e-borghi travel magazine: n. 15 - giugno 2020

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Anno 2 Numero 15 Edizione gratuita

SPECIALE PAESAGGI Campania, atmosfere immortali Trabocchi, coreografie di mare Basilicata, fascino “Coast to coast”

Pesaro e Urbino,

itinerario della bellezza

Val di Fiemme,

velluto verde e vette Unesco

Leggende e curiosità

www.e-borghitravel.com




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Paestum Diego Fiore*


® e-borghi travel 15 • 2020 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Coordinatore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Alessandra Boiardi, Beatrice Calamari, Simona PK Daviddi, Oriana Davini, Carola Traverso Saibante, Luca Sartori, Nicoletta Toffano Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92, 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 Crediti fotografici: * Shutterstock.com ** Pixabay.com L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 - 2020 e-borghi®

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Marchio di qualità turistico ambientale per l’entroterra del Touring Club Italiano





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eLuciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato

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i abbiamo immaginati, sognati e bramati, i paesaggi italiani, durante la primavera sospesa. E ora l’estate. E il ritorno alla “normalità”, alla mobilità, alla scoperta, al senso urgente di vivere intensamente assecondando tutti e cinque i sensi. «Le finestre aperte d’estate sanno di condivisione. Di accoglienza. Di curiosità», scrive Fabrizio Caramagna, e noi con questo numero di e-borghi travel riprendiamo a viaggiare nella nostra Italia, una narrazione d’arte, natura, borghi e tradizioni, un mosaico nel quale ogni luogo ha un volto e un’anima irripetibili. Iniziamo con lo speciale dedicato – appunto - ai paesaggi: dalle iconiche archeologie campane - Parco Sommerso di Baia, Campi Flegrei, Pompei, Ercolano, Parco archeologico di Elea-Velia e Paestum, per esempio - alle coreografie dei trabocchi, testimoni di civiltà legate al mare, tipici delle coste abruzzesi, molisane e garganiche, e presenti anche in alcune zone del basso Tirreno e del litorale veneto. E poi la Basilicata, terra tra due mari, un arazzo di culture e inquadrature, canyon e calanchi, gravine e borghi senza tempo. Territorio eterogeneo e scenografico è anche il quadro d’autore di Pesaro e Urbino con il suo intrigante “Itinerario della bellezza”, un viaggio che si snoda fra borghi e quinte tutte da visitare, lasciandosi sorprendere e da assaporare con ritmi slow. Con lo sguardo rivolto anche a Raffaello Sanzio, nato a Urbino, che quest’anno ne celebra i cinquecento anni dalla morte con una serie di mostre e iniziative. Arte immortale, così come evergreen è la Val di Fiemme, in Trentino, ossigeno per la mente e il corpo, incorniciata dal Lagorai e da cime griffate Unesco: Latemàr, Corno Bianco e Pale di San Martino. Un’Italia vibrante e seducente per weekend, viaggi e vacanze, ma anche per gite fuori porta. A lungo attese e ora, finalmente, riprese. Con uno spirito nuovo, che conduce ad assaporare intensamente la - rinnovata – libertà di viaggiare. Per un nuovo senso di meraviglia e stupore. Luciana Francesca Rebonato Coordinatore editoriale


Sommario Pesaro e Urbino

Paesaggi di Basilicata

Val di Fiemme

Trabocchi


Paesaggi archeologici campani

Territori, lifestyle e design

Le pupille del cibo

Oltreconfine

Testimoni di speranza

Leggende

CuriositĂ

In copertina: Trabocchi in Abruzzo 4K Productions*




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MUSEUM Aboca Museum, l’originale ed unico Museo delle Erbe, recupera e tramanda la storia del millenario rapporto tra l’Uomo e le Piante. Il percorso museale Erbe e Salute nei Secoli, nella prestigiosa sede rinascimentale di Sansepolcro, diffonde l’antica tradizione delle Piante Medicinali attraverso le fonti del passato: preziosi erbari, libri di botanica farmaceutica, antichi mortai, ceramiche e vetrerie. La suggestiva e fedele ricostruzione di antichi laboratori conduce il visitatore in un affascinante viaggio nel passato, dove curiosità, aneddoti e profumi naturali si intrecciano per raccontare la storia delle erbe nei secoli.

Palazzo Bourbon del Monte Via Niccolò Aggiunti, 75 Sansepolcro (AR) Contatti e prenotazioni Tel. 0575.759738 Tel. 0575.733589 www.abocamuseum.it abocamuseum.it


Simona PK Daviddi

facebook.com/simona.pk.daviddi


Pesaro e Urbino: viaggio nella bellezza

Gradara StevanZZ*


Marmitte dei Giganti PaoloBruschi*


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i chiama “Itinerario della Bellezza” ed è una collana che inanella 12 perle preziosissime – ognuna con un fascino raro e personalissimo –, coinvolgendole in un viaggio di scoperta di un territorio variegato quanto scenografico. Sono infatti 12 le località delle Marche toccate dall’“Itinerario della Bellezza”, progetto voluto da Confcommercio Marche Nord/Pesaro e Urbino per valorizzare l’incredibile patrimonio storico-architettonico – ma anche naturalistico ed enogastronomico – del territorio. Borghi storici ricchi di arte e

cultura e incastonati in un ambiente incontaminato di grande fascino, località balneari all’insegna del bien vivre, colline verdissime che regalano panorami mozzafiato e custodiscono un’immensa ricchezza di opere d’arte e di lasciti archeologici di primo piano, città fortificate e murate e, ancora, unicum conosciuti dal mondo intero. Andiamo allora alla scoperta di uno dei territori più belli d’Italia, da visitare lasciandosi sorprendere e da assaporare con i ritmi slow che la bellezza richiede.

Urbino nikolpetr*


Inno al romanticismo (e all’amore)

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niziamo il nostro viaggio in terra marchigiana dal borgo “dell’amore” per antonomasia – oltre a essere stato eletto Borgo dei Borghi nel 2018 –: Gradara, con la sua imponente rocca fortificata. È qui, infatti, che ha luogo la storia d’amore più struggente di tutti i tempi, resa immortale da Dante nel V canto dell’Inferno, quella tra Paolo Malatesta e la cognata Francesca da Polenta, scoperti e uccisi a fil di spada dal marito di lei, Gianciotto Malatesta. Nell’austero castello è visitabile la stanza di Francesca – con la botola attraverso la quale, si suppone, passasse Paolo per i loro incontri clandestini – mentre intorno alla poderosa cinta muraria si snoda la romantica passeggiata degli

Fossombrone Buffy1982*

innamorati, con vista mozzafiato sulla natura circostante. Romanticissimo è anche Fossombrone, elegante nucleo di origine romana – interessantissimi l’area archeologica e il relativo museo – con lasciti che ripercorrono secoli di storia, dai resti della duecentesca Rocca Malatestiana al chiostro medievale della Chiesa di Sant’Agostino, dai sontuosi interni barocchi della Chiesa di San Filippo alla Pinacoteca Civica e alla raffinata e contemporanea Casa Museo e Quadreria Cesarini, fino allo scorcio più suggestivo, quello regalato dal Ponte della Concordia e dal riflesso del suo arco a tutto sesto nelle acque del Metauro, con il surreale effetto ottico chiamato “occhio” di Fossombrone.


Gradara


Gradara Stefano Ember*



Fossombrone



Sant’Angelo in Vado

Pergola


Tra storia e archeologia

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’archeologia è un altro dei fil rouge da seguire per scoprire questo lembo d’Italia: alcuni dei più importanti ritrovamenti di reperti antichi degli ultimi anni, infatti, sono avvenuti qui. Nel delizioso agglomerato di Sant’Angelo in Vado, per esempio, non si può non visitare la Domus del Mito, una residenza gentilizia risalente alla fine del I secolo d.C., impreziosita da mosaici policromi legati alla mitologia classica (bellissimo e in ottimo stato di conservazione, quello raffigurante Nettuno e Anfitrite sul carro del trionfo trainato da cavalli marini); curiosa l’origine del nome della domus, che la leggenda vuole costruita dagli dei per celebrare l’amore contrastato tra il romano Mennenio

Cagli

e la celtica Nicia, leggenda che ne fa ancora oggi meta di innamorati in pena. Anche lo splendido abitato di Pergola – annoverato tra i Borghi più belli d’Italia – con le sue viuzze strette, le innumerevoli chiese e le case medievali dove sono ancora visibili le “porte del morto”, vanta un unicum: l’unico gruppo scultoreo equestre in bronzo dorato di epoca romana esistente al mondo: i Bronzi Dorati da Cartoceto di Pergola. A una manciata di chilometri, infine, merita una visita anche il borgo medievale di Cagli con i suoi splendidi palazzi, le tante chiese e il torrione con il sotterraneo “Soccorso Coverto”. La città è di origini romane, come testimonia l’antico Ponte Mallio.


Tra Cagli e Pergola Claudio Giovanni Colombo*



Nel segno di Raffaello

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era star internazionale e cosmopolita, con la sua università – una delle più antiche d’Italia – che richiama ogni anno giovani di ogni dove, ma al contempo borgo autentico e perfettamente conservato, cresciuto intorno all’imponente Palazzo Ducale, Urbino mantiene i fasti e gli splendori di quando, con la casata dei Da Montefeltro, era una delle corti più illuminate del Rinascimento e rappresentava la perfezione di prospettiva, armonia ed equilibrio della “città ideale”. Non è un caso quindi che uno dei geni artistici di tutti i tempi,

Raffaello Sanzio, sia nato proprio a Urbino – che quest’anno ne celebra i cinquecento anni dalla morte con una serie di mostre e iniziative – e non stupisce neppure che la città sia stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Oltre al maestoso Palazzo, con le sue ricche sale e il meraviglioso giardino pensile, anche le ripide scalinate bordate di case antiche, i vicoli lastricati, le botteghe artigiane, non mancheranno di affascinare il visitatore, avvolgendolo in un’atmosfera armoniosa.


Mor65_Mauro Piccardi*


Urbino Stefano_Valeri*



Gabicce Mare Massimo Campanari*

Monte San Bartolo cristian ghisla*


Un mare per tutti i gusti

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ra gli ingredienti della “vacanza ideale”, oltre ad arte e cultura, la natura e il mare in primis hanno sempre più spesso un ruolo preponderante e anche da questo punto di vista l’“Itinerario della Bellezza” non delude, proponendo località marine poliedriche, in grado di accogliere sia le famiglie in cerca di tranquillità e relax, sia i giovani in cerca della movida in stile romagnolo. E infatti Gabicce Mare segna proprio il confine con il divertimentificio d’Italia, del quale ne è il naturale prolungamento nella vitalità e nella voglia di far festa fino a notte fonda; e durante il giorno? Gabicce seduce

con le sue due anime naturali: il mare trasparente bordato da spiagge di sabbia finissima, e il monte di San Bartolo con la sua natura lussureggiante, protetta in un Parco Naturale. Lo stesso binomio caratterizza anche Pesaro, città simbolo del vivere slow e sostenibile per antonomasia – è stata definita, oltre che “città della musica”, “città della bicicletta” – mentre Fano, poco più in là lungo la costa, abbina un misterioso passato romano – del quale restano imponenti vestigia – a un presente marinaro scandito dal porto e dai suggestivi trabucchi, le storiche palafitte usate dai pescatori.


Fano Giorgio Morara*



Scrigni d’arte nella natura

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nche l’entroterra riserva sorprese incredibili, in una commistione unica tra storia e natura, come testimoniato dal ricco patrimonio di rocche, borghi murati, ville nobiliari, chiese, scalinate in pietra e monasteri che si incontrano nel territorio di Colli al Metauro, comune nato nel 2017 dall’unione di più paesi, tutti incastonati in un riposante paesaggio collinare, perfetto per passeggiate e trekking, cullati dal suono argenteo delle acque del Metauro, le cui rive hanno conosciuto condottieri storici, da Asdrubale a Churchill. Piccoli scrigni di valore inestimabile sono anche quelli racchiusi nei borghi

Terre Roveresche

che, sempre dal 2017, formano il comune di Terre Roveresche – imperdibili l’ipogeo di Piagge con le sue misteriose incisioni e gli agglomerati rinascimentali di Barchi, Orciano e San Giorgio – circondati da una natura esuberante e all’insegna della biodiversità, dove collina e campagna si fondono in paesaggi di raro charme. Last but not least, un ultimo gioiello chiude il nostro viaggio nella bellezza, Mondavio – Bandiera Arancione e Bandiera Gialla, nonché tra i Borghi più belli d’Italia –, affascinante paese stretto intorno alla possente Rocca Roveresca quattrocentesca, poderosa e inespugnabile.


Colli al Metauro

Mondavio


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O • Terre Roveresche

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Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT


Paesaggi di Basilicata: grandi spazi

Gianluca Foto*


Maratea Roberto Lo Savio*


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ra grandi spazi e piccoli borghi, la Basilicata è una straordinaria terra di mari e monti, antichi borghi e città storiche, boschi e vigneti, canyon e antichi vulcani. Un susseguirsi di ambienti e paesaggi, natura incontaminata e parchi, un avvicendarsi di piccoli centri arroccati, paesi appoggiati sui litorali e laboriose cittadine dell’entroterra, dove alle più antiche tradizioni si mescola uno stile di vita unico e irripetibile. Dal litorale tirrenico alla costa ionica passando da monti, valli, calanchi e gravine, la Basilicata è una continua scoperta tra luoghi di cultura, paesaggi uni-

ci e straordinari protagonisti della sua storia. Dalla costa tirrenica con Trècchina e Maratea, dove in una manciata di chilometri si passa dai colori del mare ai profumi dei monti, alla storica Venosa all’ombra del Vulture, da Melfi a Lagopesole, terre di Federico II, alle perle ioniche di Metaponto, Policoro e Bernalda, da Aliano e Grassano, luoghi di Carlo Levi, a Montemurro, immersa tra i campi di grano, i frutteti e gli uliveti, fino a giungere a Tricarico, antico centro arabo-normanno e Irsina con i suoi singolari “bottini”, la Basilicata è storia, arte ed emozioni.

Francesco Ricciardi Exp*

Ripacandida poludziber*


Spiaggia di Castrocucco di Maratea Claudio Giovanni Colombo*

Vista sul Tirreno

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a piccola quanto bella porzione di litorale tirrenico della Basilicata è impreziosita dal centro di Maratea. Tra le località più rinomate del Tirreno, propone 32 chilometri di costa dove si alternano scogliere frastagliate a picco sul mare e spiagge delimitate dall’azzurro dell’acqua e dal verde della macchia mediterranea. Sono diverse le località balneari, da Acquafredda a Cersuta, dalla frequentata Fiumicello alla Spiaggia Nera, chiamata così per il colore della sua sabbia, fino alle suggestive spiagge raggiungibili solamente via mare. Mara-

tea è mare ma anche storia e arte. A dominare la costa c’è il nucleo antico con vicoli, portali, archi e palazzi settecenteschi e tanti luoghi di culto, il tutto sovrastato dal Monte San Biagio dove svetta la Statua del Redentore. A pochi chilometri da Maratea, nell’entroterra, c’è Trècchina, immersa in un bel paesaggio montano e dal centro storico che conserva numerosi palazzi ottocenteschi incorniciati da portali in pietra con stemmi e fregi, tappa da non perdere per chi al mare vuole unire gli scenari montani.


Massimiliano Ricci*


Maratea Copula*



Maratea Massimiliano Ricci*



Giambattista Lazazzera*


Municipium del Vulture

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ra i comuni della Basilicata iscritti all’associazione “I borghi più belli d’Italia”, Venosa è un centro di particolare interesse storico e culturale situato nell’area del Vulture. Era abitata da popolazioni sannite quando arrivarono i romani, agli inizi del III secolo a.C. per porre sotto controllo la valle dell’Ofanto e della via Appia. Profondamente legata a Roma ed elevata da quest’ultima a “Municipium”, incanta per la bellezza e per la ricchezza di opere, manufatti, capitelli e mosaici dell’area

Giambattista Lazazzera*

monumentale, e ha nell’Incompiuta - l’abbazia dell’XI secolo che sarebbe dovuta divenire immensa e che oggi è mura e un tetto di stelle - e il quattrocentesco castello di Pirro del Balzo - che si erge nel cuore del paese e ospita tra le sue mura il Museo Archeologico Nazionale - alcuni dei suoi più interessanti tesori. Qui nacque il grande poeta latino Quinto Orazio Flacco, uno dei grandi della poesia classica che Venosa ha reso suo autentico ambasciatore nel mondo.


Venosa Giambattista Lazazzera*



Venosa Giambattista Lazazzera*



Le terre di Federico II

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ovrano illuminato e particolarmente misterioso, Federico II ebbe a Melfi la sua roccaforte, dove promulgò, nel 1231, le “Costituzioni melfitane”. Di Melfi colpisce l’imponenza del suo castello, grande struttura di origine normanna della fine dell’XI secolo, appoggiato sulla sommità di una collina, con le mura che cingono l’abitato, contraddistinto da un suggestivo reticolo di vicoli. Da vedere la cattedrale del 1056 e da non perdere il castello che domina l’abitato e che ospita il Mu-

Melfi leoks*

seo Archeologico Nazionale del Melfese, che propone reperti del VII-III secolo a.C. oltre allo splendido Sarcofago di Rapolla, proveniente dall’Asia Minore. Profondamente legato a Federico II e a suo figlio Manfredi è anche il centro di Lagopesole, frazione di Avigliano, nel potentino. La frazione è dominata dal famoso castello dal quale, nelle giornate più limpide, si scorge il Monte Vulture. Tra i prodotti tipici delle terre di Federico II c’è l’Aglianico del Vulture, tra i migliori vini rossi d’Italia.


Giambattista Lazazzera *


Melfi Miti74*



Melfi Giambattista Lazazzera *



Policoro tanialerro.art*

Area archeologica di Metaponto francesco de marco*


Grecia d’occidente

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uella che fu una delle più importanti città della Grecia d’occidente è oggi tra le mete più importanti del turismo balneare lucano. L’entroterra della pianura metapontina è una delle zone più fertili e produttive della Basilicata, coltivata a vigneti, frutteti e agrumeti. La fascia costiera è invece zona di villeggiatura impreziosita da spiagge di sabbia chiarissima e finissima, con un mare cristallino, adatto alla pratica di sport d’acqua come la vela e la pesca. A celebrazione della storia di questa zona c’è il Museo Archeologico Nazionale di Metaponto, dove è possibile compiere un percorso storico

su quella che fu anche la terra di Pitagora, filosofo, politico, scienziato, matematico, astronomo e taumaturgo greco che qui morì nel 495 a.C.. Altre importanti località della zona sono la litoranea Policoro, l’antica Heraclea, cuore di un territorio poliedrico dove l’archeologia si mescola alla natura incontaminata del Bosco Pantano e alla delizia delle rinomate fragole locali, e Bernalda, nell’entroterra, situata su un altopiano nella parte finale della Val Basento, caratterizzata dal castello aragonese e impreziosita dalla Chiesa Madre e da palazzi storici tra cui il trecentesco Palazzo Fischetti.



Costa Ionica


Calanchi e burroni

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iccolo borgo del materano arrampicato su un colle argilloso di poco più di cinquecento metri d’altezza, Aliano è noto per il suggestivo paesaggio offerto dai calanchi, vette create dalla natura che si adagiano scendendo morbide verso il litorale. Qui nel 1935-36 fu esiliato Carlo Levi che visse prodigandosi come medico, dedicandosi alla pittura e impegnandosi per dare vita alla sua principale opera letteraria, quel “Cristo si è fermato a Eboli” che qui ambientò. Sepolto nel cimitero del paese, Carlo Levi è qui celebrato dal Museo storico, la Casa museo del confino e il Parco letterario a lui dedicati, che propone una visita ai luoghi legati agli episodi raccontati nel roman-

Aliano illpaxphotomatic*

zo. Anche Grassano, centro situato sul colle Sella Mortella e immortalato in dipinti e fotografie dall’autore, qui confinato per tre mesi prima del definitivo confino ad Aliano, gli dedica un parco letterario. Tra ampie distese di campi di grano, vigneti, frutteti e uliveti ai quali si alternano paesaggi montani, querceti, fitti boschi e burroni, Montemurro è tra i borghi più suggestivi dell’alta val d’Agri e offre scenografiche viste sul lago di Pietra del Pertusillo. Patria del poeta e ingegnere Leonardo Sinisgalli, Montemurro ne celebra storia e opere alla Casa delle Muse, dove sono conservati libri, poesie, disegni e molto altro dell’illustre cittadino.


Parco dei Calanchi MORENO01*


Bernalda illpaxphotomatic*



Parco dei Calanchi MORENO01*



Irsina


Tra monti e bottini

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n tempo il suo nome era Montepeloso. E’ l’odierna Irsina, nella quale si respirano arte e storia e la duecentesca Cattedrale di Santa Maria Assunta è il suo tesoro. Dalla facciata barocca e il campanile gotico, custodisce all’interno un prezioso fonte battesimale in marmo rosso, tele settecentesche e una statua marmorea di Sant’Eufemia attribuita al Mantegna, pittore e incisore formatosi nella bottega padovana dello Squarcione. Caratteristica di Irsina sono i “Bottini”, straordinario patrimonio rupestre, cunicoli sotterranei che seguono l’andamento della falda

acquifera, dove l’acqua, captata dal sottosuolo, si deposita in vasche di decantazione incanalata e purificata scorre fino alla fontana esterna. Tricarico è invece posta a quasi settecento metri d’altitudine ed è nota come centro arabo-normanno. Propone uno dei nuclei storici medievali più belli e meglio conservati della regione, immerso tra monti e ampie zone boschive. Illustre cittadino di Tricarico fu lo scrittore, poeta e politico Rocco Scotellaro, autore legato a quella società e cultura contadina alla quale ne rivendicò sempre l’appartenenza.

Tricarico illpaxphotomatic*


Irsina



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ATA • Tricarico, Torre Saracena znatalias*

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Beatrice Calamari visitfiemme.it


Val di Fiemme,

l’abbraccio della natura


Giro d’ali Bellamonte e Alpe Lusia Gaia Panozzo

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a Val di Fiemme ci riavvicina alla natura. Qui si possono guardare i boschi, i prati e le cime dolomitiche con occhi diversi. Questa sarà un’estate di distanze sociali, dove gli operatori turistici metteranno in campo misure e servizi capaci di mantenere i giusti spazi fra un essere umano e l’altro. Sarà l’occasione di avvicinarsi agli alberi, ai fiori e ai panorami sconfinati d’alta quota con un nuovo spirito. Rimetteremo il nostro corpo in movimento con passeggiate in dolce pendenza tra foreste di abeti, pascoli e ruscelli. Potremo goderci la pista ciclabile delle Dolomiti, dopo

tanto allenamento sulla cyclette. Attraverseremo spazi immensi, liberi di respirare la vita. Passo dopo passo, in Val di Fiemme incontreremo sette meraviglie, quattro paradisi e infiniti scorci di bellezza. Le sette Meraviglie di Fiemme: spettacoli cromatici d’incanto, fra monumenti naturali e monumenti del passato. I quattro Paradisi di Fiemme: lontano dal traffico, nei piani alti della Val di Fiemme, tra 1.200 e 2.200 metri d’altitudine, si può passeggiare nel parco d’arte più alto del mondo e fra tre parchi della fantasia che raccontano la natura attraverso il gioco.


Guglia Torre di Pisa Orlerimages.com


Lago LavazĂŠ EmAlvin*

Latemar da Passo Oclini A. Campanile


Tramonto dolomitico

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l sole dipinge sulle pareti delle Dolomiti Unesco uno spettro cromatico che va dal giallo chiaro al rosso fuoco, per poi attenuarsi in delicate sfumature di viola. Uno spettacolo che in Val di Fiemme è conosciuto con il nome di Enrosadira e va in scena all’alba e al tramonto sulle pareti rocciose del Latemar e delle Pale di San

Martino. È possibile ammirarlo sia dai paesi della valle sia ad alta quota come l’Altopiano di Lavazé e le cime di Predazzo, Bellamonte, Pampeago l’Alpe Cermis. A Predazzo, raccontano tutti i segreti delle Dolomiti e 230 milioni di storia del mondo il Museo Geologico delle Dolomiti e il sentiero Geotrail Dos Capèl.


Gruppo del Catinaccio da Passo Oclini



Foreste dei violini e ponte tibetano orlerimages

L’oasi dei cervi nelle “Foreste dei violini”

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ra i più appariscenti mammiferi che popolano la Val di Fiemme ci sono i cervi e nel Parco Naturale di Paneveggio Pale di San Martino possiamo osservarne i comportamenti nella natura: una passeggiata intorno a quest’oasi naturalistica permette di fotografare i cervi a distanza ravvicinata mentre si godono l’ombra delle Foreste dei Violini. E’ qui che crescono i pregiati abeti rossi che consentono l’eccellente risonanza degli strumenti a corda di tutto il mondo. In

questo angolo del parco, fra alberi della musica e ungulati, ci sono due ponti curiosi che attraversano il torrente Travignolo: uno è trasparente e l’altro è sospeso sulle funi (un altro ponte tibetano lo si incontra più in basso, a Predazzo, in loc. Sottosassa). Merita un’escursione anche la fortezza austroungarica: Forte Dossaccio. Per saperne di più sulla flora e la fauna, si consiglia di visitare - facilmente accessibile - il centro visitatori del Parco a Paneveggio.


Paneveggio Alberto Campanile

Torrente Travignolo nella foresta dei violini


Cervi a Predazzo Paneveggio



Alberto Campanile


Guglia Torre di Pisa e catena del Lagorai

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ul Latemar c’è una delle guglie dolomitiche più fotografate: la Torre di Pisa, così chiamata per la sua vistosa pendenza. Si raggiunge questo monumento naturale alto quaranta metri salendo da Predazzo - con la cabinovia che porta a Gardoné - e quindi con la seggiovia che accompagna a Passo Feudo. Qui si procede su un sentiero un po’ ripido (n° 516) ma che regala grande soddisfazione. Sul percorso si incontrano curiosi “omeneti” (uomini di pietra), segnavia di sassi creati dagli escursionisti per segnalare il percorso in caso di nebbia. Il percorso è adat-

Lagorai, Laghetti delle Aie EmAlvin*

to a escursionisti volenterosi. Sagome di grandi onde sono invece le cime della catena del Lagorai, che sovrasta la Val di Fiemme: fra le sue vette si incontrano 14 specchi d’acqua purissima. L’incontaminata Catena del Lagorai è un po’ l’alter ego delle Dolomiti. Se le rocce calcaree di dolomia non trattengono un filo d’acqua, ma incantano con riflessi rossastri, le rocce porfiriche del Lagorai sono preziosi scrigni d’acqua verde smeraldo. Alcuni laghi si circondano di rododendri, altri di prati, altri ancora sono incastonati nelle rocce.


Guglia Torre di Pisa orlerimages.com



I magnifici 14 laghi

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ono 14, gli specchi d’acqua del Lagorai lungo la Val di Fiemme: lago delle Buse, lago di Montalon, lago delle Stellune, laghi delle Buse Basse, lago di Forame, laghetti di Lagorai, laghetti di Bombasèl (raggiungibili con gli impianti di risalita dell’Alpe Cermis e una facile camminata), lago Lagorai, laghetti delle Aie, lago Brutto, lago delle Trote, lago di Moregna, laghetto Caserina e lago

Lago Brutto Alberto Campanile

di Cece (raggiungibile con un sentiero accessibile ai disabili). A due passi da Fiemme, nel Parco di Paneveggio, meritano una passeggiata anche i laghetti di Colbricon. Sul Lagorai, dove osano le aquile, si può camminare per giorni senza incontrare un essere umano: la catena, incontaminata, si estende per settanta chilometri. Facilmente accessibili sono i laghetti di Bombasel e il Lago Cece.


Lago Buse EmAlvin*


Lago Lagorai Vaclav Volrab*



Altopiano LavazĂŠ e Malga Ora Gaia Panozzo


Altopiano Lavazé, vista del Latemar e di Malga Daiano A. Campanile

L’altopiano di Lavazé

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ra mille sfumature di biodiversità, si spalanca sulle Dolomiti un’immensa distesa di prati fioriti e boschi di cirmoli, larici e abeti, sovrastata dalla Pala di Santa (2.488 metri) e dall’altopiano di Lavazé si può ammirare uno strepitoso panorama sul Catinaccio e sul Latemar, patrimonio dell’Unesco: lo sguardo qui accarezza le creste e le guglie del Catinaccio e del Latemar. Siamo a quota 1.805 metri, pronti a esplorare, a piedi o

in mountain bike, un palcoscenico naturale che stupisce a ogni passo, fra pianure, dolci pendenze e piacevoli degustazioni nei rifugi. L’altopiano del Passo Lavazé, a otto chilometri da Varena, è uno fra gli ambienti più affascinanti della Val di Fiemme dal punto di vista paesaggistico e gli amanti dei fiori possono scoprire innumerevoli specie, un patrimonio naturale da vivere e facilmente accessibile.


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el cuore della Val di Fiemme, ai piedi del monte Corno Nero, si trova il borgo di Varena, uno dei villaggi più antichi di tutto il Trentino. Paese natale del pittore Don Antonio Longo, Varena ha saputo coltivare la propria vocazione turistica mantenendo viva la sua tradizione rurale: lungo le sue vie si alternano antiche case, stalle e fienili, le tipiche fontane monolitiche di porfido, corti caratteristiche e orti coltivati, tracce indelebili di un tempo passato oggi ancora ben visibile. Al centro del vecchio borgo, in una posizione panoramica e soleggiata, si trova la

Pensione Serenetta: una casa antica che un tempo era malga e casello e oggi, guidata dalla terza generazione della stessa famiglia che l’ha ristrutturata e ampliata aggiungendo l’impianto fotovoltaico per la produzione di corrente e acqua calda, è diventata un luogo di ospitalità genuina, semplice e accogliente. I proprietari si prendono cura dei turisti offrendo un’atmosfera casalinga e piacevole, sia negli spazi arredati con il gusto tipico del design di montagna sia nella cucina. Dietro i fornelli del ristorante interno, infatti, ci sono i proprietari, a preparare con


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Pensione Serenetta Oriana Davini

cura e passione piatti della tradizione gastronomica trentina: si utilizzano la verdura coltivata nell’orto, i funghi raccolti nei boschi vicini, carni e formaggi dei produttori locali, da servire a tavola o preparare come pranzo al sacco per gli ospiti. Da Varena sono numerosi i sentieri e le possibilità per chi ama una vacanza attiva: in pochi minuti di macchina si raggiunge l’altipiano di Passo Lavazè, incastonato tra i due siti Unesco Corno Bianco e Latemar. Questo è il regno dello sci di fondo, di passeggiate nei boschi o escursioni più impegnative verso le vette, gite in e-bike lungo le sterrate o pesca delle trote nei laghetti alpini. Il territorio è costellato di malghe, dove si può rivivere l’antica tradizione dell’alpeggio assaporando piatti gustosi come il Gröstl tirolese, il Goulasch di cervo con polenta o le Strauben, tipiche frittelle fritte servite con la marmellata di mirtillo rosso.


Passo LavazĂŠ lorenza62*



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Caseificio Sociale Val di Fiemme Carola Traverso Saibante

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envenuti al Caseificio Sociale Val di Fiemme, vero e proprio punto di riferimento per l’intera valle da più di mezzo secolo. Il caseificio è una realtà cooperativistica con oltre ottanta soci: ottanta famiglie che, grazie alla produzione di latte e formaggi, vivono e conservano questo territorio montano che si affaccia su alcune delle Dolomiti più belle del nostro Paese. Qui si porta avanti un’agricoltura di montagna, che vuol dire in primis mantenere puliti e vivi i prati e i pascoli. La Val di Fiemme è un luogo dove la naturalità governa l’opera di uomini e animali e il Caseificio ha l’onere e l’onore di esserne un ingranaggio fondamentale. Con il suo “oro bianco”


- quel latte di montagna prodotto con metodi tradizionali e avendo cura del benessere animale – la Val di Fiemme offre un ammirevole assortimento di formaggi. Oltre al famoso Trentingrana, una trentina di prodotti sia vaccini sia caprini, tra cui Dop e Presidi Slow Food. Il Fontal di Cavalese è un’eccellenza locale marchiata “Qualità Trentino”, a cui si deve in particolare la notorietà di questo caseificio. Una produzione genuina e artigianale, da non confondere con molti altri tipi di Fontal, che sono invece industriali. Il Fontal di Cavalese è un formaggio fresco, grasso e delicato, il tipico formaggio che piace a tutti! Spicca tra i formaggi a latte vaccino pastorizzato per il suo aroma dolce e intenso e il sapore freschissimo. Questo cacio dalla pasta morbida ed elastica porta in bocca il sapore del latte e del burro, carichi del-

la varietà erbacea e floreale dei monti dove hanno pascolato le mucche. Si vende tra i quindici e i trenta-quaranta giorni di stagionatura ed è venduto presso il punto vendita del caseificio, in numerosi negozi di alimentari della valle e dal gruppo Formaggi del Trentino in tutta Italia; un Disciplinare ne definisce e garantisce la qualità. In cucina è un prodotto piacevolmente versatile, che può essere protagonista di una fonduta piuttosto che “disposto” a sciogliersi per abbracciare golosamente altri ingredienti. Da solo, a crudo, può essere impreziosito da una mostarda di cipolle rosse o di mele. Con quale vino abbinarlo? Un bianco non troppo aromatico, come uno Chardonnay o un Pinot Bianco.


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Luca Sartori

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n tripudio di unicità di sapori condito da storia, tradizione ma anche innovazione. Dagostin è tutto questo. Una vasta gamma di prodotti selezionati, un’eccellenza trentina che si apprezza nella molteplicità dell’offerta al cliente che va dai salumi stagionati ai salumi cotti e ai salmistrati, dagli insaccati stagionati a quelli cotti fino ad arrivare alla carne fresca. E’ nel 1963 che inizia la storia dei macellai e salumieri Dagostin, anno in cui papà Vittorino, all’età di 14 anni, si avvia al lavoro di macellaio. Con l’esperienza, la professionalità e la passione l’azienda, negli anni, cresce in modo continuo e graduale, mantenendo la storica e tradizionale impronta artigianale e famigliare. Le carni, rigorosamente locali e di prima scelta, vengono selezionate nel laboratorio interno; è nella storica sede che si trova oggi il punto vendita “Macelleria di Varena”, al quale si aggiunge la gestione dei reparti macelleria delle Famiglie Cooperative di Predazzo, Ziano

e Tesero. Tra i prodotti che hanno fatto la storia del marchio Dagostin vi sono il tipico speck e quello che è il tradizionale prosciutto di Pasqua, lo speck cotto. Ricavato dalla parte più nobile del maiale, la coscia, lo speck è una meraviglia che si materializza dopo una lunga attesa. Ci vuole infatti un anno di stagionatura per ottenere una delle meraviglie della produzione dei Macellai e Salumieri Dagostin, prodotto prestigioso di grande tradizione. Altra storica eccellenza, che si affianca al più celebre speck, è lo speck cotto, frutto straordinario della Val di Fiemme e delle contaminazioni della vicina provincia di Bolzano. Era il primo assaggio di speck delle famiglie religiose di un tempo, che sceglievano la Pasqua per prelevare lo speck in stagionatura dalle cantine per metterlo a bollire. Speziato ma non stagionato e affumicato, si mangiava affettato o con uovo, rafano ed erba cipollina, oppure con la salsa bolzanina e gli asparagi.

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Speck e speck cotto della macelleria Dagostin



La cascata di Cavalese

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davvero curioso il getto d’acqua che scende dalla meravigliosa Val Moena: è la cascata di Cavalese, che disegna un dito indice puntato verso il cielo! Da qui ogni sguardo si inerpica e, inevitabilmente, indaga il mistero del creato. Due ponticelli offrono differenti punti di vista e quello ai piedi della cascata di Cavalese restituisce tutta l’energia di

uno scroscio potente che, in forma nebulosa, arriva a sfiorare il volto dell’osservatore. Il ponticello sopra la cascata fa vivere l’ebbrezza di un salto liquido nel vuoto. Dalla cascata, un sentiero porta al Pezo del Gazolin, un abete rosso monumentale con cinque metri di circonferenza. Sono facilmente accessibili sia la cascata sia i sentieri che la circondano.




Il palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme

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Cavalese, il Museo Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme - costruito nel Medioevo dai Principi Vescovi di Trento come residenza estiva e sede dei loro Vicari - è uno degli esempi più belli di architettura rinascimentale del Trentino. Le antiche mura della dimora ci raccontano una storia millenaria: dagli antichi manoscritti ai capolavori della scuola pittorica di Fiemme fino alle gattabuie delle cosiddette “streghe” di Cavalese. L’ente storico, fondato nel 1.111, è ancora un cuore pulsante della

destinazione e oggi gestisce con cura le foreste e i pascoli della valle. Un’illuminazione discreta dona al museo e alla pinacoteca un’atmosfera intrisa di mistero, proiettando qua e là geometrie luminose che esaltano la bellezza dei dipinti e degli affreschi e spiccano sulle pareti 150 capolavori della Scuola pittorica di Fiemme. Nelle prigioni i visitatori impugnano le torce per illuminare le scritte incise dai carcerati. In queste celle, nel Cinquecento, sono state rinchiuse le streghe di Cavalese.


Il parco d’arte RespirArt di Pampeago

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Pampeago, a quota 2.200 metri, c’è il parco d’arte più alto del mondo: RespirArt. Nel giro ad anello di tre chilometri, una trentina di installazioni d’arte dialogano con le guglie dolomitiche del Latemar. Il parco attrae artisti da ogni angolo del pianeta e qui artisti di fama internazionale e studenti delle accademie d’arte europee amano così tanto la natura da cercare di eguagliarne la bellezza. Ogni estate, infatti,

MIRROW di Martina Pomari Eugenio Del Pero

creano installazioni artistiche nel Parco d’arte ambientale RespirArt e a “completare” le opere sono il sole, il vento, la pioggia e la neve. Come accedervi? Il parco si raggiunge facilmente con la seggiovia Agnello e il giro ad anello è adatto anche ai bambini (si incontrano giochi ispirati alle opere d’arte, al clima e alla natura). Si consiglia di indossare gli scarponcini: alcuni brevi tratti sono un po’ ripidi.


Simulacro di Federico Seppi Eugenio Del Pero

SIMBIOSI di Hannah Streefkerk


RespirArt, l’idea dei “Pic-nic ad arte”

Mind’s eye di Olga Ziemska Eugenio Del Pero

Fra opere d’arte e panchine artistiche, nel parco RespirArt di Pampeago fioriscono i nuovi “Pic-nic ad arte”. I cestini dei rifugi sono ispirati a grandi artisti italiani, da Caravaggio a Fontana

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l desiderio di spazi liberi all’aperto incontra la fervida immaginazione del parco RespirArt di Pampeago. Da quest’estate i visitatori assaporano Pic-Nic ad Arte, accomodandosi sulle panchine artistiche ideate da Marco Nones. Queste sedute, che si affacciano fra le opere del parco d’arte più alto del mondo, sono state create con i cirmoli della Magnifica Comunità di Fiemme schiantati al suolo dalla tempesta Vaia del 2018. I pic-nic, ispirati ai grandi artisti italiani, sono preparati dai due rifugi del parco RespirArt. LoChalet Caserina, oltre ai menù Trentino-Italian Style da gustare sulla terrazza, propone due cestini per Pic-nic ad arte, da completare, volendo, con bollicine Ferrari. Il cestino Caravaggio propone tacos di polenta alla carne, raviolo di pata-

te e torta RespirArt con la marmellata di mirtilli di Pampeago, mentre il cestino Arcimboldo è la versione vegetariana. Il Rifugio Monte Agnello, a quota 2.200, oltre ai menù tipici da gustare in terrazza, preparatre cestini per Pic-nic ad arte con panini artistici, dolci e frutta. Dal Segantini, che profuma di montagna, al tramezzino e la tagliata di frutta dedicati a Fontana, fino al cestino Ligabue, sincero, immediato e genuino. Nel parco RespirArt, inoltre, alcune opere d’arte sono state pensate per far accomodare i visitatori, come il Teatro del Latemar di Marco Nones, l’opera Harmonia dell’artista-designer DorotaKoziara, la cornice Natura Viva di Mauro Olivotto e l’opera Conversazioni Virtuali di Piergiorgio Doliana.


Un respiro d’arte e natura: visita guidata fra le opere del parco RespirArt di Pampeago Ogni mercoledì, con ritrovo davanti al Rifugio Monte Agnello di Pampeago, alle 9.30, i possessori delle Fiemme Guest Card sono invitati a scoprire le istallazioni del parco d’arte RespirArt, passeggiando in compagnia di una guida che dal 2011 ha assistito alla nascita di tutte le opere d’arte. I gesti creativi di RespirArt si ispirano ai mutamenti della natura, agli equilibri climatici e alle Dolomiti Unesco. Prenotazione obbligatoria entro le 18.30 di martedì: cell. 331 9241567

Mediterraneo di Elio Vanzo


Foresta dei Draghi, Nido di Drago di M Nones


Alpine-Coaster a Gardonè, Latemar Alice Russolo

La MontagnAnimata di Predazzo

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raghi, gargolle, creature leggendarie e personaggi curiosi popolano i prati e i boschi della MontagnAnimata di Predazzo. Mentre i sentieri giocano con i bimbi, incantevoli radure si trasformano in palcoscenici della fantasia. Fiabe, gioco-libri, spettacoli e giochi interattivi rivelano comportamenti eco-sostenibili mentre la natura scatena emozioni e meraviglia sulla MontagnAnimata di Predazzo. Fra indizi, missioni da compiere e misteriose tracce (anche “odorose”) i bimbi esplorano due sentieri tematici a 1.650 metri d’altitudine: la

foresta dei Draghi e il sentiero del Pastore Distratto. Gli spettacoli itineranti e i gioco-libri raccontano storie di tempeste, draghi, gargolle, dahù, clown, geologi, api, falegnami, pastori e malgari. Promuove risate adrenaliniche l’Alpine Coaster Gardoné, un bob su binari che sfreccia nel bosco. Poi la fantasia vola più in alto: la seggiovia Feudo accompagna a quota 2.200 metri nel giardino storto del Dahù e nel sentiero Geotrail Dos Capèl. Questo paradiso si raggiunge con la Cabinovia Latemar MontagnAnimata Predazzo-Gardoné.



Foresta dei Draghi Gaia Panozzo


orlerimages.com

Il Giro d’Ali di Bellamonte

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l Giro d’Ali è un sorprendente percorso acquatico a Bellamonte, a quota 1.750 metri. I bimbi scatenano la loro fantasia fra prati, cascatelle, scale di pietra sommerse, ponticelli sospesi, specchi d’acqua e volatili galleggianti. La fantasia vola a pelo d’acqua nel parco Giro d’Ali di Bellamonte. Chi gioca con l’anatra nuotatrice, chi si avventura alla ricerca dell’oro con il setaccio, chi rincorre l’Uovo in pista, chi scopre la vita dei volatili sul sentiero Frainus. L’intera famiglia

è a perfetto agio fra ergonomici lettini prendisole, gazebo in legno per il pic-nic, un percorso Kneipp e una postazione per il massaggio ai piedi. La vita del falconiere e quella del pastore non avranno più segreti dopo una giornata in questo paradiso! Fra le attrazioni più innovative c’è Nidoplano: l’ovetto della cabinovia con il fondo trasparente. Accessibilità: il Giro d’Ali si raggiunge con la Cabinovia Bellamonte 3.0 in località Castelir.


NIDOPLANO Gaia Panozzo


Giro d’Ali Bellamonte e Alpe Lusia Gaia Panozzo



Cermis Acropark Federico Modica


Cermislandia dell’Alpe Cermis

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alle chiome degli abeti alle acque del ruscello, la natura non ha segreti nel regno del divertimento dell’Alpe Cermis. Qui i bambini imparano persino a costruire una baita di legno, diventando “architetti-boscaioli”. Ogni giorno, un gioco nuovo: quassù la fantasia vola alto. Siamo a quota 1.280 metri. Nel regno di Cermislandia i bambini entrano in totale empatia con l’ambiente circostante, mimetizzandosi con il sottobosco, trascorrendo una giornata da boscaiolo o imparando a conoscere le creature che popolano la montagna. Se il

Federico Modica

ruscello rivela inaspettate forme di vita, le chiome degli alberi si lasciano abitare dai cuccioli d’uomo. Il nuovo Parco Avventura Cermis, infatti, trasforma ogni bimbo e ogni ragazzo in un agile scoiattolo. I genitori possono godersi il pieno relax nella terrazza-solarium del ristorante Baita Tonda. Da qui, infatti, si può assistere ai giochi dei figli. Fra una cioccolata e uno strudel, echeggiano le loro risate. Si accede a questo paradiso con la Cabinovia Alpe Cermis, da prendere dal centro di Cavalese o dalla stazione di fondovalle.


RespirArt, la stagione del teatro all’aperto del Latemar

NOVITÀ: CONCERTI PER SOLE MUCCHE

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utti al pascolo per assistere ai “Concerti per sole mucche”! I musicisti del parco RespirArt dedicano concerti a questi pacifici animali che ogni giorno generano melodie tintinnanti, avvicinandosi alle opere d’arte con grande curiosità. I concerti si animeranno a sorpresa durante l’estate, anche in coincidenza con alcuni eventi in calendario.

Concerti, spettacoli ed eventi artistici fra i cespugli di rododendri e mirtilli che circondano il “Teatro all’aperto del Latemar”, nel Parco d’Arte RespirArt di Pampeago. GIOVEDÌ 16 LUGLIO, ORE 12.00: QUASI DEL TUTTO… ESAURITA, SPETTACOLO TEATRALE In atto unico, spettacolo comico e ironico che descrive ed “esagera” i fatti della vita quotidiana di tutti noi. Spettacolo di e con Roberta Kerschbaumer. SABATO 25 LUGLIO, ORE 9.30: RESPIRART DAY CON MARIA CONCETTA MATTEI, INAUGURAZIONE DELLE NUOVE OPERE D’ARTE DEL PARCO La 12a Manifestazione internazionale d’arte ambientale RespirArt inaugura due opere che invitano a “indossare” e a “leggere” la natura: la “Reggia barbarica” di Patrizia Giambi e “Punto e Virgole” di Gabriele Meneguzzi e Vincenzo Sponga. GIOVEDÌ 6 AGOSTO, ORE 14.30: PIETRO DEIRO DUO, FISARMONICHE IN CONCERTO Due maestri di fisarmonica trentini, ispirati al grande Pietro Deiro, liberano le note di meravigliosi evergreen sulle distese verdi che circondano il Latemar. GIOVEDÌ 13 AGOSTO, ORE 12.00: GIANLUCA CAMPI, CONCERTO DEL CAMPIONE DI FISARMONICA Gianluca Campi, virtuoso della fisarmonica, riesce a eseguire un numero impressionante di note nel più breve tempo possibile. Lui fa cantare e parlare il suo strumento sfruttandone tutte le possibilità agogiche e dinamiche.


Gaia Panozzo

INFO: tel.0462 813265, info@latemar.it, www.latemar.it, www.respirart.com


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Fiemme Guest Card: scegli la tua esperienza 100% natura

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ll’arrivo in Val di Fiemme si riceve, senza costi aggiuntivi, la Fiemme Guest Card*, per vivere una vacanza dolomitica “straripante di stupore” con: • utilizzo degli impianti di risalita per tutta la durata della Card a soli sette euro • programma settimanale con vasta scelta di escursioni e attività nella natura alla scoperta di sentieri tematici e parchi della fantasia • mobilità gratuita su bus e navette • accesso ai musei della Val di Fiemme e ai parchi naturali

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i possono vivere molte altre esperienze con sconti e agevolazioni a partire da due notti in tutti gli hotel convenzionati. E poi ecco l’“Offerta tradizione e gusto in Val di Fiemme”: una scorta golosa di sapori dolomitici, fino al 31 ottobre 2020. La perfetta occasione per fare incetta dei migliori sapori di montagna e di degustarli fra le braccia della natura della Val di Fiemme. Di seguito le specifiche: Tre notti in Agritur della Val

di Fiemme, a partire da 190 euro a persona con trattamento B&B, la Mappa Tradizione e Gusto per scoprire i produttori chilometro zero, una cena Tipica Trentina, una merenda golosa accompagnata da “Birra di Fiemme”, visite guidate alla scoperta dei prodotti tipici. L’offerta include Speck & Spa, il buono sconto di € 15 da spendere in prodotti tipici o nei centri benessere e la Fiemme Guest Card* Prenotazioni: Apt Val di Fiemme tel. 0462 341419 booking@visitfiemme.it www.visitfiemme.it


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Cascata Cavalese Michael Kaiser


Trabocchi,

scenari tra cielo e mare


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

Trabocchi in Abruzzo 4K Productions*


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ono complesse macchine da pesca protese sul mare e ancorate alla roccia da grossi tronchi di pino d’Aleppo, antiche piattaforme composte da tavole e travi, elevate su pilastri conficcati sul fondo del mare o sugli scogli e congiunte alla vicina riva da esili passerelle. I trabocchi sono tipici delle coste abruzzesi, molisane e garganiche, ma sono presenti anche in alcune zone del basso Tirreno e del litorale veneto. Dalle origini in parte oscure, queste particolari costruzioni sembrerebbero risalire al VIII secolo, quando contadini e pastori, tutt’altro che esperti di mare, intuirono

Punta Aderci, Vasto Luca Lorenzelli*

la possibilità di integrare il loro raccolto proiettandosi verso le acque con veri e propri prolungamenti della terra, con palafitte piantate sugli scogli. I primi traboccanti non erano dunque pescatori ma agricoltori, che dalle acque potevano trarre il sostentamento necessario per integrare i magri frutti ottenuti dal raccolto delle terre costiere. Il fascino dei trabocchi è anche legato alla tecnica della pesca adottata sugli stessi, dove ampie reti vengono calate in mare con un argano girevole fissato nel centro della piattaforma, e che, un po’ per volta, vengono rialzate.


Stefano_Valeri*


ermess*


Trabocchi teatini...

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il litorale teatino quello che più di altri accoglie i trabocchi, tanto da chiamarsi “Costa dei Trabocchi”. Da Francavilla a San Salvo, tra lunghe strisce di sabbia dorata e piccoli tratti di calette rocciose, è un susseguirsi di queste singolari costruzioni sul mare, elastiche e resistenti alla salsedine e alle forti raffiche di maestrale che battono il litorale adriatico. Assolutamente da non perdere il Trabocco Fosso Canale a San Vito Marina, quelli di Punta Cavalluccio, Punta

GIULIANA ANTONI BARBIERI*

Isolata e Punta Tufano a Rocca San Giovanni e quelli di Punta Palombo e Punta Rocciosa a Fossacesia. Straordinarie figure lignee in bilico sulle acque che hanno alimentato la fantasia e l’arte di pittori, scrittori e fotografi, affascinati da queste costruzioni solitarie perse sulla costa che corre tra gli importanti centri litoranei abruzzesi di Ortona, da sempre importante scalo commerciale, e Vasto, divisa tra il nucleo antico e la parte affacciata sull’Adriatico.


Roy photo*



underworld*

...E trabocchi lagunari

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i più celebri trabocchi abruzzesi e del Gargano si uniscono quelli veneti, in particolare della zona di Chioggia. E’ nel quartiere di Sottomarina che si trovano i trabocchi. Passeggiando sul lungomare appaiono, imponenti, queste caratteristiche costruzioni dalla piattaforma protesa sul mare, dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, lunghi bracci che sostengono la rete a maglie strette detta trabocchetto. Anche il litorale veneto ha i

suoi trabocchi, elementi caratterizzanti la costa di Chioggia, anche conosciuta come la “Piccola Venezia”, dal centro storico che sorge all’estremità meridionale della laguna, su di un gruppo di isolette divise dai caratteristici canali e tra loro collegate da pittoreschi ponti. Alle architetture e agli antichi tesori del nucleo storico si contrappone la sua parte balneare, il quartiere di Sottomarina, vivace meta vacanziera della costa adriatica impreziosita dai trabocchi.


pointbreak*


Chioggia Aliaksandr Antanovich*



A tavola sul mare

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ccarezzati dalla brezza dell’Adriatico, par di cenare su una zattera volante. Su quelli che D’Annunzio chiamava i “ragni colossali” si ascolta il mare, si respira la storia e si assaporano le specialità locali. Numerose di queste “palafitte dell’Adriatico” sono state ristrutturate e trasformate in ristoranti. Cenare su un trabocco è un’esperienza unica in un ambiente particolarmente caratteristico, dove la proposta dipende dalle condizioni del mare e dal pescato quotidiano. Una cena su una di queste pittoresche

Stefano_Valeri*

costruzioni della costa abruzzese è un viaggio tra i sapori e la tradizione culinaria della riviera, tra bruschette con il baccalà e frittura di paranza, tra il pescato del giorno con contorno di verdure e le polpettine di pesce azzurro, tra il classico brodetto alla vastese, l’impepata di cozze e la pasta ai frutti di mare, senza dimenticare i carpacci e gli antipasti con polpo e seppie, il tutto annaffiato dai vini locali. Il sottofondo del mare fa il resto, mentre lo sguardo non smette mai di appoggiarsi sull’orizzonte.


Elflaco1983*


San Vito Chietino Roy photo*


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Paesaggi archeologici campani, patrimoni da scoprire


Alessandra Boiardi

www.facebook.com/alessandra.boiardi.7

Paestum BlackMac*


Francesco Ricciardi Exp*


Francesco Ricciardi Exp*

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tmosfere immortali in contesti paesaggistici che sospendono il visitatore tra passato e presente, i siti archeologici campani sono la testimonianza di epoche gloriose che arrivano sino a noi in maniera a volte del tutto inaspettata, sotto forma di meraviglie antiche. Per esempio a Pozzuoli, una città che racconta della magnificenza delle epoche greche e romane, o il prezioso edificio che, nella zona di Miseno, fu sede del Collegio degli Augustali, dove si celebrava il culto degli imperatori, e dove tra l’altro è stata rinvenuta la statua di

Domiziano, che oggi può essere ammirata tra le collezioni del museo archeologico dei Campi Flegrei. Luoghi, questi, a cui dedicare il giusto tempo e restare stupefatti dal Tempio di Diana, dal Teatro Romano di Misenum e dal Parco Sommerso di Baia. E poi, l’antica città di Elea, oggi Parco archeologico di Elea-Velia, fondata da esuli greci intorno al 540 a.C., immersa nella macchia mediterranea in un connubio unico tra archeologia e natura, dove il percorso di visita guida la scoperta di edifici pubblici, domus imperiali, terme e agorà.


Pozzuoli lauradibi*



Pozzuoli Imma Gambardella*



Pompei ed Ercolano

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u negli anni della prosperità, quelli del dominio di Roma sul Mediterraneo a partire dal II secolo a.C., che il paesaggio pompeiano si arricchì delle suggestioni regalate dal Tempio di Giove, dalla Basilica, dalla signorile Casa del Fauno, e poi di importanti edifici pubblici come l’Anfiteatro e l’Odeon fino allo sfarzo imperiale del Tempio della Fortuna Augusta. Si disegna così uno dei paesaggi più rari al mondo, dove una tragedia come l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che seppellì letteralmente la città, divenne mezzo di un incantesimo perenne, che ha trasformato un giorno qualsiasi

Pompei Balate Dorin*

in un presente perpetuo. Un giorno nella vita dei pompeiani di 2mila anni fa, intenti nel commercio (Benvenuto guadagno! È uno dei motti rinvenuti nelle scritte sui muri della città), a fare acquisti nel mercato, in una taverna. Una visita a Pompei è un vero viaggio nel tempo così come quella a Ercolano, altro centro colpito dall’eruzione, il cui sito archeologico può essere visitato oggi in maniera del tutto inedita con un percorso sensoriale che, originariamente destinato ai non vedenti ma accessibile a tutti, permette di vivere il paesaggio archeologico pompeiano con tutti i sensi.


Pompei Boris Stroujko*

Ercolano lara-sh*


Pompei duchy*



Pompei e il Vesuvio franco lucato*




Ercolano k_samurkas *


Ba_peuceta*

Takashi Images*


Tra le colonne del passato: Paestum

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n’area archeologica patrimonio Unesco dal 1998, una testimonianza tra le più preziose al mondo della cultura della Grecia antica, ma soprattutto l’emozione di immergersi nello stile dell’architettura dorica stupiscono il visitatore fino a immergerlo in un’altra dimensione. Siamo a Paestum, a circa cinquanta chilometri a sud di Salerno, con il suo paesaggio unico al mondo disegnato dai tre grandiosi templi dorici conservati in modo eccezionale: la basilica, i templi di Nettuno e di Cerere. La magia paesaggistica di Paestum è quella di spingere il visitatore lontano dal presen-

te, fino ad assaporare le atmosfere della colonia greca per arrivare, ma anche quella di permettergli di correre tra i secoli, fino al Settecento, rivivendo le stesse emozioni di Goethe. I tre templi sono protagonisti di un paesaggio storico che riecheggia anche di avvenimenti più recenti, quanto ormai immortali, come lo sbarco degli alleati nel 1943, avvenuto non distante. Una visita al parco archeologico può essere abbinata a quella al Museo nazionale di Paestum, dove si può ammirare anche la famosa Tomba del tuffatore, raro esempio di pittura greca.


Paestum canadastock*



Paestum SaraGlop*



Francesco Ricciardi Exp*

Torre Annunziata, benessere millenario

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n un luogo come Torre Annunziata, che lega il suo nome ai benefici delle sue preziose acque, fare un balzo nell’antica Roma significa anche godere di quel benessere termale di cui i romani erano maestri. E una struttura termale non poteva mancare nemmeno in quello che, tra i resti degli scavi di Oplontis, è quello più famoso: Villa di Poppea, probabilmente appartenente in origine a LuciusCrassiusTertius, risalente al primo secolo a.C., in ristrutturazione proprio nel momento in cui tutto si

fermò per effetto di quella stessa eruzione che investì Pompei. I ruderi delle Terme del console Marco Licinio Crasso Frugisono ancora visibili lungo la via litoranea Marconi e all’interno delle attuali Terme Vesuviane, il complesso termale che fu fondato dal generale Vito Nunziante nel 1831 sul luogo delle antiche terme. E se visitate Torre Annunziata durante la bella stagione, l’occasione sarà perfetta per approfittare della sua splendida posizione sul mare per concedervi una vacanza balneare.


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Affreschi a Villa Poppea forben*


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Torre Annunziata, Castellammare e il Vesuvio visti dal Monte Faito Hivaka*


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TERRITORI, LIFES TYLE E DESIGN

Antonella Andretta

www.facebook.com/antonella.andretta

Trentino: paesaggio, tradizioni e moderno design

Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino Orietta Gaspari*


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he sia per trascorrere qualche giorno nel verde, per visitare borghi e città, per fare sport o per rilassarsi alle terme, quella in Trentino è sempre un’esperienza di qualità da vivere in un ambiente ancora molto naturale, curato e ben gestito, con una composizione di aree protette che copre circa il 30% della regione. In Trentino l’amore per il proprio territorio e il senso di protezione che ne derivano non sono solo la conseguenza di norme, leggi e divieti, ma sono soprattutto uno stile di vita, adottato da sempre da chi vi abita e trasfuso in un turismo il cui obiettivo è

quello di essere il più sostenibile possibile, tra risparmio energetico e idrico, promozione dei prodotti a chilometro zero e miglioramento del paesaggio, considerato una risorsa preziosa da curare e non un pozzo senza fondo da cui attingere a mani basse. Il paesaggio, infatti, è qualcosa di più e di diverso dalla semplice opera della natura: secondo la Convenzione Europea del Paesaggio, firmata a Firenze nel 2000 dagli stati dell’Unione, il carattere di un paesaggio deriva infatti dall’azione di fattori naturali, fattori umani e dalle loro interrelazioni.


Santa Maddalena Rasto SK*

Mühlwald SchnepfDesign*



Panorama dal monte Le Tofane Photostravellers*


Moena Ihor Serdyukov*

Dal maso in poi

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l paesaggio trentino è costituito da un felice mix di corsi e specchi d’acqua (oltre trecento, compreso il Lago di Garda), boschi, vigneti, meleti, cime dolomitiche, piste da sci (Madonna di Campiglio, Moena, Canazei e San Martino di Castrozza solo per citare le più famose), ghiacciai dell’Adamello, ma anche di rifugi alpini, castelli, malghe e masi con le loro architetture tradizionali. A proposito di masi, ce n’è uno, il Maso Curio di Ca-

derzone Terme, che si presenta come un vero e proprio caso da manuale di architettura locale: ha una parte in muratura e una in legno, le stalle, il porticato, gigantesche colonne di larici ed è coperto da un tetto di scandole (assi e scaglie di legno). Documentato sin dal XIV secolo, più volte restaurato, ha resistito fino a oggi mantenendo la sua funzione legata all’allevamento del bestiame. A questi simboli della tradizione si affiancano


interessanti esempi di architettura moderna: a Trento spiccano il MART (Museo di Arte moderna e contemporanea), il MUSE (Museo delle Scienze) che si trova nel quartiere Le Albere (un quartiere green, con domotica e impianti all’avanguardia, inaugurato nel 2013) entrambi progettati da Renzo Piano. Ma il design si trova anche dove meno ci si aspetta di trovarne: un esempio è il nuovo bivacco

MART pio3*

del Rifugio Pradidali, incastonato a 2.278 metri, tra le perfette pareti delle dolomitiche Pale di S. Martino: sul basamento originale in pietra del vecchio edificio è stato costruito un guscio metallico con vetrate dalle quali si può godere di una splendida vista. Gli ambienti interni sono interamente rivestiti in legno d’abete, materia prima che da queste parti certo non manca.



MUSE pointbreak*



Le Albere lorenza62*


Rifugio Pradidali Gurty Photography*



Matoci, Stradivari, biancheria e stufe verdi

A

proposito di legno: è un prodotto naturale che le foreste locali - preziosa componente del paesaggio, gestita in modo sostenibile - forniscono copiosamente all’artigianato trentino: dai Matoci della Valfloriana (tipiche maschere carnevalesche di legno) fino alle statue in legno policromo della Val di Fiemme o alle sculture e dei fratelli Zeni di Fiera di Primiero per arrivare ai mobili rustici realizzati un po’ ovunque. Ed è sempre col legno degli abeti rossi della Val di Fiemme che si realizzano i violini: si dice che Stradivari stesso si aggirasse nella foresta di Paneveggio alla ricerca degli alberi più idonei (la foresta purtroppo non è stata risparmiata dalla tempesta Vaia dello scorso anno che ha sradicato molti degli abeti). Antica in Trentino è anche la lavorazione dei tessuti e dei filati: un bell’esempio di recupero della tradizione si può ammirare presso Artelèr Cupola in maiolica Alberto Masnovo*

Zapatastock*


Majestic Castel Thun MoLarjung*

Mirko Maier*

a Mezzano, un laboratorio di tessitura a mano che utilizza solo filati naturali per produrre tessuti unici per disegno e caratteristiche coi quali vengono realizzati capi d’abbigliamento, biancheria per la casa, sciarpe e borse. Vere e proprie icone trentine, infine, le stufe ad olle e in maiolica di Sfruz, prodotte tuttora. Circa cinquecento anni fa, i ceramisti di questo piccolo borgo sull’altipiano della Predaia, iniziarono a decorare i loro manufatti grazie alle competenze apprese dei ceramisti di Faenza (Forlì) che, in fuga dalle repressioni dello Stato Pontificio, trovarono asilo nel territorio, rendendo questo piccolo centro un importante punto di riferimento dell’arte ceramica. Il classico colore verde di queste stufe, ancora oggi, viene chiamato “verde Sfruz”.


Arte Sella wood works lorenza62 *



Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino Orietta Gaspari*



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Villaggio di Sfrunz Eder*

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IEG: a TTG, SIA E SUN 2020 per tracciare il futuro del turismo È

il “Fattore Umano” a fare la differenza, al 57esimo TTG Travel Experience, manifestazione leader che Italian Exhibition Group ha in programma dal 14 al 16 ottobre 2020 nel quartiere fieristico di Rimini. Negli stessi giorni si terranno anche il 69esimo SIA Hospitality Design e il 38esimo SUN Beach&Outdoor Style: una finestra che spazia dalla creatività degli architetti alle start-up per i servizi a camping e mare. Il “Fattore Umano”, elemento-chiave per il futuro di viaggi, accoglienza e ospitalità, è al centro del principale marketplace turistico italiano che vede in contemporanea TTG Travel Experience, SIA Hospitality Design e SUN Beach&Outdoor. Le tre manifestazioni di Italian Exhibition Group - punto di riferimento leader in Italia per l’industria del turismo e in programma nel quartiere fieristico di Rimini dal 14 al 16 ottobre 2020 – sono al lavoro

per raccogliere dal mercato riflessioni e spunti sulle nuove strategie di ripresa che gli operatori potranno mettere in campo. Lo scopo: analizzare come i brand, i prodotti, i servizi, la comunicazione delineeranno il turismo globale in uno scenario inedito - quello del dopo emergenza sanitaria - quando alla forzata limitazione internazionale di trasporti e accoglienza seguirà una ripresa della domanda più attenta e consapevole, rivolta a centri urbani, città d’arte e cultura, ambienti naturali e persone. Alla sua 57esima edizione, TTG mette dunque in circolo idee, eventi, professionalità per delineare i tratti del nuovo turismo nelle Arene delle tre macro-aree geografiche: The World, Global Village e Italia. In questi spazi, dopo gli anni della rincorsa tecnologica, seller e buyer trovano spazi espositivi e di discussione in cui tornare a riflettere su nuove


possibili forme di Umanesimo. Segmenti iconici come l’enogastronomia o le mete culturali così come il turismo attivo, vedono in questa edizione progetti dedicati o declinati su musei e i luoghi della cinematografia, a partire dal centenario della nascita di Federico Fellini. Iniziative e prodotti che prendono corpo e parola nei panel ospiti delle quattro Arene dedicate: Think Future Arena, Italy Arena, The World Arena, Be Active. A questo si aggiungono numerosi appuntamenti pensati per favorire e potenziare le relazioni business degli operatori presenti al TTG; tra questi le occasioni di incontro e di contrattazione Meet&Match e Meet Your Destination cui si uniscono due serate speciali riservate agli enti del turismo esteri - Foreign Tourism Board Night - e ai tour operator stranieri - Buyers Welcome Night -. Per ripensare e proget-

tare il futuro del turismo, TTG 2020 propone infine due progetti esclusivi. Anzitutto la speciale Vision Masterclass by TTG, un modulo di alta formazione, curato da Blueggs, pensato per manager e operatori del settore con l’obiettivo di anticipare le richieste della domanda e mettere in campo azioni e strategie per differenziarsi dai competitor. Secondo appuntamento esclusivo è il premio Personaggio dell’anno TTG dedicato alle donne e agli uomini che si sono distinti nel corso dell’anno nell’industria del turismo; un appuntamento curato dalla Redazione di TTG Italia guidata dal direttore Remo Vangelista. La filiera circolare di TTG si completa con la 69ª edizione di SIA Hospitality Design per l’arredo e le forniture alberghiere ed extralberghiere e la 38ªSUN Beach&Outdoor per l’ospitalità all’aperto e in spiaggia.


craiweb.it craiweb.it


Carola Traverso Saibante

Le pupille del cibo

Marco Ossino*


Le pupille del cibo Le Tre Cime di Lavaredo DaLiu*

Cascata Nieddu a Montiferru Alessio Orru*


A

bbiamo il brutto vizio della separazione. Quasi una mania. E quindi quella pera di Bonarcadola vediamo così, bianca e soda, e dimentichiamo il verde brillante delle foglie dell’albero di cui è frutto, dei boschi fitti di Montiferru, dove è cresciuto, le rocce vulcaniche, i ruscelli, le cascate, le sorgenti, i mufloni, le tombe dei Giganti e i borghi agro-industriali di questa regione sarda che si estende tra il Campidano e il mare. Una semplice pera. Un mondo. Se guardiamo ogni alimento negli occhi, riflesso nelle sue pupille, possiamo ammirare

un paesaggio o, magari, una carrellata di paesaggi. Che nel Belpaese sono inestricabile unione del lavoro della natura e del lavoro dei suoi inquilini umani che vi si nutrono. Ma cosa sarebbe l’Alto Adige senza le sue malghe? Potenza dolomitica dove non potremmo mai assaggiare il Sextner Almkâse, un formaggio vaccino grasso, dalla crosta rugosa ricoperta da una sottilissima peluria, che si produce nelle montagne di Sesto, borgo circondato dalle cime di alcune delle montagne-star più note del Paese, come le Tre Cime di Lavaredo.

Le pupille del cibo


Le pupille del cibo Valerio Pardi*

Vie d’acque e vie d’erba R

imaniamo nella regione per addentrarci ora nell’incanto di un paesaggio fluviale. Conosciamo tutti la Polenta Valsugana, no? Ebbene, per apprezzare davvero questa preparazione a base di farina di mais, così semplice e così ricca, rimiriamo i suoi occhi gialli e vediamo profilarsi Borgo Valsugana, tagliato dal fiume Brenta con i suoi mulini, i suoi castelli, i suoi cavalli, dove vige la “condotta Slow Food”: cucina buona e sana che salvaguarda i prodotti del suo territorio. I prodotti del suo paesaggio! Ci sono poi paesaggi nascosti, an-

che se occupano un’intera regione. Come quello dei tratturi in Molise, antichissime vie d’erba battuta dove si svolgeva la transumanza del bestiame. Paesaggi che evocano piatti rurali e sapienti, dove gli stessi animali vengono sacrificati in cibo. Gli involtini di agnello, “abbuot’ di agnello”, sono tipici della Valle del Volturno, che s’incontra percorrendo il tratturo Castel di Sangro – Lucera, che attraversa il cuore del Molise. Una ricetta tramandata oralmente, che utilizza il quinto quarto dell’agnello da latte e le erbe aromatiche locali.


Le pupille del cibo

Altilia-Sepino (Campobasso), Molise Antonio Priston*


Le pupille del cibo Lungo il Brenta lapas77*


Le pupille del cibo


Le pupille del cibo FabriZiock*

Bari Vecchia Fabio Dell*


Sapori antichi C

ome si prepara la ricetta? Le budellina vengono tagliate con le forbici, lavate in un bagno di sale e aceto, e con esse si avvolgono piccole strisce di cuore, fegato, polmoni, intestino e carne magra, insieme a timo, aglio, peperoncino e altri gusti. La cottura è a fuoco lento, in acqua e oli e in un tegame di terracotta. Varchiamo il confine con la Puglia e dal rurale estremo passiamo a un paesaggio urbano: Bari, col suo labirinto di stradine e di edifici in tufo,

le cattedrali e le barche dei pescatori. Oggi una delle mete più gettonate d’Europa, incanta anche grazie al suo paesaggio enogastronomico. Imprescindibile la zuppa di cicèrchie: l’aspetto è simile alla fava, ma il sapore ricorda piuttosto quello dei piselli. Una pietanza semplice, preparata coi sapori classici e qualche pomodoro, servita con pane casereccio e buon olio d’oliva crudo, impreziosita al massimo con un po’ di cipolla soffritta.

Le pupille del cibo


Le pupille del cibo Bari Vecchia Kunturu*


Le pupille del cibo


Le pupille del cibo

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Biancomangiare con mandorle Kseniia Yeskova*


Cappon Magro TTL media*

I piatti-paesaggio barocca che una volta usava in Quaresima e nei giorni “di magro”. Per contrasto cromatico, assaggiamo il Biancomangiare, dolce al cucchiaio a base di latte, immacolato monocolore. La sua ricetta compare nel primo libro di cucina italiana, scritto all’inizio del Trecento. Oggi è riconosciuto Prodotto Agroalimentare Tradizionale in ben tre regioni italiane, tra cui la Sicilia, dove al latte si uniscono le bianche mandorle. Una volta era anche un piatto salato: pollo, riso, lardo… qualsiasi ingrediente, purché rigorosamente “bianco purezza”.

Le pupille del cibo

E

sistono infine dei veri e propri piatti-paesaggio, la cui composizione e presentazione è tutta da esplorare, a perdita d’occhio. Che dire, per esempio, del ligure Cappon Magro, con le sue stratificazioni e sedimentazioni di pesci e verdure, colori e consistenze? Viola barbabietola e bianco pesce cappone, arancio carota e arancio gambero, giallo uovo sodo, verde fagiolino e ancora il verde di quella salsa sinuosa di prezzemolo, olive e acciughe che lo travolge come un fiume languido e goloso. Una scenografica preparazione


Caterina Bendotti ricercatrice dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano

Stefano Garofalo ricercatore dell’Università Sapienza di Roma

AriSLA e i suoi ”Testimoni di speranza” Luca Sartori

78 progetti di ricerca scientifica per un investimento di oltre 12,4 milioni di euro. Sono questi gli straordinari numeri di AriSLA, Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica, principale ente no profit in Italia a promuovere e finanziare la ricerca scientifica sulla SLA. Al fianco di AriSLA c’è anche 3S Comunicazione con la rivista e-borghi-travel e il portale e-borghi, la più grande risorsa online di borghi e turismo, pronta a promuovere la ricerca scientifica. Ricerca che è la colonna portante di AriSLA, im-

pegnata da oltre 10 anni a sostenere il prezioso lavoro di oltre 260 ricercatori. A loro, che ogni giorno con passione e determinazione si impegnano a trovare i tasselli mancanti al complesso puzzle della SLA, AriSLA ha dedicato la pagina “Testimoni di speranza” sul proprio sito www.arisla.org. Tra gli intervistati c’è Caterina Bendotti, coordinatrice del progetto “MUSALS-AChR”, ricercatrice presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano: «Quando ho iniziato a studiare modelli


murini con delle alterazioni a livello dei motoneuroni (le principali cellule colpite dalla SLA, ndr)» afferma la dottoressa Bendotti «sono stata colpita dalla durezza e dalla gravità della SLA. Da quel momento ho capito che la ricerca aveva ancor più senso nella mia vita con un obiettivo molto chiaro, riuscire a trovare una cura per i malati di SLA». ”Testimone di speranza” è anche il trentatreenne Stefano Garofalo, coordinatore del progetto “NKINALS”, ricercatore presso l’Università Sapienza di Roma: «Mai come in questo periodo di forte emergenza per il nostro Paese e non solo, sono orgoglioso di essere un ricercatore nel campo biomedico» afferma il dottor Garofalo «Quando penso al motivo per cui studio la SLA, mi viene sempre in mente un’immagine: quella di un cavaliere che combatte contro

un mostro». «Crediamo che la ricerca sia speranza e che la speranza sia vita per tutti noi», commenta Mario Melazzini, presidente AriSLA. «In questi anni abbiamo raggiunto importanti risultati, ma non ancora sufficienti. Ecco perché anche quest’anno rinnoviamo il nostro impegno sulla ricerca, con il nuovo Bando AriSLA 2020». Chi intende supportare AriSLA e la ricerca sulla SLA può farlo anche destinando il 5 per mille, un gesto che non costa nulla, ma che ha un grande valore: bisogna apporre la propria firma nella dichiarazione dei redditi nel riquadro riservato a “Finanziamento della ricerca scientifica e della Università” o a “Finanziamento della ricerca sanitaria” e inserire il codice fiscale di Fondazione Italiana di Ricerca per la SLA 97511040152.


Nicoletta Toffano

facebook.com/nicoletta.toffano

El Nido r.nagy*


Oltreconfine: Oltreconfine:Filippine Francia

Palawan,

dove il reale supera il fantastico


Coron Cliff Jakub Barzycki*

E

letta “isola più bella del mondo” nel 2014 dai Travel Awards di Condé Nast e per altre tre volte dalla rivista Travel & Leisure, l’isola filippina già chiamata Pulaoan da Magellano, che vi sbarcò nel 1521, e oggi nota come Palawan, è al top fra sempre più rari paradisi naturali. Si tratta di un arcipelago (l’isola maggiore ha una lunghezza di 434 chilometri e una larghezza media di 39 chilometri) che costituisce il margine settentrionale del mare di Sulu, una porzione di Pacifico tra il mar Cinese meridionale e il mar di Celebes, in una diagonale quasi perfetta tra il Borneo,

da cui dista solo cinquanta chilometri, e l’isola filippina di Mindoro. Sconosciuta fino a pochi anni fa, la ribalta a cui è stata portata dai media ne ha fatto esplodere la domanda turistica. Gli ospiti sono attratti dal suo immenso patrimonio naturalistico, ma anche dalla genuinità di borghi rurali abitati da un coacervo di differenti gruppi culturali ed etnici (ne sono stati censiti 87): piccoli agglomerati urbani realizzati con architetture e materiali singolari che fungono da punti di riferimento per il soggiorno e per organizzare le escursioni.


Oltreconfine: Filippine

Balabac, Mansalangan Sandbar Aysin Ozturk*


El Nido Alena Ozerova*


Oltreconfine: Filippine


Puerto Princesa e i patrimoni Unesco

C

ollegato in aereo con Manila (circa 55 minuti di volo) il capoluogo di Palawan è Puerto Princesa, nome dato dagli spagnoli che governavano l’isola nella seconda metà dell’Ottocento in onore della principessa spagnola, Eulalia de Borbón, zia del sovrano Alfonso XIII. Il borgo originale conserva ancora la sua disposizione coloniale ispanica e alcuni dei (pochi) siti storici dell’isola: la cattedrale, il Palawan Museum che raccoglie i reperti fossili delle grotte di Tabon, il Parco della Principessa Eulalia, il Parco Mendoza (eroe della resistenza locale) e Plaza Barracks (luogo di un eccidio av-

Candace Marie Teofilo*

venuto durante la seconda guerra mondiale). Ma Puerto Princesa è importante per le meraviglie del territorio in cui è immersa: barriere coralline protette, cascate e spiagge di sabbia bianca. E soprattutto per due formidabili aree dichiarate Patrimonio dell’Umanità: il Pambansang Liwasang Ilog sa Ilalim, parco nazionale dove scorre il più lungo fiume sotterraneo carsico navigabile del mondo, e il santuario marino della barriera corallina di Tubbataha, ricco di oltre mille variopinte specie animali marine e considerato il miglior sito per immersioni delle Filippine.


Oltreconfine: Filippine

anatoliiSushko*


Puerto Princesa, Sabang beach Aleksandar Todorovic*


Oltreconfine: Filippine


Puerto Princesa, Honda Bay e Canon Island photosounds*


Oltreconfine: Filippine


Presidio de Santa Isabel Anyabr*

Damian Pankowiec*


Oltreconfine: Filippine

Taytay, le terre del nord

I

l borgo di Taytay, “La estrella del norte”, si trova a 155 chilometri a nord-est di Puerto Princesa e fu fondato nel 1623 sempre durante la colonizzazione spagnola della regione. A memoria della sua storia rimane la “Kuta”, nome locale della Real Fuerza y Presidio de Santa Isabel, un bastione costruito per la difesa di Taytay contro gli attacchi dei pirati mori di Jolo che combattevano contro le forze coloniali e la conversione al cristianesimo della popolazione indigena. È uno dei borghi più antichi di Palawan, ma come per Puerto Princesa la vera attrazione sono i paesaggi naturali del territorio che lo circondano. Si

tratta di un serbatoio mondiale della biodiversità che comprende tartarughe marine, pesci, coralli e i delfini Irrawaddy, specie endemica in via di estinzione. Un paesaggio mutevole che passa dalle cascate nella giungla (Kuyawyaw Waterfalls), al grande lago Danao dove stanziano ben 124 diverse specie di uccelli tropicali, a isole plasmate in forme incredibili (Blanca, Taytay Castle Pabellon, Dinamayana, Nabat, Malutamban, Apulit, Ta Bonito Cave): distese di sabbia bianca, archi naturali, grotte carsiche, giardini di coralli sottomarini, lagune nascoste, insenature mozzafiato.


Michael Wapp*


Oltreconfine: Filippine


Marimegmeg (Las Cabanas) Beach Andrei Goncharov *

El Nido: i paesaggi dell’ultima frontiera

N

ella punta più settentrionale di Palawan, in una baia riparata lungo una spiaggia a mezzaluna, si trova il borgo di El Nido: una chiesa, una manciata di case, piccole agenzie di viaggio, qualche hotel e ristoranti dove mangiare pesce freschissimo, pochi negozi e locali notturni, ma soprattutto un molo e molte barche. Si tratta delle tipiche imbarcazioni locali, costituite da uno scafo ligneo lungo e stretto, con due bilancieri a lato e un paio di panche per i turisti, che servono per raggiungere i veri monumenti di El Nido: quelli spettacolari costruiti dalla natura. Sono stati i fenomeni del carsismo a modellare questo territorio e a creare paesaggi strepitosi: imponenti scogliere di mar-

mo e incantevoli lagune il tutto immerso in una lussureggiante foresta di mangrovie, punteggiata da grotte e cascate. Le sue coste da anni si aggiudicano il titolo di “spiagge più belle del mondo”, come cita Condé Nast Traveler per “lo straordinario scenario naturale e la ricchezza ecosistemica”. Un patrimonio da scoprire con immersioni che vanno da quelle presso le barriere coralline in acque poco profonde a quelle su pareti in profondità. Tra le tante particolarità da ammirare: i coralli a foglia di cavolo, i branchi di lutiani a strisce gialle, i pesci pipistrello, le tartarughe, le formazioni rocciose a North Rock e la galleria naturale lunga cinquanta metri a Helicopter Island.


Oltreconfine: Filippine

rweisswald*


El Nido Iuliia Shcherbakova*


Oltreconfine: Filippine


El Nido, Dilumacad (Helicopter) Island Richard Whitcombe*


Oltreconfine: Filippine


El Nido R.M. Nunes*


Oltreconfine: Filippine


Alexpunker*

Balabac, Mansalangan sandbar Tatiana Nurieva*


Oltreconfine: Filippine

Balabac: dove l’uomo

e i suoi borghi svaniscono

G

li ultimi lembi di terra all’estremità meridionale di Palawan, ai confini col Borneo: un paradiso di acque turchesi, spiagge incontaminate, flora e fauna meravigliose e una popolazione dalla cultura locale intatta. È lo spettacolare arcipelago di Balabac: 13 isole e isolotti vergini remote e difficili da raggiungere (dieci ore di viaggio in terra e in mare da Puerto Princesa) praticamente sconosciute al turismo. Il borgo di riferimento è la municipalità di Balabac, un minuscolo centro

di pescatori dalle vecchie case di legno edificate su lunghe passerelle palificate sul mare. Da qui è possibile raggiungere barriere di sabbia bianca che affiorano da un mare cristallino. Un paradiso in cui è ancora presente la fauna primigenia: in mare vi sono vongole, tartarughe e stelle marine giganti, squali balena, razze, delfini, dugonghi, pesci sega, in cielo ecco una variopinta avifauna endemica e, infine, sulla terra è presente il rarissimo “cervo topo” notturno.


Balabac Tatiana Nurieva*


Oltreconfine: Filippine


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El Nido SJ Travel Photo and Video*


Oltreconfine: Filippine



Ivan Pisoni

facebook.com/pisoni.ivan.7

Leggende di paesaggi mitologici e misteriosi

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Nebbia sull’Adda mibres*


Leggende di paesaggi mitologici e misteriosi

Oria Giuseppe Moscogiuri*

La leggenda della nebbia di Oria E

rano tempi duri, quelli della costruzione del castello di Oria. Sembra che su di esso fosse stata scagliata una tremenda maledizione e spesso si verificavano crolli e incidenti, impossibilitando il completamento dei lavori. I maghi e le streghe della città decisero di riunirsi e di escogitare un espediente per ribaltare la situazione. Questo “consiglio magico” decretò che solo un sacrificio umano potesse spezzare la maledizione: il sacrificio di una giovane fanciulla. Fu così, che nottetempo, un manipolo di cavalieri andò per le strade della città in cerca della preda. Trovarono presto la malcapitata, strappandola dalle braccia della madre – disperata - e uccidendola senza pietà davanti ai suoi occhi. Il sangue della piccola fu sparso sulle

mura del castello, con l’intento di spezzare la tremenda maledizione ma né maghi, né streghe pensarono alla potenza di una madre dal cuore spezzato. In preda alla disperazione, la povera madre urlò “Possa tu fumare Oria, come fuma il mio cuore esasperato” maledicendo il territorio con un sortilegio che ancora oggi non lo ha abbandonato. Tra gli anziani del luogo esiste la nenia “A Oria fumosa ‘ccitera ‘nna carosa, tant’era picciredda, ca si la mintera ‘mposcia” (A Oria fumosa, uccisero una bambina così piccola che potevano metterla in una tasca). Si dice, infatti, che quando la nebbia arriva, sembra quasi voglia nascondere Oria e il suo castello in modo da celare la vergogna di quell’ignobile e ingiusto sacrificio.


La leggenda di Diomede e delle isole del Gargano D

opo esser approdato in terra italica, il prode Diomede portò molti benefici ai suoi abitanti. Non solo insegnò la lingua greca e l’arte dell’allevare i cavalli: a lui si deve, infatti, la fondazione di molte città da Ancona a Vasto, da Lucera a Siponto e anche Venosa (che come dice il nome, fu dedicata alla dea in segno di perdono). Arrivato in Daunia, Diomede decise di fermarsi e aiutare militarmente il re dauno contro i Messapi. Naturalmente la vittoria fu chiara e, per ringraziarlo del valore dimostrato in battaglia, il sovrano concesse

a Diomede di sposarne la figlia e gli diede un appezzamento di terra, che venne chiamato “Campi Diomedei”, dove il prode allevò i suoi cavalli. Un giorno Diomede decise di gettare nelle acque antistanti il Gargano tre sassi che portò da Troia. In men che non si dica, questi tre sassi riaffiorarono trasformandosi in tre bellissime isole: San Domino, San Nicola e Capraia. La leggenda vuole che Diomede morì sull’isola di San Nicola e che i gabbiani lo proteggessero dai suoi nemici per anni... ma questa è un’altra storia.

Leggende di paesaggi mitologici e misteriosi

San Domino vololiberoi*


Leggende di paesaggi mitologici e misteriosi

La leggenda di Bernardina Visconti e della zona di Porta Nuova a Milano B

ernardina era una ragazza disinvolta, allegra, di bell’aspetto e per nulla intimorita dalla figura del tirannico padre, Bernabò Visconti. Bernabò, infatti, era un uomo prepotente, avido, irabondo e irrispettoso di ogni legame. A 14 anni Bernardina fu promessa in sposa a Giovanni Suardo, giovane condottiero bergamasco, ma lei non ne volle sapere e, quasi in segno di sfida, cedette alle lusinghe di Antonio Zotta. Il crudele Bernabò venne a sapere di tale amore e non perse tempo a imporre le punizioni più efferate. Il Zotta fu impiccato con l’accusa di furto ma per Berardina

la sorte fu ancora peggio. La giovane, infatti, fu fatta murare viva in una segreta della Rocchetta di Porta Nuova dove trascorse sette mesi al buio, cibandosi di solo pane e acqua, fino a morire tra atroci sofferenze. A un anno dalla morte della giovane, iniziarono a girare le voci di un fantasma che iniziava a manifestarsi sotto varie spoglie da Milano a Bologna, terrorizzando la gente e facendo sparire alcuni individui. Bernabò fu così spinto dall’insistenza popolare a riesumare il cadavere della figlia per verificarne la morte. Da quei tempi pare che il fantasma di Bernardina si aggiri in


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quella zona di Milano che è stata - e ancora oggi è - dimora di alcune delle zone più iconiche del capoluogo meneghino, Porta Nuova. La leggenda “odierna” invece narra che un fantasma prenda i malcapitati sotto braccio e li faccia perdere, o addirittura, sparire. Chi conosce la zona non può certo dimenticare le Varesine, luna park ritratto in molti film, dove anche Adriano Celentano era solito portare i figli.Un luogo dove un tempo molti sparivano (e forse è meglio non sapere come e perché), ora luogo completamente rivalutato e incluso nel nuovo volto della città insieme al Bo-

sco Verticale, a piazza Gae Aulenti e alla Torre Unicredit. Quel grattacielo, la cui guglia sembra cambiare colore in base agli umori dei milanesi. Chissà se tante delle sparizioni ai tempi delle Varesine sono da attribuirsi alla “nostra” Berardina. Chissà se ci sia ancora chi si perde misteriosamente in questa zona. Chissà se il fantasma vaga ancora, magari spaesato, tra le ipermoderne vie della “nuova” Porta Nuova... O se il suo spirito sia stato placato dalla riconversione di una zona - in passato definita “malfamata” – che oggi è uno dei paesaggi più avveniristici di Milano.

Leggende di paesaggi mitologici e misteriosi

Quartiere di Porta Nuova, Milano Federico Rostagno*



Ivan Pisoni

facebook.com/pisoni.ivan.7

lo sapevate che...


lo sapevate che... curiosità paesaggistiche

E

siste un “Re delle Alpi”. È il maestoso Monte Bianco, che dal suo trono alto 4.810 metri guarda fiero tutte le vette circostanti. Il Monte Bianco, infatti, è la montagna più alta d’Europa. Uno dei luoghi “nobili” con paesaggi unici dalle mille sfaccettature.

Andrei Moldovan 2709*

V

isitare il Grand Canyon in Italia. Non sarà certo come addentrarsi nei territori impervi del Colorado, ma le Lame Rosse dei Monti Sibillini non hanno nulla a che invidiare alla vasta zona americana. Un paesaggio quasi marziano, da non perdere durante una delle escursioni che partono dal Lago di Fiastra.

Pio3*

I

l famoso “Mulino bianco” delle merendine esiste! Simbolo della famiglia perfetta che si alza felice e non vede l’ora di fare colazione tutti insieme in armonia, il “Mulino bianco” della Barilla è un vero e proprio mulino nella località di Luriano nel comune di Chiusdino (Siena). Si chiama Mulino delle Pile ed è stato edificato nei primi del Duecento dai monaci della vicina Abbazia di Serena. Ahimè, il luogo, diventato famoso grazie al pubblicitario Armando Testa, in realtà non è per nulla bianco. La struttura è oggi un agriturismo.

Mau47*


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P

iazza dei Miracoli a Pisa è un tempio dedicato alla costellazione dell’Ariete. Non solo simbolo della città, l’Ariete è rappresentato nel bassorilievo sopra la porta di ingresso della Torre di Pisa e la disposizione dei monumenti della piazza riproduce in toto la costellazione.

GagliardiPhotography *

U

RossHelen*

P

arte della nascita del turismo internazionale verso l’Italia è dovuta ai quadri dei nostri pittori. Una “moda” che iniziò nel Seicento, quando per gli aristocratici europei era “di spicco” fare una vacanza in Italia. In quel tempo erano sempre più richiesti quadri raffiguranti paesaggi tipicamente italiani. Magari non reali, ma che evocassero la bellezza dei luoghi italici. Che sia stata la nascita delle prime “locandine di viaggio”?

leoks*

lo sapevate che... curiosità paesaggistiche

na meridiana in piazza a Pienza. Il fenomeno, scoperto dall’architetto Jan Pieper, renderebbe la piazza del Duomo di Pienza una gigantesca meridiana nella quale - solo due volte l’anno - la luce solare verrebbe proiettata dalla facciata del duomo sulla piazza, colmando i nove riquadri della pavimentazione durante il suo passaggio.



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