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modalità di tale interazione nel tempo. Ma la loro costanza strutturale, legata alla capacità di previsione razionale degli effetti interattivi dei molteplici fenomeni sociali, non può costituire una vera storia spirituale, cioè un autentico percorso di libertà che solo la coscienza affronta in quanto responsabile di fronte al suo modello trascendente. Se dunque il fine dei corpi politici è sopravvivere, il fine di ogni storia spirituale è di salvare l‟anima, e in tal senso la storia spirituale è sempre un racconto di salvezza, la soterìa di un‟anima. Rispetto all‟immagine genetica unitaria del processo naturalistico delle cose indicato dal nomen, la storia spirituale non è soggetta a ripetizione del sempre uguale, ossia non è vincolata dalla impersonale necessità, ma è lasciata al libero sviluppo della trama. La libertà spirituale non consiste nel negare la natura, come se tra spirito e natura ci fosse agonismo dialettico, impossibile tra entità eterogenee, ma nella scelta dell‟ in-possibile anziché del necessario, ossia del dovuto secondo la norma regolare. Il dovere è la possibilità d‟essere ciò che è attuale, laddove l‟in-possibile è l‟apertura verso l‟in-determinato, l‟in-previsto, e dunque verso la condizione non strutturata, non sistematizzata, non regolamentata. La fede cristiana, che “smuove le montagne”, contraddice il brocardo giurisprudenziale per cui “Ad impossibilia nemo tenetur”. La fede infatti consiste in questa in-possibilità, e cioè nella scelta della risoluzione della possibilità non pre-determinata. La libera scelta d‟essere ciò che non-è-attuale non è un evento assoluto, non nasce ex nihilo, ma dalle condizioni d‟essere di ciò che è. Essa sceglie però, entro la condizione d‟essere di ciò che è, la possibilità non necessaria, non vincolata ad alcuna pre-determinazione o pre-visione del suo processo necessario. Essendo diversa dalla determinazione necessaria secondo il processo fisiologico degli eventi naturali, „azione di libertà è intrinsecamente anti-economica, prescindendo il suo  da ogni considerazione di opportunità. L‟atto di libertà è in-opportuno e perciò intrinsecamente creativo, in-prevedibile. Da qui l‟ostracismo platonico dalla Repubblica dei sapienti. Ma da qui anche la stretta attinenza della libertà con il Mistero della fede. In-prevedibile è infatti ciò che non è socializzato e quindi sfugge al Potere di Cesare. La libertà dell‟uomo dunque appartiene a Dio. Ma qual è il luogo della libertà in cui l‟uomo appartiene a Dio? Abbiamo visto che l‟essere delle immagini è il “sensibile”, che interpone tra la realtà esterna e la coscienza razionale del soggetto la 110

mediazione del fenomeno esperibile ai sensi, di ciò-che-appare (), ossia appunto la “immagine”.243 Tale spazio intermedio (), immaginifico, si costituisce come una dimensione “non spaziale”,244 riflessiva in senso speculare, in cui cioè si riflette la forma corporea dell‟altro. La alterità dell‟immagine crea un rapporto indissolubile con l‟altro riflesso che lo rende indispensabile. Se nel rapporto politico l‟altro è opzionabile, potendo essere amico ovvero nemico del soggetto di coscienza, nel rapporto immaginifico l‟altro non può essere evitato dalla coscienza riflessiva, che lo pone così come appare, nella sua oggettività fenomenica. I processi fenomenologici della coscienza hanno pertanto come oggetto, non le cose nella loro nuda esistenza corporea, ma il loro riflesso fenomenico, la loro immagine. Se pensiamo alla libertà umana come lo speculum in cui si riflette l‟immagine di Dio, ogni immagine riflette Dio, in modo diverso a seconda della possibilità della Sua ricezione speculare, essendo ogni uomo diverso uno specchio diverso; ma, nel contempo, Dio rimane lo stesso Uno. La libertà è lo spazio della possibilità inerente al riflesso singolare che l’uomo ha di Dio,Uno immutabile ed eterno. Orbene, lo spazio della libertà, riflettendo l‟unità di Dio nella coscienza attraverso una immagine speculare in-dissolubile del suo oggetto divino, include nel suo orizzonte di coscienza anche la necessità, ossia quella dimensione naturale che in senso logico il livello razionale di coscienza tende a distinguere dalla libertà contrapponendovela esclusivamente. E dunque lo spazio della libertà, in cui l‟uomo riflette l‟immagine di Dio, è uno spazio inclusivo, anziché esclusivo, e pertanto è possibile costruire entro il suo orizzonte un rapporto agapico, radicalmente diverso dal rapporto proprio allo spazio politico, razionalmente esclusivo. Ciò comporta che lo spazio inclusivo della libertà coincida appunto con lo spazio spirituale della relazione agapica dove l‟uomo, incontrando Dio riflesso in ogni altro uomo, vede Dio nell‟altro come Suo riflesso, come Sua immagine. Ovunque l‟uomo veda il riflesso di Dio nell‟altro uomo, costituisce una .

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243 E. Coccia, La vita sensibile, cit., pagg. 31 sgg. 244 Ivi, pag. 51.

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Ma qual è l‟immagine di Dio che si riflette nello specchio della libertà spirituale dell‟uomo? In altri termini, qual è la forma naturale che Dio ha assunto per apparire all‟uomo come fenomeno umano? Quella immagine naturale ed umana di Dio è Gesù il Cristo, il Fenomeno di Dio esperibile all‟uomo, il . L‟atto di libertà con il quale l‟uomo de-libera di costituirsi come immagine di Dio riconoscendola in quella riflessa in ogni uomo, è la deliberazione () spirituale, agapicamente inclusiva dell‟altro come immagine di Dio nel proprio orizzonte di coscienza. Tale atto di libertà è il modo proprio in cui l‟uomo imita Dio, anziché Cesare, il cui operato politico consiste nel de-cidere esclusivamente se l‟altro sia amico o nemico. La de-liberazione () è l‟atto spirituale con cui l‟uomo inpolitico riconosce l‟immagine di Dio riflessa nell‟altro uomo. L‟unità ricercata dalla ragione attraverso la politica è lo Stato come persona giuridica, la cui unità si costituisce attraverso l‟astrazione di ogni singolarità dei suoi membri, accomunati logicamente dalla appartenenza politica, che è la cittadinanza. Il soggetto della ragione politica è il cittadino, la persona giuridica in cui si riflette la persona dello Stato. La personalità giuridica del cittadino, riflettendo l‟immagine astratta dello Stato, è essa stessa astratta dalla sua realtà esistenziale. Ed è su questa astratta realtà che lo Stato razionale costruisce le sue finzioni giuridiche e determina col suo sistematico Potere la vita dei suoi membri-cittadini. Una vita esclusivamente politica, cioè razionalizzata in senso astrattamente politico. Rispetto alla immagine spirituale dell‟uomo quale riflesso di Dio, la sua astratta immagine politica,quale riflesso dello Stato, è radicalmente diversa, non semplicemente opposta in senso dialettico. Le due immagini nn sono dialettizzabili, in quanto quella di Dio, per quanto definita in Cristo, è in-finita n sé e nella destinazione singolare universale, mentre quella dello Stato è intrinsecamente finita e de-finita entro lo spazio geografico del suo Potere, che, come lo spazio che lo definisce, non può essere trasceso, al pari della sua finitezza. La forma che non può essere trascesa è quella naturale in senso genetico-trascendentale aristotelico, ossia quella che segue un percorso fisiologico dovuto al

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