POMEZIA-NOTIZIE
Ottobre 2021
LE TANTE VIRTÙ DEL NOSTRO TEMPO di Leonardo Selvaggi I A superbia, la radice di tutte le iniquità, alimenta tutti i vizi, la forza che trascina a tutti i delitti, il nodo e la trama di tutte le tragedie della storia. È un desiderio disordinato d’innalzamento, è una stima eccessivamente grande delle nostre qualità, è un volere andare più oltre di quello che permettono le forze, i propri meriti. Un voler occupare i primi posti nella gerarchia. Si è nel pieno del materialismo: l’eternità della materia, il moto che nasce dall’inerzia, la vita che sorge dall’inanimato. Non si crede alla Provvidenza. Si vive in una solitudine sdegnosa, si hanno gli occhi e non si vede nulla. Ci si appropria di quello che non spetta. Le virtù vengono dall’educazione, dal lavoro, dall’affinamento delle azioni. L’aforisma “conosci te stesso” ci porta a considerare la nostra vera natura, a non essere orgogliosi, non dobbiamo essere convinti di essere quello che in realtà non siamo. Dobbiamo misurare le proprie forze in relazione agli esempi edificanti lasciatici dalle persone dedite al Bene. Il disordinato amore di sé fa vedere a ciascuno con lenti di ingrandimento la propria grandezza, nascondendo le imperfezioni. L’uomo più vacuo di meriti è quello che più si esalta e si inorgoglisce. La stima esagerata che l’orgoglio si attribuisce è funesta, non si pensa a correggersi perché non si conoscono le mancanze che si hanno. Il superbo costruisce su mobile arena l’edificio delle sue aspirazioni, trascina a sicuro naufragio il suo ottimismo. Come Icaro che con le ali di cera aveva la presunzione di arrivare al sole. Nemico del prossimo è il superbo, attribuendosi singolarità al di sopra di tutti. Bisogna far uso della propria azione a beneficio degli altri. Non si conosce la natura propria, fatta di miserie, di temporaneità, di sostanza corruttibile. I difetti, le limitazioni e le tristezze della vita. Il superbo crede di aver tutto meritato. Ha desi-
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deri insaziabili, pretendendo innalzamenti impossibili. Dominato da passioni sterili, inutili che si consumano in aspirazioni disordinate. Più si affanna ad acquistar benevolenze, più le antipatie perseguitano. Gli altri si disprezzano ricevendo in contraccambio indifferenza, sdegno. Si vela di falsa modestia, al minimo urto di contraddizione la superbia si accende, l’orgoglio è tutto coperto di spine, nessuno gli si avvicina. Non chiede consiglio a nessuno perché sarebbe ciò umiliazione. Si crede sufficiente a se stesso, fuori di sé tutto considera nulla. Non concepisce amicizia né dialogo né collaborazione. Cieco nell’intelletto, ostinato nella volontà. La sua intelligenza è creduta superiore, non sottomette a nessuno il suo giudizio. Ogni tipo di opposizione lo irrita, pronto a ribellarsi alle norme, a disprezzare le tradizioni, a disconoscere le convenienze pubbliche, i costumi più confacenti alla dignità dell’uomo. Esaltato non conosce superiorità, non sa di finire, non sa di essere polvere e cenere, la fragilità ha giorni contati, la bellezza sfiorisce subito. L’uomo, ombra vana, creatura vilissima, nata tra i dolori e le lacrime. II Non va rifiutata la stima alle cariche tenute, ciò è necessario per disimpegnarle con effetti positivi. Quanto maggiore sarà il prestigio tanto più facile sarà l’apprezzamento dell’elettorato. L’ambizioso se è dotato e tende a migliorarsi, il suo desiderio di eccellere, di ascendere nella scala sociale è un fatto naturale. Da ciò nasce lo spirito di emulazione. Ottima cosa è acquisire preparazione e virtù per sostenere gli impegni assunti, cooperando con questi al bene del prossimo. Arrabattarsi per conseguire posti senza le dovute capacità, con ansia smodata, costituisce il vizio dell’ambizione che è figlia della superbia. Chi ha un posto che non compete è semplicemente un intruso, aspira ad onori cui non è preparato, sarà piuttosto nocivo agli altri. Occorre un animo virtuoso, umiltà, considerarsi incapaci per le mansioni che si debbono svolgere, le imperfezioni fanno temere quando si hanno impegni di governo.