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4.3 L’apprendimento trasformativo

pedagogici è il conciliare la sottomissione alla costrizione legittima con la capacità di fare uso della propria libertà”. L’assoggettamento, infatti, prevede un atteggiamento passivo di uno dei membri della famiglia, nella maggior parte delle volte la prole. Una asservimento che comunque fino a non molto tempo fa aveva un ruolo educativo fondamentale, tanto che ha guidato fino ai giorni nostri l’evoluzione non solo della famiglia, ma dell’intera società moderna. Dall’obbedienza scaturiscono momenti di dialogo, a volte anche scontro, che rompono lo status quo delle situazioni e spesso migliorano la situazione di partenza. In quest’ultimo decennio, ad esempio, si sta assistendo ad una dipendenza inversa, cioè genitori andati in crisi a causa dei continui mutamenti tecnologici. Il potere che riveste il “sapere”, che una volta era custodito nell’atto stesso di essere genitore, oggi si sgretola davanti alle nuove tecnologie. Per dimostrare ciò basti porre a mente il fatto che sempre più frequentemente all’interno della famiglia si assiste ad un ruolo insostituibile da parte dei figli nel gestire l’evoluzione tecnologica. Non di rado osserviamo delle vere e proprie lezioni da parte dei figli ai genitori su come poter ottimizzare il lavoro con il proprio computer.

I genitori, afferma Norberto Galli, dovranno stipulare “un’intensa costruttiva con i figli che, senza scadere nel permissivismo e nell’autoritarismo, si serve del dialogo e della correzione, nonché della circolarità, con cui l’adulto prende atto delle istanze e dei motivi del minore per modificare il proprio modo di ragionare e d’interagire”51 .

Come ricorda Casotti “l’educazione dei figli è molto difficile, si dice e si ripete oggi su tutti i toni. L’educazione dei figli è molto facile, ribadirei io –l’autore-. Sì l’educazione dei figli è molto facile perché è fondata su due elementi che non possono mancare: l’imitazione (esempio) e la soggezione (obbedienza. Tutto questo affannare moderno sullo slogan conoscere i figli, sui diritti del bambino, ecc ha già di per sé una conseguenza deleteria per l’educazione. La nostra

51 Galli, N. (2010). Amore educativo e competenza, in Pedagogia e Vita, Bimestrale n-5-6 Settembre-dicembre, p. 13.

persuasione è che i principi pedagogici generali necessari a dirigere l’educazione dei figli siano pochi e semplici: comprensibili e applicabili da tutti, anche dai genitori illetterati”52 .

L’educazione quindi rappresenta, la “madre della famiglia”. Ecco, quindi, che se da un lato i principali attori dell’evoluzione famigliare restano comunque i genitori, dall’altro lato la sempre maggiore richiesta di efficienza sociale, culturale, politica ed economica chiama in causa la partecipazione attiva di tutti i suoi membri.

Solo in questo modo, a noi pare sia possibile, che, in un epoca in cui la complessità è ormai una metacategoria, la famiglia possa ridefinire il suo ruolo predominante di crescita armonica e responsabilmente competente.

D’accordo con P. Braido, si resta comunque dell’idea che “la funzione educativa e formativa è caratteristica della famiglia. Cioè non solo la famiglia (composta per vincolo dai parents e dai figli) è per natura istituzione educativa e formativa; ma la funzione educativa e formativa è quella che giustifica il costruirsi della famiglia in istituzione, distinguendola da qualsiasi altra: l’educazione crea la famiglia”53. Una famiglia che detiene la responsabilità educativa di ogni singolo soggetto e possessore dei diritti naturali di educare e formare.

Sostanzialmente, solo la famiglia possiede, aggiunge l’Autore, “la funzione educativa e formativa; le altre istituzioni, se la possiedono, vengono ad averla per delega, esplicita o implicita; per esse l’educazione e la formazione non sono, quindi, una funzione, ma un servizio. (...) non possono competere con la famiglia nel dividersi, in certo senso, le competenze educative. Esse le soddisfano in linea subordinata, come prolungamento della famiglia o in quanto collaborano con essa o la integrano o la sostituiscono”54 .

52 Casotti M. (1957). Educa la famiglia?. Brescia: La Scuola. 53 Braido P. (1967). Filosofia dell’educazione, Zurich: Pas-Verlag, p. 290. 54 Braido P. (1967). Filosofia dell’educazione. Hamburg: PAS-Verlag.

La realtà dell’educazione interna ed esterna alla famiglia, pur contrassegnata da profonde lacerazioni sociali, rappresenta comunque “il fondamento della convivenza democratica e della cultura occidentale, bene comune da tutelare e da promuovere per le generazioni future, ambito di analisi e prospettiva euristica della teorizzazione pedagogica” 55 .

55 Malvasi P. (2010), in IX Convegno di Scholé e le relazioni educative familiari nel dibattito pedagogico in Italia degli anni Sessanta, in Pedagogia e Vita, Bimestrale n-5-6 Settembre-dicembre, p. 13.

Cap 4. Principi sociali ed apprendimenti emozionali

Sotto l’epiteto “alfabetizzazione emozionale” risiedono, soprattutto nella sfera sociale, le abilità interpersonali ed il comportamento adattivo. Lacroix sensibilizza sul fatto che l’uomo ha l’obbligatorietà di guardare le emozioni come attributo fondamentale della sua umanità, chiave di accesso a quelle potenze che declamano originalità, apertura ed autonomia. L’uomo contemporaneo, afferma ancora il pedagogista personalista, è capace di emozionarsi molto, ma risulta privo di un sentire in profondità, assente cioè di quell’apertura al dialogo con sé e gli altri.

Ritornando al concetto di competenza emozionale, anche se attestiamo nella letteratura scientifica una difformità di definizioni e interpretazioni, per quello che concerne le “abilità sociali” - in quanto dipendi dal contesto culturale e dalla loro traduzione pragmatica e contestuale - è piuttosto facile intuire il significato olistico.

In generale, con il termine “competenze/abilità sociali” si può intendere la capacità/intelligenza di ogni persona a trasformare attivamente e funzionalmente le informazioni che trae dal contesto in cui vive e dalle relazioni che esso instaura con l’alterità, in modo che possano generare strategie e schemi cognitivi coerenti con la specificità sociale che è sempre situazionale.

Le abilità sociali sono basate su una serie di principi, che Rafael Yus Ramos e Pérez56 sintetizzano in nove costituenti:

a – traggono valenza dal modello comportamentista di John Watson, secondo cui il comportamento è una conseguenza di apprendimenti che si svolgono in un determinato ambiente;

56 Perez I. P. (1998). Las habilidades sociales en el marco de la orientacòn pedagògica, in Manual de Orientaciòn y Tutorìa, Barcellona: Praxis.

b – sono competenze acquisite attraverso l’esperienza, e mantenuti e/o modificati in base ai modelli di contingenza;

c - il rigore metodologico è legato ad un impiego di tecniche e strumenti adeguati;

d – oltre che un repertorio di tecniche, le abilità sociali sono intese come un procedimento psico-educativo di formazione, finalizzato sia all’acquisizione di nuove competenze, sia alla ricerca di nuovi apprendimenti;

e – l’elevata specificità situazionale, la flessibilità e la versatilità delle competenze sociali sono risposte a specifiche situazioni concrete.

L’efficacia del comportamento sociale dipende dal contesto entro cui si specificano le azioni;

f – appartengono alla sfera interpersonale;

g – sono orientate al conseguimento di determinati obiettivi, sia personali che collettivi;

h – al soggetto viene assegnato un ruolo di parte attiva al cambiamento, il ché comporta l’accettazione e la comprensione della natura umana ed individuale;

i - le procedure dovrebbero essere familiari e semplici.

Secondo Rafael Yus Ramos57 tradizionalmente le abilità sociali fanno riferimento:

- alle componenti comportamentali direttamente osservabili (espressione del viso, postura del corpo, parlare, ascoltare, etc.);

- alle partecipazioni alle interazione sociali (conversazioni);

57 Ramos R. Y. (2001). Educaciòn integral. Una educaciòn holìstica para el siglo XXI. Bilbao: Desclée.

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