e-borghi travel magazine: n. 23 - aprile 2021 - rivista di viaggi

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Anno 3 Numero 23 Edizione gratuita

SPECIALE BORGHI FRA LE NUVOLE Elcito, fascino senza tempo Sant’Agata de’ Goti, magia sul tufo e-borghi in tavola: Cavalese

Oltreconfine:

Palestina, autentica e spirituale

Alberghi diffusi, Italia esperienziale

La leggenda di Angera: nobili, lago e nubi

www.e-borghitravel.com


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® e-borghi travel 23 • 2021 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Coordinatore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Alessandra Boiardi, Gaia Guarino, Luca Sartori, Simona P.K. Daviddi, Nicoletta Toffano Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione Via Achille Grandi 46 20017 Rho (Milano) info@3scomunicazione.com tel. 0292893360 Crediti fotografici: * Shutterstock.com ** Pixabay.com L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 - 2021 e-borghi®

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Con il patrocinio di

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Marchio di qualità turistico ambientale per l’entroterra del Touring Club Italiano



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eLuciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato

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l mio paese è là dove passano le nuvole più belle», si legge fra le pagine del Diario 1887-1910 di Jules Renard. E proprio come le nubi, ecco i protagonisti dello speciale di questo numero di e-borghi travel: borghi e territori che sembrano sospesi a un soffio dal cielo, tutti dall’intensa bellezza e dalle differenti personalità. “Borghi fra le nuvole”, quindi, a iniziare da Elcito, in provincia di Macerata, un gomitolo di case di pietra allignate su uno sperone roccioso dove la canzone del vento spettina i pentagrammi per echeggiare fra i vicoli. Lo sguardo spazia lontano, da Elcito, da cui sembra di accarezzare la Val Fucina mentre nelle antiche terre del Sannio – nel beneventano – ecco Sant’Agata de’ Goti, borgo poggiato su una rocca di tufo, citato da Virgilio nell’Eneide e con il Monte Taburno che anela alle nuvole. Ad alto potere emozionale è Cavalese, in Trentino, regno di prelibatezze gourmet nel quale la vacanza diventa un viaggio esperienziale e gli antichi sapori diventano nouvelle cuisine grazie agli innovativi saperi. Per regalarvi un “assaggio”, abbiamo girato un video nel quale scoprirete la località, le tipicità del territorio e le proposte gastronomiche. Oltreconfine, invece, e d’impronta spirituale, è la Palestina, da scoprire in tutta sicurezza grazie a “Palestine: tales of hospitality”, progetto che sviluppa e promuove siti nei quali vivere esperienze autentiche. All’esigenza di fantasia, invece, risponde la leggenda di Radegonda e del principe delle nuvole, ambientata ad Angera, sulla sponda sud-orientale del Lago Maggiore. Una destinazione che sorprende sempre, l’Italia, dallo spiccato effetto ermeneutico e che si rivela al meglio nel “corpo a corpo”, quando coinvolge, vibrante e all’istante, tutti i sensi. Perché non basta sentirla raccontare. Bisogna viverla. Luciana Francesca Rebonato Coordinatore editoriale

Toshauna*


Sommario Elcito

Sant’Agata de’ Goti

e-borghi in tavola: Cavalese

L’acqua del benessere


Profumo di caffè

Parliamo di: alberghi diffusi

Oltreconfine: Palestina

La leggenda: Angera

In copertina: Vigoleno, in provincia di Piacenza e-borghi




Elcito, dove s’incontrano le nuvole

Sahara Prince*


Gaia Guarino

facebook.com/gaia.guarino

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sistono luoghi che, se raccontati, a stento si penserebbe che siano reali. Piovuti dal cielo, o forse così prossimi alle nuvole da rimanerne intrappolati in un abbraccio. Un sodalizio tra spazio e natura come in un dipinto. Forse il segreto di Elcito, minuto borgo della provincia di Macerata, è proprio questo: il far sognare chi lo visita e chi si sofferma per qualche minuto col naso all’insù. Questa frazione del comune di San Severino Marche si è guadagnata il soprannome di “Tibet delle

Marche” e sebbene le sue vette non raggiungano quelle himalayane, si difende con i suoi 821 metri di altitudine che in passato resero questa posizione strategica per l’isolamento necessario alla preghiera. Un antico castello, di cui non restano che ruderi, difendeva infatti l’Abbazia benedettina di Valfucina, oggi l’appellativo di “Borgo del Silenzio” sposa perfettamente lo spirito di Elcito. Quando la voce del vento è l’unica che urla e quando il sussurro della neve imbianca i tetti delle case durante l’inverno.


Pochi ma buoni

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contare gli abitanti si fa presto: sette perso- merciali. La politica autarchica del borgo si è conne, forse dieci ma non di più. Alle pendici figurata sempre attraverso un rapporto diretto con del Monte San Vicino, Elcito si prela terra che come una madre ha nutrito i senta come un presepe, anzi come suoi figli. Elcito è un rifugio, le case uno di quei borghi costruiti in pietra danno vita al centro dentro una sfera di vetro, del paese, le stradine conun souvenir che vien voducono verso una piazza glia di portare a casa in cui si erge una chiesa ma di cui, invece, dedicata al patrono, puoi raccoglierne San Rocco. Circolare scorci, suggestioin auto è impossini ed emozioni. bile, ma in fondo Sì, perché questa soltanto a piedi piccola località è ci si può perdere l’ideale per fuge scivolare con la gire dal caos, per mente verso la valtuffarsi in una dilata, lì dove si apre mensione al limiun panorama senza tempo il cui fascino te del surreale dove non si trovano negozi appare eterno. o rumorosi centri com-

Cesareo75*


Sahara Prince*


Sahara Prince*



Passeggiare per scoprire

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li escursionisti più audaci raggiungono Elcito dopo una lunga passeggiata nella faggeta di Canfaito, che ospita il più grande faggio delle Marche, fino alla Valfucina. La vista che si palesa da questo sperone arroccato è variopinta: le curve sinuose dei monti che incontrano il bianco delle rocce, e poi ancora il verde della vegetazione con il caldo marrone rossastro degli alberi. L’ultima pennellata è l’azzurro del cielo. Una tavolozza di colori piena di armonia che dona a questo borgo un’anima che non può che incantare chiunque desideri una vacanza attiva e spirituale allo stesso tempo. I sentieri sono ben indicati e chi ama fare trekking non rimarrà deluso. D’estate il paese si popola e si respira un’aria frizzante: ci si può avventurare nella Riserva Naturale Regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito o lanciarsi nel solco della tradizione con la festa patronale il 16 agosto, in onore di San Rocco.

Photostock by LEEM*



Peccati di gola

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opo tanto scarpinare, ristorarsi è un dovere. La zona di Elcito ha una lunga cultura vinicola che inizia addirittura in epoca romana ed è giunta fino a noi con i suoi sapori. Tante le tavole imbandite nel corso dei secoli, dalle mense ecclesiastiche a quelle signorili. Si racconta, per esempio, che quando nel 1370 il papa Urbano V conferì la riconferma del vicariato di San Severino a tale Smeduccio di Nunzio di Rinaldo, la città rese omaggio al Pontefice con circa 850 litri di vino

Wolfgang Zwanzger*

locale. Il rosso Doc dei Terreni di San Severino ben accompagna prodotti tipici come formaggi di media stagionatura e salumi oltre che piatti della tradizione come tagliatelle al sugo di lepre, carni bianche e cacciagione con preparazioni aromatiche. E poi i dolci, spesso parecchio elaborati, da godersi sorseggiando un Passito. Chissà, magari sarà dopo qualche calice pieno e corposo, che leggermente ebbri si volgerà lo sguardo al firmamento e avvolti dalla magia di Elcito ci si sentirà più vicini alle stelle.


Luciano Pierantoni*

Wolfgang Zwanzger*


Wolfgang Zwanzger*



Elcito

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COMUNE DI SAN SEVERINO MARCHE

Macerata

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Ancona

Macerata, Marche Abitanti: 12.248 (7 nel borgo) Altitudine: 824 m s.l.m. Santo Patrono: San Rocco 16/8


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3S Comunicazione per e-borghi travel


L’incanto di

Sant’Agata de’ Goti È

quasi un mistero come quella schiera di casette, finestre e balconi di tante forme e fattezze si regga in piedi affondando le proprie radici nelle profondità di un dirupo, svettando strette strette verso il cielo. Vien da pensarlo, ammirando lo scorcio più bello di Sant’Agata de’ Goti, l’affascinante borgo in provincia di Benevento che si erge quasi per magia su uno sperone di tufo. È lì, dove finisce a strapiombo, che si affaccia quella fila di edifici che compongono la sua famosa “terrazza”,

in un incantesimo tra natura e opera dell’uomo, che è persino difficile dire qual è il punto esatto in cui la roccia lascia il posto alle fondamenta, nei segni che stratificazioni secolari hanno reso un tutt’uno. E poi c’è tutto il centro storico, che sembra uscito da un libro di fiabe, tra viette e chiese, botteghe, palazzi e angoli incantati. Ecco allora che un viaggio a Sant’Agata de’ Goti si trasforma in scoperta e quel libro di fiabe inizia a narrare un fantastico racconto.


Alessandra Boiardi

twitter.com/aleboiardi

Martina Pellecchia*


Veduta del centro storico da Viale Vittorio Emanuele III

Le tante storie del borgo I l borgo, per come lo conosciamo oggi, fu opera dei Normanni. Furono loro che per primi utilizzarono le sue cave solcate nel tufo come cisterne, le stesse che i nemici svuotavano dopo averle raggiunte scavando cunicoli per affamare i suoi abitanti nel tentativo di conquistarlo. Non potevano fare altro, visto che il borgo svettante, dall’alto, era praticamente inespugnabile. E alla storia di una famiglia normanna si risale anche per trovare il significato del nome di quello che ancora oggi ha tutto l’aspetto di un incantevole borgo medie-

vale. Si chiamavano Drengot e per riconquistare il loro buon nome dopo essere caduti in disgrazia a causa di un omicidio, divennero mercenari del duca Riccardo II di Normandia e ricevettero in dono la Rocca di Sant’Agata, trasformandola in fortezza. Risalendo nel centro storico, la direzione è scandita dalle due strade principali dove una volta c’era il castrum. Ed è proprio lo scorrere dei secoli a creare il raro incantesimo che non manca di intrigare, con un pizzico di mistero, chi arriva in questo borgo.


Giambattista Lazazzera*




Tufo, tradizioni e magia U

na favola con qualche tinta noir, quella che vede Sant’Agata de’ Goti protagonista nel corso dei secoli, che però non ci fa mancare il lieto fine. E una visita al borgo lo sarà senz’altro, tra belle tradizioni da vivere, come il momento più tipico dell’anno, il ‘Corpus Domini’, che anche Sant’Agata come tanti borghi italiani onora con la tradizionale infiorata. Ma anche le tante chiese da visitare, come, solo per citarne alcune, la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, dal profilo barocco, e l’adiacente Monastero delle Redentoriste, dove le suore di clausura accoglievano i bambini “indesiderati” alla Ruota deChiesa di Santa Maria di Costantinopoli Geert Smet*

Lucamato*


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gli Esposti, che ancora si può ammirare. E poi, a guidare da lontano una passeggiata tra le vie, i vicoli e le piazze c’è il duomo, maestoso e incantevole, che così appare dal Settecento, testimone della storia di Sant’Agata de’ Goti da almeno sette secoli prima. E l’incanto non finisce tra cielo e terra, ma penetra nel cuore sotterraneo del borgo, dove ancora pulsano le cave di tufo. Alcune sono state trasformate in ristoranti e in cantine dove assaporare i piatti migliori della tradizione gastronomica e vitivinicola - qui si producono ottimi Falanghina, Greco, Aglianico e Piedirosso - in un’atmosfera davvero magica.

Martina Pellecchia* xx xx



Vigneto di Greco di Tufo Giuma*


La perla del Sannio C

Geert Smet*

Claudio Giovanni Colombo*

he Sant’Agata de’ Goti sia un piccolo gioiello lo dice anche il suo soprannome, l’evocativo “perla del Sannio”. Lo si deve al suo borgo, ma soprattutto al suo paesaggio, che conserva bellezze naturali tutte da scoprire. Un’escursione da non perdere è per esempio quella al Parco Regionale del Taburno-Camposauro, per seguire i percorsi naturalistici che oltre alla natura, permettono di scoprire le tradizioni di questi luoghi. Ma la perla del Sannio brilla anche sotto le luci dei riflettori, quelli dei tanti film e cortometraggi a cui Sant’Agata de’ Goti ha fatto da sfondo. Qualche esempio? Qui è stato girato “Il resto di niente”, la pellicola ispirata all’omonimo romanzo di Enzo Striano. E sempre qui Silvio Orlando, Claudio Amendola e Stefano Accorsi hanno dato vita al film “La mia generazione”. La lista è lunga e possiamo continuare, per esempio, con “L’imbroglio nel lenzuolo”, diretto da Alfonso Arau, basato sull’omonimo romanzo di Francesco Costa, con Maria Grazia Cucinotta. Infine, anche Alessandro Siani ha scelto Sant’Agata de’ Goti per il suo film “Si accettano miracoli” con Fabio De Luigi e Serena Autieri.


Lucamato*


Chiostro della Chiesa di San Francesco



Sant’Agata de’ Goti

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COMUNE DI SANT’AGATA DE’ GOTI

Napoli

Benevento, Campania Abitanti: 11.175 Altitudine: 159 m s.l.m. Superficie: 63,38 km² Santo Patrono: Sant’Agata 5/2

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Benevento


Essere imprenditori Crai vuol dire essere al servizio del proprio territorio. Con passione, impegno e gesti concreti. Marzo 2020: i comuni di Bergamo e provincia diventano zona rossa. Luca, titolare di un negozio Crai, non si perde d’animo e decide di diventare il capofamiglia del comune in cui abita: Sedrina. Come un bravo papà, decide di lavorare giorno e notte per non fare mancare nulla ai suoi clienti. Consegna personalmente la spesa a chi non può uscire di casa. Luca non ricorda quante ore di sonno ha perso in due mesi, né quanti guanti e mascherine ha consumato. Ma sa che rifarebbe tutto allo stesso modo. Per vivere e conoscere le nostre “storie a chilometro vero” inquadra il QR code che trovi qui sotto. sotto.

craispesaonline.it

craiweb.it craiweb.it


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

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’è un angolo di Trentino dove dominano le emozioni e i sensi sono gli inseparabili compagni di un viaggio esperienziale attraverso colori, profumi e sapori unici. E’ Cavalese, tra le più rinomate località delle nostre Alpi, straordinaria meta turistica del Trentino incastonata in Val di Fiemme. Adagiato su una terrazza soleggiata che guarda la Catena del Lagorai, Cavalese è un intrigante borgo costellato di palazzi d’epoca, ville eleganti e

moderne strutture turistiche. Dominato dal campanile merlato della Chiesa di San Sebastiano, il borgo è una delle capitali del gusto della provincia di Trento e consente un viaggio enogastronomico all’insegna dei genuini prodotti locali. Anche e soprattutto delizie casearie, incentrate sull’esperienza di chi le produce e sulla passione di chi dal latte sa ottenere prodotti unici. Iniziamo il nostro viaggio alla scoperta delle prelibatezze del borgo.


Cavalese, viaggio nelle emozioni




Gusto e charme

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avalese è il paradiso dei ghiottoni, di coloro per i quali la gastronomia è un mondo tutto da scoprire. Qui, nel cuore della Val di Fiemme, i produttori, gli albergatori e i ristoratori condividono sapori, esperienze e ricerca in uno scenario paesaggistico spettacolare. In quest’angolo di Trentino la storia s’intreccia alla tradizione in un’atmosfera particolare, dove i gusti e i sapori sono stati preservati nel tempo e arrivano a noi grazie all’arte e alla sapienza di coloro che sanno trasformare le materie prime di questa terra in piatti tipici che solo qui, sulle tavole di Cavalese, si possono assaporare. A questo provvede il Ristorante Costa Salici con le sue innumerevoli sfiziosità fra le quali ve ne sono due che ben rappresentano il forte legame con il territorio e con la cucina locale. Si tratta di un piatto casareccio e di uno dal carattere più gourmet, rispettivamente un primo e un dolce: la sfoglia di grano saraceno della Val di Fiemme con verza e il gelato al fior di capra con mirtilli fermentati e crumble al caffè di lupino. Viene già l’acquolina in bocca. Dopo aver apprezzato la buona tavola e per un soggiorno di relax e benessere, a Cavalese l’indirizzo giusto è il raffinato Hotel Garnì Laurino: per indimenticabili notti romantiche in ambienti di charme.



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Ristorante Costa Salici



Antichi valori

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uella che un tempo era una costellazione di piccoli caseifici di paese, dal 1966 è il Caseificio Sociale Val di Fiemme (www.caseificiocavalese.it). E’ proprio dall’unione di tante piccole realtà di un tempo che nasce una delle eccellenze trentine, dove allo straordinario scenario dell’ambiente montano della Val di Fiemme si mescola una tradizione casearia secolare. Sono valori profondi quelli della cooperativa agricola sociale della Val di Fiemme, che affondano le loro radici nella storia delle genti di queste montagne, genti legate alle malghe e agli alpeggi, genti che ogni giorno


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dell’anno scrivono un capitolo della storia di questa valle, dove il profumo del fieno e la genuinità dei prodotti sono il risultato della sapienza, della manualità, dell’artigianalità e dell’esperienza del casaro. Oggi i soci del caseificio, tutti insieme, perseguono quotidianamente lo stesso obietti-

vo attraverso il rispetto di rigidi disciplinari che prevedono la scelta di un’alimentazione degli allevamenti rigorosamente naturale, per ottenere un’eccellente qualità del latte, una lavorazione e una stagionatura prive di antifermentativi, conservanti e coloranti.





Genuini tesori

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un’eccellenza che parte da lontano, quella del Caseificio Sociale Val di Fiemme, che si racconta attraverso la sua storia e che si rinnova con la fatica e la passione quotidiana di chi ama l’ambiente montano, rispetta e lavora per il benessere degli animali e della loro sana alimentazione, dove la qualità e il rispetto dei regolamenti, l’osservanza dei disciplinari di produzione e l’attenzione alle varie lavorazioni - dalla rigorosa selezione della materia prima all’affinamento alla stagionatura - sono garantiti. Chi sceglie il Caseificio Val di Fiemme intraprende un percorso di tipicità e unicità, ha a disposizione una

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selezione di prodotti d’eccellenza che profumano di storia e cultura montana e trasudano sapienza e tradizione. Chi acquista dal Caseificio Val di Fiemme acquista prodotti unici di assoluto valore, tra cui gli ottimi Trentingrana, il Fontal di Cavalese (Marchiato Qualità Trentino), il Formae Val di Fiemme, il Puzzone di Moena Dop, i formaggi di malga, le deliziose ricotte e i delicati caprini, gli affinati e gli ultra stagionati. L’offerta del Caseificio Sociale Val di Fiemme è ricchissima, non resta che partire per andare ad assaggiarla. Nel frattempo, ecco un’anteprima nel video che abbiamo girato a Cavalese!


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Hotel Garnì Laurino


Cavalese

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COMUNE DI CAVALESE Trento, Trentino-Alto Adige Abitanti: 4.105 (3.420 nel borgo) Altitudine: 1000 m s.l.m. Superficie: 645,38 km² Santo Patrono: San Sebastiano 20/1

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Trento



Fonte Cottorella, l’acqua del benessere Luca Sartori

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a storia della Fonte Cottorella affonda le sue radici nell’epoca romana, quando gli imperatori Vespasiano e Tito frequentavano le terme e beneficiavano delle terapie idriche immersi nella natura della Sabina, meta delle loro residenze estive. In epoca medievale l’acqua di questa fonte incontrava poi le lodi di papa Gregorio IX, Pompeo Colonna e il Bramante, e nei secoli successivi veniva elogiata da illustri poeti, medici, chimici e biologi per le sue proprietà terapeutiche, divenendo così nota da essere richiesta dall’ospedale romano Fatebenefratelli per finalità medicali. E’ nel 1926 che il Ministero dell’Interno autorizza l’imbottigliamento delle acque della fonte con la dicitura “Fonte Cottorella” acqua digestiva, sovranamente antiurica, di rara purezza, mentre nel 1968 viene istituita a Rieti la Società Antiche Fonti di Cottorella Spa, che inizia l’imbottigliamento a partire dalla fine degli anni Ottanta. Una società cresciuta nel tempo e che è arrivata a produrre oggi circa 150mila pezzi al giorno con una possibilità di stoccaggio in magazzino di circa 1.500 pallet.


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Realtà green

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on una politica aziendale orientata al green, la Società Antiche Fonti di Cottorella Spa si è posta l’obiettivo di raggiungere l’impatto ambientale “0” entro il 2030. Una sfida già partita da tempo e che, con gli anni, si sta sempre più consolidando. Per ridurre la dispersione energetica e i consumi in fase produttiva, vengono svolti annualmente controlli ed efficientamenti energetici su strutture e macchine, l’installazione di pannelli solari ha permesso di produrre 50mila watt/h di energia pulita che viene convogliata nello stabilimento e impiegata nella produzione, mentre nel 2020 è stato inserito il 30% di r-pet (pet riciclato) su tutta la produzione. E’ obiettivo primario dell’azienda l’economia circolare, dove lo scarto di una funzione diviene risorsa per un’altra, rendendo residuale il rifiuto all’interno di un ciclo virtuoso dove si ottimizza, si ripara, si ricicla il più possibile abbattendo l’impatto ambientale.


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Svolta e-commerce

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aratterizzata dall’assenza di elementi inquinanti e metalli pesanti, con la giusta presenza di calcio e un equilibrato contenuto di sali minerali, l’acqua Cottorella è particolarmente indicata per lattanti, bambini e per chi pratica sport e, grazie alla

bassa concentrazione di fluoruri e nitrati, può essere consumata senza limiti e controindicazioni. Sul sito www.cottorella.com è possibile approfondire la conoscenza di un marchio che è garanzia di qualità e salute e scegliere di ordinare il prodotto che più si


adatta alle esigenze di ognuno, ricevendo direttamente a casa, in tutta Italia in 48/72 ore, i formati preferiti. La clientela della Società Antiche Fonti di Cottorella Spa risulta particolarmente variegata e va da società di gestione di mense aziendali fino a società di vending, passando per il consumo in società sportive, vista la caratteristica alcalinità che aiuta nel contrasto alla formazione di acido lattico. Per quanto riguarda invece la distribuzione, la Società Antiche Fonti di Cottorella Spa vanta un mercato particolarmente ricco nel Lazio, in Abruzzo e in Umbria.


Profumo di caffè e innovazione alle pendici del Terminillo Gaia Guarino

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reare una cultura del caffè, un prodotto dalle mille sfaccettature dotato di sfumature che lo rendano unico. È questa la filosofia che guida il pensiero della Torrefazione Faraglia, un’azienda famigliare che nasce in provincia di Rieti, alle pendici del Terminillo, dove si produce caffè di altissima qualità e dove l’innovazione è di casa.

Nata nel 1968 per volontà di Osvaldo Faraglia con il nome di Torrefazione Olimpica, cresce con il passare degli anni aprendosi prima al mercato locale e volgendo poi lo sguardo oltreconfine. L’eccellenza del made in Italy abbraccia la ricerca e la sperimentazione, un vero e proprio mantra per Sandro Faraglia, oggi alla guida dell’impresa di famiglia.


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Una realtà sincera che ha conquistato il cuore e il palato di una clientela nazionale e internazionale, tanto per quanto riguarda il comparto business HoReCa quanto per i consumatori privati più esigenti, diventando un brand sinonimo di perfezione che ha saputo guardare avanti diversificando il proprio ventaglio d’offerta.


Faraglia, oltre il caffè

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affè in grani ma non solo, le migliori miscele sono disponibili anche in capsule e cialde compatibili, un’esperienza di gusto a 360 gradi che coinvolga i sensi, che emozioni e conservi la capacità di sorprendere. È questo il segreto del successo di Faraglia, l’autenticità. Una torrefazione al passo con i tempi, uno stabilimento di ultima generazione con impianto di tostatura ad aria pulita per la produzione di un caffè puro che preservi le sue proprietà organolettiche. Punta di diamante è la miscela

Barrique, ossia un caffè stagionato in silos rivestiti di legno di rovere, un materiale certificato che funge da filtro naturale rendendo il suo contenuto equilibrato e privo di elementi spesso sgradevoli che rimangono nel chicco in fase di tostatura. Il Caffè Barrique, inoltre, custodisce una curiosità: l’aneddoto che ha portato a questa idea arriva dall’infanzia di Sandro Faraglia che da bambino amava infilarsi nelle botti di caffè rimanendo impregnato del suo persistente profumo.


Premi e riconoscimenti


ACQUISTA

ONLINE L’ECCELLENZA SU FARAGLIA.SHOP


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Alla conquista del web

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mmaginare il futuro passando per il digital. Faraglia si rilancia sul web con un nuovissimo e-commerce. Lo shop online rappresenta l’ultima frontiera della torrefazione, un negozio virtuale che oltre al Caffè Barrique, si riempirà di novità. Una chicca sono le creme spalmabili al gusto di nocciola, pistacchio e un mix di nocciola e caffè. Un’etichetta con pochi ingredienti, simbolo di genuina bontà, che raccontano la tradizione del nostro Paese. Pistacchi di Sicilia, nocciole del Pie-

monte e a breve, sullo store, anche eccellenze locali come i tartufi del reatino e piccole produzioni di zafferano. La volontà di Sandro Faraglia è aggiungere costantemente qualche tassello, una strategia vincente premiata con riconoscimenti come le due medaglie d’oro all’International Coffee Tasting. Un mettersi sempre in gioco e tanta determinazione, quella che fa sì che ogni cliente degustatore non si fermi mai al primo acquisto. Un caffè accessibile a tutti per rendere speciale ogni momento della giornata.


Alberghi diffusi: u n a re a l t à t u t t a i t a l i an a

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cegliere un albergo diffuso – ovvero un’offerta di ospitalità che si declina in più edifici vicini tra loro, spesso arrivando a includere interi borghi – significa optare per un soggiorno esperienziale, che consente di immergersi nella cultura e nella quotidianità dei luoghi e dei loro abitanti: niente di più perfetto per gli amanti del turismo sostenibile e di qualità, desiderosi di assaporare ogni aspetto di una destinazione senza rinunciare ai servizi tipici dell’hôtellerie. Ma, forse, non tutti sanno che gli alberghi diffusi sono un’idea tutta made in Italy, nata in Carnia dopo il terremoto del 1976 per rilanciare il turismo: perché costruire nuove strutture alberghiere quando si potevano utilizzare case e borghi ristrutturati ma ancora disabitati, recuperando al tempo stesso la memoria storica del territorio valorizzandone le architetture tipiche? È da questa intuizione – semplice quanto innovativa – che Giancarlo Dall’Ara

(docente di marketing turistico e oggi alla guida dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi) conia la definizione di “albergo diffuso”, che vedrà poi il nascere di una normativa ad hoc e di numerose realtà collocate in alcuni dei borghi più belli del Belpaese. Una curiosità, prima di partire per un giro tra gli alberghi diffusi più scenografici della Penisola: il modello italiano è stato di recente celebrato sia dal prestigioso Forbes sia dalla Cnn, che ha addirittura individuato negli alberghi diffusi la perfetta soluzione per l’hôtellerie in epoca Covid.


Simona PK Daviddi

facebook.com/simona.pk.daviddi

Associazione Alberghi Diffusi

alberghidiffusi.it

Locanda degli Elfi, Canosio


Albergo Diffuso Monte Prat

Narratori del luogo

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utti diversissimi tra loro, ognuno con una personalità propria e un modo unico di interpretare il genius loci, è difficile “incasellare” gli alberghi diffusi: per questo motivo abbiamo pensato di intraprendere questo viaggio semplicemente spostandoci da nord a sud. Ed è proprio dall’estremo nord che vogliamo partire, da Forgaria Monte

Prat, in provincia di Udine, dove minuscoli agglomerati di case rurali in pietra accolgono i viaggiatori trasportandoli in un mondo fatto di antiche tradizioni e di sapori genuini. Spostandoci in provincia di Bolzano, a Egna – annoverato tra i borghi più belli d’Italia – si trovano le tipiche case altoatesine dell’albergo diffuso Emotion Living,

Albergo Diffuso Monte Prat


inframmezzate da portici e viette dove si affacciano botteghe storiche, enoteche e ristoranti tipici, alcuni dei quali fungono da vere e proprie “sale da pranzo” dell’albergo. Poco distante da Cuneo, e per la precisione a Canosio, chi desidera atmosfere montane, case in pietra con soffitti a cassettone e stradine acciottolate, deve assolutamente soggiornare alla Locanda degli Elfi, mentre chi predilige i panorami lacustri troverà nel pittoresco borgo di Lovere, affacciato sul Lago di Iseo e in provincia di Bergamo, Torre Soca, albergo diffuso ecosostenibile dalle suggestioni medievali.

Locanda degli Elfi, Canosio

Locanda degli Elfi, Canosio


Antiche pietre

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cendendo verso il centro Italia, sono numerosi gli incastonati in contesti naturali ancora selvaggi e inalberghi diffusi che coincidono con interi borghi, contaminati. È il caso di Sextantio, a Santo Stefano di agglomerati che sembrano rubati a qualche presepe, Sessanio – in provincia de L’Aquila –, uno scenografi-

Sextantio, Santo Stefano di Sessanio

co borgo medievale sulle colline del Parco Nazionale Seicento; o come Le Dame del Borgo, nel pittoresco del Gran Sasso, dove si dorme in palazzi d’epoca, “ri- abitato di Sassetta (Livorno), con le sue case in piescaldati” da antichi camini sotto soffitti in legno del tra abbarbicate le une alle altre o Borgo Montemag-


Le Dame del Borgo, Sassetta

giore, nell’agglomerato omonimo in provincia di Pesaro-Urbino, dove la piazzetta del paese diventa la réception e gli stretti vicoli i “corridoi” lungo i quali si allineano gli alloggi; o ancora come Borgo dei Corsi, a Raggiolo (Arezzo), dove si può soggiornare in storiche case in pietra, tra stradine acciottolate, muretti a secco e fortificazioni risalenti all’Anno Mille, mentre la vista spazia sui verdi boschi della Valle del Casentino. Occupa invece il quartiere militare dello scenografico “feudo” omonimo, Montepagano 1137 (siamo in provincia di Teramo), albergo diffuso le cui suite – un mix tra antico e ricercate soluzioni di design – sono collocate tra l’ariosa piazza d’armi, la medievale Porta del Sole e la bella Loggia degli Acquaviva.

Montepagano 1137, Montepagano

Montemaggiore


Tradizione autentica

S

postandoci ancor più a sud, le antiche pietre lasciano spesso il posto ad architetture uniche e all’insegna della tipicità, come i famosissimi trulli della Valle d’Itria, ma anche come le “cummerse”, le abitazioni rettangolari con tetti spioventi che punteggiano l’affascinante Locorotondo (in provincia di Bari) e che danno vita all’albergo diffuso Sotto le Cummerse; per non citare le 18 grotte scavate nella roccia – alle quali si aggiunge uno spazio comune all’interno di una suggestiva chiesa rupestre – di Sextantio-Le Grotte della Civita, albergo diffuso di raro fascino nella parte più scenografica dei Sassi di Mate-

Bisos, in provincia di Oristano

Scicli, in provincia di Ragusa


Sotto le Cummerse, Locorotondo

ra (Patrimonio Unesco). Ancora Unesco per Scicli Albergo Diffuso (siamo in provincia di Ragusa, uno dei “set” del Commissario Montalbano), che offre camere e spazi comuni in scorci dove il Barocco siciliano regna sovrano, mentre è all’insegna della bioarchitettura e dell’ecosostenibilità Bisos – che in sardo significa “sogni” – recente

Bisos, in provincia di Oristano

progetto di “albergo orizzontale” in provincia di Oristano, nato ristrutturando le antiche case nel cuore di Paulilatino con materiali naturali e valorizzando l’artigianato locale: un paio di esempi? Le testiere dei letti sono colorate con erbe sarde e le coperte sono una creazione delle tessitrici della vicina Samugheo.


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Montepagano 1137, Montepagano



Palestina, i racconti di una terra L

a Palestina rappresenta l’espressione storica e sensibile dell’umanità: impossibile non emozionarsi al solo sentire nominare Gerusalemme, Betlemme, Jerico, Ramallah, luoghi dove nella storia dell’uomo si sono incontrati spirito e civiltà. Ed è questa una meta dove potere compiere un viaggio di profonda esperienza: quella che rimane nella memoria, misto di cultura e sensazioni, capace di unire la meraviglia dei luoghi con l’incontro di persone del luogo, coloro che possono trasmettere una conoscenza reale del territorio. Questo oggi è possibile in tutta sicurezza grazie a “Palestine: Tales of Hospitality” . Si tratta di un

El Tal a Deir Dibwan

progetto realizzato da un consorzio di realtà non profit palestinesi ed europee e finanziato dall’Unione Europea che sviluppa e promuove un “circuito di villaggi esperienziali”. In pratica rappresenta un modo per coniugare la visita ai luoghi iconici della Palestina a destinazioni poco conosciute per vivere un turismo sostenibile a favore delle comunità palestinesi sotto tutti gli aspetti: ambientale, sociale ed economico. E per orientarsi esiste il servizio “home2home”: un programma di assistenza che parte dall’organizzazione del viaggio e prosegue durante il soggiorno con il supporto di guide locali.


Oltreconfine: Oltreconfine Francia

Nicoletta Toffano

facebook.com/nicoletta.toffano


Dove l’ospitalità è garbo e calore

U

n viaggio, quindi, alla scoperta dei luoghi meno noti della Palestina, e per questo rimasti ancora più veri, dove compiere esperienze autentiche che partono già dal soggiorno: pensioni, bed and breakfast, alloggi in case private in cui si viene accolti come ospiti d’onore dalle famiglie locali. Il tempo trascorso in un borgo diviene così l’occasione per passare momenti in compagnia di persone del luogo, avendo così la rara opportunità di parlare con loro acquisendo cultura, usanze, storia e cucina. A proposito di gastronomia locale: sono pochi i ristoranti e le specialità che si possono assaggiare in piccole botteghe che

Colazione tipica palestinese ad Arrabah

servono street food, oppure nelle case private dove vengono organizzate delle vere e proprie cooking class con la preparazione di piatti tradizionali dai nomi esotici, come kafta b’thine, maflouf, maqlubeh, zarb, baklava, warbat or kullaj, che coniugano con grande equilibrio alimenti base della cucina mediterranea a spezie ed erbe locali. Anche gli acquisti fatti nei piccoli centri rurali possono riservare delle sorprese: il riferimento sono i punti locali del network “Associazione delle donne” dove si vendono prodotti artigianali di qualità e che contribuiscono allo sviluppo di un’economia sostenibile.


Oltreconfine: Palestina

Zarb, piatto tipico del territorio di Wadi Rum Huey Min*

Wadi Rum Visitor Center Anton_Ivanov*



Oltreconfine: Palestina


Chiesa di San Giorgio a Burquin


Oltreconfine: Palestina

Burquin e Arrabah: tra sacralità e splendore

S

ono proprio i racconti delle persone il filo conduttore dell’esperienza di un viaggio in Palestina, sia che si voglia intraprendere un avventuroso trekking nella natura selvaggia o nel deserto sia che si voglia vivere in relazione con le comunità locali come può avvenire nei borghi, spesso custodi di tesori inaspettati. Come nel nord a Burquin, nel distretto di Ramallah: qui una delle guide più straordinarie è un membro dell’antico clan dei Jarrar e narra la storia del palazzo che porta il suo nome e che ospita la più antica biblioteca di testi sacri di tutta la Palestina. Nel borgo si visitano inoltre la Vecchia Moschea e la Chiesa ortodossa di San Giorgio, la quarta chiesa cristiana più antica del mondo. Da Burquin, in poco più di un’ora di strada, si giunge a Arrabah, uno dei villaggi più belli della Palestina, la cui fondazione risale al periodo cananeo (II millennio a.C.) di cui conserva un sito archeologico, il Tal Dothan. È notevole inoltre il suo centro storico in stile Barocco ottomano, dove spiccano i ricchi palazzi testimoni della storia della famiglia Abd Al-Hadi. Information Center a Arrabah

Jarrar Palace a Burquin


Un dettaglio di Arrabah


Oltreconfine: Palestina


Santuario di Burquin


Oltreconfine: Palestina


La grotta in cui fu rinchiusa Santa Barbara ad Aboud

Deir Dibwan, Aboud, Deir Ammar:

culture in equilibrio

N

el cuore della Palestina il borgo di Deir Dibwan è anch’esso famoso per il sito archeologico del periodo cananeo, con le rovine di El Tel Ai. Poco distante si trova il borgo antico di Deir Ammar: una visita suggestiva tra case e strade completamente abbandonate. Da qui si può proseguire con l’escursione in cima alla collina dove si trova il santuario e il parco del profeta Gaith, un luogo denso di misticismo, da cui si ammira la Valle del Natuf, detta delle sorgenti. Un’altra valle fiorita, con vigneti da cui si produce un eccellente vino, circonda il borgo di Aboud, tipico

con i colorati murales che decorano le vie del centro storico. Il suo nome in arabo significa adorazione, un nome perfetto poiché ospita ben otto chiese tra cui il Monastero di Santa Barbara e la Chiesa ortodossa di Santa Maria Theotokos, un interessante esempio di stile Bizantino risalente al V secolo. Ad accogliere i turisti un altro eccellente ospite: il papas Emmanuel Awwad pronto a introdurre i visitatori alla comunità e a raccontare storie, immagini, riti e tradizioni della chiesa cristiana ortodossa in Palestina. Un’altra persona, un’altra esperienza.


Oltreconfine: Palestina

Artigianato tipico palestinese a Deir Dibwan

Aboud


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Dettaglio dello spazio Kahujan a Arrabah


Oltreconfine: Palestina



Ivan Pisoni

facebook.com/pisoni.ivan.7

La Leggenda ...di Radegonda, del principe delle nuvole e…

Q

uesto racconto è ambientato ad Angera, borgo della provincia di Varese, dominato dall’alto del suo colle dalla Rocca che si rispecchia nel Lago Maggiore dove, dalle calme acque, si erge l’Isolino Partegora (detto Isulin dagli abitanti del posto), fra le isole del lago. Partegora, il cui nome deriverebbe dall’appartenenza dell’isolino a una gora del lago, è più che altro un piccolo scoglio circondato - sulla quasi totalità della costa - da canneti

e ninfee bianche e vanta una spiaggetta sabbiosa sul lato meridionale. Sulla piana, una discreta vegetazione di pioppi saluta il borgo che è distante solo poche decine di metri dalla costa. A pochissimi metri invece, sul lato ovest e nelle acque, si cela il Sass Margunin, un masso erratico visibile solo nei periodi di siccità. Un masso che ricorda a tutti la storia di un uomo malvagio, di una bellissima ragazza e del principe delle nuvole.

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Rocca di Angera Angelo Demelas*


La leggenda di Radegonda, del principe delle nuvole e…

Il marchese malvagio L

a leggenda narra di un tempo in cui, nella Rocca di Angera, viveva un nobile signore dal buon cuore e ben voluto dai cittadini del borgo che vivevano le loro giornate in armonia. Unico neo, il malvagio marchese Margolfo: signorotto della zona, insaziabile e avido, chiedeva sempre nuove tasse. Ai poveri malcapitati che non potevano pagare, questi irrompeva a cavallo sul luogo con la sua armata e devastava la casa, bruciava i

Filippo Picinni*

campi, espropriava le bestie. Tutti temevano il marchese malvagio che regnava con violenza. Anche il nobile del castello gli doveva obbedienza, a suo malgrado. Dall’alto della Rocca, dalla polvere che la sua squadra sollevava lungo la strada, si poteva ben vedere a gran distanza quando il Margolfo era in procinto di avvicinarsi per una delle sue missioni punitive e, chi poteva, si nascondeva di gran carriera.


La bella Radegonda T

ra coloro che avevano buoni motivi per non farsi vedere dal marchese c’era Radegonda, la figlia del buon nobile. Radegonda era una fanciulla bellissima e dal cuore ancor più puro del padre e che passava le sue giornate felici tra le mura della Rocca. Il padre della fanciulla sapeva benissimo che il malvagio Margolfo avrebbe posato gli occhi su Radegonda e preteso la sua mano e, infatti, la bella figliola aveva una gran paura del marchese. Così, ogni qualvolta le vedet-

te scorgevano in lontananza la nube di polvere preannunciare l’arrivo della piccola orda, la bella Radegonda scendeva di gran lena verso il borgo e andava a rifugiarsi nel suo padiglione tra gli alti pioppi dell’Isulin Partegora, il suo piccolo santuario. Per tutta la permanenza del Margolfo nella zona, lei passava il tempo ad ascoltare gli usignoli in compagnia degli altri abitanti dell’Isolino quali folaghe, cigni, germani reali, anatre, aironi e tartarughe.

La leggenda di Radegonda, del principe delle nuvole e…

L’Isulin Partegora Luca Mentasti*


La leggenda di Radegonda, del principe delle nuvole e…

Cortile e vista dalla Rocca Igor Dymov*

La nebbia e il polverone M

a un giorno nefasto, una fitta nebbia non permise alle vedette di scorgere l’arrivo del marchese e fu impossibile nascondergli l’esistenza di Radegonda. Infatti, come temeva il buon padre della ragazza, una volta arrivato al castello e visto la bellissima fanciulla, Margolfo se ne invaghì perdutamente e pretese immediatamente di sapere chi fosse. Venuto a conoscenza dell’identità della gio-

vane, ne pretese la mano e il castellano, a malincuore, concesse in moglie la sua affezionatissima figlia chiedendo però al malvagio signorotto di tornare dopo due mesi, ovvero il tempo necessario per preparare la cerimonia. Povera Radegonda. Per la sua disperazione non mangiava e non dormiva, passava le sue giornate a piangere. Una disperazione che spezzava il cuore di tutti nel castello e nel borgo.


Il principe delle nuvole L

Roberto Federico*

di lei, e più scendeva più diventava luminosa, una luce abbagliante che non le permise di tenere ulteriormente gli occhi aperti. Quando il bagliore scomparve, Radegonda vide al suo fianco un giovane dalla bellezza accecante che la guardava con occhi di conforto. Era il principe delle nuvole il quale, impietosito da tanta tristezza, decise di allietare la bella fanciulla. Da quel momento Radegonda passò le sue giornate sull’Isulin in compagnia del bellissimo principe, compagnia così inebriante da farle dimenticare che il giorno delle nozze si stava avvicinando.

La leggenda di Radegonda, del principe delle nuvole e…

a bella fanciulla decise di passare i suoi ultimi giorni di libertà cercando sollievo nel suo santuario sull’Isulin Partegora, ma anche gli abitanti di questo sito persero la felicità davanti alla disperazione della loro signora. Persino l’usignolo aveva smesso di cantare, anzi, non lo si vedeva più. Nel tentativo di cercarlo, Radegonda alzò gli occhi al cielo e, dinnanzi a lei, le nuvole che prima danzavano calme trasportate dal vento divennero ferme, come a guardare la povera fanciulla. Fu in quel momento che Radegonda vide una nuvola staccarsi dalle altre e scendere lentamente verso


La leggenda di Radegonda, del principe delle nuvole e…

Il Sass Margunin M

a il fatidico momento arrivò. Le vedette scorsero il polverone avvicinarsi e tutti si prepararono per la cerimonia. Ma Radegonda non c’era. Giunto al castello e non trovando la promessa sposa, Margolfo divenne nero di rabbia e nessuno volle rivelargli il nascondiglio della malcapitata. Solo una vecchia meschina, che aveva notato la mancanza della barca della giovane dal suo solito ormeggio, disse al malvagio dove avrebbe potuto trovarla. Infuriato più che mai, il marchese scese alla riva del lago

Massimo De Candido*

davanti all’isolino e iniziò a chiamare la ragazza a squarciagola, ordinandole di tornare altrimenti sarebbe andato lui stesso a prenderla. Ma Radegonda taceva la sua presenza finché il Margolfo, tuffatosi nel lago, iniziò a nuotare verso l’Isulin. Fu allora che il principe delle nuvole chiese aiuto a due nuvole nere, sue sorelle, le quali scurirono il cielo e scagliarono un fulmine sul malvagio marchese trasformandolo in macigno, il quale sprofondò nel lago a pochi metri dall’Isulin Partegora.


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Quando mi vedrete, piangerete T

utti gli abitanti della zona gioirono per la scomparsa del malvagio marchese Margolfo. La bella Radegonda, ringraziato il principe e preso commiato, tornò alle sue giornate felici nella Rocca del buon padre e nel suo santuario sull’Isulin. Un lieto fine insomma… O forse no. Gli anni passarono e una grande siccità abbassò di molto le acque del lago. Un pescatore, che stava attraversando la parte di lago che separa Angera dall’Isulin Partegora, riuscì a stento a evitare la

collisione con un masso che non aveva mai notato e che sporgeva dalle acque. Avvicinatosi al masso notò che su di esso vi erano incise – non si sa da chi - le parole “Quando mi vedrete, piangerete”. Ed era realmente il caso di piangere perché quando il masso emerge – ora come allora - dalla superficie del lago, la siccità non permette di far crescere neanche un filo d’erba e i campi diventano aridi e secchi. Come a ricordare gli incendi e le scorrerie del malvagio marchese Margolfo.

La leggenda di Radegonda, del principe delle nuvole e…

Il Sass Margunin Milo Manica, Angeranatura.it - flickr



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