitoraggio dei risultati attesi a seguito dei cambiamenti introdotti, re-audit: la fase del re-audit va condotta solo dopo che i cambiamenti sono stati introdotti e deve seguire lo stesso disegno dell’audit. Molto delicata è la fase di comunicazione dei risultati al personale dell’unità operativa che deve essere coinvolto in tutte le misure di miglioramento. – L’audit può essere svolto anche per l’analisi di eventi avversi significativi (SEA). In tal caso l’audit prevede l’analisi di un caso clinico o di un percorso assistenziale da parte di un’équipe multidisciplinare e multiprofessionale, rilevando gli scostamenti rispetto a standard prefissati o, se non disponibili, al parere di esperti interni e esterni all’équipe, avvalendosi della documentazione clinica e amministrativa e di eventuali testimonianze per fornire alla discussione il più ampio spettro di informazioni.
La sicurezza del percorso chirurgico
I pazienti che affrontano un percorso chirurgico incontreranno diversi professionisti che, ciascuno per la propria competenza, si occuperanno del loro bisogno di salute. Per rendere sempre più sicuro ed efficiente questo percorso è fondamentale conoscerne le fasi in modo dettagliato e attuare le opportune azioni organizzativo-gestionali.
Il percorso e l’intervento chirurgico uniscono due componenti estremamente critiche: la necessità di tecnologie, spesso nuove e/o in continua evoluzione, e la necessità di skill tecniche e non tecniche dell’équipe chirurgica. Ancora oggi, nonostante l’aiuto della tecnologia, la componente
66
Fondamentali in Chirurgia
umana intesa come abilità è alla base dell’elevata variabilità dei risultati in chirurgia (14).
La percentuale di eventi avversi in area chirurgica rimane elevata: in letteratura è riportato che 2/3 degli eventi avversi che occorrono in ospedale sono riconducibili a un intervento chirurgico (15). Per tale motivo i rischi e la sicurezza dei pazienti chirurgici sono tra le principali aree di intervento della World Health Organization (WHO) che, già nel 2006-2007, nella Alliance for Patient Safety poneva l’attenzione sulle attività chirurgiche per preservare la vita dei pazienti nello specifico programma Safe Surgery Save Lifes e nel 2008, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza degli interventi chirurgici attraverso raccomandazioni e standard di sicurezza, pubblicava le Linee Guida WHO “Guidelines for Safe Surgery: Safe Surgery Saves Lifes:” (16) per la sicurezza in sala operatoria.
Nell’ottobre del 2009 il Ministero della Salute e delle Politiche Sociali nel “Manuale per la sicurezza in Sala Operatoria” (17) proponeva l’adozione della check-list e delle sedici raccomandazioni elaborate dall’OMS con l’obiettivo di migliorare la qualità e la sicurezza degli interventi chirurgici attraverso la diffusione di standard di sicurezza, volti a rafforzare i processi preoperatori, intraoperatori e postoperatori e l’applicazione della check-list per la sicurezza in sala operatoria in tutte le procedure chirurgiche effettuate.
Le raccomandazioni sono: 1. Operare il paziente corretto e il sito corretto; 2. Prevenire la ritenzione di materiale estraneo nel sito chirurgico; 3. Identificare in modo corretto i campioni chirurgici; 4. Preparare e posizionare in modo corretto il paziente; 5. Prevenire i danni da anestesia garantendo le funzioni vitali; 6. Gestire le vie aeree e la funzione respiratoria; 7. Controllare e gestire il rischio emorragico;
Rischio clinico e sicurezza del paziente chirurgico 67
8. Prevenire le reazioni allergiche e gli eventi avversi della terapia farmacologica; 9 . Gestire in modo corretto il risveglio e il controllo postoperatorio; 10. Prevenire il tromboembolismo postoperatorio; 11. Prevenire le infezioni del sito chirurgico; 12. Promuovere un’efficace comunicazione in sala operatoria; 13. Gestire in modo corretto il programma operatorio; 14. Garantire la corretta redazione del registro operatorio; 15. Garantire una corretta documentazione anestesiologica; 16. Attivare sistemi di valutazione dell’attività in sala operatoria;
Sia la check-list operatoria che molte delle raccomandazioni fanno ormai parte dei processi che quotidianamente si svolgono nei reparti di chirurgia e nelle sale operatorie, contribuendo alla definizione degli standard di sicurezza delle strutture sanitarie.
Anche nelle organizzazioni più avanzate, però, la sala operatoria resta comunque un ambiente a elevata complessità e massima concentrazione di rischi.
La responsabilità della sicurezza e dell’esito degli interventi chirurgici non è riconducibile al singolo chirurgo, ma a tutti i componenti dell’équipe all’interno della quale assumono particolare importanza i processi di comunicazione: il chirurgo, l’anestesista e l’infermiere non lavorano isolatamente l’uno dall’altro e devono assicurare un clima di collaborazione tra le diverse professionalità, indispensabile per prevenire il verificarsi di incidenti perioperatori e per la buona riuscita dell’intervento. La check-list operatoria contribuisce a rafforzare i processi di comunicazione, contrastando i possibili
68
Fondamentali in Chirurgia
fattori di fallimento. Da quando è stata introdotta, numerosi studi hanno dimostrato che l’implementazione dell’utilizzo della checklist operatoria è associata a una concomitante riduzione del tasso di mortalità e delle complicanze postoperatorie (18,19).
La mappatura di tutte le attività della sala operatoria, dal momento della presa in carico fino al ritorno in reparto, permette di individuare molteplici azioni, alcune uguali in tutte le Strutture, alcune invece legate all’organizzazione: queste azioni vanno correlate ai possibili errori che vi si possono associare. Una volta individuate le azioni e le possibili criticità, si potrà valutare l’eventuale gravità di un errore associato, la probabilità e la frequenza di accadimento e calcolare quindi l’IPR che farà da guida per identificare le priorità per le azioni preventive e correttive che l’Organizzazione deve applicare o implementare.
Con lo stesso metodo è possibile mappare tutte le fasi e le azioni previste in ogni fase del percorso chirurgico, dal momento della prima visita e dell’inserimento nelle liste di attesa fino alla dimissione con l’affidamento del paziente al medico curante e alla medicina del territorio.
Consenso informato e informazione
Nel dicembre del 2017, la legge 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” ha ribadito nell’art. 1 il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge, nel rispetto dei principi della costituzione (art. 2, 13 e 32) e della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Lo stesso articolo afferma il diritto di ogni persona: “di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile, riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.
Il consenso informato si conferma quindi come atto fondamentale da acquisire prima di qualsiasi intervento chirurgico o procedura terapeutica, per documentare la volontà del paziente di sottoporsi a quanto proposto dai Sanitari e che vi sia stata un’accurata informazione circa la sua condizione di salute, il tipo di intervento programmato, le possibili implicazioni e complicanze e le possibili alternative terapeutiche.
Nella medesima legge si ribadisce il valore che ha il consenso informato nel rafforzare rapporto di fiducia e cura che si instaura tra medico e paziente. Si afferma inoltre: “il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in for-