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La procedura negoziata alla prova del giudice: alla ricerca della infungibilità dimenticata
from TEME 1-2/2023
by edicomsrl
La procedura negoziata, da procedura eccezionale è divenuta di fatto una procedura ordinaria. Nel sottosoglia è la regola, perché il mancato ricorso alla procedura dell’affidamento diretto o della procedura con inviti costituisce una deroga che va puntualmente motivata secondo quanto ha già accertato la giurisprudenza. Nel soprasoglia, la contingenza della presenza di fondi che debbono esser spesi entro il 2026, è divenuta, con sorpresa da parte di tutti, la ratio legis della disposizione che si legge all’art- 48 comma 2 del dl.
77/2021 conv. in L. 108/2021. In entrambe i casi siamo lontani dal dettame normativo tradizionale che vedeva nella procedura negoziata l’eccezione. In tal contesto si colloca una sentenza del Tar Piemonte, Sez. I, 29 novembre 2022, n.1047 nella quale veniamo risvegliati da un bel sogno e, riportati alla reale portata dell’originario art. 63 del Codice dei contratti nel quale al comma 2, lettera b) - e cioè nel caso in cui la concorrenza sia assente per motivi tecnici – la fornitura oggetto di affidamento è effettivamente infungibile. Trattandosi di un’eccezione alla regola della gara, si presuppone che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella determina a contrarre dell’ente appaltante, nel rispetto dei principi generali della disciplina dei contratti pubblici.
L’infungibilità del prodotto
La infungibilità di un prodotto è condizione oggetto di numerosi interventi sia della giurisprudenza che di ANAC. Quest’ultima ha adottata una linea guida ad hoc, la n. 8/2018 nella quale ha ricostruito in modo oggettivo cosa sia la infungibilità assoluta, o relativa, o dove si colloca la differenza con la esclusività di tipo commerciale. L’obiettivo delle linee guida, enunciato nell’AIR, è “fornire indicazioni puntuali alle stazioni appaltanti e agli operatori economici circa le condizioni che debbono verificarsi affinché si possa legittimamente fare ricorso alle deroghe previste per i casi di infungibilità di beni e servizi, alle procedure da seguire per l’accertamento di situazioni di infungibilità e agli accorgimenti che le stazioni appaltanti devono adottare per evitare di trovarsi in situazioni in cui le decisioni di acquisto in un certo momento vincolino le decisioni future (fenomeno cosiddetto del lock-in)”. Il c.d. lock-in, secondo la Commissione europea <si verifica quando l’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza del periodo contrattuale perché non sono disponibili le informazioni essenziali sul sistema che consentirebbero a un nuovo fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente> [Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Contro il lock-in: costruire sistemi TIC aperti facendo un uso migliore degli standard negli appalti pubblici, Com. (2013) 455 final del 25 giugno 2013].
L’esclusività di un prodotto
I concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L’esclusiva attiene all’esistenza di privative industriali, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno. L’infungibilità può essere dovuta all’esistenza di privative industriali ovvero essere la conseguenza di scelte razionali del cliente o dei comportamenti del fornitore; l’effetto finale è comunque un restringimento della concorrenza, con condizioni di acquisto meno favorevoli per l’utente. Accertato che non esiste una soluzione unica per prevenire e/o superare fenomeni di infungibilità, è necessario procedere caso per caso al fine di trovare soluzioni in grado di favorire la trasparenza, la non discriminazione e l’effettiva concorrenza nel mercato.
Com’è noto, Anac, nella propria Linee Guida n. 8, suggerisce prudenzialmente che al fine di prevenire le conseguenze negative derivanti da acquisti effettuati per beni o servizi ritenuti infungibili e/o fenomeni di lock-in e al fine di una corretta gestione degli affidamenti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici devono procedere a un’attenta programmazione e progettazione dei propri fabbisogni.
Nella fase di progettazione e nella predisposizione dei documenti di gara, le amministrazioni devono considerare, oltre ai costi immediati che si devono sostenere, anche quelli futuri legati a elementi quali gli acquisti di materiali di consumo e di parti di ricambio, nonché per il cambio di fornitore. Le stazioni appaltanti procedono agli affidamenti considerando il costo del ciclo di vita del prodotto.
Il ricorso alle consultazioni di mercato
Una delle soluzioni prospettate dalla stessa Anac sono le consultazioni di mercato, ma svolte in ossequio ai principi di trasparenza e massima partecipazione, al fine di non falsare la concorrenza. In questi contesti di presenza di infungibilità o esclusive, le consultazioni preliminari di mercato sono volte a confermare l’esistenza dei presupposti che consentono ai sensi dell’art. 63, comma 1, ovvero individuare l’esistenza di soluzioni alternative. A tal fine, i risultati delle soluzioni individuate a seguito delle consultazioni preliminari di mercato sono riportati nella determina a contrarre. In diverse ipotesi, l’Autorità ha censurato l’uso distorto della consultazione preliminare di mercato “che è risultata sviata rispetto alla finalità tipica dello strumento, di delineare un quadro chiaro e completo del mercato di riferimento e di ridurre le asimmetrie formative che creano ostacoli allo sviluppo della concorrenza, nel rispetto dei principi di non discriminazione e trasparenza” (Delibera n. 83 del 27 gennaio 2021). Da ultimo, il recente parere precontenzioso del 16 novembre 2022 n. 537 nel quale si è precisato che “È illegittima l’indagine di mercato propedeutica alla procedura negoziata di cui all’art. 63, comma 2, lett. b), che non è volta a verificare l’impossibilità di ricorrere a fornitori o soluzioni alternative, ma mira esclusivamente alla ricerca di un operatore da cui acquisire un sistema con requisiti tecnici identici a quello già utilizzato (nel caso di specie, il richiamo alla tecnologia già utilizzata, ha portato a priori ad assumere un unico parametro di riferimento, restringendo il perimetro delle indagini e causando un’istruttoria incompleta e carente).”
La posizione della giurisprudenza
Il Consiglio di Stato sin dal parere reso in sede di attuazione del codice e poi, in sede di parere reso sulla Linea guida n. 8 ha precisato che in relazione all’affidamento diretto in caso di esecutore “infungibile”, il nuovo art. 63, rispetto al previgente art. 57, fissa requisiti più stringenti. Infatti, non è sufficiente addurre ragioni di natura tecnica o afferenti la tutela di diritti di proprietà intellettuale, occorre che sia comprovato che “non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto”. Su questa scia, il Tar Piemonte ricorda che nel caso della fornitura di prodotti infungibili il Legislatore sia comunitario che nazionale ritengono legittima la deroga alla regola della gara e il conseguente ricorso alla procedura negoziata diretta con un solo operatore predeterminato, in quanto l’esito dell’eventuale gara risulterebbe scontato, risolvendosi quindi in una perdita di tempo e di risorse. Ma da ciò discende che la ipotesi della deroga deve vedere una motivazione rafforzata sia effettiva e soprattutto debitamente accertata e documentata dalla stazione appaltante. Questa impostazione ha trovato conferma anche nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE, secondo cui la procedura negoziata senza preventiva pubblicità, proprio in ragione del suo carattere di eccezionalità, richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, che vanno accertati e dimostrati dall’ente appaltante che decide di ricorrervi, attraverso un’interpretazione rigorosa e restrittiva. Nell’ambito di questi vincoli, la valutazione che deve compiere la stazione appaltante è comunque caratterizzata da un significativo grado di discrezionalità, ed è sindacabile dal giudice amministrativo solo se irragionevole, illogica, arbitraria o basata su un travisamento dei fatti, e comunque non sorretta da adeguata motivazione. (in tal senso, Corte UE, 8 aprile 2008, in C-337-05 secondo cui “le deroghe alle norme miranti a garantire l’efficacia dei diritti conferiti dal Trattato nel settore degli appalti pubblici devono essere interpretate restrittivamente. Inoltre, occorre ricordare che l’onere di dimostrare che sussistono effettivamente le circostanze eccezionali che giustificano una deroga grava su colui che intenda avvalersene”; Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 2019, n. 3983; Id., sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310; TAR Lazio, Roma, sez. I, 6 novembre 2019, n. 12735; TAR Lazio, Roma, sez. II, 3 marzo 2022, n. 2568). Quindi, tolte le ipotesi di privativa industriali il fulcro