21 minute read

35 Asma bronchiale................................................................ »

8) Miscellanea: molti farmaci con diversi meccanismi di azione vengono proposti in alternativa ai «vasodilatatori», ma anche questi non sembrano avere maggiore efficacia.  Cilostazolo Pletal cpr 100 mg Fripass cpr 50 mg e 100 mg Inibitore delle Fosfodiesterasi III (vedi cap 28 par 2) e antiaggregante. Approvato dalla FDA, è considerato il farmaco più efficace (Anderson, JACC 61, 1555; 2013). Dosaggio: 100 mg 30 min prima di colazione e cena (i cibi ad alto contenuto in grassi ne riducono l’assorbimento) (Kullo, Current Therapy 2018). Ottiene miglioramenti nel 40-80% dei casi con aumento del 50% della distanza di comparsa della claudicatio in 3-6 mesi. Le sue concentrazioni ematiche vengono aumentate dall’Eritromicina, Omeprazolo, Claritromicina, Fluoxetina, Diltiazem, Ketoconazolo e Itraconazolo (Kullo, Current Therapy 2018). Effetti collaterali significativi nel 20% dei pazienti: cefalea, palpitazioni, diarrea, capogiri, tachicardia, tossicità cardiovascolare. Controindicazioni: scompenso cardiaco (Anderson, JACC 61, 1555; 2013).  Pentoxifillina Trental cf 400-600 mg, f ev 100 mg. Determinerebbe un aumento dell’AMP ciclico degli eritrociti, un’aumentata flessibilità della membrana degli stessi, una diminuzione della viscosità e dell’aggregazione piastrinica. Da impiegare in associazione all’esercizio fisico e alla sospensione del fumo nei pazienti non chirurgici. Efficacia nel 15% dei casi con un aumento modesto (10%) della distanza di comparsa della claudicatio. Considerato come alternativa al Cilostazolo (Anderson, JACC 61,1555;2013). Effetti collaterali rari: nausea, vomito, vertigini, cefalea, agitazione, disturbi del sonno e cefalea. La Cimetidina e la Ciprofloxacina ne possono ridurre il metabolismo. Dosaggio: 200-400 mg tre volte/die nel primo mese e 400 mg tre volte/die successivamente (Anderson, JACC 61, 1555; 2013).  Naftidrofurile Praxilene cpr 200 mg, cf 100 mg. Impiegato alle dosi di 100-200 mg tre volte/die, in caso di claudicatio intermittente (Layden, BMJ 345: e4947;2012). Efficacia relativa. Effetti collaterali: nausea, dolore epigastrico, rash, danno epatico. Indicato come prima scelta secondo le linee guida NICE, con rivalutazione dopo 3-6 mesi (Peach, BMJ 345, e5208; 2012).  Altri farmaci impiegabili sono il Ginkgo Biloba 120-160 mg/die (vedi prontuario erboristico), Arginina 3 g/8h, Levocarnitina 1-2 g/12h. 9) Terapia chirurgica: Oggi l’angioplastica (vedi cap 25) è, quando possibile, di prima scelta e l’intervento chirurgico viene riservato ai pazienti non altrimenti trattabili (Kullo, Current Therapy 2018), in caso di segni di perdita di tessuto, esordio improvviso o peggioramento dei sintomi. Buoni risultati nei casi con lesioni prossimali, circoscritte e con un buon run off (Feldman, Current Therapy 2013).

Tab. 33.1.1 Indicazioni al trattamento chirurgico

(Curci, The Wash. Manual of Surg. 2005)

 disturbi trofici  claudicatio invalidante  dolori a riposo  embolie periferiche  gangrena  sintomatologia progressiva

Il bypass aorto-bifemorale ha una pervietà a 10 anni nel 90% dei casi mentre quello femoro-popliteo ha una pervietà solo nell’85% a 5 anni (Peach, BMJ 345, e5208; 2012). Per gli axillo-bifemorali la pervietà a 5 anni è del 60-80%, riservato quindi ai pazienti ad alto rischio con minore aspettativa di vita (Layden, BMJ 345: e4947;2012). Endoarterectomia in casi selezionati (Kullo, Current Therapy 2018). La Simpaticectomia, la stimolazione midollare e l’uso di prostanoidi è poco efficace e viene riservata ai casi con disturbi trofici non altrimenti trattabili.

2. MORBO DI BUERGER

 Sospensione assoluta del fumo, il 90% dei pazienti che smettono evitano future amputazioni. Evitare traumi, esposizione al freddo, infezioni locali e farmaci tipo β bloccanti o derivati ergotaminici.  Terapia medica: vedi par prec. Il 40% dei pazienti presenta il fenomeno di Raynaud (vedi par 4).  Antinfiammatori, sia Cortisonici (vedi cap 13) sia non steroidei tipo Aspirina, Indometacina (vedi cap 3).  Prostaglandine, tipo Iloprost Endoprost o Alprostadil Alprostar (vedi cap 20). Sarebbero utili per eliminare le manifestazioni vasospastiche a favore dei circoli collaterali. I sintomi si riducono, ma non è certa la riduzione delle amputazioni.  Sotto studio il fattore di crescita vascolare endoteliale.  Simpaticectomia per ridurre le manifestazioni vasospastiche associate e favorire i circoli collaterali e ridurre i dolori.

3. EMBOLIA DEGLI ARTI

 La terapia chirurgica, consistente in Embolectomia con catetere di Fogarty, è il trattamento di elezione e non ha controindicazioni dato che può essere fatto anche in anestesia locale. I risultati ottenuti sono di molto superiori a quelli ottenibili con la terapia medica conservativa. Di grande importanza è la precocità di questo trattamento, infatti dopo 6-8h di ischemia completa la possibilità di successo diminuisce notevolmente e una volta che si è instaurata una necrosi tissutale c’è il rischio, rivascolarizzando l’arto, di una sindrome di rivascolarizzazione con possibile insufficienza renale acuta secondaria.  Trattamento della malattia di base (es stenosi mitralica embolizzante). Nel 90% dei casi è presente una fibrillazione atriale.  Caso per caso il terapeuta valuterà la possibilità di instaurare una terapia anticoagulante o fibrinolitica o antiaggregante. La terapia fibrinolitica (vedi cap 10) è efficace nel 50-80% dei casi, purché sia iniziata entro 48h dall’insorgenza. È indicata solo se la chirurgia è controindicata e non vi sono controindicazioni al suo impiego (Layden, BMJ 345: e4947; 2012). Nel caso di trombosi, subito Eparina (Creager, NEJM 366, 2198; 2012). Dato che la chirurgia ha risultati scadenti e il paziente ha circoli collaterali, la fibrinolisi è di prima scelta (con efficacia nel 50-80% dei casi) mentre nel caso di embolia è di seconda scelta rispetto alla chirurgia. La rivascolarizzazione endovascolare con fibrinolisi si è dimostrata efficace. Da effettuare entro 12 ore dall’insorgenza dell’ischemia o entro 2 settimane dalla comparsa di sintomi (Creager, NEJM 366, 2198; 2012). Da evitare in caso di arto non vitale, in presenza di infezioni o di controindicazioni alla trombolisi. Per la trattazione dei farmaci vedi cap 10. Utile, in alcuni casi, la tromboembolectomia percutanea in aspirazione con attenta osservazione postoperatoria per la possibilità di riperfusione incompleta dell’arto. Dopo la procedura utilizzare l’Eparina. Utili, in caso di vasospasmi, vasodilatatori come nitrati o papaverina. Nel caso di rivascolarizzazioni tardive (> 6h) associate a necrosi vi è il rischio di sindrome da rivascolarizzazione, legata alla sindrome compartimentale, rabdomiolisi con conseguente mioglobinuria e insufficienza renale acuta con iperpotassiemia. In tali casi è consigliabile aspirare e lavare i primi 500 mL reflui dall’arto rivascolarizzato, forzare la diuresi e somministrare bicarbonato. Nei casi più gravi utile la fasciotomia chirurgica al fine di prevenire danni neurologici o a carico dei tessuti molli.

4. FENOMENO E MORBO DI RAYNAUD

 Rassicurare il paziente sulla natura funzionale del disturbo.  Ricerca ed eventuale rimozione delle cause (in caso di fenomeno di Raynaud), es costa cervicale, l’uso di martello pneumatico ecc.  Evitare l’esposizione al freddo (è indubbiamente il provvedimento terapeutico più efficace), il fumo, i β bloccanti, i contraccettivi orali, i derivati ergotaminici e gli agonisti dei recettori della Serotonina.  Manovre proposte sono mettere le mani sotto le ascelle, perché di solito più calde, oppure sollevare le braccia poco sopra le spalle e ruotarle, facilitando per forza centrifuga la diffusione del sangue in periferia (Goundry, BMJ 344, 289; 2012). Evitare di portare buste della spesa per le impugnature perché riducono la vascolarizzazione delle dita (Goundry, BMJ 344, 289; 2012).

Terapia farmacologica

 Calcioantagonisti, sono i più impiegati (vedi cap 5): Nifedipina 10-20 mg/8h, Amlodipina 5-20 mg/die.  Nitroglicerina in pomata all’1%, localmente ogni 8 ore, in associazione alla terapia simpaticolitica specie in caso di ulcere (vedi cap 25).  Inibitori della fosfodiesterasi 5: Sildenafil, Tadalafil e Vardenafil sembrano efficaci (Goundry, BMJ 344, 289; 2012).  Antiossidanti: N-acetilcisteina sembra utile.  α bloccanti tipo Doxazosin (vedi cap 32).  Gli ARB sembrano utili ma non gli ACE-inibitori.  Sembra che l’eradicazione dell’Helicobacter pylori riduca gli attacchi ma è da confermare.  Antiagonisti del recettore dell’endotelina, come il Bosentan, sono consigliati nei casi refrattari ai calcioantagonisti e alle prostaglandine (Goundry, BMJ 344, 289; 2012).  Prostaglandine ev per i casi più gravi di ulcerazioni. Epoprostenolo 0,5 ng/Kg/min o Alprostadil 0,1-0,4 µg/Kg/min o Iloprost 0,5-2 ng/Kg/min, tutti per 6-24h per 2-5 gg.  Sembra utile il Gingko Biloba (Goundry, BMJ 344, 289; 2012).  Sotto studio la tossina botulinica e gli ISRS .  Le statine sembrano utili (Goundry, BMJ 344, 289; 2012).  Simpaticectomia periferica ma non cervicale da riservare ai casi con gravi disturbi trofici, che non rispondono ai provvedimenti sopra citati, perché è gravata da un’alta percentuale di recidive.

5. ANEURISMA DELL’AORTA ADDOMINALE

 Per approfondire Metcalfe, BMJ 342, 1384; 2011 Consigliabile uno screening negli uomini > 65aa,

Aspetti Clinici 33.5.1 dove è presente nel 5-7%, soprattutto se fumatori o ex fumatori, meno evidenti i vantaggi nelle donne (Pignone, Current Med. Diag. Treat. 2011) o nei pazienti >60 aa, con familiarità per aneurismi (Neschis, Current Therapy 2018). La prognosi e quindi l’indicazione chirurgica sono in funzione del diametro JAMA trasverso (normale è ≈ 2 cm, > 3 cm è aneurismatica) http://com4pub.com/ e dalla rapidità di crescita (Metcalfe, BMJ 342, 138; qr/?id=291 2011). La rottura a un anno è dell’1% per gli aneurismi del diametro < 5 cm, tra 5-6 cm del 6%, per quelli compresi tra 6 e 7 cm del 20%, per quelli di 7-8 cm del 30%, > 8 cm del > 40% (Neschis, Current Therapy 2018). In 5 anni si rompono il 25% degli aneurismi con diametro < 6 cm, il 35% di quelli < 7 cm ed il 75% di quelli > 7 cm. L’unico fattore di rischio, perché aumenta la velocità di crescita, è il fumo (Neschis, Current Therapy 2017), associato con il deterioramento

delle proprietà elastiche dell’aorta (Pignone, Current Med. Diag. Treat. 2011). Utile il controllo dei valori pressori. I β bloccanti non sembrano avere un effetto particolarmente protettivo sull’espansione aneurismatica e, per gli effetti collaterali, hanno bassa compliance, consigliati solo in casi selezionati (Metcalfe, BMJ 342, 138; 2011). Sembrano utili le statine e l’Aspirina. Indicato il trattamento chirurgico per gli aneurismi toracico o toracoaddominale se > 6 cm , e per gli aneurismi addominali infrarenali se > 5,5 cm o > 5,2 cm se ad alto rischio di rottura come nelle donne (Neschis, Current Therapy 2017). Nei casi con diametro tra 4.0-5.4 cm sono consigliati controlli almeno ogni 6-12 mesi (Anderson, JACC 61, 1555; 2013). Negli aneurismi iliaci l’indicazione chirurgica è > 3 cm. Negli interventi chirurgici d’elezione la mortalità operatoria è del 2-5% per il tratto addominale e sale al 5-10% per il tratto toraco-addominale, con rischio di paraplegia nel 5-15%. Un’eventuale patologia coronarica o carotidea, associata in oltre l’80% dei casi, andrà investigata e trattata prima dell’aneurismectomia. Un’eventuale patologia ostruttiva delle renali o delle mesenteriche, associata nel 20% dei casi, andrà trattata contestualmente. In interventi d’urgenza, tenendo presente che solo il 48% arriva vivo in ospedale, la mortalità chirurgica è > 80% (Metcalfe, BMJ 342, 138; 2011). Utile l’impiego di endoprotesi inserite per via percutanea in anestesia epidurale perché la mortalità a breve e medio termine è ridotta rispetto alla chirurgia tradizionale, ma andrebbe eseguito preferibilmente in centri con alti volumi (> 50 pazienti anno) (Metcalfe, BMJ 342, 138; 2011). Il 6%/anno dei casi richiedono reintervento per migrazione, non perfetto funzionamento (endoleak, raccolte ematiche fra protesi e aneurisma), occlusioni (es art. ipogastrica con ischemia pelvica in caso di circoli collaterali controlaterali), inginocchiamenti o trombosi. Alcuni endoleak possono risolversi spontaneamente durante i primi 6 mesi. Per un corretto posizionamento occorre che la parte prossimale abbia un diametro di 18-28 mm, una lunghezza > 15 mm e angolo dell’aorta con l’aneurisma < 45°. Nel 5% dei casi si può verificare una “endotension” cioè una crescita dell’aneurisma anche in assenza di un endoleak.

Tab. 33.5.1 Endoleaks e

Tipo I Legato ai punti di aggancio prossimali o distali Tipo II Causato dal flusso retrogrado (Es art. lombari, mesenteriche inf., renali accessorie, ipogastrica) Tipo III Legata all’integrità del device o alla separazione dei sistemi modulari o all’inadeguata sovrapposizione dei 2 stents o mancata adesione per crescita dell’aneurisma Tipo IV Legata alla porosità o ai buchi di sutura del Dacron

Prognosi

>80% si chiudono entro 6 mesi se persistenti → trattamento 20-30% si risolvono spontanea mente, intervento solo se c’è crescita dell’aneurisma Intervenire subito

Se persistono oltre 48h sono considerati tipo III

6. ANEURISMA DISSECANTE DELL’AORTA

 Per approfondire Thrumurthy, BMJ 344, 8290; 2011 È una delle più gravi patologie a carico dell’aorta. Gli aneurismi dell’aorta ascendente possono rompersi o dissecarsi. Il rischio di dissezione anno è del 5% se > 5,5 cm e dell’8% se > 6 cm (Neschis, Current Therapy 2018). Indicazione all’intervento preventivo è un diametro > 5,5 cm, > 5 cm in caso di altra patologia cardiaca o valvola aortica biscupide e > 4,5 cm in caso di Marfan (Mahapatra, Current Therapy 2010). Indicazione all’intervento sull’aorta toracica discendente nei diametri > 6 cm. Oggi viene impiegata la classificazione della Stanford University che, indipendentemente dalla porta di ingresso della dissezione, ne prevede 2 tipi, A e B; in base al tipo

di dissezione cambia l’approccio terapeutico. La terapia dell’ipertensione (vedi cap 32), volta a mantenere una pressione media di 60-75 mmHg, resta comunque fondamentale per entrambi. Tipo A (coinvolgente l’aorta ascendente): la mortalità con solo terapia medica è molto elevata (50% nelle prime 48h, 75% nelle prime 2 settimane e 90% entro il primo mese), si ricorre quindi abitualmente all’intervento in emergenza (Thrumurthy, BMJ 344, 8290; 2011). I β bloccanti ev per brevi periodi possono ritardare un’eventuale rottura, in alternativa calcioantagonisti o sodio nitroprussiato. Abitualmente l’intervento consiste nella riparazione dell’eventuale insufficienza aortica e nella sostituzione della sola aorta ascendente, ha lo scopo di rimuovere soltanto le 3 cause più frequenti di morte: l’insufficienza aortica acuta, l’occlusione coronarica e la rottura intrapericardica. Nell’85% dei casi non è coinvolta solo l’aorta ascendente per cui, sostituendo solo l’aorta ascendente, si esegue un intervento palliativo che trasforma una dissezione del tipo A in una del tipo B a miglior prognosi. Tipo B (non coinvolgente l’aorta ascendente): in questo caso si preferisce la terapia medica ipotensiva, in particolare β bloccanti, o i calcioantagonisti come 2a scelta, puntando a una pressione sistolica < 100 mmHg con risultati simili a quelli ottenibili con l’intervento chirurgico (mortalità 20-40%) (Thrumurthy, BMJ 344, 8290; 2011). Preferibili le endoprotesi inserite per via percutanea, che stanno divenendo il trattamento di scelta. Nel 50% dei casi il paziente viene intubato e mantenuto in respirazione artificiale per 5-7 gg. L’intervento chirurgico, che si esegue nel 15% dei casi, viene riservato alle complicanze: ischemia di un vaso viscerale, dolori persistenti nonostante terapia, ipertensione refrattaria da pseudocoartazione, rottura ecc. Nel caso di ischemia di un arto inferiore è preferibile un semplice bypass extra-anatomico femoro-femorale senza intervenire sulla dissezione stessa. Nei tipi B cronicizzati, in cui tendono ad aumentare le dimensioni aneurismatiche, si può ipotizzare un intervento chirurgico aperto o forse meglio endoprotesico in elezione (Thrumurthy, BMJ 344, 8290; 2011). Consigliabile comunque in tutti i casi la terapia antiipertensiva con target <80/120 mmHg e RMN di follow up stretto soprattutto nel primo anno (Thrumurthy, BMJ 344, 8290; 2011). Rottura traumatica dell’aorta: 80% non arriva in ospedale, dei restanti il 50% muore entro 24h e il 25% in 2 sett. Trattamento chirurgico o endoprotesico è fondamentale, accompagnato da una terapia ipotensiva

7. VARICI

Aspetti Clinici 33.7.1  Per approfondire Metcalfe, BMJ 342, 138; 2011  Evitare tutti quei farmaci che possono favorire l’insorgenza (es i contraccettivi).  Consigliare calo ponderale e una moderata attività fisica. Evitare la stazione eretta prolungata. Sollevare gli arti sopra il livello del cuore 3-4 volte/die per 30 min.

JAMA http://com4pub.com/  Supporti elastici: calze elastiche (15-60 mm Hg) qr/?id=292 fino al ginocchio escluso o stivali elasticizzati, rappresentano il miglior trattamento non chirurgico, anche se la compliance va dal 35 al 70%. Pressioni ≤ 30 mmHg sono utili per l’edema, > 30 mmHg anche per le ulcere e quando l’ulcera guarisce le calze dovrebbero essere portate a vita.  In caso di edema: dieta iposodica e diuretici.  In caso di ulcera trofica: riposo assoluto a letto. Il 50% richiede interventi più aggressivi come il trapianto di cute o chirurgia dell’insufficienza venosa. Sconsigliati agenti topici e antibiotici per lunghi periodi.  Fleboprotettori: vengono largamente impiegati, anche se la loro azione sulle vene varicose è praticamente nulla.  Sclerosanti: non tutti gli Autori sono concordi sul loro uso, tuttavia quando

vengono impiegati devono rap- Fig. 33.7.1 Pressione intravenosa a riposo presentare un completamento e durante deambulazione dell’intervento chirurgico e non (Pack, Current Surg. Diag. & Treat. 2003) un atto alternativo, anche se oggi vengono utilizzate più frequentemente tecniche mininvasive, come la scleroterapia eco-guidata con schiuma. Recentemente, la

FDA ha approvato una formulazione in schiuma iniettabile dell’agente sclerosante Polidocanolo Varithena (non disponibile in Italia) per il trattamento delle vene incompetenti e delle varici visibili del sistema della vena grande safena (The Med. Letter 20; 2015). I rischi associati all’uso del Polidocanolo sono rappresentati da trombosi, ematoma, dolore nel sito di iniezione; nel caso di stravaso potrebbe osservarsi ischemia, necrosi o gangrena. Uso vietato in gravidanza (The Med. Letter 20; 2015).  Terapia chirurgica: viene oggi personalizzata e diversificata caso per caso. Di 1a scelta l’ablazione endovenosa con radiofrequenza o con laser della safena (Marsden, BMJ 347, f4279; 2013). Disponibile inoltre una procedura che utilizza un catetere eco-guidato per iniettare un adesivo di cianoacrilato nella vena al fine di sigillarla (The Med. Letter 20; 2015).

Queste tecniche sono normalmente associate a una rapida ripresa e a un numero di complicanze inferiore rispetto alla chirurgia convenzionale, che prevede la legatura e lo stripping della vena (The Med. Letter 20; 2015). Le indicazioni sono: dolori disabilitanti, tromboflebiti superficiali recidivanti e alterazione della cute. Sotto studio lo stent delle vene iliache.

8. TROMBOFLEBITI E FLEBOTROMBOSI

 Nelle flebiti superficiali le strategie terapeutiche devono includere sollievo sintomatico, limitazione Aspetti Clinici 33.8.1 dell’estensione della trombosi e, molto importante, riduzione del rischio di embolia polmonare (Nash, BMJ 350, h2039; 2015). Verrà incoraggiata la deambulazione, risulteranno utili i FANS e i supporti elastici a compressione graduata mentre gli anticoagulanti non sono necessari. Abitualmente si ha risoluzione in JAMA 7-10 gg. L’uso profilattico di Fondaparinux per 45 gg sembra essere una valida opzione terapeutica; non ci http://com4pub.com/ qr/?id=293 sono tuttavia sufficienti evidenze per definirne l’uso come linea guida (Nash, BMJ 350, h2039; 2015). Tuttavia, se il trombo si estende alle giunzioni safeno-poplitee, può essere indicato l’uso profilattico di eparina a basso peso molecolare (Nash, BMJ 350, h2039; 2015). Dato che il 30% delle tromboflebiti superficiali degli arti inferiori non trattate si associa a una trombosi profonda e il 2-4% a una embolia polmonare, può essere opportuno, nei casi che durano oltre 2 settimane o che recidivano, legare o asportare in anestesia locale la vena interessata. L’intervento chirurgico può essere una scelta se l’anticoagulazione è controindicata o non tollerata, ma può aggravare il rischio di tromboembolismo venoso.  Nelle flebiti profonde si potrà permettere la deambulazione non prima di 3-5 gg o 10-14 gg se pelvica, quando il trombo è ormai adeso, i sintomi locali nettamente migliorati o scomparsi, non è più presente edema ed è stata iniziata la terapia anticoagulante. Alcuni Autori mobilizzano molto più precocemente, dopo aver posto delle fasciature compressive.

 Riposo è consigliabile sempre, tranne nelle forme superficiali. Il paziente potrà camminare ma dovrà, tuttavia, evitare la posizione in piedi o seduta con arto declive. Se c’è edema, le gambe andranno tenute sollevate, con le ginocchia flesse di 20º per evitare ostruzione della vena poplitea.  Impacchi caldo-umidi.  Antinfiammatori (vedi cap 3). Sono particolarmente utili nelle forme superficiali dove non sono indicati i dicumarolici. Prevalentemente usati a scopo sintomatico, riducono l’estensione di tromboflebite superficiale e la sua ricorrenza, ma non hanno alcun effetto sull’incidenza di tromboembolia venosa (Nash, BMJ 350, h2039; 2015). Es: Voltaren 2-3 cps o supp die o Feldene 20 mg/die.  Diuretici (vedi cap 9). Da usare solo in caso di edema.  Anticoagulanti (vedi cap 10). Riducono dell’80% il rischio di embolia polmonare, di estensione del trombo e di recidive. Le Eparine a basso peso molecolare (vedi cap 10 par 1) sono di scelta perché sono altrettanto efficaci, provocano in minor misura trombocitopenie e sono più maneggevoli. Utile è l’Eparina alla dose di 80 U/Kg seguita da 18 U/Kg/h per 7-10 gg mantenendo il PTT a valori pari a due volte la norma e associata dopo 2-5 gg ai dicumarolici, da continuare per 6 mesi se si tratta del primo episodio, per 12 mesi se è il secondo e a vita se si tratta del terzo episodio. L’INR target è di 2-3; sembrano efficaci anche valori di 1,5-2, anche se non tutti concordano. Non lisano i trombi ma ne interrompono la propagazione (Wakefield, Current Therapy 2018). Nel caso di stati Trombofilici (vedi cap 49 par 5) è probabilmente preferibile una terapia per tutta la vita. Il Fondaparinux, di recente introduzione, è efficace nel ridurre i sintomi di tromboflebite superficiale, così come nel ridurre il rischio di estensione tromboflebite superficiale (Nash, BMJ 350, h2039; 2015). Non ci sono confronti diretti sulla superiorità del Fondaparinux con l’eparina a basso peso molecolare per cui non ci sono raccomandazioni solide per quanto riguarda la durata del trattamento e l’efficacia a lungo termine della terapia anticoagulante nei pazienti con isolati tromboflebite superficiale (Nash, BMJ 350, h2039; 2015). I Fibrinolitici favoriscono la lisi del trombo e sono indicati nel 10% dei casi con risposta positiva nel 50%. Sono indicati nei casi più impegnati, tipo la flegmasia cerulea dolens e la trombosi ascellare da sforzo purché in pazienti < 60 anni, a basso rischio di emorragie, con sintomi da meno di una settimana dato che non c’è certezza che la dissoluzione del trombo migliori i risultati a distanza. Es rTPA 5-10 mg seguiti da 0,05 mg/Kg/h al primo episodio di trombosi profonda ed entro 7 giorni dall’insorgenza. Date le numerose controindicazioni la loro utilità è relativa dato che non vi sono prove che siano più efficaci dei dicumarolici nel prevenire le embolie polmonari e nel ridurre le sindromi post-flebitiche, non tutti concordano ritenendo che realizzano solo una riduzione delle sequele. Nel caso di trombosi ileo-femorali sembra utile la somministrazione direttamente a livello del trombo. Sospendere se dopo 24h non ci sono risultati.  Trombectomia. Viene eseguita in caso di trombosi ileo-femorale se i fibrinolitici sono controindicati. Dà risultati deludenti (risultati positivi solo nel 50% dei casi) anche se fatta entro 2 giorni, sarebbe meglio entro 24h dall’insorgenza dei sintomi e se seguita da una terapia anticoagulante ben condotta. Associando alla Trombectomia la creazione di una fistola arteriosa, per aumentare il flusso, forse si hanno risultati migliori. Indicazioni: solo i casi più gravi, come la phlegmasia caerulea dolens e alba dolens con pericolo di gangrena.  Ombrello cavale (vedi cap 37). Può essere utile quando gli anticoagulanti sono controindicati o nelle recidive. I risultati a breve termine sono positivi ma a 2 anni non offre vantaggi. Utili filtri temporanei (< 14 gg) in situazioni a rischio reversibile.  Nei casi di edema importante sottofasciale con disturbi trofici è indicata la Fasciotomia.  Quando il paziente, dopo una tromboflebite profonda degli arti inferiori,

inizia ad alzarsi, deve munirsi di supporti elastici a compressione graduale (da portare per 6-24 mesi) e nei casi più gravi di stivaletti di colla di zinco (da portare per 20 gg) che riducono l’incidenza della sindrome post-flebitica.  Profilassi secondaria. Nel caso faccia seguito all’episodio acuto una sindrome post-flebitica, il paziente dovrà prestare particolare cura all’igiene della cute, evitare traumi, evitare la stazione eretta per quanto possibile, fare uso di supporti elastici fino al ginocchio, eventualmente diuretici e dicumarolici per 6 mesi e in caso di recidive per 12 mesi o per tutta la vita. Mantenere l’INR tra 2 e 3 è preferibile rispetto a 1,5-1,9. Il 25% delle trombosi femoropoplitee determina delle embolie polmonari asintomatiche. Un’eventuale legatura della vena femorale sotto l’origine della profonda è abitualmente ben tollerata grazie al circolo collaterale. I risultati della terapia chirurgica sono spesso deludenti. Le ulcere varicose trofiche, che rappresentano l’80% delle ulcere degli arti inferiori, vengono trattate con i presidi sopra ricordati, igiene locale, arto elevato di notte e supporti elastici (vedi par 7), ma è stato anche proposto il fattore di crescita ricombinante piastrinico Becaplermin in gel allo 0,01% Regranex (non in commercio in Italia), il Metronidazolo gel, la Mupirocina locale e per os Pentoxifillina Trental 800 mg/8h. Sistemi di compressione multicomponenti sono più efficaci se applicati per 24h/die (Vangent, BMJ 342, 6045; 2010). Nessun tipo di medicazione della ferita mostra una particolare superiorità (Vangent, BMJ 342, 6045; 2010). Nei casi più gravi si può ricorrere a patch di pelle umana allogenica fatti con cheratinociti e fibroblasti. Quando è presente un’insufficienza venosa superficiale, 40% dei casi, è consigliata la safenectomia o la scleroterapia. A guarigione avvenuta è consigliata una terapia compressiva per evitare recidive.

9. TROMBOSI VENOSA DEL VIAGGIATORE

Ricordare che la sintomatologia di solito inizia, non durante il viaggio, ma 3 gg dopo e anche fino a 2 sett dopo (Giangrande, Current Therapy 2010). L’incidenza è di 0,4 casi / milione di passeggeri per viaggi di oltre 5.000 Km e 5 casi/milione di passeggeri per quelli di oltre 10.000 Km o viaggi di 4-8h senza scalo (Chary, Current Therapy 2010). L’immobilità favorisce la stasi nelle vene profonde delle gambe, sono quindi consigliabili esercizi fisici degli arti inferiori e, appena possibile, camminare almeno ogni 30-60 min. Indossare scarpe comode ed evitare costrizioni alle gambe. Utili calze graduate anche sotto il ginocchio (Chary, Current Therapy 2010). Non accavallare le gambe. Bere abbondantemente, contenere l’ingestione di alcool e sedativi (Chary, Current Therapy 2010). Se sono presenti fattori di rischio (età > 50 anni, obesità con BMI >30, gravidanza, carcinomi, trombofilie, policitemia, chirurgia recente ecc) sono consigliati i collant (20-30 mmHg). Nel caso di terapie ormonali, infarti recenti è consigliabile dell’Aspirina, anche se non tutti la ritengono sufficiente. Nel caso di precedenti episodi sono consigliate le eparine a basso peso molecolare (vedi cap 10). Episodi di trombosi possono controindicare terapie anticoncezionali o ormonali sostitutive nel futuro.

10. TROMBOSI DELLA VENA SUCCLAVIA

Rappresenta l’1-2% di tutte le trombosi venose. Può essere correlata a uno sforzo, traumi, stati ipercoagulativi, inserimento di cateteri o pace-makers, infezioni, stasi cardiaca o sindrome nefrosica. Terapia iniziale: eparine a basso peso molecolare e Fondaparinux per 5gg e fino a un INR >2 per 2gg consecutivi. I risultati possono essere migliorati con l’associazione dei dicumarolici nei primi 5-7 gg. In alcuni casi si rende necessaria l’asportazione della prima costa comprimente la vena.

11. LINFEDEMA

This article is from: