ISSN 2611-0954
mensile (fondato nel 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06/91.12.113 - 00071 POMEZIA (Roma) – Fondatore, Proprietario e Direttore editoriale: DOMENICO DEFELICE – e-Mail: defelice.d@tiscali.it – Attività editoriale non commerciale (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e successive modifiche) - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 213/93 del 23/5/1993 - La collaborazione, sempre gratuita, in parte è libera, in parte è per invito. Ogni autore si assume la responsabilità dei propri scritti - Manoscritti, fotografie e altro materiale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti - É ammessa la riproduzione, purché se ne indichi la fonte. Per ogni controversia, foro competente è quello di Roma. - Il mensile è disponibile su: http://issuu.com/domenicoww/docs/
Anno 30 (Nuova Serie) – n. 5
- Maggio 2022 -
N° 17 della Serie online
L’IPOCRISIA E LA PACE di Domenico Defelice A terribile guerra in Ucraina, scatenata dall’invasione a freddo di questa Nazione da parte della Russia, sta evidenziando quanta e quante siano nel mondo di oggi l’ipocrisia e le anime belle. Pomezia-Notizie è un mensile, non un quotidiano, e perciò, più che alla cronaca, è interessato ai temi e ai contenuti generali. Tralasciamo, allora, di riferire sui singoli e innumerevoli casi raccapriccianti, anche perché, la situazione di mentre scriviamo, a chiusura di questo numero (il 20 aprile), non sarà certamente la stessa alla sua uscita e messa in circolazione. Ci soffermiamo, perciò, su qualche argomento generale e ristretto al nostro orticello italiano: il pro e il contro a proposito dell’aiuto all’Ucraina – Paese, è bene ricordarlo, invaso senza che abbia mai dichiarato ostilità alcuna verso la vicina Russia – e l’ipocrisia di una classe politica nel suo complesso, che non sa mai guardare oltre la giornata, che muta ad ogni spirar di brezza o di puzzo, incoerente, inconcludente, misera, in gran parte ignorante da non saper neppure dove Ucraina e Russia siano collocate – sì, perché anche questo abbiamo sentito! Ecco, per esempio, la Destra o il Centrodestra. Fino a qualche mese fa è stata quasi del tutto putiniana. Lega e Fratelli d’Italia non l’hanno mai negato – la Lega in modo plateale, tanto che Salvini dichiarava
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All’interno: Massimo Ranieri, di Isabella Michela Affinito, pag. 5 Cariteo Endimion a la luna, di Carmine Chiodo, pag. 8 La Teoria elementare di Leone D’Ambrosio, di Domenico Defelice, pag. 10 Sonia Giovannetti: Pharmakon, di Marina Caracciolo, pag. 12 Marina Caracciolo e Il pensiero sognante, di Tito Cauchi, pag. 14 Peter Russell: Lettere (3), pag. 18 Notizie, pag. 31 Libri ricevuti, pag. 34 Tra le riviste, pag. 36 Notizie dalla città, pag. 37 RECENSIONI di/per: Isabella Michela Affinito (Requiem for Gina’s Death and other Poems, di Fabio Dainotti, pag. 26); Isabella Michela Affinito (In zona rossa e oltre, di Antonio Crecchia, pag. 27); Mario Gallo (Non circola l’aria, di Domenico Defelice, pag. 28). Inoltre, poesie di: Mariagina Bonciani, Rocco Cambareri, Fabiola Confortini, Antonio Crecchia, Elisabetta Di Iaconi, Gianni Rodari
di trovarsi meglio in Russia che in Italia – e Silvio Berlusconi, fondatore e padrone assoluto di Forza Italia, con l’amico Putin ha avuto e mantenuto fino a pochi mesi fa più che una semplice fratellanza. Ora Salvini cincischia, Fratelli d’Italia debolmente si smarca e Berlusconi dichiara d’essere deluso. Né tutti e tre hanno una posizione comune e netta sull’aiuto da dare all’Ucraina e sulla strategia da tenere per promuovere ed arrivare al più presto a una qualche tregua e alla pace. Dove sono, a Destra, gli uomini e le donne lungimiranti, capaci di guidare in futuro l’Italia, di accordarsi su progetti comuni, senza badare al proprio, esclusivo e momentaneo orticello, dalla cultura e dalla tempra da poter essere chiamati statisti? In ipocrisia e incoerenza, in assenza di strategie positive, la Sinistra o il Centrosinistra supera di gran lunga la Destra. Giusto o sbagliato, è stata schierata contro Trump e la sua politica, che mirava all’isolamento dell’Europa, alla chiusura, o almeno alla ridimensione della NATO, e a un avvicinamento sempre più stretto e cordiale alla Russia. Joe Biden - per il quale la Sinistra ha patteggiato - sembra aver modificato, anche se parzial-
mente, quell’atteggiamento, e onestà e coerenza vorrebbe che chi ha ostacolato Trump oggi dovesse essere a favore o non del tutto contrario alla nuova politica. Ma la Sinistra italiana in settarismo e ipocrisia è inarrivabile, tanto da ritrovarsi, in questo frangente, proprio sulle stesse posizioni di Trump! Corrisponde, infatti, alla politica di Trump, quello che oggi va predicando la nostra Sinistra (o gran parte di essa, perché di singoli individui che ragionano ce ne sono, per fortuna, sia a destra che a sinistra): il non
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dover dare aiuti e armi a Zelensky, altrimenti la pace si allontana, Putin si indebolisce, noi ci impoveriamo e l’America diventa sempre più potente e aggressiva; perché, in effetti, la guerra di Zelensky è solo la guerra di Biden, che combatte per procura; ergo: questa guerra finirà con l’avvantaggiare l’America che, come guerrafondaia, non ha l’eguale. Non bisogna assecondare la NATO (non sembrano molti quelli che propongono di uscire da essa, perché la fifa ce l’hanno anche loro!), perché la responsabilità della guerra non è solo di Putin, ma dell’Occidente e della organizzazione militare che si è avvicinata troppo ai confini della Russia, provocandola, tentando di soffocarla. L’Unione Europea dovrebbe avere una sua strategia propria (già, sarebbe un passo avanti!), equidistante da Usa e Russia. Eccetera, eccetera, eccetera. Se Trump dovesse ritornare al potere, le nostre anime
belle della Sinistra dovrebbero gongolare, scoppiare di gioia. Noi abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a sostenere che Sinistra e Fascismo siano stati e sono la stessa cosa: entrambi dittatura. Ne era convinto anche un sempre rosso comunista come Antonio Pennacchi e invitiamo a leggere il suo libro Il fascio comunista, edito dagli Oscar Mondadori. La nostra Sinistra è in affanno, perché a macchiarsi di crimini in Ucraina non sono solo gli sporchi americani tramite Zelensky, ma anche i suoi ex idoli, i russi, ieri con Stalin e oggi con Putin. Il cattocomunismo della nostra Sinistra è duro a morire, si contorce e si camuffa, ieri come oggi, per esempio, dietro la bandiera arcobaleno, dietro un finto desiderio di pace. Per la nostra Sinistra, la guerra in Ucraina non dovrebbe esserci; gli ucraini, in pratica, non dovrebbero combattere, non
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dovrebbero resistere, perché non fanno altro che aumentare i morti, le tragedie, le macerie; dare aiuti e armi all’Ucraina è aumentare le stragi, non fare mai finire la guerra; se gli ucraini la smettessero, la Russia la smetterebbe pure, occupandola totalmente, forse, ma la smetterebbe, e non ci sarebbero più morti. Non è meglio avere un popolo schiavo che montagne di cadaveri? Che senso ha parlar di ragione? Costoro, son più cristiani di Cristo e pretendono che gli altri porgano sempre l’altra guancia, non la loro, naturalmente! L’Ucraina è stata invasa senza ragione, e gli ucraini hanno tutto il diritto di fermarsi o di proseguire a difendersi: saranno loro a decidere il come e il quando; il nostro dovere è quello di rispettare la loro dignità e di aiutarli in tutti i modi, perché è un popolo AGGREDITO, che NON HA aggredito. La Sinistra sa benissimo che la guerra in Ucraina non è la sola che oggi si combatte nel mondo e neppure la più crudele e insensata, perché tutte le guerre sono crudeli e insensate: quelle di oggi, quelle di ieri e quelle dell’altro ieri e non sempre l’atteggiamento della Sinistra è stato in un’unica direzione, per la non guerra, punto e basta, cristianamente. Oggi dovremmo avere per l’Ucraina un’assoluta equidistanza? Non bandiera degli Usa? Non bandiera della NATO? Non bandiera della UE? Non (con distinguo, perché la Nato s’è troppo avvicinata alla Russia) bandiera di Putin? Non, non, non e, intanto, si dimentica tutto, o si fa finta di dimenticarlo. Si dimentica, per esempio, quando la Sinistra plaudiva al fazzoletto palestinese (e la Palestina merita
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veramente di avere la sua indipendenza, il suo territorio, la sua pace); quando diceva no alla bandiera d’Israele aggressore (oggi non più?); quando e quante volte – diciamo sempre, oggi compreso - ha gridato un MAI alla bandiera degli USA guerrafondai (e in parte, sicuramente lo sono); quando ha bombardato, con a capo del Governo il loro super Massimo D’Alema, un popolo appena dall’altra parte del nostro Adriatico. Un elenco assai parziale, ma basta. Esempio, tra i più schietti, alti e veritieri di anime belle, sinistrorse e settarie di questi giorni, è senz’altro l’ANPI, con in testa il suo presidente Gianfranco Pagliarulo, il quale, non convinto del tutto dei crimini commessi in Ucraina dall’esercito russo, ha chiesto a gran voce una commissione d’inchiesta internazionale “per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili”, richiesta così settaria e ipocrita da scandalizzare parte della stessa Sinistra, tanto è vero che qualcuno, non certamente di Destra, è arrivato a bollarla come semplicemente “oscena”. All’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani Italiani, resistenti di sinistra puri e duri – non piace la resistenza degli ucraini. Un vero paradosso: la resistenza di un popolo invaso non piace a questi nostri resistenti che, da settantasette anni, si autorappresentano come i soli difensori della Libertà e della Indipendenza. Ma ha ragione di esistere ancora l’ANPI? La Resistenza è e resterà nella Storia del popolo italiano; non va dimenticata, ma ricordata come tutta la Storia, nel bene e nel male, perché continui ad insegnarci qualcosa. Ma una tale Associazione, dopo tanti anni, è divenuta anacronistica, inutile, vuota, perché i veri resistenti sono ormai tutti morti e i suoi componenti oggi sono come sfruttatori di memoria, non hanno mai combattuto, mai fatto alcuna guerra e resistenza; sono come quei funghi che vegetano e ingrassano sul tronco di una nobilissima vecchia quercia caduta: vivono, insomma, della storia di altri, di coloro che han veramente combattuto e sono stati feriti e di chi ci ha rimesso veramente la pelle.
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Quelli sono stati i veri Partigiani, da ricordare e onorare, non chi oggi conciona a vanvera, siede nei salotti e organizza e partecipa a sfilate. Ci dicano, dall’ANPI, chi e quanti sono, oggi, i veri partigiani ancora in essa esistenti. In Ucraina, a quanto pare, c’è tutto un popolo di Partigiani veri e l’ANPI dovrebbe schierarsi con loro, senza cincischiamenti, onorarli e difenderli, senza ipocritamente invocare commissioni internazionali d’inchiesta. Domenico Defelice
PROMEMORIA
CI SONO COSE DA FARE OGNI GIORNO: LAVARSI, STUDIARE, GIOCARE PREPARARE LA TAVOLA, A MEZZOGIORNO.
CI SONO COSE DA FARE DI NOTTE: CHIUDERE GLI OCCHI, DORMIRE, AVERE SOGNI DA SOGNARE, ORECCHIE PER SENTIRE.
CI SONO COSE DA NON FARE MAI, NÉ DI GIORNO NÉ DI NOTTE NÉ PER MARE NÉ PER TERRA: PER ESEMPIO, LA GUERRA!
GIANNI RODARI
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MASSIMO RANIERI TUTTI I SOGNI ANCORA IN VOLO di Isabella Michela Affinito ’era proprio bisogno di rendere edita l’autobiografia di Giovanni Calone alias Massimo Ranieri, per noi pubblico che volevamo sapere come ha fatto a diventare i ‘tantissimi’ Massimo Ranieri che conosciamo da oltre mezzo secolo. Giovanni detto Gianni nella cerchia della sua numerosa famiglia e tra gli amici, è stato dapprincipio una persona che s’è data da fare prestissimo, già a sette anni era a ‘faticare’ per contribuire alla sussistenza della famiglia composta da otto figli, la madre casalinga e il padre, Umberto Calone, classe 1917, operaio all’Italsider di Napoli con la paga di venticinquemila lire al mese, straordinari compresi (tredici euro di oggi), proveniva dal serra-
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glio poiché orfano di guerra che aveva denunciato per violenza il compagno di sua madre e aveva imparato da solo a suonare la tromba, duettò con la voce insieme al figlio Gianni nelle canzoni in vernacolo Simmo ’e Napule paisa’ e Funiculì funiculà. A distanza di vari decenni da quella vita di ragazzino, adolescente trascorsa perlopiù fuori casa per espletare più mestieri possibili nell’arco della stessa giornata e, poi, ritornare a casa a notte fonda per trovare il piatto col cibo «[…] sotto il materasso, il miglior modo per tenere la cena “in caldo” in una casa senza riscaldamento né acqua calda» (pag. 24), ebbene, il cantante attore di cinema e di teatro ballerino funambolo regista mattatore partenopeo, Massimo Ranieri, ha ricostruito ‘scena dopo scena’ il suo rocambolesco vissuto alfine di chiarire i suoi innumerevoli “volti”, le sue giustificate “rughe”, le sue ininterrotte “corse” per arrivare dove ancora non ha posto alcun traguardo perché ha Tutti i sogni ancora in volo (da una frase tratta dal testo della sua canzone vincitrice del primo premio al Festival di Sanremo del 1988, Perdere l’amore). Abitava all’ultimo piano di uno stabile posto sul contrafforte di tufo del quartiere Pallonetto di Santa Lucia a Napoli, così in alto da non udire i rumori della strada, intrecci di grida d’ambulanti, bambini, donne che andavano a fare la spesa, negozianti e qualche volta faceva la sua comparsa il mitico ’O pazzariello: «[…] Lo interpretò anche Totò, nell’Oro di Napoli. Negli anni Cinquanta i pazzarielli erano artisti di strada dediti all’antica e sublime arte di arrangiarsi, che prendevano cinquanta o cento lire per annunciare nel quartiere l’apertura di una nuova bottega.» (Pag. 26). Nel mentre svolgeva freneticamente i modesti lavori di garzone d’un vinaio, di bar, di guardamacchine, di una bottega di frutta e verdura, persino spazzino improvvisato, etc, cantava e si era sparsa la voce che c’era un ragazzo che consegnava la merce a domicilio ed elargiva al cliente l’audizione di un paio di brani musicali, che gli facevano mettere in
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tasca dieci, venti, a volte addirittura cinquanta lire di mancia! La madre, detta “la carabiniera”, Giuseppina Amabile, non approvava di vedere, il suo secondogenito figlio maschio, Gianni nelle vesti di cantante, lo preferiva nel ruolo di chi percepisce la paga del posto fisso e non si convinse nemmeno quando lui, di appena dodici anni nel 1963, portò a casa, tramite suo padre che l’aveva accompagnato alla galleria Umberto I per incontrare i discografici della Zeus, ben duecento mila lire in banconote da dieci una sull’altra (mai viste prima d’allora soprattutto dal padre, a cui tremarono le ginocchia fino al ritorno a casa), che servirono per fare la dote alla sorella Titina che andava in sposa. «[…] Come mi piace dire: mia madre ha messo al mondo Giovanni Calone, ma è stato mio padre a far nascere Massimo Ranieri.» (Pag. 65). Da allora in poi Gianni Rock si ritrovò risucchiato dal vortice della musica italiana chiamato persino in America a fare da valletto al grande Sergio Bruni e attraversò da solo l’oceano a bordo della Cristoforo Colombo, con la fobia amplificata per la distesa marina (all’epoca non sapeva nuotare) che era oceano debordante il cui ricordo a tutt’oggi lo spaventa e di cui ha fatto qualche accenno nella sua nuova canzone, vincitrice del Premio della Critica “Mia Martini”, con la quale è tornato a Sanremo nel 2022, Lettera di là dal mare, in omaggio agli emigranti di tutti i tempi. Nel libro, Massimo Ranieri regala uno spaccato della sua personalità rilucente sotto il Segno zodiacale, femminile di Terra governato da Venere, del Toro: lavoratore infaticabile, moralmente onesto, incline ai legami duraturi di qualsiasi genere, caparbio, adatto ai lavori manuali e artistici, amante delle tradizioni e del consolidamento d’una ragguardevole posizione sociale. «[…] Sono un po’ orso, non amo la vita mondana. Fratelli, sorelle, nipoti e pronipoti abitano tutti a Napoli. Ho pochi amici carissimi con cui parlo di cinema, di sport, a volte improvvisiamo una partita a poker. Ma la mia casa vera è
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sempre stata il palco: dall’altra parte non ho mai imparato a stare. Mi piacerebbe averlo fatto.» (Pag. 144). Ad un certo punto, giovanissimo all’età di appena ventiquattro anni, Massimo Ranieri decise di non cantare più per non venire ‘schiacciato’ dagli ingranaggi della potente macchina organizzativa musicale e perché avvertì prepotentemente dentro di sé la necessità di acculturarsi, così da colmare le profonde lacune dovute alla sua scarsa istruzione. Doveva e volle sterzare per immettersi sulla strada della recitazione teatrale e cinematografica, aveva già interpretato un ruolo da protagonista nel film Metello (1970) del regista Mauro Bolognini, pellicola che vinse il David di Donatello e il Nastro d’argento, e ai due protagonisti, Ottavia Piccolo e Massimo Ranieri, andò il Globo d’oro altri David di Donatello e un altro Nastro d’argento come migliore attrice. «[…] Anche Patroni Griffi aveva la testa molto dura. Nessuno credeva che avrei potuto recitare, men che meno in sei ruoli diversi. “Ma questo è un ragazzino!” gli dicevano. “Non ha mai fatto teatro!” Lui però era sicuro: “Può farlo” ripeteva senza sosta. “So che lui può farlo.”. Debuttammo il 3 luglio 1975. In prima fila sedevano Giorgio De Lullo e Romolo Valli, i direttori artistici del Festival di Spoleto. Lo spettacolo fu un successo immenso. Peppino aveva fatto un lavoro sublime, che portammo in giro per due anni.» (Pagg. 99-100). Dopo l’educativa esperienza teatrale nella nuova compagnia dei giovani, seguì un’inaspettata telefonata da parte del braccio destro di Giorgio Strehler di Milano e Ranieri si trovò catapultato nel top dell’universo teatrale del Maestro Strehler, nonostante la sua non ancora perfezionata preparazione in campo recitativo – ad esempio, non aveva letto nulla di Bertolt Brecht (iniziò studiando medicina e divenne poeta e drammaturgo, tedesco, 1898-1956) , che fu il maestro di Giorgio Strehler. Quel semplice (e rimasto innanzitutto sé stesso) ragazzo tuttofare partito minorenne
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dalla sua Napoli aveva percorso moltissima non-facile strada, imboccato diverse strade ed era diventato un abile esperto dell’arte di mostrarsi al grande pubblico in sorprendenti versioni plurime. «[…] A essere “doppio”, per così dire, sono abituato da quando ho accettato di cambiare nome. Sono come il dottor Jekyll e mister Hyde: l’uomo ha bisogno dell’artista, ma l’artista non esisterebbe senza l’uomo. Massimo è di Giovanni la longa manus, ha reso reali i suoi sogni di ragazzino. Ma è Giovanni la forza vitale, è da lui che vengono il coraggio, l’energia e, soprattutto, l’entusiasmo e l’amore per questo mestiere. Spesso i due si tengono per mano; a volte, come è normale che sia, si mandano a quel paese; sempre, però, dialogano, e hanno più punti in comune che differenze. Hanno la stessa passione e a questa passione hanno votato la loro vita.» (Pagg. 138-139). Isabella Michela Affinito Massimo Ranieri: TUTTI I SOGNI ANCORA IN VOLO, Rizzoli da Mondadori Libri S.p.A. Milano, Anno 2021, Euro 18,00, pagg. 203.
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REGALATEVI E REGALATE UNA SANA LETTURA Sono ventuno, che si leggono come brevissimi romanzi. (…) Questi racconti invero avvincono per le istanze sociali, per l’aperto autobiografismo, per il ricorso alla figura retorica della metafora e per la frequente beltà delle (…) terre che nutrono ulivi, aranceti ed altri alberi della Calabria. (…) la descrizione dell’autore è cruda e nuda (…) Un pezzo di storia tragica (…) “La banda tedesca” che non può non far riflettere sulla guerra che ancora imperversa nel nostro pianeta. Sebastiano Saglimbeni Su: Nuovo Soldo, 1 Aprile 2022 e sul blog Posted by Ecopolisanpi, del 2 aprile 2022
Er cagnolo stracco Da tant’anni un cagnolo spelacchiato sta a sede davanti a un magazzino. Nun core più, perché j’amanca er fiato e s’appennica sopra lo storino. Ner vedello così spaparacchiato, aripenzo a quann’era riccettino che baccajava come ‘n esartato. E mo, puro si passa un regazzino, coll’occhi je sta a dì: “Me sò ammuffito; nun me va de fa festa, pupo bello! Me vojo ariposà. Fai l’impunito e scherzi perché ancora sei pischello; ‘na vorta me svejavo ingalluzzito e mo sò stracco puro cor cervello!” Elisabetta Di Iaconi Roma
Il libro, edito dalla Genesi di Torino, è in libreria, ma può essere acquistato anche su Internet
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CARITEO ENDIMION A LA LUNA di Carmine Chiodo
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RAZIE a questo bel libro si vengono a conoscere nuove notizie sulla vita, sulle opere di Benet Garret (il Cariteo), appartenente a una famiglia di religione ebraica ma - come precisa lo studioso - <<[…] non pochi esponenti della famiglia Garret furono importanti personalità negli apparati amministrativi, politici ed ecclesiastici in terra spagnola>> (p. 10) e ciò spiega probabilmente <<l’ascesa di Cariteo nei quadri dirigenti della Napoli aragonese>>, persona ritenuta all’altezza dei suoi incarichi. Comunque, nella sua opera <<Endimione>> sono presenti vari riferimenti autobiografici, tra i quali viene detto che nacque non a Tortosa, ma a Barcellona, forse intorno al 1450: <<il dolce luogo dove io nacqui pria>> e poi viene in seguito nominato ai vv 12-14 del sonetto IV dell’<<Endimione>> il luogo natale e qui è contenuta pure una profezia: <<poi del mio fin sarà
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quieta /l’invidia che si pasce hor di me vivo;/et avrà Barcellona il suo poeta>>. A Napoli tra il 1466 e il 1468 - approda il Cariteo e non si sa per qual motivo lasciò la sua patria; sulla sua vita esistono alcune notizie certe e molte altre incerte, e ciò è dovuto pure al fatto che mancano tantissimi documenti e ad esempio il poeta viene ricordato ancora vivente in un atto notarile del 20 aprile 1512, in cui si dice del permesso - <<accordato dal Cariteo all’Estaurita di San Pietro ad Arco - di ricavare acqua da un pozzo di proprietà del catalano>> (v, p. 13). Ora come ora si sono aggiunte altre testimonianze che ci presentano e ci fanno conoscere altre vicende esistenziali e culturali del Cariteo, soprattutto lettere che erano apparse in Spagna ma che erano sfuggite agli studiosi italiani e ora pubblicate da Ivan Parisi. Comunque, da Carlomusto sono bene analizzati i vari incarichi che il poeta ebbe sotto i sovrani aragonesi e le modalità con le quali eseguiva e svolgeva il suo operato istituzionale. Certamente non si può dire che il poeta fosse una spia <<al servizio del Cattolico>> ma con certezza si può affermare che egli fu una <<personalità di livello internazionale>> che si muove sul terreno poco noto <<delle relazioni tra il re d’Aragona e il regno di Napoli>> (p. 14). (Qui lo studioso riporta un giudizio del nominato Parisi). Alessandro Carlomusto in fin dei conti sottolinea il fatto che bisogna effettuare indagini sistematiche negli archivi specie di interesse aragonese, Per comprendere meglio il Cariteo politico e uomo di cultura, cioè per capire meglio un <<personaggio per certi versi ancora misteriosi come Benet Garret>> (ivi). Ci viene offerta una ineccepibile edizione filologica e commentata di quest’opera del Cariteo nella quale si narra di una vicenda amorosa dello stesso poeta, vicenda proiettata nel mito di <<Endimione a la Luna>>. Inoltre sono colte le varie sfumature di tal vicenda, l’<<esperienza infernale>> come pure le tre parti dell’opera ben fuse e come si sa nei canzonieri il componimento di apertura ha un valore, un significato <<strategico>>
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(p. 21) che, appunto, dice la natura del sentimento amoroso che risalta dalle quartine. Lo studioso delinea molto bene la fisionomia dei singoli componimenti e li commenta in modo esaustivo, chiaro con raccordi stringenti e pertinenti. Nei vari componimenti si assiste continuamente a vari temi e stili con i quali è trattato l’argomento, la situazione amorosa che coinvolge pure il poeta. <<La forma pueril, gli adunchi strali /provo di piombo e quelli d’oro insieme,/ ma di cacciarti altrove nulla speme /mi resta, ch’a l’intrar perdiste l’ali>> (v, <<Edimione a la Luna>> ,I 2, vv 5 ess, p, 127). Ormai non c’è più nulla da fare. Amore si è impossessato del corpo del poeta perché a <<l’intrar>> (v. 8) ha perduto le ali e quindi non può più volare e posarsi in altri cuori. In sostanza le tre parti dell’opera sono ben commentate dallo studioso che, tra gli altri meriti, ha pure quello di esser chiaro e ben documentato negli argomenti che di volta in volta tratta e svolge. Si vede bene che conosce a fondo la materia che tratta. Gli <<amorosi dolci versi>> <<Endimione a la Luna>>, ||.1,2) sono ora dettati né da Apollo né dalle Muse, ma dal fascino e dalla bellezza della donna amata. <<La fronte, l’auree trezze e liete ciglia /Gli occhi chiari, la bocca e ‘l niveo collo,/ le man, il giovenil e bianco petto,/l’alma virtù, l’angelico intelletto,/ch’empion la terra e ‘l ciel di maraviglia,/son le mie nove Muse e’l sacro Apollo>>. La terza parte dell’opera è di più difficile definizione, e viene spiegato dallo studioso pure il motivo e nel contempo superfluo è dire che Carlomusto ha dedicato molta attenzione ai due protagonisti. Endimione e Luna, e il mito dei due protagonisti riporta a Properzio, e a tal riguardo vengono esibite prove testuali schiaccianti; e non solo è presente il poeta latino, ma pure altri: Cavalcanti, certe atmosfere stilnovistiche, per esempio. Comunque, più si procede nella lettura del libro e più ci son mostrati i vari componenti ed andamenti dell’opera, la cultura del poeta catalano, grande lettore di poesia latina classica e di essa si trovano tracce nelle sue rime, e qui
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ecco Virgilio, Lucrezio, Ovidio, Orazio, per esempio. La tradizione letteraria antica e passata viene rigenerata, riplasmata per nuove vicende amorose, come si nota nel dettagliato commento che lo studioso fa di ogni singolo componimento, in cui son presenti pure poeti vicini, coevi al Cariteo o letti da lui. Giusto de’ Conti, un nome per tutti; poeta studiato egregiamente da Italo Pantani, e non solo questo. Carlomusto commenta ed introduce sempre in modo chiaro altri componimenti del Cariteo. Gli strambotti e qui per esempio appare pure Luna e altri protagonisti ben delineati e non sono trascurate le canzoni aragonesi. Orbene lo studioso corregge tesi errate o integra e aggiunge nuove riflessioni sul Cariteo, grazie anche al ritrovamento di nuovi documenti e di una piena aggiornata bibliografia critica. Per esempio, per ritornare alle canzoni aragonesi, esse rinviano all’ambiente napoletano frequentato dal poeta, alla politica aragonese, e anche qui vengono allegate varie testimonianze letterarie e d’altro genere. Per terminare questa scheda, infine, va detto che ben vengano libri come questo, dietro il quale c’è anche la regia culturale di uno studioso preparato e attentissimo come il già richiamato Italo Pantani. Carmine Chiodo Cariteo (Benet Garret), Endimion a la Luna. Edizione critica e commento a cura di Alessandro Carlomusto - <<Poesia del Quattrocento>> Collana diretta da Italo Pantani, Edizioni dell’Orso, Alessandria, pp. 369, € 30.
Ora il Rossini è caleidoscopio, culla che incede regale tra le chiuse di Miraflores: sei intervalli come di miracolo, lieta giostra di sorgive che crescono esatte, di dighe pacifiche – progresso vero. Qui sempre assorto ormeggerei gli occhi intristiti, giullare d’acque e d’erbe. Rocco Cambareri Da: Versi scelti, Guido Miano Editore, 1983
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LEONE D’AMBROSIO TEOREMA ELEMENTARE di Domenico Defelice
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L tema che subito si manifesta, fin dal brano riportato in prima di copertina, è quello della casa animata dalla figura dei genitori; “una casa ancora viva” – scrive il poeta -, perché i cari, ormai portati via dalla morte, sono presenti in spirito e materializzati dalle e nelle “cose più consumate”: la “valigia incordata di mio padre/e (i)l dolore di mia madre”, cristallizzati nel fotogramma mentale di “quando partirono la prima volta”. Due figure – quelle dei genitori – che nel libro sono proposte più e più volte, una presenza costante, con sempre l’aggiunta di particolari, sicché, alla fine, appaiono complete e reali pure nell’aspetto interiore, psicologico. “Mia madre è un dolce segreto/e mio padre un rumore lieve”, precisa D’Ambrosio, affermando che anche per lui, ormai, l’aspetto intimo, esistenziale, predomina sul quello della vita quotidiana. Si leggano, a
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proposito, “Insolita è la tua visita”, per il genitore; “Obliquo è il tuo silenzio”, per la genitrice; “Lettera a mio padre e a mia madre”, per entrambi. Il loro puzzle si compone tassello dopo tassello. Della madre, per esempio, apprendiamo che amasse ricamare e ch’era suo il “centrotavola/bianco” sul quale, una sera, sono stati rovesciati “vino rosso/e zucchero”; che fosse devota e recitasse “sgualcite/preghiere”; che fosse attenta e affettuosissima, tanto che il poeta risente ancora, dopo tantissimi anni, il tepore della sua “mano/ sulla fronte che (gli) misurava la febbre”. Il padre aveva una “camicia consumata/al collo”; a vent’anni aveva vestito la “uniforme militare”; amava la musica e “suonava il sassofono”; “non (era) mai andato in pensione” e passava “il tempo davanti al cantiere/con le mani calcinate,/nella geologia del silenzio”. Entrambi parlavano il “dialetto contadino”. Quello di Leone D’Ambrosio è un narrare poetico calmo e leggero, senza termini ricercati, senza sfoggio di sapere (ma s’indovina la profondità del pensiero), senza retorica. Un colloquiare, insomma, con gli altri e con se stesso, magari vicino a un camino, sicché “il cricchiare/ della brace”, da lui volutamente messo in sottofondo, si accresce via via fino a divenire colonna sonora, che accompagna altra fonte di calore più potente, come la “brace di sole”. Non è, il suo, un narrare con l’intento di scavare solo nel proprio interiore. Ci sono città – e quella della sua infanzia con “i tremori dei tramonti”; ci sono case; ci sono paesaggi; ci sono amici real-
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mente incontrati o tali perché amati attraverso le loro opere. Il tutto accompagnato da una Natura splendida, mai mitizzata, solo addolcita dal ricordo. La Natura mantiene in D’Ambrosio intatto il suo balsamo, che non significa l’assenza del dolore intenso e dell’autentico dramma, presenti – sempre per citare – in “Quel giorno in via D’Amelio”; nei brani che si riferiscono alla pandemia che, ormai, da anni ci assilla: “Non è facile adattarsi alla malattia,/alla malinconia degli sguardi/e ai giorni d’attesa,/alle ambulanze davanti agli ospedali./Una natura morta è la stanza/della rianimazione”, mentre, da dietro i vetri delle finestre, assorbiamo e serriamo dentro, intensamente, “la luce pura nel cuore/per non dimenticare” (naturale, intimo nostro abbarbicamento alla vita); nella ragazza di Kabul, picchiata a sangue solo perché indossava “un paio di Jeans” e voleva vivere la sua vita, sposare chi amava e non chi le veniva imposto (in Italia, a Novellara, è successo di peggio, con la ragazza Saman Abbas uccisa, il corpo sparito). Dramma, solo apparentemente meno intenso, anche quello che prova il genitore amoroso nel rendersi conto di non poter penetrare i contrasti che turbano il proprio figlio. Paesaggi, luoghi, la Natura in genere, la violenza, la malattia e la morte, l’assenza, l’interiore e altro e altro. L’assenza (“eternità precaria”), assieme alla solitudine e alla tristezza, ha “il colore della luna”. “La morte – che “cammina controvento/e lascia in bocca un sapore salato” -, legata com’è strettamente alla vita, a noi appiccicata sin dalla nascita, è motivo di ricordo costante e di legame con l’Eterno: “Vivo nel tuo nome/al confine del pensiero”. “I morti, con la loro ideale presenza – scriveva Francesco Pedriana -, rendono più affascinante il linguaggio del giorno ai vivi e spesso da loro ci viene quel conforto che i superstiti, destinati a sopravviverci – usura della vita! – non ci offrono più”. I tocchi paesaggistici sono infiniti e tutti fugaci, quasi lapidari, buttati lì come pepite perse, seminate da uno strappo nel contenitore: “il cielo è una cattedrale frastagliata di stelle”;
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ci sono “zufolate di canne” e intenso è “l’odore dell’erba appena tagliata”; il mare è sonante e odoroso di luce; il “sole/riccioluto”; il vento, giustamente, sempre anima variabile e imprevista; “la luna s’increspa” e, a volte, appare “schiacciat(a) sui tetti”. Tutti quadretti che hanno carne e sangue, che sono umani: ”Questo paesaggio ti somiglia,/t’appartiene come l’acqua/ dei fiumi intrecciati/che rinfrescano gli orti,/dentro di me”; come umane sono le piante: l’oleandro che s’incupisce. Quadro animato e orto concluso, ancora, il brano “Geometrie di confine”, con piante e animali (le formiche, l’ape) e l’uomo, infine, unico ad avere cognizione della morte, pur se non ne conosce il momento preciso. Alla fine, quello che il poeta ha indicato come vuoto, passato, fluidificato fino ad apparire immagine eterea, assenza, insomma, diviene presenza solida più del “muro a secco”, perché in grado di dare ancora emozioni, attualizzando situazioni e fatti passati che avrebbero dovuto essere già da tempo coperti dall’oblio. Siamo, cioè, a un silenzio più che eloquente, che ci ricorda il “silenzio che grida” del nostro indimenticabile amico Rocco Cambareri. Un’assenza, questa di Leone D’Ambrosio, mai così ricca di presenze, mai così affollata, fino a inglobare non solamente ciò che ci gravita attorno, quel che accompagna il vissuto di ciascuno di noi, ma anche il nostro interiore, compreso il “dubbio dell’eterno/…/che non è dei morti”; il che significa, anche, che D’Ambrosio crede cristianamente in un’altra vita, concreta, piena e senza termine rispetto a quella quasi labile, effimera, che ci tocca trascorrere su questa “convulsa terra” – come la definisce il grande Giuseppe Gerini – che, tuttavia, “illesa vola/dentro celeste sponda”, “più silenziosa e pura della luna”. Pomezia, 19 aprile 2022 Domenico Defelice LEONE D’AMBROSIO: TEOREMA ELEMENTARE - Prefazione di Elio Pecora, Postfazione di Carmine Chiodo, Edizioni Ensemble, 2022 – pagg. 86, € 12,00.
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SONIA GIOVANNETTI PHARMAKON di Marina Caracciolo
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UTTO comincia con una vox media: φάρμακον. Balsamo e droga insieme, come i veleni dei serpenti, che in certe dosi sono curativi ma in altre letali. Come la digitalis purpurea o l’atropa belladonna o altre piante medicinali che possono curare come anche portare alla morte. Un duplice aspetto, quello del phármakon, che rimanda alla complessità della vita e delle cose, alludendo ad un tempo alla loro complementare contraddittorietà. Un elemento bifronte che partecipa in egual modo del bene come del male, raffigurando ciò che è gradevole ma anche il suo contrario. E nell’uno e nell’altro dei suoi due volti risulta senza dubbio seducente perché trascina, perché induce ad uscire dai percorsi abituali e apre la strada al sortilegio, alla magia. E quale maggior magia, quale più grande sortilegio della poesia, che è una misteriosa congerie di dolceamari pensieri, sensazioni, sogni, incanti, memorie, intuizioni! Tutto ciò si ritrova puntulamente in questo nuovo, bellissimo libro di versi di Sonia Giovannetti. La poesia può curare perché porta ad accettare, proprio nel momento in cui lo afferma, il male del mondo, riuscendo ad esorcizzarlo pur senza mai poterlo eliminare del tutto. «Il dolore che il poeta prova – scrive la poetessa nella sua presentazione – quando, in esito al suo travaglio, arriva a nominare le cose è infatti spesso anche il segno e la condizione della sua guarigione:
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come ogni pharmakon, anche la parola è dunque, in qualche modo, antidoto di se stessa». Di quanti travagli sono densi questi versi! Il dolore della guerra, l’orrore mai dimenticato dell’Olocausto, il disagio dell’emigrazione, un amore che abbandona, drammatici enigmi rimasti irrisolti, speranze deluse, un’epidemia che terrorizza e allontana gli uomini dai loro simili, la nostalgia della giovinezza e delle sue gioie incontaminate, i quesiti esistenziali che urgono ma non trovano mai risposte certe. Ogni aspetto qui si fonde e si intreccia ad un altro, senza strappi né visibili suture, con un’impronta lirica sempre vellutata, leggera e piana, avvolta in una malinconica serenità che si tramuta nel naturale esito di un’aristocratica finezza espressiva. È come se il pensiero poetante dell’autrice fosse un crogiuolo, anzi una conca sotterranea colma di riflessioni, impressioni e ricordi, che tuttavia, pur nella sua profondità, non è mai oscura, perché c’è un raggio che vi penetra e la rischiara: è un anelito costante, che definirei luminoso, verso un approdo, una salda sponda che possa donare certezze e quiete; un punto d’appoggio nel faticoso itinerario del viandante, del Wanderer che procede instancabile, sempre cercando di accostarsi a quel dove irraggiungibile (Quel dove che tutto contiene / nella diversità dell’essere), proprio perché in quella tenace brama, in quell’incessante proseguire reclamando squarci di libertà sta il senso vero dell’esistenza. Il lessico poetico, cosparso di parole come mare, fiume, foce, vento, sentiero, stelle, onde, scoglio, voli, vela, ha appunto il fascino possente di un “fatale andare” mirando sempre oltre, in
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lontananza, con la volontà di superare d’un volo proteso e fiero le barriere contingenti, lasciandosi turbare e insieme attrarre dall’arcano divenire delle cose e dalla straordinarietà del tutto. Visioni di cose incerte, sospese, ardue da decifrare, che trovano autentica espressione lirica in versi come: Lo sguardo si sposta lento / sull’azzurro del mare. / Distesa lucente appare e abisso / infinito – nel suo lato oscuro. / Proprio come te, vita che mi attraversi, / col mistero dell’inizio e della fine. / Inondi i miei giorni, sei moto, / trasformazione, perfino invito / al non essere quando mi attiri nel nulla. Una poesia eminentemente filosofica, quella di Sonia Giovannetti, e tuttavia colma assai più di immagini che di concetti, affabile e moderna eppure in certo qual modo anche romantica e classica. E proprio in un voluto ritorno alla classicità, al piacere di un’armonia antica, si conclude questa raccolta – con la sezione finale intitolata Pillole vitaminiche (in rima) –, dove la poetessa si compiace di fare eco ai poeti del Dolce Stil Novo ma più ancora, forse, alle petrarchiste del Cinquecento come Veronica Gambara o Gaspara Stampa o Isabella di Morra. Un’incantevole “civetteria”, come di chi si guardi allo specchio con indosso un costume d’altri tempi scoprendo in un sorriso che in fondo gli sta a pennello... Oppure esercizi di bravura, come li intende Sandro Gros-Pietro nella sua prefazione. O forse anche un sottinteso affermare che la Poesia è inossidabile, universale e non bada a mode, ad epoche, a rime o metri. È sempre un’espressione sublime che si sprigiona da un animo che la detta, indipendentemente dalle diverse incastellature in cui la forma può costringerla. Non un accessorio che cambia a seconda dei tempi e dei luoghi, ma qualcosa di fondamentale, in qualunque veste si presenti: sempre un vero e proprio farmaco, dunque, che alimenta e cura lo spirito di chi la scrive ma non di meno quello di coloro che la leggeranno. Marina Caracciolo PHARMAKON di Sonia Giovannetti (Genesi Editrice, Torino 2021; pp. 89, 11,00)
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REGALATEVI E REGALATE UNA SANA LETTURA …ventuno racconti che si svolgono all’interno (…) della sofferenza umana. È la sensazione di soffocamento che induce a un senso di angoscia (…) che nasce dopo aver compiuto un’azione sbagliata, a cui si è stati costretti (…) Il tema del soffocamento (…) quando non riesce a risolversi, come avviene in alcuni racconti, sfocia nella tragedia. Ad esempio, in Una lettera di addio (…) le vicende sono positive poiché l’uomo ama veramente la sua donna (…) Il protagonista non vuole far soffrire nessuno, preferisce morire piuttosto (…) l’amore è libertà non femminicidio. Manuela Mazzola In Nuova Antologia, gennaio-marzo 2022
Il libro, edito dalla Genesi di Torino, è in libreria, ma può essere acquistato anche su Internet
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MARINA CARACCIOLO IL PENSIERO SOGNANTE di Tito Cauchi
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A milanese Marina Caracciolo, docente di Lettere, consulente di redazione presso varie Case Editrici, ha collaborato a fianco del compianto Giorgio Bàrberi Squarotti presso la UTET e a varie riviste letterarie; è autrice di saggi critici, l’ultimo dei quali si intitola Il pensiero sognante, il cui sottotitolo riguarda La poesia di Ada De Judicibus Lisena, poetessa pugliese di Molfetta di lunga esperienza. In esergo riporta alcuni versi il cui incipit recita: “Sull’orizzonte è ferma una nave”. Il volume comprende dodici capitoli, ciascuno dei quali tratta un’opera della Poetessa, con allacci alle restanti sillogi che vanno dal 1986 fino ai giorni nostri; affonda le radici nelle tre opere precedenti del 1983-1984, presentate da Gianna Sallustio e che la Poetessa considera “una sorta di esperimento”. Completa il volume, la breve raccolta di recenti poesie dal titolo Versi da Milano.
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La Nostra spiega che il titolo del volume rappresenta “una proiezione soggettiva e pittorica della realtà”; cita alcuni critici che si sono pronunciati, unanimemente favorevoli. Come nella introduzione, solo per dare degli esempi: Antonio Palumbo sottolinea, a giudizio dell’Autrice, “i segreti frammenti che ricompaiono con funzione unificatrice nelle diverse liriche”; così avvertiamo “un respiro lento e leggero”, secondo Giovanni de Gennaro; abbiamo un “raro nitore del linguaggio”, come rileva Daniele Giancane; scopriamo uno stile “stupefatto e lieve”, come sottolinea Marco Ignazio de Santis; e ascoltiamo “musica assorta”, come afferma Sirio Guerrieri. In sintesi ricaviamo elementi della natura floreale, colori rosso e oro che esprimono gaiezza, armonia musicale, contemplazione partecipata, solitudine creativa; stile classico che consente la comparazione ai mitici Saffo, Alceo, Anacreonte. Tutti gli autori indicati nel testo meritano di essere qui citati. A lettura completata appare ben adatta al titolo l’immagine di copertina di Will Barnet, Early Morning: la figura snella di donna ritratta di profilo, che si affaccia da un balcone con vista mare nel primo mattino, in cui si stacca nitida la linea dell’orizzonte, tra l’immensità del cielo e la vastità del mare. Non per spostare l’attenzione dal testo, aggiungo che gli elementi rappresentati sono suggestivi, riflettono la dimensione poetica e la persona della poetessa; ripeto: nitidezza, infinito, solitudine, serenità; e quello che è sottinteso, la fede. O, se si vuole, e non per giocare con le parole (omettendo le virgole), penso che si possa sintetizzare in questa formula: Poesia sognante di nitida infinita serena solitudine religiosa. È doveroso riconoscere in Marina Caracciolo, la nettezza espositiva e contenutistica, nonché l’impostazione, per ciascuno dei brevi saggi, che si rivela uniforme ed esemplare: esergo di pochi versi, premessa della raccolta in argomento del titolo e in riferimento alla prefazione, qualche comparazione con autori e poeti del passato, citazione in tutto o in parte di un componimento di Ada
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De Judicibus Lisena. Confronti e descrizioni appaiono eleganti e utili. Sarebbe sufficiente fermarsi qui; ebbene, solo per dare senso alla lettura dello scrivente, espongo, a grandi linee, una panoramica delle opere, sperando che tutto sommato giovi, rimandando al lettore il piacere della verifica. *** I. La cortina dei cedri (1986). Marina Caracciolo giudica questa silloge, vero e proprio esordio della poesia lirica che per lo stile eleva Ada De Judicibus Lisena ai livelli di Cardarelli e Quasimodo e per il sentimento alla sublime Saffo. Quanto alla natura si vela di delicata malinconia che richiama i dipinti del Beato Angelico e di Chagall. Commentando alcuni versi asserisce che la poetessa nel vedersi rispecchiata nella propria infanzia, incontra donne del passato e, come scrive Anna Santoliquido, questo le “dà la sensazione di assistere alla scoperta di prezioso materiale archeologico”, ritrovando l’infanzia del cuore. La Nostra così conclude: “Il trascolorare del tempo e delle stagioni è divento fantastico lunario, immaginosa avventura dell’anima”. II. Questo ritmo sommesso (1989). Abbiamo una citazione della scrittrice e poetessa Adriana Notte che indicava nella poesia di Ada “L’abbandono continuo alla contemplazione della bellezza, di tutte le bellezze”. Ritroviamo M.I. de Santis e D. Giancane nel rilevare la “meditazione sul segreto dell’esistenza”, lirismo di rara bellezza; quanto al ritmo, Elena Bono in altro luogo, riferiva che Ada si eleva in risalita “a spirale”. Torna utile, ai fini di tracciare un profilo umano, rilevare la presenza della figura dell’imperatrice romana Julia Domna del II sec. d.C., la cui femminilità affascina la Poetessa avvicinandocela nella sua dimensione quotidiana. III. Note ai margini di una pena (1991). Questa silloge nasce quando Ada stava “in un ospedale del Nord, lontano dal proprio paese, al capezzale del marito ammalato”. Vi scorgiamo momenti di tenerezza, con espressioni sfrondate da preziosismi per “offrire la parola nuda nella sua significanza”, come ebbe a
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dire la compianta Elena Milesi. Sono momenti di ansia, come si può credere, in cui ci si raccoglie e perfino gli uccelli che volano, nei versi, riflettono il suo desiderio di elevarsi, ritornare alla sua Molfetta. Ascolta i ragazzi chiassosi fuori dall’ospedale che la riportano a scuola, il giardiniere brontolone, l’infermiera burbera, la scortese caposala; voci che la alleggeriscono dai tristi pensieri. È come una rappresentazione pittorica impressionista, che dopo il “tutto bene”, sembra farci ascoltare “l’eco solenne e grave di un Largo di Haendel, l’ondeggiante ritmo verde degli alberi, la veste cilestrina di un angelo”. Perfino la morte di un gatto diventa presagio; è sempre una vita che muore e la morte ci mette di fronte a tanti interrogativi. IV. Quasi un diario (1992). Queste poesie sono come annotazioni su un calendario, “note ai margini di un amore”, come scrive nella prefazione l’indimenticabile friulana Maria Grazia Lenisa. La Poetessa rivela qui un tocco di ironia come quando si identifica con “la figura dipinta in un quadro di James Ensor” o quando prende in prestito una favola di Esopo, quella dell’astrologo distratto che cade in un fosso. Marina Caracciolo osserva che nello svolgersi della quotidianità la Poetessa si occupa di temi etico-sociali, e mostra la capacità di rivelare “il senso della vita”, come le scriveva in una lettera G. Bàrberi Squarotti. V. Il dolore, il sorriso (1995). Si sa, quando l’animo alterna colori propri del dolore e del sorriso, s’insinua lo spleen della nostalgia, scopriamo che la felicità è come un’amante infedele. Per esempio, si sorride per le ingenuità dei bambini, ma si vivono sentimenti contrapposti, fanciullezza e vecchiezza. Richiamando Domenico Cara la Nostra conclude affermando che la poesia diviene un filo d’Arianna, un’ancora di salvezza. Il sottoscritto forzando la conclusione della prefazione di Francesco d’Episcopo, afferma che taluni atteggiamenti che assumiamo servono per “esorcizzare” un vivere meccanico. VI. La pioggia imminente (2000). La Nostra avverte che Ada al tempo della presente
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raccolta ha settanta anni; eppure, oggi, come lettore scorgo, sì la saggezza degli anni, ma pure tanta poesia che presenta lo spirito gaio di una giovinetta. M. I. de Santis che ne verga la prefazione indica che adesso ai colori della gaiezza si sono sostituiti “le tonalità spente del grigio”. Nondimeno la Nostra scorge che la sua poesia non si è spenta e così richiama la postfazione di M.G. Lenisa, la quale afferma quanto la poesia sia “trasparente, cristallina e sonante”. Così continuano i sogni della Poetessa trasferendoli nelle figure della oraziana bellissima fanciulla Leucònoe o nell’eco che faranno le parole di Omar Khayyam mille anni dopo, sulla vita che passa (l’oraziano Carpe diem). VII. Segno d’aria (2003). A questo segno zodiacale appartiene la De Judicibus, essendo nata l’11 febbraio. Il che porta la poetessa a identificarsi con le mitiche figure di Ginevra, Ofelia, Shēhērazade. Nella prefazione, Donato Valli rileva i riferimenti simbolici che denotano il desiderio di librarsi in alto: volo, nuvole, salire, cielo, ecc. proiettandosi nell’aere come la musica, senza tuttavia ignorare eventi criminosi e le vittime dei vari conflitti in Bosnia, Kosovo, Afganistan, Israele, Palestina, nonché gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle (11 settembre 2001). Torna ancora la nostalgia che trasforma l’elegia in canto [purtroppo la terra continua a sanguinare]. VIII. Una stagione pensosa (2005). Secondo D. Giancane, nella sua prefazione, questa raccolta fa sintesi dei moti dell’animo delle precedenti opere. Serena è l’aria intorno, come il nome Irene, figlia di Ada De Judicibus Lisena; eppure sembra trovare posto il rimpianto per una giovinezza che non ritorna. Anna Ventura, nell’altra prefazione, spiega che “il motivo dominante di questa silloge” sta nel mistero dell’Oltre. I versi continuano ad essere trasparenti ed eleganti come dice ancora M.I. de Santis. IX. Le parole, i silenzi (2009). Come indica il sottotitolo qui abbiamo Versi e prose; nostalgia da una parte e quattro racconti che vedono protagoniste figure femminili. I primi
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due racconti riguardano tragiche storie miste a leggenda del Cinquecento a Molfetta, donne che trovano la morte per sottrarsi agli abusi. Gli altri due sono autobiografici nelle spoglie di una donna che viene salvata da uno sconosciuto e di una bambina al tempo della seconda guerra mondiale che per dignità non accetta doni da un soldato inglese. Nella prefazione Pasquale Matrone scrive fra l’altro “Le donne, avvezze ai torti, alle sopraffazioni e al dolore, sono sacerdotesse e custodi di una vita impaziente di riscattarsi da ogni sorta di miseria e di rigenerarsi nella gioia e nell’amore”. X. I musici di Haydn (2015). È necessario premettere che Ada De Judicibus Lisena prende le mosse da un aneddoto che riguarda gli esecutori della “Sinfonia degli Addii”. Il compositore Franz Joseph Haydn per non costringere tutti i suoi orchestrali a stare lontani dalle proprie famiglie, per eseguire la sinfonia e allietare il principe d’Ungheria, nel Settecento, prepara uno spartito che permette durante le pause dell’esecuzione, di lasciare il posto da parte di un orchestrale fino a rimanere solo in due: lui stesso e il primo violino, l’italiano Luigi Tomasini. “Il principe comprese il messaggio sottinteso e accondiscese alle giuste richieste dei suoi musicisti”. Ciò detto la silloge risente delle assenze, della vita che se ne va. Come asserisce Angela De Leo abbiamo il tema della morte. Nondimeno a prevalere, secondo G.A. Palumbo, è il “timbro aereo”. XI. Omaggio a Molfetta (2002, 2017). È raccolta che riunisce i componimenti dal 1983 fino ai Musici, quindi una poderosa summa. Ritroviamo i giudizi di G.A. Palumbo sulla limpidezza dei versi e sull’accostamento a Giovanni Pascoli per la forza evocativa delle immagini. Cito alcuni versi: “E la ragazzaonda / che ancora mi oscilla dentro /rimpiange l’incanto antico,/l’amore quasi tradito/oggi quasi rimorso.” E la Nostra conclude “il senso di un mistero pudicamente non svelato eppure palpabile ad ogni pagina” ecc. XII. Versi da Milano. Queste poesie vanno oltre la summa precedente, perché sono dei
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nostri giorni, germinate dagli ultimi eventi pandemici che hanno visto svuotarsi le strade. L’Autrice commenta: “il virus micidiale continua a imperversare, a mietere vittime. Il forzato isolamento rende ancora più tetro il profilo delle case”. Nondimeno alla malinconia la Poetessa oppone il fascino dei grattacieli, per via dei giardini pensili, che le fanno sognare il verde della sua Molfetta; e alla maschera respiratoria sul viso della signora dirimpettaia di balcone assente, per causa del virus, poggia una grande farfalla. *** Un po’ tanti sono i nomi citati, e forse ho composto una miscellanea non confacente, ma essi reggono l’impalcatura critica che ne giustifica la presenza, solida e degna di plauso. I brevi saggi di Marina Caracciolo costituiscono un concentrato di pensieri ben formulati, esemplari che esprimono Il pensiero sognante della pugliese Ada De Judicibus Lisena. Gli stralci poetici citati nel volume, opera per opera, meriterebbero di essere commentati a parte, ma l’ha fatto la Nostra per noi e non la smentiscono; e chi volesse continuare non ha che riproporsi la lettura. Rischiando di ripetermi, non posso congedarmi se prima non abbozzo una ricapitolazione della dovizia di giudizi e di riferimenti simbolici, in una sorta di dualità tra Autrice e Poetessa. In entrambe la realtà circostante assimilata viene trasformata con rara bellezza espressiva, con uno stile elevato che eleva a sua volta il lettore. Nella Poetessa riscontriamo un tocco pudico di tenera armonia, entro una solitudine creativa e suggestiva rispecchiandosi nella propria femminilità, fugando le assenze e i pensieri di morte. Nostalgia, rimpianto, malinconia, si colorano delle sfumature di grigio, ma soprattutto dei colori giallo oro della gaiezza. Alla felicità effimera oppone l’antidoto della poesia, ed è questa la sua forza! Tito Cauchi MARINA CARACCIOLO: IL PENSIERO SOGNANTE. La poesia di Ada De Judicibus Lisena, BastogiLibri/Testimonianza, Roma 2022, Pagg. 96, € 10,00
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AMICO NINO Amico Nino, ora non sia che avendo io lodato la laboriosità della gentile tua sposa Fiorella non abbia anche a ricordare il tuo intervento prezioso nei frangenti, per me drammatici, di inconvenienti che rattristano a volte la mia casa. Sempre con esperienza e competenza in campo di meccanica e nell’arte dell’elettricità, tu, ingegnere di marine cose esperto, accorri prontamente in mio aiuto, alleviando le mie cure quotidiane. E da buon napoletano mi delizi con quella tua piacevole favella partenopea, che non hai perso nel tuo lungo soggiorno qui a Milano. Amico Nino, di tutto ti ringrazio. Mariagina a Nino 19 marzo 2022 ore 21 Mariagina Bonciani Milano Strage di Bucha A Bucha, si respira aria di cimitero. Corpi rannicchiati nelle strade. Tanti. Uomini, donne, animali. Allucinanti scene, da inorridire il mondo intero. Non vittime d’esecrando odio umano, ma di belve spietate, maschere vili d’orrida parca, che della vita taglia i fili, come il falciatore mannelli di grano. “Guerra sacrilega”, sentenzia il papa. Guerra che attiva ogni sorta d’infamia contro esseri innocenti, con la colpa di trovarsi là dove troneggia l’insania, laddove la mano assassina apre il coltello e l’affonda nel petto indifeso del fratello. Antonio Crecchia Termoli
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PETER RUSSELL (Bristol, 16.9.1921 - San Giovanni Valdarno, 22.1.2003)
LETTERE (6 gennaio 1995 - agosto 2002) il 5 nov ‘981 Caro Defelice, Le Sue lettere del 20.8. e del 5.9 sono arrivate lo stesso giorno, circa una settimana fa. Lumache sì, ma lumache criminali.Cercherò di aggiornarci; ma mi sento quasi incapace. E’ stato per me un periodo di stasi, grazie alla salute cattiva, e specialmente una infezione feroce della mono destra. Schegge di legna sono entrate sotto le unghie e il chirurgo ha dovuto levare tre unghie, lavoro degno del Sant’Ufficio! Con antibiotici ho dovuto soffrire per sei settimane prima che potessi scrivere. La ringrazio tanto per gli utilissimi giudizi sulle mie TRE POESIE (in Italiano). Ci accludo copie delle poesie ravvisate grazie a comenti di molti buoni amici. Visto il giudizio abbastanza favorevole di Brandisio (avevo altri del tutto negativi!), vorrebbe pubblicare su PN? Vorrei dire quanto ero lieto di vedere sia l’articolo di Brandisio che il saggio della Raine, su recenti numeri. Grazie. Ho letto con molta attenzione le2 ultime quattro numeri e ho imparato molte cose. Era una esperienza di gran valore per me, poco istruito come sono nelle cose italiane. La Sua “Al Pomo” resta finora non letta, non per mancanza d’interesse, ma per mancanza di tempo e concentrazione. Le promesso3 una lettera con i miei comenti fra poco. Con tutto questo dolore (e
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Dattiloscritta su cara intestata MARGINALIA (with QUINTILIANA) Direttore: Prof. PETER RUSSELL “LA TURBINA” 52026 PIAN DI SCÒ Prov. Arezzo - Italia Tel. 055 – 960674.
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alte febbri le notti) ho potuto solo leggere cose brevi. E ho gran voglia di leggere il Suo “ORTO” dopo il lungo (un po’ troppo mi sembra) saggio del Sevaggi. Le opinioni mi andavano molto bene, ma l’espressione era un po’ retoricamente repetitiva? La poesia della Soffier4 era certo, molto bella, e cercherò di tradurla sia in Italiano che in Inglese. Chi è questa Soffier? Soprattutto voglio dire che la Sua recensione della Lenisa (Pianeta) mi sembra ottima. Mi sembra la Signora Lenisa si trova più “assieme” nella prosa che non in versi. Quanto al bellissimo saggio della Dottoressa Saracino sul mio “Pausages Legendaires” purtroppo lei è stata via in Inghilterra all’Università di Northampton e fino a ieri non avevo nessuna parola da lei. Purtroppo lei vuole pubblicare detto saggio su una pubblicazione dell’Università di Lecce, che sarebbe di più prestigio accademico. Per ora niente da fare. Spero di persuaderla di farlo ristampare in qualche organo letterario come PN. Intanto, Lei ha già un altro bel saggio, della MACCASLIN sulla stessa poesia, e mi sembra una buona idea di pubblicare questo. Fra poco uscirà in Italia una traduzione del poema (pp 50), PAYSAGES LEGENDAIRES, da Cirio di Maria. c’è anche un bel saggio della Raine su questo, ma è un po’ lungo. Quello della MacCaslin è ottima5. Quanto alle mie “poesie inedite” fra poco Le manderò qualcosa. Il problema è che mio figlio (adesso solo ventenne) ha abbandonato totalmente sia il computer che la traduzione. Vuole “essere come gli altri” e adesso lavora in una fabbrica e si considera una persona “normale”!!! Ma ho certe cose per le quali tengo molto e le manderò presto, quando lei ha deciso sulle tre poesie italiane. Altrimenti devo trovare un nuovo traduttore. E poi, in molti casi, non 2
Così nel testo. Idem. 4 Susanna Soiffer, di Tel Aviv. 5 Così nel testo. 3
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sono sempre sicuro se certe poesie siano o meno, già pubblicate in Italia. Mia memoria è molto scaduta. In ogni caso, io riservo assoluta mente il diritto di pubblicare le mie cose su MARGINALIA, sia prima che dopo la pubblicazione altrove. MARGINALIA, è una cosa privata, non pubblica. Intanto Le mando copie del mio LA CATENA D’ORO (ha vinto un buon premio a Firenze) e le bozze corrette di POESIE DAL VALDARNO, che forse non uscirà che al prossimo anno. C’è una bella Prefazione di FRANCO LOI per “Valdarno” che Le manderò fra poco. Lei mi dà l’impressione di pensare che io sono un po’ seccato con Lei. Assolutamente NO!!! Lei è stato sempre molto corretto e buono con me e lo apprezzo molto. Non poteva forse trovare un buon traduttore per me fra i Suoi amici? Con tanti auguri e un abbraccio, il Suo, Peter Voi6 potreste comporre certe cose pe me sia corte che lunghe? Con copia (‘camera reading’) posso farle stampare o fotocopiare localmente. Pagherei ovviamente, ma non ho molti soldi! *** 52026 PIAN DI SCO’, AR7 il 9 dic 98 Caro Defelice, Preferirei che Lei rimandi la pubblicazione (tra parentesi parola incomp.) delle tre poesie in Italiano per qualche mese. Sto
ripensando certi versi. Lei ha molto altro dal quale scegliere e fra poco Le manderò altre nuove cose. Mio figlio è tornato al lavoro! Il mio POESIE DAL VALDARNO (bilingue, 200 pp) uscirà fra poco. Le manderò una copia. Con auguri per Natale Peter Russell *** da Peter Russell, La Turbina 52026 Pian di Sco, AR 055 960 674 il 30 dic ‘988 Caro Defelice, Mi sento sconcertato di ricevere la bozza del bel saggio della Prof.ssa Saracino perché ho detto anche recentemente che finora non ho il permesso di stamparlo. Come si vede dalla corrispondenza (copie ci9 accludo) ho suggerito che Lei stampi invece il saggio della MacCaslin. Nell’intanto ho sentito dalla Saracino che il saggio debba uscire in una pubblicazione dell’Università di Lecce, ma lei mi ha detto che si potrebbe pubblicarlo anche in una altra rivista più strettamente letteraria. Ma non so se lei sarà d’accordo di farlo pubblicare prima dell’Università. Perciò ho scritto oggi dicendo che se lei ha qualche obiezione contro la pubblicazione da PN in gennaio, deve un telegramma o telefonarLe subito. Ieri ho restituito la bozza corretta per posta assicurata. Allora, adeso sta fra la Professoressa e Lei. Quanto ai nostri altri “problemi” Le mando
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Caro Russell, ricevo la Sua del 9 corrente. In allegato Le faccio avere le bozze del saggio che La riguarda, perché le corregga e me le restituisca. Il lavoro verrà pubblicato sul numero di gennaio ’99 Le sarei grato se, inviandomi altro materiale, si volesse attenere a quanto richiesto ai nostri collaboratori. È un aiuto indispensabile se vogliamo che P. N. continui a uscire regolarmente - Grazie Auguri per il Santo Natale e per un felice 1999. D. Defelice 8 Dattiloscritta. 9 Così nel testo.
Aggiunta poscritta a penna. Manoscritta sulla fotocopia della pagina 20 del periodico PIANDISCO’, del 17-22 Novembre 1998, con l’articolo “Riconoscimenti a Pieraccioni e al poeta di Pian di Scò IL PREMIO FIRENZE A RUSSEL” (con una sola elle), con le foto dei due e, sotto il titolo: “Il Premio Firenze, giunto alla sua XVI edizione, viene assegnato a quei personaggi che si sono contraddistinti nei settori della letteratura e dell’arte. Fra le mille persone presenti nel salone dei Cinquecento vi era anche il sindaco di Pian di Scò”. Prima di ricevere questa lettera, ecco una nostra della quale conserviamo minuta: Pomezia, 14.12.98 7
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copie delle nostre recenti lettere. RIPETO come detto nella mia recente nota (non ho copia) PER ORA NON STAMPARE le tre poesie in Italiano comentate da Brandisio perché voglio fare ulteriori miglioramenti. In caso che Lei non trovi facilmente i due altri saggi su PAYSAGES LEGENDAIRES, ci accludo altre copie (Susan MacCaslin e Kathleen Raine). Anche un terzo da TOM SCOTT, veramente grande poeta lirico in lingua scozzese, scomparso un anno fa. Può usare questi senza ogni ulteriore permesso. La traduzione di CIRIO10 DI MARIA mi sembra molto ben fatta, ma non ho finito il finale controllo del testo, così sarà rimandata da qualche mese. Quanto a mie POESIE. Naturalmente spero di pubblicarne altre in POMEZIA N. Il problema sembra il fatto che LEI vuole solo “inedite”. Se si deve interpretare questo termine in stretto senso questo mi presenta con una difficoltà. Ho suggerito, per esempio, che Lei potrebbe pubblicare le SEI POESIE del piccolo libro stampate a Arezzo in solo 150 copie circolate strettamente a Arezzo e dintorni, ma Lei non ha risposto. Ugualmente, certe cose sono già apparse in MARGINALIA, e vorrei vederle pubblicate in una rivista “pubblica” (MARGINALIA è essenzialmente una cosa provata) ma forse questo non Le va? C’è anche il problema che non ho ricordi precisi di dove sia questa o quella cosa pubblicata (o meno). Dopo incendi, rivoluzioni e alluvioni ho perso molto. Con le cose molto recenti posso essere più preciso, ma anche qui non sono cento per cento da dipendere, perché la mia memoria non è come era! Ma Le ho mandato recentemente certe poesie per certo inedite in Italia, ma non ho nessuna risposta da Lei. Queste includono Distenditi e muori
Il mio ultimo compleanno vati cani e le poesie nella terza scelta da CUORE MIO SELVAGGIO Le ho mandato copie dei miei libri La Catena d’Oro e Poesie dal Valdarno. Non li ha ricevuto? Come promesso, Le mando adesso la Prefazione di F. Loi. Il libro deve uscire verso la fine di gennaio, dopo tanti indugi. Nella Sua lettera del 5.9.98 Lei mi dice che ho chiesto da Lei una lista delle mie poesie inedite. E che questo è assurdo. Si, lo sarebbe, se avessi fatto una così stupida domanda. Ciò che ho richiesto era una lista delle poesie che Le ho mandate ma che finora Lei non ha pubblicate. Sono stufo di mandare poesie (inedite, per la maggior parte) a editori, e di non avere nessuna risposta anche dopo un anno o di più. Quasi ho cessato di mandare poesie a editori11. RIPETO, leggerò Suo “Alpomo”, La Morte del Sud ed altre cose, il momento che posso, ma in questo periodo sono stato e ancora sono così indaffarato che non posso leggere quasi niente. Fra cose che sono senz’altro INEDITE ho molte cose di “Quintilius” e molti SONETTI (40 in solo ottobre ’98) ma sarà un po’ prima che faccio copie finali. Anche aderire alle vostre condizioni di dischetti della giusta compatibilità sarà difficile. Cercherò. Se le poesie che ho già mandato non Le vanno, mi dica. Le manderò ad altre riviste. Ma per favore non mi fa aspettare fino alle Kalende greche. Intanto Le mando calorosi auguri per il 1999. Il Suo, Peter Russell *** il 26 genn 9912
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Ciro, ma così nel testo. Tutto ciò accadeva perché Poste Italiane sono state sempre e continuano ad essere inefficienti, un autentico buco nero. Molto materiale inviato da Russell non è mai pervenuto e, quando giungeva, era con molto ritardo. 11
Manoscritta su Cartolina Gran Caffè Ristorante storico letterario Giubbe Rosse Firenze Piazza Vitt. Emanle Piazza della Repubblica, 13 – 14R Tel. 055/212280 Fax 055/290052 (timbro postale 27.1.99).
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2 copie di PN con il saggio della Saracino ricevute con tante grazie. La Signora non mi ha risposto, così sia Lei che io stimo nel netto. Sembra che tutti, o quasi, le confusioni fra di noi siano scaturite dalla mancata consegna di pacchi postali. Ho perso qualche centinaia di lettere, pacchi ecc, compreso assegni. Oggi devo andare all’Università di SIENA. Domani risponderò in dettaglio alla Sua chiarissima lettera che spiega molte cose. Con amicizia e grazie, Peter R. *** Peter Russell 52026 Pian di Scò, AR 055 960 67413 il 27 genn. ‘9914 Caro Defelice, Sua lettera del 8 genn pervenutami due tre giorni fa ha chiarito molte cose come ho detto nella cartolina speditaLe stamane. Prima di partire ho qualche minuto libero e Le scrivo al meglio posso. Ma voglio emfatizzare15 che la mia recente lettera non era un rimpianto -- anche con le varie misguide16 ecc., mi sento sempre molto bene trattato da Lei. E non aspetto per niente “special treatment”. Sono un poeta fra centinaia. C’è un certo risentimento nella Sua lettera che mi disturba. Per certo più pacchi spediti da me a Lei, e altri da Lei a me, non sono 13
Dattiloscritta sul retro di fotocopia: AREZZO agenda LA NAZIONE p. IV. Giovedì 24 dicembre 1998 LA POESIA La raccolta di Russel “La catena d’oro” raccolta di poesie (dal 1965 al 1976) dell’età matura di Peter Russel, il grande autore inglese che dal 1983 vive a Piandiscò è stata presentata all’auditorium di S. Chiara a Sansepolcro. Se la raccolta di poesie è di valore altissimo, incredibile è l’impatto che produce il personaggio una volta arrivati attraverso la folta e bianca barba agli occhi: si cade dentro due laghi azzurri, vivi come quelli di un ragazzo. Berlino, Venezia, Londra sono le tappe di innumerevoli emozioni che si impongono come lampi e tuoni nel cielo estivo. Una raccolta di liriche che come vuole il titolo lega al sogno, al mito. Le poesie si chiudono con una simbolica, numericamente parlando,
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arrivati. Fra poco controllerò i quattro grossi scafali17 con i libri mandati in omaggio e cercherò altri Suoi titoli. Poi Le scriverò con una lista di ciò che ho. Non pensare che non voglio leggere le Sue cose. Lo voglio sinceramente per me stesso, non solo per accontentarLa; Ma come Lei sa, le poesie domandono18 più impegno e tempo, e forse ho lasciato qualcosa a parte per “dopo”. Per certo Le ho spedito una dozzina di poesie durante i primi mesi di ’98 e ero triste di non avere nessuna risposta. Ovviamente non sono arrivate. Ho parlato con la Signora Furfari ha spedito una altra copia circa il %5 gennaio (anche Lei calabrese) della casa ed. PAIDEIA (Firenze) e mi assicura che nei primi giorni di novembre Le ha spedito LA CATENA D’ORO, ed io PER CERTO Le ho spedito la seconda bozza già corretta di POESIE DAL VALDARNO con lunga Prefazione di FRANCO LOI. Sarebbe stato anche nei primi di novembre. E’ un libro anche più grosso di LA CATENA D’ORO. Deve uscire verso la fine di febbraio. La ringrazio tanto per l’indirizzo della Sra Soiffer. Scriverò. Spero che possiamo cominciare di nuovo con fiducia e simpatia da tutte e due le parti. Noto con piacere che Lei pubblicherà nel
serie di nove sonetti dettati al poeta Russel, nel sogno da una sconosciuta creatura Manuela. E come dice Manuela stessa nella sua nona notte “Il mio mondo reale è il tuo sogno” il nostro mondo è carico dei sogni di quei rari poeti che come Russel riescono a coagulare le emozioni su fogli bianchi. [Lucia Leonessi] Nella foto: Peter Russel (la foto non appare). Sul margine destro, a penna rossa, Rassell annota orgoglioso: “L’impatto era veramente forte. Ho venduto 45 volumi da un pubblico di 60!” 14 A destra, scritto a penna rossa: “COPIA a M. Saracino”. 15 Così nel testo. 16 Idem. 17 Idem. 18 Idem.
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corso di quest’anno i saggi di Raine, MacCaslin e Tom Scott. Questo è generoso e La ringrazio. Forse Le manderò altre poesie corte? Il problema adesso è che molte già tradotte saranno nei libri recentemente pubblicate. Io devo tradurne altre così che ciò che mando siano “inedite”. Sarebbe gentile da Sua parte se possa mandare una copia del numero appena uscito a Prof.ssa Marisa Saracino, Castigno 6, 74020 Maruggio, TARANTO, se ha una copia ancora. Con amichevoli saluti, Peter Russell *** Ha19 ricevuto mia lettera del 27 genn e la Cartolina del 26? Ha ricevute le copie de LA CATENA D’ORO mandate sia da me che della casa ed? Ogni buon augurio, Peter Russell *** AMBASCIATA BRITANNICA20 VIA XX SETTEMBRE 80/A 00187 ROMA Dottor Domenico Defelice Direttore Pomezia Notizie via Fratelli Bandiera 6 00040 Pomezia (Roma) Her Britannic Majesty’s Ambassador and Mrs Thomas Richardson cordially invite Dott. Domenico Defelice to a reading by Peter Russell of his poetry on Wednesday May 5, 1999 Drink 19.45 Reading 20.15 A light buffet dinner to follow Please telephone replies to: Villa Wolkonsky Via Conte Rosso 25 00185 Roma Kindly show this invitation at the gate Tel. 06 7720 6810
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Manoscritta su cartolina - senza data e il timbro postale illeggibile - di Sansepolcro - Cattedrale Crocifisso ligneo detto del Volto Santo (sec. XIXII), particolare. 20 Timbro postale, Roma 12.4.99. 21
Allegata cartina di Roma con sottolineata Villa
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(The books of Peter Russell will be available. He will be pleased to sign them afterwards)21 *** %”)”- 52026 Pian di Sco AR 055 960 67422 il 23 apr ‘99 Caro Defelice, FINALMENTE! Cioè, LA CATENA D’ORO è nelle Sue mani. Spero molto che Lei ne faccia una recensione. Tengo molto alla Sua opinione. La casa ed. PAIDEIA Le ha mandato tre copie, ed io due, fra i primi di novembre e la fine di marso. La posta mantiene sempre il suo alto livello di servizio23. Fra poco il mio prossimo libro sarà pubblicato, POESIE DAL VALDARNO. Le manderò una copia nei primi di maggio. Ma forse ci incontreremo all’Ambasciata Inglese il 5 maggio? Dalla nostra corrispondenza non so se Lei vuole altre poesie da me. Ma ci accludo due scherzi, frottole se vuoi, che non sono ancora edite. Se potrebbe mandare una copia del numero di PN con il saggio della MACCASLIN sarebbe una cortesia: a DR. Susan MacCaslin 21 Brackenridge Place Port Moody B. C. V3H 4HB Canada Mi piacerebbe leggere SENSAZIONI COSMICHE di Di Donato.24 In questo momento sono sprovvisto di soldi. Ho letto recenti numeri di PN con grande interesse. Purtroppo non il tempo per comentare le cose che mi interessavano di più. Ma quasi tutto e su un livello molto alto. Lei molto gentilmente ha inoltrato un mio Wolkonsky e indicazione per arrivarci in macchina. 22 Dattiloscritta. 23 Ci sarà certamente dell’ironia, giacché non tutto il materiale in viaggio, mio e suo, è arrivato a destinazione. 24 Rosaria Di Donato. Il volume è nelle edizioni di P. N.
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pacchetto a Ferdinando Banchini e lui mi ha risposto -- ma ha omesso suo indirizzo. Potrebbe mandarmi l’indirizzo? Accludo anche due poesie di un Signor Putignano, indirizzare a me. Mi sembrano abbastanza belle. Non conosco Putignano, ma se Lei si interessa a queste poesie può scrivergli. Lui ha pubblicato cinque grossi libri di poesie, che mi sembrano su un livello abbastanza alto. Ma non sono un giudice competente di cose in Italiano. Naturalmente mi piacerebbe vedere su PN le due poesie indirizzate a me. La vanità del poeta e infinita! Il mio opuscolo su KOSOVO (1989) sarà pubblicato in Italiano fra pochi giorni. È “profetico”. Cordialissimi saluti Peter Russell *** da Peter Russell 52026 Pian di Scò AR25 il 28 maggio ‘99 Caro Defelice, Ho letto con grande interesse il Numero per Maggio. In ispecie mi intriga il libro do Zekiyan pubblicato da Città del Sole, ma non trovo nessun indirizzo per questa Casa ed. Voglio comprarlo e studiarlo. Se Lei guarda DEUTERONOMIA XII: 8 vedrà il perché. Intanto sono infinitamente grato per la pubblicazione su PN dei 3 saggi su di me. Se vuole mandare una copia alla vedova di TOM SCOTT sarebbe una cortesia. Lei legge bene l’Italiano, e ha anche tradotto in Inglese una splendida recensione del mio LA CATENA D’ORO scritto da BRANDISIO ANDOLFI. Si indirizzi a Mrs Heather Scott 3 Duddingstone Park Edinburgh EH 15 SCOZIA. E grazie per la menzione di LA CATENA D’ORO. Spero molto che LEI personalmente lo recensirà. Tengo molto dalla26 Sua critica. Sa che questo volume ha vinto DUE Premi! Dettagli acclusi.
Lei non mi dice niente su i due scherzi che ho mandato qualche settimana fa. Ecco il terzo
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Dattiloscritta. Così nel testo. 27 Ciro de Maria.
TIME-LIFE-MEDIA Dalla culla al nulla Tutto fasulla Vale poco, lo so. Spero di essere in contatto con F. Banchini. Intanto ci accludo due veramente bei saggi sulle mie cose da MANISTY e CADOGAN, molto bene tradotti dalla Sra Puccioni di Firenze. Spero che il si potrà pubblicare. Quanto al mio poema PAYSAGES LEGENDAIRES, sarà pubblicato alla fine dell’anno, tradotto da Cirio27 di Maria. E cosa ha pensato delle due poesie del Sig. Putignano? Ci accludo anche un mio scritto su KOSOVO. Sarebbe bello vedere una recensione. A differenza dei giornalisti che scrivono ogni giorno, io vi ho passato molto tempo e parlavo le lingue locali. E’ una profezia? Lei deve essere molto indaffarato, ma spero avere una risposta. Con cordialissimi saluti, Peter Russell *** 52026 Pian di Scò, AR28 il 7 giugno 1999 Caro Defelice, Tante grazie per Sua lettera del 1° giugno e gli indirizzi di Banchini e Hermet. Anche per aver mandato il numero di maggio alla vedova di Tom Scott. Le porterà gran piacere. Difatto lei mi ha recentemente mandato un29 splendida traduzione in Inglese dal saggio di Brandisio sul mio LA CATENA D’ORO. Sono molto contento che Lei pubblicherà fra poco il saggio della RAINE “Tra le Righe”. Mi sembra importante di segnalare il fatto che sale al 1974 e alla rivista famosa SOUTHERN REVIEW nel Louisiana. Nel
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caso che Lei ha una copia precedente le allego copia con questi dettagli. La Signora Raine compie questo mese il novantunesimo anno! Sta ancora pubblicando la più seria rivista della cultura nel U.K. -- TEMENOS. Capisco troppo bene le difficoltà che Lei incontra. Il caso è simile per me e io devo leggere e corrispondere su DUE letterature, raddoppiando il volume! Sono affogato dal lavoro. Sono molto lieto di ricevere la prima parte di AL POMO, che non avevo mai visto. Ero riluttante di cominciare a metà strada. Adesso posso leggerlo nella versione completa. Ho una certa paura che la mia conoscenza sia della lingua che della politica italiane farà sì che mancherò di molte battute, ma cercherò. Adesso sto leggendo le 700 pagine del POESIA NON-POESIA ANTIPOESIA di Vittoriano Esposito. Naturalmente SPERO che Lei troverà prima o poi lo spazio per i due altri saggi (Cadogan e Manisty) che ho mandato recentemente. Li trovo, tutti e due, su un livello molto alto e fanno una sorta di “trio” con il bel pezzo della Saracino che ha pubblicato lo scorso anno. Ovviamente sono molto triste che Lei personalmente forse non troverà il tempo per recensire mio LA CATENA D’ORO. Ma capisco la situazione e ci accludo un altro scherzo a proposito! Se è veramente impossibile per Lei, posso suggerire che Lei scriva o telefoni Brandisio e gli chieda copia del suo bel pezzo su LA CATENA D’ORO. Cotesto dovrà andare esaurito dopo la mia Conferenza all’Accademia Valdarnese del Poggio questa settimana. Abbiamo solo 10 copie. Già la Signora Fur30- ha ordinata una ristampa, questa volta con la traduzione in Inglese del bel saggio di Conte e qualche correzione al testo. Allo stesso tempo il mio grosso volume POESIE DAL VALDARNO 1983 - 1995 è adesso pronto e mio figlio deve andare a Firenze per pigliare le prime cento copie. Le
manderò copia subito arrivate. VOGLIO enfatizzare che preferirei aspettare un po’ la Sua recensione di CATENA che vedere subito quello del buono Brandisio. Non perché Brandisio non vale, ma perché la Sua critica, specialmente quando appare sulla propria rivista mi sembra più autorevole. E in ogni caso la Sua critica sempre mi piace. Devo confessare che sono molto lieto che certe mie poesie scritte in Italiano adesso vincono i concorsi. Ho vinto i Premi SUCCISA VIRESCIT, MECENATE (Firenze), quarto posto sull’ALDO SPALLICCI (Rimini) fra più di 1000 concorrenti, il PADUS AMOENUS (Sissa, Parma), il FIORINO D’ORO FIRENZE-EUROPA e il Premio AUSER (anche Firenze) tutti in questo anno. Dopo il Premio “Le Muse” di Firenze, e il Premio del31 Accademia Dantesca del Cosentino per ricerche dantesche, questo mi dà una certa fiducia. Non che il mio Italiano è brillante, ma almeno, con tutti i difetti comunica agli Italiani qualcosa di un certo valore. La demise di PIETRA SERENA è molto triste. Walter32 ha fatto uno splendido lavoro per anni, e per mancanza di appoggio del pubblico è stato costretto a rinunciare. Sono molto triste di non poter mandarLe soldi per PN. Ho in tasca appena abbastanza per la posta d’oggi. Non ho avuto un assegno o soldi, né da Italia né dal mondo anglosassone da prima della mia visita a Roma. Roma mi ha dato un milione e mezzo con vendite dei libri. IL PIÙ TRISTE DI TUTTO è il non avere tempo per leggere i capolavori del passato (e i testi sacri). Basta, ho scritto troppo! con calorosi saluti, il Suo, Peter *** Caro Defelice33, Tante grazie per Sua lettera. Prometto una risposta in dettaglio fra poco.
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Furfaro. Così nel testo. 32 Walter Nesti, direttore della rivista. 31
Manoscritta su cartolina Postcard con riproduzione a colori di “DE PROFUNDIS” One of two Batik Banners by Thetis Blacker (1994) entitled “De Profundis… Ad Paradisum” for the Chapel at
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E’ stato un mese zeppo di attività e lavoro (e ‘problemi’!). La Catena d’Oro è in stampa e cercherò di cambiare ‘una tempesta’ in ‘tempesta’ Grazie. E grazie per l’aiuto verso la lettura di Al Pomo. E’ molto più facile adesso. Sono completamente d’accordo con la Sua analisi Italia coccola e imbonisce tanto i suoi vizi. Fra poco spero di mandarLe una manciata di lamponi o epigrammi peperati. Anche qualche poesia. Il mio Italiano è molto difettoso, ma credo che di tanto in tanto azzecco. Tengo molto per una recensione sia di CATENA D’ORO che di VALDARNO da LEI. Non da altro! A presto, anche con reazioni a Al Pomo Un abbraccio Peter Russell il 10 luglio ‘99 (3 – Continua)
the Royal Foundation of St. Katharine, Stepney,
London E14 8DS Photograph by Mark Fienes).
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Recensioni FABIO DAINOTTI REQUIEM FOR GINA’S DEATH AND OTHER POEMS” (Italiano-Inglese), Gradiva Publications Stony Brook University NY USA, Anno 2019, $20.00, pagg. 63. Verrebbe da dire Come eravamo (dal titolo del film statunitense di Sydney Pollack del 1973, coi protagonisti Barbra Streisand e Robert Redford) intendendo quelle tracce dovute ai rincari affettivi distribuiti da chi ci ruota attorno, verificantesi durante la crescita, che incidono dentro ognuno di noi inevitabilmente plasmandoci forse in bene o in male. Tracce d’affetto che hanno i vari volti del clan familiare ordinario costituito dai nonni zii fratelli cugini… mentre pian piano facciamo scorrere davanti al nostro sguardo le pagine di questa raccolta di brevi poemi composti dal professore Fabio Dainotti, con la traduzione a fronte in inglese dei rispettivi suoi testi in italiano. Sono autentici racconti in versi della vita dell’autore, natìo di Pavia e residente nel Cilento, che vuole condividere insieme ai possibili (speriamo numerosi) lettori di questa pubblicazione perlopiù a lui sconosciuti che, magari, leggendola ritroveranno qualcosa di similare riguardo ai propri rapporti parentali, tra cui, ad esempio, il turbamento provato per la scomparsa di una persona cara e a certe abitudini familiari d’una volta. Il poemetto d’apertura sembra avere una grande porta d’ingresso volutamente spalancata nel momento in cui in una determinata casa sta succedendo un evento fuori dalle consuetudini e si arresta ogni attività domestica giornaliera, mentre c’è un andirivieni di persone, conoscenti amici familiari, che entrano ed escono, infatti, si tratta del
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giorno della dipartita della zia Gina (accadde a Siziano, in Lombardia, nel 2013). Il poeta Dainotti, attraverso la compunta osservazione dell’irrigidite fattezze della salma ziana, con l’immaginazione umida di tristezza ritrova i fotogrammi più suggestivi di quando era ancora presente la zia in quella medesima casa calda di calore umano abituata all’ospitalità, soprattutto quando l’autore sull’uscio si presentava «[…] senza preavviso,/ e avresti riso di contentezza nel vedermi.// Dove studiavo, dove/ leggevo giornali, sognavo;/ dove mi rifugiavo da malato./ Dove mi avresti chiesto le ultime novità,/ preparando, in cucina, un po’ di cena,/ e avresti rievocato i vecchi tempi.» (Pag. 16) Una zia così generosa e affabile rappresenta uno di quei meravigliosi archetipi universali che la psicoanalisi moderna ha ben ‘inquadrato’, perché è la figura femminile che da sola completa, incorniciandolo, il nucleo familiare e la cui compagnia diventa giorno dopo giorno incommensurabile per i nipotini che crescono e la vedono di continuo, maggiormente quando hanno la possibilità di andarla a trovare nella sua casa riverberante i suoi pensieri, il suo agire, i suoi errori, i suoi probabili rimpianti. Anche se l’autore l’ha vista distesa ormai priva di vita, rimane per lui quella zia indaffarata sempre pronta con gioia ad accogliere i parenti, grandi e piccoli, o a guidare l’«[…] automobilina/ cantando le canzoni della tua giovinezza.» (Pag. 18). Non è un emblema di zia a sé stante, piuttosto il vortice delle situazioni che hanno ruotato attorno a lei a fare in modo che «[…] Adesso, ripensandoci, con te/ tutta la nostra infanzia se ne è andata;/ ma anche la giovinezza:/ in pratica, gran parte della vita.// E non ci andrò mai più in quella casa,/ dove c’eri tu, la mia seconda madre, madre buona,/ dove risuonava la tua voce,/ come una musica dolce e segreta.» (Pag. 26). Un’altra zia, invece, di nome Letizia era del Nord-Italia, in una zona periferica di Milano tanto da costituire discrepanza con l’abitazione altolocata della zia Gina, ch’era stata moglie d’un medico condotto e domiciliati in una villa; così in parallelo al tipo di case anche le vicissitudini giovanili del poeta Dainotti appaiono dissimili (questo è avvenuto nel terzo poema). La terza zia si chiamava Clara, altro tipo di donna (a cui importava forse più la superficie delle cose che la sostanza) si vezzeggiava a portare la veletta e aggiustarsi il trucco spesso con la cipria, soleva accompagnare l’autore a distrarsi quando era bambino nel parco e non se la passava tanto bene per
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via del marito, lo zio Pasquale. In compenso avevano il televisore, uno dei primi apparecchi domestici avuto in dono dalla sorella di lei, Celeste, “mossa a compassione” nei suoi confronti e sappiamo che possedere la tv negli anni Cinquanta del secolo scorso rappresentava l’appartenenza ad uno stato sociale medio-alto, oltre al fatto di stare al passo coi tempi grazie al flusso delle informazioni, spettacoli, sceneggiati trasmessi dall’apparecchio quotidianamente. Che le varie zie – nel quinto poemetto c’è anche lo zio Michele “con la pancetta/ e le bretelle sopra la camicia,” gestore di un bar – siano servite al poeta Dainotti per facilitarsi la versificazione, perfino sulle sue bravate compiute nell’età spensierata, è indiscusso; e non s’è trattato di singole liriche catturanti attimi vitali bensì di composizioni ad ampia estensione, poiché c’era molto da dire su quello ch’è successo a casa della zia Gina e in seguito cambiando i vari ambienti dove abitavano i parenti. Alla fine il classico lettore vorrà sapere cos’è che ha fatto da input per lo svolgimento di questa passeggiata a ritroso nel tempo, alla ricerca di certezze da recuperare come rami robusti d’un albero folto di tradizioni, nostalgie, manifestazioni affettive, volti femminili soprattutto inclini al sorriso, relazioni intime multiple e la risposta resiste nella traiettoria di quel «[…] treno lanciato nella notte’/ (che) ci aveva portato su al Nord,/ io all’università; tu per lavoro,/ con la tua valigia da emigrante./ Si parlava di temi difficili: la vita,/ e la letteratura, si fumava;/ intanto si viaggiava/ ‘verso un incerto destino’.// Era, la solitudine, ghiacciata;/ neppure il vino mi scaldava il cuore./ Scrivevo lettere d’amore,/ ma senza il suono di una voce umana,/ la voce della mia amata lontana.// Indossai il mio abito elegante,/ e presi il treno da Pavia a Milano:/ ed eccomi in Piazza Tricolore,/ dove mi porta il tram, scampanellando;/ poi pochi passi ancora, caro amico,/ e suono il campanello alla tua porta.» (Pag. 58). Isabella Michela Affinito
ANTONIO CRECCHIA IN ZONA ROSSA E OLTRE Ediemme Cronache Italiane di Salerno, Anno 2021, Euro 18,00, pagg. 105. Diventerà storia passata, è vero, ma nel frattempo ancora si fa il conteggio di quelli che ne sono usciti guariti, di chi ulteriormente non ce l’ha fatta, di chi è ancora vittima del contagio, di chi è rimasto a ‘galla’ e di chi è ‘naufragato’ (in ogni ambito della
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società) nella nostra situazione limite denominata Pandemia da Covid 19! Il conteggiare è l’azione più comune entrata nella quotidianità più o meno di ciascun individuo, forse perché nella conta rientra anche soprattutto il numero dei mesi da quando è esploso il dannoso evento pandemico, i quali sono diventati oltre due anni. Ma si contano anche i malesseri generati, le distanze separatrici, i giorni lietamente di sole che sono andati perduti senza essere stati vissuti appieno, le cose che non si sono potute fare e l’elencazione sarebbe infinita per ogni specifica computa. Alla fine, dalla variegatura delle indoli umane le reazioni alla sopravvivenza da questo flagello sono state sorprendenti a cominciare dall’ancoraggio musicale di qualunque genere che ha imperato ovunque, direttamente dagli strumenti di chi li aveva oppure registrata, fuoriuscito attraverso le finestre e i balconi (gli occhi degli edifici) quale “filo d’Arianna” validissimo per tenerci uniti e farci raccapezzare nel labirinto in cui ci siamo ritrovati. Ancora una volta l’Arte s’è dimostrata madre protettiva nei confronti di noi miseri mortali, come a dire che il grande Ulisse sarebbe stato niente se non ci fosse stato sopra di lui l’aiuto divino della sapiente Athena.
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L’Arte in tutte le sue manifestazioni in tempo di pace è realtà effimera, piacevole ma non indispensabile come non lo è stato il teatro, il cinema, le mostre, il balletto, i concerti musicali dei cantanti nei grandi stadi quando è stato deciso di fare guerra pesante al virus; viappiù, quando s’è imposto di dover vivere ciascuno alimentandosi del proprio mondo interiore durante la reclusione nelle proprie case, allora l’Arte è divenuta ‘albero maestro’ dell’umana nave esistenziale! Forse chi non era artista lo è diventato per la potente necessità di nutrirsi della bellezza che la pandemia stava soffocando, come chi non era atleta s’è improvvisato pur di compiere qualche corsetta fuori dalle mura domestiche. E forse anche chi non era poeta lo è divenuto pur di farsi compagnia nell’estensione compatta della solitudine fattasi gelatina palpabile, affinché le parole e i versi potessero in essa infiltrarsi per corromperla. E chi già era poeta altresì non poteva non versificare sull’evento e le sue deleterie conseguenze, magari in forma diaristica, consequenziale, tenendo conto dell’evoluzione e dell’involuzione a fasi alterne del male collettivo. Fasi alterne che hanno assunto colorazioni dettate dall’organo governativo e la più famigerata è stata quando l’intera Italia è entrata In zona rossa e oltre, ovvero anche l’Europa e gli altri continenti. «Basso Molise, zona rossa./ Per due settimane, alla finestra,/ staremo a guardare lo spuntare/ del sole sul mare, l’innalzarsi/ del disco rosso per le libere/ plaghe del cielo, eclissarsi/ come un solitario peregrino/ cui è stata negata la persistenza/ dentro città e borghi malati/ di funesta pandemia. Salgono/ la malinconia e la tristezza,/ nell’arresto domiciliare, imposto,/ ma con disarmata volontà accettato. […] Cala torva la prima sera./ Domani sapremo chi e quanti/ sono stati morsi dalla tarantola nera/ e gettati nell’angoscia d’affrontare/ il calvario, a rischio di chiodi e croce.// Termoli, 8 febbraio 2021». (Pagg. 37-38). Il poeta saggista ricercatore storico traduttore molisano, Antonio Crecchia, è ricorso all’arte sua poetica per spiegare il ghermente accadimento e lo ha fatto componendo liriche nel lasso di tempo di venti mesi, quindi, comprendente due primavere, due Pasque (2020-2021), un Natale (2020), due estati, un autunno e un lunghissimo senso d’equidistanza dal nulla e dalla certezza perché il dato sicuro è stato solo il virus che cambiava pelle nelle sue imprevedibili variabili. Leggendo le poesie di questa silloge a tema il lettore si sentirà di stare accanto al poeta di Termoli, proprio nella sua casa ad ascoltare il propalarsi delle notizie inerenti la pandemia; si sentirà suo
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ospite non occupante né spazio a tavola né altrove, ma presente virtualmente tra quelle pareti domestiche che ogni giorno hanno visto l’autore compartecipe della tragedia che si stava svolgendo ovunque fuori. «È calata un’ombra nera/ sulla Terra. Un’ombra/ che oscura il sole della vita,/ toglie alla labbra il sorriso,/ detta sentenze di morte/ dov’essa lesta e torva arriva.// Ci toglie dalle mani le palme/ dell’ulivo, la gioia di tuffarci/ nei raggianti colori del mattino;/ priva i bimbi d’una corsa sui prati,/ tra erbe fresche e fiori immacolati;/ annulla della Pasqua i riti sacri/ e tutti ci tiene nella sua ferrigna/ rete di famelica pescatrice.» (Pag. 14). Ma è anche vero che la poetica di Antonio Crecchia possiede le tonalità giuste della convincente risalita – ricordiamo che l’autore è nato sotto il Segno zodiacale del Capricorno, tanto pervicace quanto fiducioso di raggiungere la cima dell’amata altura – per cui accanto a tanta rovina causata da un organismo infinitesimale, il Nostro ha puntato alla sconfitta dello stesso e ad una possibile via d’uscita perché la natura con le sue attrattive è là che attende, come il padre della parabola del figliol prodigo, ciascuno di noi. «Temporali di idee. Rovesci di parole./ Contemplazione del verde estivo/ disteso a macchie di pioppi e lecci,/ vecchie canne e piante d’ulivo./ Conto il transito delle ore, legate/ al mobile cocchio del sole.// Mi sfiorano carezze di vento/ odoroso d’acqua di mare,/ messaggero di rare canzoni/ sussurrate da non so quali bocche/ ritrose all’eccesso di calura./ Sul trono dell’estate l’azzurro/ cielo riposa con occhi incantati.» (Pag. 90). Isabella Michela Affinito
DOMENICO DEFELICE NON CIRCOLA L’ARIA Genesi Editrice S.A.S. Torino, Dicembre 2020. Anch'io, quando ero un bambino, sognavo una FIAT Topolino, proprio come l'autore- protagonista del racconto “500, amore mio!”. Era l'auto che mi sarebbe piaciuto acquistare da grande. “Alla presentazione di Roma – scrive Domenico Defelice, riferendosi proprio alla nuova versione della FIAT 500 – ero commosso. (…). Pensavo alla mitica Topolino, alla vecchia 500 e alle sue tante, successive versioni (…). Appena diplomato, mi buttai a capofitto in un lavoro di magazzino. Dopo due anni, firmando un mazzo di farfalle, mi comprai la 500. Ricordo che sono andato a ritirarla presso un rivenditore autorizzato di Gioia Tauro” (Cfr. Domenico Defelice, “500, amore mio” pp. 116- 117).
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E' il sogno dell'auto, che si concretizza nella mitica FIAT 500! E' il mito della gioventù d'un tempo lontano, ma sempre vivo nella memoria. E se, per il Defelice, la 500 è un po' il mito delle sue fughe e dei suoi ritorni, del suo andare per il mondo in cerca della “vita”, un altro mito, quello delle nuove tecnologie, appare nel suo racconto dal titolo “In viaggio con Google”. Questo si presenta, per me, come un racconto “spia”, un racconto che apre al “mondo” della sua narrazione. “Clarissa – egli scrive – era assai brava al computer e quella mattina, seduta al mio fianco, mi propose di fare un viaggio su Google per conoscere il mio vecchio paese (…) “Senti – le dico – perché non partiamo da Polistena, dove ho frequentato gli anni della media?” (Cfr. Domenico Defelice, “In viaggio con Google” pp. 168- 169). E così, come Anteo a Gea, la propria madre terra, anche lui ha bisogno di ritornare alla propria terra natìa per vivere o, meglio, per sentirsi ancora vivo, attraverso la riscoperta e il recupero delle proprie radici. E, in queste pagine, la sua terra ritorna nei suoi colori, nei suoi profumi, nei suoi ricordi e nel suo respiro. I racconti di Domenico Defelice, tutti belli ed interessanti, si nutrono in gran parte di questa eco ed hanno al centro la terra d'origine, di cui egli ha, in sé, l'anima ed il senso, che si condensano nei sentimenti dell'anima greca. In quest'ultima vivono e si muovono Dioniso, cioè la divinità dell'ebbrezza, ed Apollo, cioè la divinità dell'armonia e dell'arte. E sono proprio questi due principi, vale a dire l'Apolineo ed il Dionisiaco, che secondo Nietzsche, in quanto essenza dell'anima greca, hanno generato l'antica tragedia, ad animare la narrativa di D. Defelice. Ebbene, la misura dell'Apollineo e del Dionisiaco la sento palpitare di continuo nei racconti di Domenico Defelice. Apollo e Dioniso io li trovo, fin troppo evidenti, già nelle figure del “pittore” e del “mercante”, nel racconto dal titolo “Il mercante”. “Sì, vorrei ci fosse l'anima – diceva il mercante mentre il pittore ritraeva Bruna - (…). Non era impresa facile catturare e imprigionare la sua anima (…) lavorò ancora per una mezzora, come
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ispirato (…). 'Stupendo! Stupendo!', gridava al pittore come un ossesso. 'Hai disciolto il suo corpo, hai trascritto quel che lei vedeva, ma il suo animo è intatto!' (…) Il mercante pose sul tavolo il denaro e uscì correndo col quadro fra le mani” (Cfr. Domenico Defelice, “Il mercante” pp. 98- 99- 100). Ma, come scrivevo di sopra, c'è un racconto “spia” che dà il senso e la misura dei racconti di Domenico Defelice ed è il racconto “In viaggio con Google”. E' il racconto che dà contezza del ritorno dello scrittore alla propria terra, alle persone care, alla vita e alle esperienze d'un tempo. E se in questo racconto il ritorno è virtuale, in tanti altri è frutto della memoria, tant'è che mi piace sottolineare che il tema di fondo di questi racconti e dell'intera raccolta è il tema delS, il tema appunto del ritorno. Lo stesso titolo della raccolta, “Non circola l'aria”, allora assume una valenza metaforica, in cui si condensa uno stato d'animo. E' lo stato d'animo del dell'autore- protagonista il quale, forse, sente che, fuori dal proprio “mondo”, è come se non possa circolare l'aria. Così, nei racconti di D. Defelice, riprende corpo la terra dì origine e ritornano ombre e figure d'un tempo, voci e suoni d'un mondo lontano e d'una età perduta. E l'uno e l'altra ritornano intatti, nella propria dimensione, attraverso la memoria che garantisce, all'autore- protagonista dei racconti, il viaggio tutto intimo del S, del ritorno alle radici e a Gea. E', forse, questa la chiave di lettura di questi racconti di Domenico Defelice, racconti interessanti e coinvolgenti e svolti in una prosa felice e piacevole, tanto da spingere ad una lettura d'un fiato. Mario Gallo
A FIORELLA Ape industriosa, si affretta silente ad aiutare amici e parenti. Sempre in attività, sempre cordiale, l’incontri per la strada o sulle scale
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in movimento sempre, l’ascensore non prende perché vuole mantenere il tono muscolare, pur controllando il cuore. Cuore grande, sensibile ai dolori ed ai problemi, questa donna amica mia carissima d’infanzia, è veramente un dono del Signore per chi l’ha per vicina ed abbastanza la conosce da conferirle il titolo d’ “Ape industriosa”, fiore profumato di amicizia, e di bontà fragranza. Mariagina per Fiorella 18 marzo 2022 ore 3:15 Mariagina Bonciani Milano Er tesoro Quann’ero regazzina m’inzognavo ‘na bussoletta piena de berlocchi. E ner guardà me rifacevo l’occhi, ma pe paura nun me ciaccostavo. Poi, pe sentimme come ‘na reggina, fionnavo su quell’oro e quel’argento svotannola co tutto er sintimento, der bendiddio de robba sopraffina. Tutto è cambiato: nun sò più fanella; nun sò attirata da le cianfrusaje che nun sò bone a vince le battaje. Mo cerco lo sprennore de ‘na stella. Elisabetta Di Iaconi Roma OVUNQUE TU SARAI Quante volte te ne sei andato, hai chiuso la porta ed i tuoi passi forti hanno rimbombato giù per le scale! Poi più niente! E noi siamo rimasti in casa ad aspettare: tuo padre alla televisione,
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io a riordinare. Puoi andare dove vuoi nella notte o nella luce del sole, poi volare senza che noi sappiamo dove, ma non puoi rompere questo filo tenace che ti lega per sempre al nostro cuore. Il tempo può spezzare le pietre e le montagne, può capovolgere ed oscurare le stelle, ma non può spezzare questo filo feroce che ti lega alla nostra voce. E tu la sentirai sempre più forte, anche quando il silenzio coprirà la nostra pace perché non si perde nel nulla il dono gratuito del nostro amore. Fabiola Confortini Da Dentro l’azzurro dei Pensieri, Poesie, Prefazione di Marcello Falletti di Villafalletto, Ed. Anscarichae Domus, Accademia Collegio de’ Nobili, 2021.
AALLELUIA! AALLELUIA! ALLELUUIAAA! 22/4/2022 L’ambasciatore russo in Italia, tra il serio e l’ingenuo (o il faceto?), ha affermato non essere giusto che l’Italia fornisca armi all’Ucraina. “La cosa che ci preoccupa – ha detto – è che gli armamenti italiani saranno usati per uccidere cittadini russi”. Alleluia! Alleluia! Evidentemente, in quella martoriata Nazione da loro spudoratamente invasa, i carri armati russi, i missili, i cannoni, gli aerei, sparano distribuendo fiori, non sganciano bombe e mietono vittime. Domenico Defelice
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D. Defelice: Il microfono (1960)
NOTIZIE CI HA LASCIATO MARIA FENELLI – Il 29 marzo 2022, è morta a Roma, all’età di 78 anni, Maria Fenelli. A lei si devono molti scavi e ritrovi archeologici nel sito dell’Antica Lavinium, oggi Pratica di Mare, e, in particolare, anche il Museo che oggi custodisce molti dei reperti, tra cui la Minerva Tritonia, da lei composta unendo i tanti frammenti in cui era stata rinvenuta, e esposta proprio nel nostro Museo. La Fenelli era docente di Topografia all’Università La Sapienza di Roma. Tante le sue scoperte negli scavi e tante le sue pubblicazioni. Siamo certi che il Comune di Pomezia saprà onorarla come meritava, come meritano tutti coloro che lavorano per la grandezza della nostra città. Ma
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eccone un breve profilo dell’Associazione Latium Vetus, tratto da Internet. Maria Fenelli, è stata professore associato di Topografia dell’Italia antica all’Università ‘La Sapienza’ di Roma e membro del Consiglio Accademico dell’Ateneo Federato delle Scienze Umane, delle Arti e dell’Ambiente, del Comitato Tecnico scientifico per i Beni Archeologici del MiBACT, e del Comitato Scientifico istituito dalla Regione Lazio per i Cataloghi dei Musei locali. Nella sua brillante carriera, ha condotto ricerche topografiche in Etruria e nel Lazio, e coordinato l’unità “Topografia antica nell’ambito del “Progetto Veio” (convenzione Sapienza-MiBACT). A lei è stata anche affidata la direzione della ricerca archeologica a Lavinium, odierna Pratica di Mare, a partire dallo scavo archeologico fino alla ricomposizione, il restauro e la catalogazione dei reperti: una limitata selezione dello straordinario patrimonio è oggi esposta nel Museo Archeologico di Pratica di Mare. È stata membro della Fondazione Sapienza Università di Roma. Già allieva del grande Professor Ferdinando Castagnoli, proprio a lei si deve il ritrovamento e la ricomposizione dei frammenti della Minerva Tritonia, durante gli scavi presso il sito dell’Antica Lavinium. Oggi la statua è esposta in tutto il suo splendore nel Museo civico archeologico Lavinium di Pratica di Mare. I funerali della prof.ssa Maria Fenelli sono stati celebrati nella Cappella dell’Università La Sapienza di Roma, il giorno 31 marzo alle ore 14.00. *** PETER RUSSELL, VITA E POESIA Venerdì 6 maggio alle ore 17,00 presso il Circolo dei Lettori di Via Bogino, 9 a Torino, nella Sala Musica, incontro dedicato a PETER RUSSELL: Peter Russell. Vita e poesia a cura di Wilma Minotti Cerini, Edizioni Il Foglio. Vi è una grande concordia tra i moltissimi importanti recensori, sia italiani sia esteri, nel
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considerare Peter Russell senza ombra di dubbio, uno dei maggiori poeti inglesi contemporanei, se non addirittura il principale. Il motivo per cui tale merito non sia ancora universalmente riconosciuto rimane uno dei misteri più “arcani” di quest’ultimo squarcio di secolo, come sostiene il prof. Alex R. Falzon (Università di Siena). Russell è stato chiamato “l’ultimo dei grandi Modernisti” e “un poeta appartenente alla più alta tradizione romantica”, definizione che l’ha avvicinato alla poetica di Yeats. La poesia di Russell è dunque una specie di platonica anamnesi, di prescienza paradisiaca, grazie alla quale si può arrivare alla comprensione del tutto e all’Unità che lo sorregge. Poetare, per Russell, equivale a creare un intermondo, che sta tra l’esistere (il mondo delle apparenze) e la luminosa vita dello spirito (il mondo dell’Idea). Russell ha rivolto la sua dedizione più completa a questo, dedicando la vita a ogni singolo componimento, perché come disse una volta: “La poesia ha a che fare col respiro. Il respiro è vita, anima, pneuma”.
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A parlare di Peter Russell, nell’occasione del centenario dalla nascita: • Wilma Minotti Cerini, curatrice del libro Peter Russell. Vita e poesia; • Dr. Ezio Cacioli Sindaco di Castelfrancopiandisco, ultima residenza del Poeta; • Natale Luzzagni e Stefano Valentini di Venilia Nuova Tribuna Letteraria; • Adam Vaccaro, Presidente Associazione Milanocosa-Milano; • Roberto Salbitani, scrittore e insegnante di scuoladifotografianatura, amico di Peter Russell dal 1971 Lido di Venezia; • prof. Giampiero Tonon del sistema www.Literary.it; • Mons. prof. Franco Buzzi – ex Prefetto - Collegio dei dottori Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano; • Prof. Francesco Diciaccia, scrittore e recensore. A coordinare l’incontro, Sandro Gros-Pietro. *** TEATRO COMUNALE DI POMEZIA, lavori ripresi e polemiche – Ce l’abbiamo di fronte a casa il rudere e possiamo attestare che i lavori per completare la struttura del Teatro sono ripresi, anche se con lentezza, anche se – sembra - ci lavorino pochissimi operai in un cantiere così immenso. Hanno smantellato le impalcature intorno all’edificio prospicente via Fratelli Bandiera e le stanno ricollocando intorno a quello che dovrebbe contenere la gran sala; si vede, di tanto in tanto, qualche camion scaricare materiali e cinque-sei persone in tuta arancione: nient’altro e di più non sappiamo. È certo, comunque, che non sono lavori fervorosi, come si dovrebbe, se è vero che la loro conclusione è stabilita entro il novembre prossimo. Intanto, piovono le critiche. La struttura, per
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alcuni, è faraonica per una città come Pomezia; il costo totale esorbitante: più di 18 milioni di euro; il progetto è diviso in cinque lotti e di essi, finora, ne sono stati realizzati solo il primo, di 5 milioni, e parte del secondo, di circa 3 milioni, entrambi comprendenti il consolidamento dell’edificio (che ingloba la vecchia struttura del Consorzio Provinciale) e la costruzione del corpo di fabbrica vicino all’edificio principale. Poi, si dice, mancheranno sempre gli arredi, gli impianti di sicurezza ed il parcheggio. Perciò, si conclude, Pomezia il suo Teatro non l’avrà mai, rimarrà solo un sogno. Amen! Noi siamo stati sempre a favore del Teatro. Anzi, noi – allora, al tempo della dismissione del Consorzio Provinciale, corrispondenti del quotidiano Avvenire -, assieme al corrispondente de Il Tempo, Dott. Franco Di Filippo, siamo stati quelli che più si sono battuti per la sua realizzazione, perché quei locali e quel terreno non divenissero preda, occupati e sfruttati, dai soliti palazzinari. Lo spazio è così vasto, che può essere pure realizzato, in un secondo tempo, anche un vasto, capiente parcheggio e per adesso potrebbe funzionare lo stesso, anche se in terra battuta, attraverso un semplice spianamento; non è, il parcheggio, insomma, uno dei problemi principali. Il nostro augurio, allora, è che i lavori non vengano nuovamente interrotti e che tutto venga portato a compimento. Più e più volte, anche su Pomezia-Notizie - oltre che su Il Pontino nuovo (del 16/31 ottobre 2019) - abbiamo ampiamente spiegato come una struttura del
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genere, se ben gestita, potrebbe essere una fonte di ricchezza per la nostra città, e, la vicinanza a Roma, una risorsa, non già un andicap. Le altre proposte, tutte contro la realizzazione di questo Teatro, son da respingere. Si propone, per esempio, di utilizzare, come teatro, l’ex cinema San Benedetto, in via Orazio, quasi sulla piazza Indipendenza; spesa, dicono, appena 250mila euro. A parte l’esiguità del locale: e il parcheggio? Utilizzare largo Bassanetti? Già ora e insufficiente per i bisogni locali (su di esso gravitano il Municipio, Il Museo, Poste Italiane, la Polizia cittadina) e, infatti, esso è sempre affollato. Altra proposta: effettuare, con un milione di euro, un teatro a tenda! A parte il fatto che Pomezia non abbia bisogno di strutture precarie, dove innalzarlo? E la spesa? Il Teatro che si sta tentando di edificare si può dire ch’è nel centro della città e con spazi sufficienti. Ancora: abbattere il rudere (ma non si indica la spesa, né si considera che già, per esso, sono stati impegnati più di 10 milioni di euro!) e costruirci (senza indicare la spesa, che andrebbe aggiunta ai 10 milioni appena ricordati!) il Mercato coperto, al quale, si afferma, contribuirebbero massicciamente i privati. Già, i privati! Ecco spuntare gli interessi, le speculazioni contro le quali noi, a suo tempo, abbiamo lottato! Perché, a soluzioni del genere, non possono non essere legati che interessi, in quanto nessun privato è mai intervenuto, né interverrà, per la semplice carità, per il bene collettivo, né tantomeno per
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la cultura. Si faccia, dunque, il Teatro; si trovino i fondi mancanti e si vigili affinché essi non vengano dilapidati come già avvenuto per la stessa struttura, abbandonata per anni e anni, e quei politici - i quali, a quanto pare, neppure sanno che il costruendo Teatro non si trova in via Varrone (!), ma al termine di via Virgilio - la smettano di porre ostacoli e si adoperino al completamento dell’opera. Anche a loro, alla fine, i cittadini diranno grazie. Domenico Defelice
LIBRI RICEVUTI LEONE D’AMBROSIO – Teorema elementare – Poesie, prefazione di Elio Pecora, Postfazione di Carmine Chiodo – Edizioni Ensemble, 2022, pag. 86, € 12,00. Leone D’AMBROSIO è nato a Marsiglia nel 1957. Giornalista, vive a Latina. Laureato in Lettere e dottorato di ricerca all’università di Roma. Finalista al G. Tirinnanzi e al Camaiore, ha ottenuto molti premi e riconoscimenti, tra cui: Circe-Sabaudia, S. Penna, Rhegium-Julii, Laurentum, Frascati-Seccareccia, G. Caproni, M. Tobino, A. Fogazzaro, G. Pascoli. Tradotto in francese, inglese, spagnolo, rumeno, tedesco, portoghese, polacco e in russo da Evgenij Solonovich. Tra le sue opere: La meta rubata, Sulla via di Damasco, Amore segreto, Il canto di Erato, La parola scura, Non è ancora l’addio, Nel nome tuo, Anticlea è mia sposa, Ordinate stagioni, La stanza d’Ippocrate, La casa e l’assenza, Le ombre curve, delle quali si sono interessati scrittori di fama, come: Libero De Libero, N. Ginzburg, Stanislao Nievo, Maria Luisa Spaziani, Leone Piccioni, Giorgio Bàrberi Squarotti, Luciano Luisi, Ferruccio Ulivi, G. Sobrino, D. Rondoni, V. Zeichen, Carlo Lizzani, Paolo Ruffilli, Giuseppe Bonaviri, A. Bevilacqua, M. Cucchi, B. Sorge, A. Picca, P. Di Paolo, Mario Petrucciani, G. Ferroni, R. Loy, E. Affinati, Ph. Jaccotter, Y. Bonnefoy,
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J-Ch. Vegliante, G. Chpaltine, J. Chélini, M. Theophilo. ** MARINA CARACCIOLO – Il pensiero sognante. La poesia di Ada De Judicibus Lisena – In copertina, a colori, “Early Morning – A Way to Blue”, di Will Barnet. BastogiLibri, 2022, pagg. 96, € 10. Marina CARACCIOLO è nata a Milano ma fin dall’infanzia risiede a Torino. Presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Ateneo torinese ha studiato Storia della Letteratura italiana moderna e contemporanea con Giorgio Bárberi Squarotti e si è laureata con lode in Storia della Musica. Dopo aver insegnato alcuni anni nei licei, è diventata consulente di redazione per diverse Case Editrici. Con la UTET ha collaborato all’ opera in 6 volumi “Musica in scena. Storia dello spettacolo musicale” e al “DEUMM. Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti”; al volume “I Mozart in Italia”, a cura di Alberto Basso (2006). Per le sue pubblicazioni ha ricevuto recensioni su quotidiani e periodici, tra cui “Amadeus” e “Il Sole 24 Ore” e qualificati premi, come “Mario Pannunzio” (2001), “Premio alla Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri” (2005), Premio speciale per la Critica Letteraria Rocca di Montemurlo” (2005), Per la poesia inedita, il “Premio Speciale della Critica-Mario Tobino” (2008), Premio “Over Cover Scriba” (2008). Traduttrice dal francese e dal tedesco, ha scritto prefazioni, saggi brevi, moltissime recensioni. Inserita in monografie e antologie. Ha pubblicato: Gianni Rescigno: dall’essere all’infinito (2001), Brahms e il Walzer. Storia letteraria critica (2004), Oltre i respiri del tempo. L’universo poetico di Ines Betti Montanelli (2016), Otto saggi brevi (Premio ‘Dignità di Stampa’, “I Murazzi”, 2016), Verso lontani orizzonti. L’itinerario lirico di Imperia Tognacci (2020). ** ENRICO GIACOVELLI – Unter den Linden - Romanzo – Editore Yume, 2021, pagg. 232, € 15,00. Enrico GIACOVELLI è nato a Torino il 25 maggio 1958 ed è laureato in Storia del cinema. Tra i tanti premi, ha vinto l’Adelio
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Ferrero e il Filippo Sacchi per la critica cinematografica. Collabora con diversi giornali e riviste. Dal 2015 dirige le collane di cinema della casa editrice Gremese. Ha pubblicato numerosi libri con i maggiori editori del settore, tra cui, raccolte di battute da film, libri di viaggi e memorie, romanzi gialli, biografie in forma di romanzo. Ecco un elenco: La commedia all’italiana (1990), La commedia del desiderio (1991), I film di Peppino De Filippo (1992), Pietro Germi (1991 – 1997), Poi dice che uno si butta a sinistra (1994), Segua questa macchina (1995), Vota Antonio! Vota Antonio! (1996), Il buffo, il brutto e il cretino (1996), Per favore, mordimi sul collo… (1997), Non dimenticar queste parole (1997), Ma l’amore sì (1998), Tutto quello che avresti voluto sapere… Marilyn Monroe (2000), Non ci resta che ridere (2002), Un secolo di cinema italiano 1900 – 1999 (2002), Tutti i film di Federico Fellini (2002), Un italiano a Roma (2003), Un po’ per non morire (2003), Quelli del sessantotto (2005), Chick film (2007), Torte in faccia e calci nel sedere. Il cinema comico americano. Vol. 1° (2012), Anna Magnani (2013), Edith Piaf (2013), Brigit Bardot (2014), L’ultimo rifugio delle canaglie (2014), Il silenzio è d’oro. Il cinema comico americano. Vol. 2° (2014), La felicità è un attimo pericoloso (2016), C’era una volta la commedia all’italiana (2015), La bottega delle illusioni. Georges Méliès e il cinema comico e fantastico francese (1896 – 1914) (2015), Il desiderio infinito (2016), Parola di comico. Il cinema comico americano. Vol. 3° (2017), Mozart e il cinema (2017), Silenzio, si gira (2019), Tutto Fellini (2019). ** ANGELO AUSTRALI – Tommisse – Racconto, Postfazione di Daniele Barni – Quaderni di Erba d’Arno, 2022, pagg. 76, € 12,00. Angelo AUSTRALI è nato a Figline Valdarno, dove vive, nel 1954. Poeta, scrittore, saggista e giornalista, amante della musica rock e jazz. Tra le sue diverse pubblicazioni: Zia Oria (1979, racconto); Racconto di Natale (1979, racconto), Roscio (1980, romanzo), Regioni preflesse (1981, poesie),
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L'usignolo di provincia (1982, racconto), C'è di quello che non costa (1982, racconto), Non essere il centro ma una parte del tutto (1983, saggistica), Sul filo dell'unità (1983, poesie), La rinunzia (1984, racconto), Spartaco e Cannabis (1985, narrativa), Il mio nonno barbiere (1986, racconto), Le lucciole (1987, racconto), Eugenio Centini. Dolore e sogno (1988, saggistica), Andrea (1988, racconto), La piazza (1988, poesia), Magalodiare (1989, narrativa), All'ora di pranzo (1990, racconto), L'ombra del cielo (1990, racconto), L'esempio di società (1990, saggistica), Voglia di ascoltare (1993, saggistica), 1945/1993, L'impronta della sinistra a Figline Valdarno (1993, saggistica), I grandi navigatori (1996, narrativa), In piazza c'era un pozzo (1996, giornalismo), Le lucciole (1996, racconto), Il treno che porta al passato (1996, racconto), Cinema di carta (1996, saggistica), Vittoria (1999, narrativa), Spartaco e Cannabis (1999, narrativa), Il paesaggio reiventato (2000, saggistica), Senza memoria la vita è solo cartapesta (2001, racconto), Le torri di avvistamento piantate dal nonno (2001, racconto), Fai attenzione alle palle vaganti (2002, racconto), I sogni in Tv (2002, narrativa), L'autostrada del sole (2003, racconto), Zia Oria (2003, narrativa), Ma l'anima non muore (2004, racconto), La collanina rossa del Valdarno (2005, saggistica), Dalla foce alla sorgente (2005, narrativa), Perché sono rimasto tra le lucciole (2006, saggistica), Farfalla colorata (2006, poesie), Non ci sono troppe vie di fuga (2007, narrativa), Romano Bilenchi (un ricordo in forma di racconto) (2019). ** CÈCILE RACINE – Arbre-en-ciel – Poesie, Prefazione di Léon Bralda – Prix d’Édition poétique de la Ville de Dijon 2022, Les Poètes de l’Amitié, pagg. 48, € 10. Cécile RACINE è nata a Montréal nel 1947, discendente di Normand Étienne Racine (1607 – 1689), ha fatto carriera nel Québec nell’insegnamento del francese. Dopo essere andata in pensione nel 2009, ha assiduamente praticato la scrittura (poesie, novelle, racconti) e ha scoperto l’haïku durante un viaggio in Provenza nel
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2012. Tra i premi e le menzioni: concorso Europoésie; concorso “de la revue roumano-japonaise Haïku; concorso Mainichi; antologie Les dossiers d’Aquitaine e Poésie du Point du Jour, revue Gong ; collectif Écrire, Lire aux éditions Pippa. ** AA. VV. – Recueil de poèmes 2022 – Prefazione di Marie-Christine Guidon ; in copertina, a colori, opera di Michael Cheval – Collection L’Aéro-page, Les Poètes dell’Amitié – Poètes sans Frontières, France Libris, 2022, pagg. 48, € 10. Vi sono antologizzate : Christian Amstatt, Maurice Amstatt, Marc Andriot, Daniel Augendre, Joël Bertrand, Marie-Thérèse Bitaine De La Fuente, Stephen Blanchard, Yolaine Blanchard, Lyse Bonneville, Jocelyn Carre, Joël Cazaubon, Irène Clara, Alain Clastres, Joël Conte, Gérard Courtade, Valérie Decante, Jean-Charles Dorge, Annie Dufrenoy, Andrey Dumont, Pierre Ducouret, Ellen Fernex, Jean-Claude Fournier, Jean François, Magali François, Marie-Christine Guidon, Alain Herlaud, Oliver Félix Hoffmann, Kathleen Hyden-David, Viktoria LaurentSkrabalova, Nathalie Lauro, Pascal Lecordier, Patrick Lefèvre, Antoine Leprette, Mohamed Mleiel, Julius Nicoladec, Nicole PiquetLegall, Michel Santune, Michel Stavaux, Florence Taillasson, Claude Vella. ** STEPHEN BLANCHARD – Vers de rage (poésies satiriques) – Prefazione di Patrick Cintas ; in copertina, illutrazione di José Correa – France Libris, 2022 – pagg. 48, € 10. Stephen BLANCHARD è il presidente-fondatore, dal 1974, dell’Associazione <<les poètes de l’amitié – poètes sans frontières » (marchio depositato) che pubblica la rivista di creazione letteraria e artistica Florilège. Fondatore dei “Rencontres Poétiques de Bourgogne” nel 1990, ha creato nel 2001 il Premio e l’Edizione della “Ville de Dijon”. Membro di numerose giurie letterarie, di cui il “Prix Marie-Noël” a Santenay e il “Prix Yolaine et Stephen Blanchard” a Digione, partecipa attivamente alla vita culturale della sua regione, segnatamente nella cattedra della “Printemps des poètes” e
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del Festival “à livres ou vers”. Sono 24 le opere prefate da Patrick Cintas a testimone d’una vera passione per la scrittura. L’autore ha ricevuto il 12 maggio 2021 dal Ministero della Cultura, la medaglia di “Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres”. Ecco alcune delle sue opere: Joie de vivre (1977), Sous les pierres (1979), Primes vers (1980), Douleurs à contre-jour (1980), Poèmes de nulle-part (1980), Préface de ma mort (1981), Cloaque (1981), Spiritualités picturales du Belge Marcel Frère (1982), Clopin-clopant (1983), L’enfant, la poésie, la vie (1984), Sauf-conduits (1984, 1992, 1995, 2000), À chat perché (2005, 2010), Le rim’ailleurs… (2007), Survitudes (2010), L’éveilleurs de mots (2013), Ainsi faut-il… (2014), Débiles visés (2015), Hors Je (2016), Rage Dedans (2017), À la lisière des enfantements (2018), À l’effeuillée d’un songe (2019), À demi maux (2019), Effleuressences (2021).
TRA LE RIVISTE RIVIERA LIGURE – Quadrimestrale della Fondazione Mario Novaro, diretto da Maria Novaro – Corso A. Saffi 9/11 – 16128 Genova – e-mail: info@fondazionenovaro.it – Riceviamo online il n. 95/96, dicembre 2021, dedicato a Bruno Rombi e con le firme prestigiose di: Elio Andriuoli, Ugo Collu, Alice D’Albis, Stefan Damian, Neria De Giovanni, Rosa Elisa Giangoia, Liliana Porro Andriuoli, Fiorenzo Toso. Numerose le riproduzioni di opere di Rombi. * FIORISCE UN CENACOLO – mensile internazionale di Lettere e Arti fondato da Carmine Manzi nel 1940 e diretto da Anna Manzi – 84085 Mercato S. Severino (Salerno) – e-mail: manzi.annamaria@tiscali.it – Riceviamo il n. 1-3, gennaio-marzo 2022, dal quale segnaliamo: “Trasformazione della scuola italiana nei suoi contenuti culturali negli ultimi decenni”, di Maria Cristina Iavarone Mormile; “Nicola Bombacci (comuni-
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sta) e Benito Mussolini (socialista): storie parallele di due fascisti, fraterni amici, sino alla morte”, di Basilio Fimiani e, dello stesso: “Dante esoterico e templare”. Inoltre, due poesie di Antonia Izzi Rufo e “Così ho visto Bangkok”, più due recensioni, di Anna Aita.
NOTIZIE DALLA CITTÀ a cura di Manuela Mazzola BIBLIOCROSSING: prendi un libro, lascia un libro - Dal 24 marzo, Giornata nazionale per la promozione della lettura, è partito Bibliocrossing: prendi un libro, lascia un libro. Un progetto, diffuso già in tutto il mondo, che parte a Pomezia grazie ad associazioni e cittadini attivi, facilitando la circolazione dei libri e l'incontro tra i lettori. La vice Sindaco Simona Morcellini ha affermato: “L'obiettivo è creare una modalità di 'lettura urbana' diffusa che, a partire dal 'sole' che è il centro culturale della Biblioteca comunale cittadina, possa illuminare l'intera Cit tà con i suoi raggi, allargando le maglie della lettura all'intero territorio, coinvolgendo tutti i quartieri di Pomezia. 'Lasciare' un libro, scambiarlo con altri e altre, equivale a creare una comunità di lettori sul territorio, a connetterli attraverso il sistema dello scambio di libri, a creare una grande biblioteca a cielo aperto, dove ogni cittadino è responsabile del proprio bagaglio letterario, delle emozioni che quel libro ha trasmesso, e del desiderio che ha di donarlo e condividerlo”.
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Anche il Sindaco Adriano Zuccalà, presente all'inaugurazione, ha specificato che il comune vuole fare sempre di più, portando la biblioteca nei quartieri, nei luoghi di socialità e aggregazione come i giardini pubblici, le scuole e i centri anziani, permettendo a tutti di 'prendere e lasciare libri'. Per conoscere i punti di Bibliocrossing basta andare sulla pargina web: BiblioCrossing – Biblioteca di Pomezia * POMEZIA RACCOGLIE LA SFIDA DEL PNRR - Anche Pomezia avrà la possibilità di accedere ai fondi PNRR che permetteranno alla città di migliorare nei campi dell'ambiente, delle infrastrutture, del sociale, della scuola, della cultura, della mobilità sostenibile, incluso lo sport. È il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, un documento creato dal governo italiano per mostrare come utilizzerà i fondi europei del Next Generation EU. L'Unione Europea ha stanziato, infatti, questi fondi per lo sviluppo sostenibile e il rilancio dell'economia dell'Eurozona e per supportare gli Stati membri nella ripresa post-Covid. Il 29 marzo si è svolta, nella Sala Consiliare del Comune, la conferenza stampa di presentazione degli interventi previsti sul territorio grazie alle risorse messe a disposizione dal PNRR (più di 100 milioni per la nostra città). Il Sindaco Adriano
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Zuccalà ha affermato: “Abbiamo davanti a noi nuove sfide, a partire dal PNRR: un’opportunità unica per il nostro territorio. Un supporto concreto per continuare a delineare il volto della Pomezia del futuro: una Città giovane e smart”. L'evento è stato trasmesso in diretta FB sulle pagine istituzionali del Comune e del Sindaco. Sono intervenuti, oltre al Sindaco, gli Assessori Federica Castagnacci e Stefano Ielmini. FONDI OTTENUTI A VALERE SUL PNRR: Abbattimento barriere architettoniche spazi pedonali piazza Indipendenza e largo Catone; Progetto di riqualificazione «Periferie Urbane» (Borgo Santa Rita, pista ciclabile via Danimarca - via Polonia); P.I.N.QU.A. «Pomezia Cresce»; Efficientamento piazza Aldo Moro ed opere di urbanizzazione; P.I.N.QU.A. «Torvaianica Cresce»; Riqualificazione Centro Elisabetta e ponti di collegamento; Mitigazione del rischio idrogeologico: Regimentazione delle acque sul tratto di litoranea prospiciente la località Campo Ascolano; delle acque in località Martin Pescatore; delle acque in località Campo Jemini; delle acque in località Castagnetta; Messa in sicurezza del versante in frana c/o Fosso della Crocetta; Adeguamento sismico e messa in sicurezza plesso Marone. FONDI RICHIESTI A VALERE SUL PNRR: PNRR - Piani Urbani Integrati: riqualificazione e rifunzionalizzazione del territorio di Torvaianica e Martin Pescatore e del territorio dei quartieri periferici di Pomezia; Nuovo asilo nido a Campo Ascolano; Nuova scuola dell'infanzia alla Macchiozza; Scuola dell'infanzia e primaria in via Cincinnato con realizzazione di un campo da pallavolo in un'area esterna; Scuola dell'infanzia e primaria a Torvaianica Alta con realizzazione di un campo da pallavolo
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all'aperto; Scuola primaria Santa Procula: demolizione e ricostruzione di una porzione della mensa scolastica; Scuola primaria Trilussa: realizzazione di un nuovo edificio di circa 470 mq adibito a mensa scolastica; Scuola primaria via Torralba (Martin Pescatore): demolizione e ricostruzione totale dell'edificio; Centro comunale di raccolta dei rifiuti urbani in località “Roma 2” Santa Palomba; Nuove ecostazioni in località Torvaianica; Ampliamento dell’isola ecologica Pomezia centro; Centro del riuso comunale presso ex locali autoparco. * INAUGURATO IL NUOVO BELVEDERE DI PIAZZA UNGHERIA A TORVAIANICA - Sono tante le novità che riguardano il Comune di Pomezia, una di queste è la riqualifica del territorio. Si è, infatti, inaugurato il nuovo Belvedere di Torvaianica con un nuovo solaio e una balaustra in acciaio inox, rampe laterali ristrutturate e arredi rinnovati. Molto più solido, funzionale e allo stesso tempo elegante. Durante la cerimonia d'inaugurazione il Sindaco Adriano Zuccalà ha detto: “Lavoriamo senza sosta per rendere Torvaianica più bella e accessibile. Valorizzare il litorale è stata fin dall'inizio una delle nostre priorità: inauguriamo oggi questo splendido Belvedere, stiamo completando i nuovi marciapiedi e le opere di abbattimento delle barriere architettoniche, procedono spediti i lavori per lo sta-
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bilimento ex New Las Vegas Beach e arriveranno presto i fondi, ben 15 milioni di euro, per la realizzazione del progetto Torvaianica Cresce dedicato alla zona nord del litorale. Infine, uno degli interventi più attesi: a settembre l'ecomostro di piazza Ungheria sarà abbattuto, per restituire alla cittadinanza una piazza libera e pronta ad accogliere idee di progettazione partecipata”. Il Belvedere è sicuramente un luogo in cui, tutto l'anno, i residenti si ritrovano, passeggiano, portando bambini e animali domestici. Il litorale, famoso per essere, secondo la leggenda, il punto in cui sbarcò Enea, si estende per 8,5 km e va da Ostia a Marina di Ardea. * ANCHE POMEZIA CELEBRA PIER PAOLO PASOLINI - Il mondo di PASOLINI, 1a Mostra collettiva d’Arte per i 100 anni dalla nascita - Per i 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini si è inaugurata la mostra collettiva nella Torre Civica di Pomezia. L’evento si è svolto dal 24 al 27 marzo
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2022, nel pieno rispetto delle norme anti Covid ed è stato organizzato e curato dal Convivio Artisti Lazio Latino - Pomezia/Ardea 2014, il cui presidente è Eliano Stella. La mostra, Il mondo di PASOLINI, ha messo in luce l’animo del poeta, la genialità dell’intellettuale, la creatività dell’artista fino a giungere alla sua tragica morte. Ogni artista, utilizzando tecniche diverse e anche materiale da riciclo, ha evidenziato un aspetto del grande scrittore, dando poi complessivamente uno sguardo d’insieme di uno dei personaggi più discussi dell’ultimo secolo. Dalle locandine dei suoi film, all’affetto per la madre, alla periferia romana da lui tanto amata, ai suoi ritratti fino ad arrivare al violento epilogo. Hanno esposto: Franca Lubrani, Silvia Ruspantini, Patrizia Martin, Rita Ceccanti, Ingrid Lazzarini, Fio’ (Fiorella Ciocci), Veronica D’Amico, Patrizia Germana’, Sonia Scognamiglio, Silvio Lab (Silvio La Bella), Elian (Eliano Stella). In particolare, l’opera suggestiva di Silvio Lab, nella quale in primo piano si vedono le baracche della periferia romana degli anni ‘50 e ‘60 e sullo sfondo palazzoni nuovi, appena edificati che, però, non aggiungono nulla di più dal punto di vista culturale a quella
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classe sociale abbandonata, secondo Pasolini, dalla politica italiana. La collettiva si è chiusa con successo, incontrando il favore del pubblico, anche quello dei più giovani, i quali si sono avvicinati con interesse all’artista bolognese. ___________________________________ “Pomezia”, opera di
Giuseppe Piombanti Ammannati (San Lorenzo a Colline, 1898 – Firenze, 1996) ↓
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Pubblicazione privata Vicedirettrice: Manuela Mazzola