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36 Ivi, pag
al grande principio dell‟autosufficienza della virtù”,313 pensiero poi ripreso dal giovane Hegel 314 Le sorti teoretiche e morali del Cristianesimo cattolico sono segnate da questa giustapposizione di fides et ratio, ritenuta non soltanto possibile ma necessaria alla stessa economia della salvezza spirituale. Quanto invece essa sia stata un sincretismo teo-logico intimamente instabile, lo comprova tutta l‟esperienza storica del Cristianesimo e l‟esito attuale della sua finale dissoluzione strutturale, già compresa da Kierkegaard ancor prima di Nietzsche, e della quale inutilmente si è tentato la ristrutturazione da parte di Hegel. Come comprova la stessa distinzione hegeliana tra “religione naturale” e “religione positiva”, la riflessione filosofica sulla religione cristiana diventa da subito una critica dei suoi contenuti dogmatici e statutari, inerenti al fondamento mitico della sua struttura dottrinale, da parte di ciò che Kant chiamava la “religione razionale”, ossia di un cristianesimo mondato della sua stessa premessa fideistica e trasformato perciò in una Religionsphilosophie. Trasformato Dio in un “postulato” della morale, la Sua rappresentazione finisce per coincidere con quella del sistema che Lo rappresenta, ossi su quella “positività” messa in evidenzia da Fichte prima che da Hegel, in virtù della quale la “fede” viene trasferita alla veridicità dei dogmi, anziché vertere nella realtà di Dio, sicché la critica al dogmatismo si trasforma in una negazione scettica di Dio. Da qui il “pericolo”, preconizzato da Kant che le dottrine dogmatiche vengano “attaccate dalla ragione” in nome del “grande principio” dell‟auto-affermazione della soggettiva coscienza morale, esautorando infine la stessa sussistenza di una fede religiosa
313 I. Kant, La religione nei limiti della pura ragione (1793), tr. it. Roma-Bari 2004, ved. cap. I, pag.17-57. 314 “Per quanto possa circondarsi di autorità […] alla fine tuttavia la ragione si avventura a provare da se stessa quella fede, ad attingere da sé i principi della possibilità e della verosimiglianza, non prendendo in considerazione, anzi mettendo da parte, quell‟artificioso edificio storico che afferma un primato sulle verità razionali fondato su basi storiche”: G. C. Hegel, Religione popolare e Cristianesimo, tr. it. cit., pagg. 98-99.
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