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l’istituto del concordato

Rosamaria Berloco - Co-founder Legal Team

L’istituto del concordato preventivo nella disciplina dei contratti pubblici

La crisi d’impresa, purtroppo, è divenuta una materia

molto attuale negli affidamenti degli appalti pubblici. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito ad un pro-

gressivo processo di ammodernamento delle norme a

disposizione degli operatori economici e delle Pubbliche amministrazioni che molto spesso, nelle vesti di stazioni piena armonia con il contesto economico attuale.

Cenni alla disciplina generale

La disciplina generale dell’istituto del concordato pre-

ventivo si rinviene, come noto, nel vigente Regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267 1 (L.F. per brevità), il appaltanti, hanno dovuto affrontare la gestione di situa- quale, a partire dall’art. 160 e ss., dispone espressamente zioni di crisi d’impresa più o meno complesse, sia nella che l’imprenditore che si trova in uno stato di crisi può fase partecipativa, che in quella esecutiva dei contratti proporre ai creditori un concordato preventivo sulla pubblici. Se per un verso il legislatore ha introdotto, base di un piano attuativo di ristrutturazione dei debiti con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dei rimedi basati e soddisfazione dei crediti, l’attribuzione delle attività ad sulla prevenzione dello stato d’insolvenza - alcuni dei un cd. assuntore, la suddivisione dei creditori in classi quali tutt’oggi non ancora operativi - e ridefinito l’as- secondo posizione giuridica ed interessi economici omosetto generale della disciplina fallimentare, per altro genei, nonché dei trattamenti differenziati tra creditori. verso è dovuto intervenire nel complesso scenario del Uno dei tratti fondamentali dell’istituto è certamente la sistema degli appalti pubblici affinché la crisi d’impresa sussistenza dello stato di crisi, quale presupposto oggetnon fosse d’intralcio alla gestione tivo di accesso alla procedura di delle pubbliche commesse, specie concordato preventivo, requisito in quei settori in cui le risorse statali costituiscono uno dei motori Con il codice della crisi che il Tribunale vaglia fin dal momento del giudizio prelimidell’economia nazionale. Tra le d’impresa e dell’insolvenza nare di ammissibilità. Si è corretprocedure previste dall’ordinamento giuridico per la gestione da ultimo approvato, il tamente osservato che nel Regio decreto del 1942 manca una delle crisi, con alterne fortune, legislatore ha stabilito i definizione esatta dello stato di il concordato preventivo costi tuisce certamente uno dei rime confini entro cui deve crisi, da intendersi, come innanzi espresso, quale requisito indefetdi ampiamente utilizzato dalle intendersi lo stato tibile onde consentire all’imprenaziende per fronteggiare lo stato temporaneo di insolvenza, salvadi crisi che interessa ditore di accedere ai benefici del concordato; il legislatore ha marguardare l’avviamento aziendale l’imprenditore ginalmente precisato, nella discie la sua continuità gestionale per plina fallimentare, che per stato scongiurare il rischio di default di crisi “si intende anche lo stato forzato. Tale ampia applicazione di insolvenza”. Con il codice della dell’istituto del concordato, che vede nella continui- crisi d’impresa e dell’insolvenza da ultimo approvato, il tà aziendale la propria chiave del successo, trova, nel legislatore ha stabilito i confini entro cui deve intendersi sistema degli appalti pubblici, un “terreno fertile” ove lo stato di crisi che interessa l’imprenditore ovvero “lo la giurisprudenza, a causa di un quadro normativo com- stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probaplesso, ha potuto affrontare le problematiche del settore bile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manie dettare i tratti fondamentali di detto strumento, in festa come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far

1 Com’è noto, il D.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, emanato in attuazione della L. 155 del 19 ottobre 2017, ha introdotto nell’ordinamento giuridico il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155”, il quale (salvo ulteriori rinvii) entrerà integralmente in vigore il 1 settembre 2021 e sostituirà definitivamente la vigente legge fallimentare.

fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”, nonché di insolvenza, da intendersi quello stato in cui versa il debitore “che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Ciò che può utilmente osservarsi è che entrambi i concetti presuppongono l’esistenza di una situazione di impossibilità irreversibile del debitore di adempiere, regolarmente, alle proprie obbligazioni; tale aspetto appare di fondamentale importanza laddove si consideri che l’ammissibilità della domanda di concordato non poggia sulle cause che hanno originato il dissesto finanziario dell’impresa, bensì proprio sulla rappresentazione dettagliata dello stato di crisi e sulla dimostrazione della sussistenza del presupposto oggettivo onde convincere i creditori circa la convenienza della proposta (escludendo, naturalmente, eventuali fini elusivi). La legge fallimentare stabilisce che la domanda di concordato, sottoscritta dal soggetto interessato, unitamente alla documentazione contabile prevista dall’art. 161, co. 2 e 3, L.F., è comunicata al pubblico ministero e precede la fase di pubblicazione nel registro delle imprese; l’imprenditore può, tuttavia, riservarsi di presentare la proposta, il piano e la documentazione a supporto dello stato di crisi entro un termine fissato dal giudice compreso fra 60 e 120 giorni prorogabile: si tratta, in questo caso, del cd. concordato “in bianco” o “con riserva” o “con effetti prenotativi” (art. 161, co. 6, L.F.), uno strumento rimediale della crisi che consente all’imprenditore di godere immediatamente degli effetti positivi derivanti dall’apertura della procedura concordataria per provvedere, entro i termini stabiliti, alla composizione e tempestivo deposito della corposa documentazione circa lo stato di “salute” economico dell’impresa. Sotto il profilo soggettivo, la disciplina fallimentare non ha posto particolari restrizioni di accesso alla procedura; tuttavia, l’art. 161 L.F. stabilisce espressamente che nei casi di domanda di concordato “in bianco” la domanda è dichiarata inammissibile “quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo o l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti”. Qualora non sia dichiarato il fallimento dell’impresa per inammissibilità della domanda di concordato, si apre la complessa ed articolata fase di valutazione della proposta con la partecipazione, tra l’altro, dei creditori e della figura del commissario giudiziale, al termine della quale, in caso di esito positivo, la procedura di concordato viene approvata mediante giudizio di omologazione. Si è detto che uno degli elementi che caratterizza tale procedura di risoluzione della crisi d’impresa è costituito dagli effetti della presentazione della domanda di concordato: in particolare, per espressa previsione legislativa, è previsto che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore [al decreto] non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano”. Inoltre, il legislatore ha stabilito che “le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”.

La gestione delle procedure ad evidenza pubblica

Per le imprese che versano in uno stato di crisi e/o di insolvenza si pone la problematica del coordinamento tra la disciplina fallimentare e quella degli appalti pubblici, da ultimo introdotta con il d.lgs. 50/2016 (anche Codice appalti, per brevità). Nello specifico, il Codice appalti ha stabilito un particolare regime per gli operatori che, in fase di partecipazione, versano in tali condizioni. Deve osservarsi che il vigente art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. 50/2016, recante i motivi di esclusione, stabilisce che l’operatore economico (anche nelle vesti di subappaltatore) che sia stato sottoposto a fallimento o che si trovi in stato di liquidazione coatta o concordato preventivo “o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni” deve essere escluso dalla possibilità di concorrere all’aggiudicazione di appalti pubblici, “fermo restando quanto previsto dagli articoli 110 del presente Codice e 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” . La ratio della sanzione espulsiva va ricercata nelle particolari condizioni in cui versa l’operatore economico concorrente il quale, in caso conclamata crisi d’impresa, sarebbe privo delle risorse indispensabili per eseguire puntualmente tutte le prestazioni contrattuali, specie allorquando a rilevare è la natura pubblicistica della controparte contrattuale. Il legislatore ha quindi optato per una soluzione piuttosto rigorosa, stabilendo che la presentazione della domanda di concordato non è sufficiente a consentire all’imprenditore di partecipare alle gare d’appalto. La disposizione innanzi richiamata, in forza del rinvio operato, necessita tuttavia del coordinamento con la disciplina speciale contenuta nella legge fallimentare, la quale all’art. 186 bis, recante disposizioni concernenti il concordato con continuità aziendale, stabilisce che successivamente al deposito della domanda di concordato, “la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale”, precisando altresì che

“l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara: a) una relazione di un professionista … che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto”. Si badi bene, quindi, che la partecipazione a procedure ad evidenza pubblica per le imprese che si trovano uno di stato di crisi, successivamente ammesse al concordato non è esclusa a priori, bensì è subordinata alla produzione di idonea documentazione redatta da un professionista che attesti non solo la conformità al piano, ma soprattutto la ragionevole capacità di adempimento del contratto (conseguito a seguito di aggiudicazione della commessa). Giova precisare che la “finestra temporale” ricompresa tra la presentazione della domanda di ammissione e quella di apertura/omologazione della procedura di concordato preventivo è di fondamentale importanza onde scongiurare l’esclusione da una procedura di gara per carenza, in capo all’operatore economico, dei requisiti partecipativi, specie allorquando il termine di presentazione delle offerte sia ricompreso proprio entro tale periodo: in tali ipotesi, il codice degli appalti ha previsto che all’art. 110, co. 4, che “è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto”, mentre, l’impresa ammessa al concordato preventivo, ai sensi e per gli effetti del successivo co. 5, “non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto”, rendendo così effettivo ed efficace il paradigma normativo che ammette la partecipazione alle gare pubbliche delle imprese ammesse al concordato, seppur con un supporto da parte di soggetto terzo, quale impresa ausiliaria, responsabile in solido nei rapporti con la stazione appaltante. La disciplina speciale prevista nell’ambito degli appalti pubblici si occupa, inoltre, di stabilire le condizioni partecipative allorquando l’operatore economico concorre mediante identità plurisoggettiva (raggruppamento o sotto forma di consorzio): il principio generale è che l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purchè “non rivesta la qualità di mandataria e

sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale” (art. 186 bis, co. 6, L.F., disposizione che ha superato anche il vaglio di legittimità costituzionale grazie alla pronuncia della Corte Costituzionale del 7 maggio 2020, n. 85). Sulla questione, tuttavia, il codice appalti ha precisato all’art. 48, co. 17, recante le disposizioni circa i “raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici”, nei limiti di interesse, che “… in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo … del mandatario … ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all’articolo 80 … la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto”. Analoga disposizione è prevista, invece, qualora ad essere investito dalla situazione di crisi d’impresa è il soggetto costituito mandante nel raggruppamento (art. 48, co. 18, d.lgs. 50/2016). La fase esecutiva dei contratti pubblici costituisce, altresì, un momento delicato per la gestione della crisi d’impresa, essendo pacifico che l’imprenditore, nonostante lo stato di insolvenza, non intenda abbandonare le commesse già affidate, anche in vista dell’attuazione del piano di concordato: per tale motivo, nell’ottica della salvaguardia dell’impresa e della continuità gestionale, la disciplina fallimentare ha previsto all’art. 186bis, co. 3, che “i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L’ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all’articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento”. Con il recente intervento di cui alla l. 11 settembre 2020, n. 120 (cd. “decreto semplificazioni”), il legislatore non ha certamente “semplificato” l’applicazione dell’istituto; nell’ambito degli appalti pubblici ha previsto, infatti, che in caso di concordato con continuità aziendale, qualora la prosecuzione dei lavori non possa avvenire con l’impresa designata, “la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, salvo che per gravi motivi tecnici ed economici sia comunque, anche in base al citato parere, possibile o preferibile proseguire con il medesimo soggetto, dichiara senza indugio, in deroga alla procedura di cui all’articolo 108, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la risoluzione del contratto, che opera di diritto” provvedendo, conseguentemente, all’esecuzione diretta oppure a un nuovo affidamento ovvero alla nomina di un commissario straordinario per lo svolgimento delle attività necessarie al completamento dell’opera.

Considerazioni conclusive

Si osserva, in via conclusiva, che il legislatore, con la disciplina esaminata, ha inteso ridefinire l’assetto normativo che vede protagoniste le imprese in crisi, attribuendo sicuramente un beneficio non indifferente nei confronti di quegli operatori che siano in grado di ripristinare l’equilibrio economico aziendale in danno del fallimento societario, consolidando l’esigenza di risanamento economico delle imprese con la necessaria affidabilità del contraente della Pubblica amministrazione.Con riferimento proprio alla gestione degli appalti e contratti pubblici, deve rimarcarsi il ruolo dell’operatore economico che aspira a conseguire il bene della vita dell’aggiudicazione dell’appalto: nei rapporti con la Pubblica amministrazione, esso riveste una posizione centrale che, in caso di crisi aziendale, non deve risultare disuguale rispetto agli altri operatori concorrenti stante il principio di non discriminazione e parità di trattamento, oltre che di favor partecipationis e di libera concorrenza. D’altra parte, tuttavia, non può sottacersi l’importanza che assume, in sede di affidamento di pubbliche commesse, il principio di continuità del possesso dei requisiti secondo il quale nelle gare d’appalto i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità, un principio che presuppone un’interpretazione non estensiva onde scongiurare una lesione effettiva della parità tra i concorrenti. Sulla questione deve confermarsi l’orientamento giurisprudenziale restrittivo formatosi, tra l’altro, con le pronunce rese dalla Corte di Giustizia UE 2 che ha affermato la legittimità dell’esclusione dalla gara dell’impresa che ha presentato domanda di concordato preventivo in bianco, stante l’idoneità della mera presentazione dell’istanza di ammissione al concordato, anche con riserva, a integrare una ipotesi di procedimento in corso ostativa alla partecipazione.

2 Da ultimo, Corte Giust. Comm. UE, Sez. X, sentenza 28 marzo 2019, C-101/18, la quale ha stabilito che è “conforme al diritto dell’Unione e soprattutto al principio di uguaglianza nella procedura di aggiudicazione di appalti pubblici per la legislazione nazionale escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico un operatore economico che ha presentato una domanda di «concordato in bianco» piuttosto che non escluderlo”.

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