TEME 11-12/2020

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11/12.20

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TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE

BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA

FORMAZIONE FARE

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L’ADUNANZA PLENARIA SI PRONUNCIA SULL’ESATTA PORTATA E PERIMETRAZIONE DEGLI OBBLIGHI DICHIARATIVI NELLE PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA LUIGI PARENTI

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Un confronto serrato tra buyer della sanità, università, politica, giuristi ed imprese per comprendere se stiamo preparando una rivoluzione del settore o se stiamo vivendo solo l’ennesima breve parentesi

SAVE THE DATE


sommario novembre-dicembre 2020

editoriale

3 VI° Corso FARE 2019-2020

articoli

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VI Corso di formazione FARE 4 VI Corso di Alta Formazione 2019/20 per Funzionari e Dirigenti in Sanità motivi di esclusione 20 L’Adunanza Plenaria si pronuncia sull’esatta portata e perimetrazione degli obblighi dichiarativi nelle procedure ad evidenza pubblica resilience and recovery fund 24 La decorrenza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione nel processo appalti e le problematiche applicative a seguito della conversione del D.L. “semplificazioni” gestione 26 Un manager del SSN deve saper organizzare il presente ma allo stesso tempo progettare il futuro confindustria dispositivi medici 28 Le nuove “Linee Guida in tema di conflitto di interessi” per la riduzione del rischio di corruzione in sanità l’app “monitoraggio gare UOC provveditorato” 30 Monitorare (gratis) le procedure di gara con un’App emergenza covid 34 La “trasparenza affievolita” dall’emergenza Covid-19: le Pubbliche Amministrazioni alla prova del “FOIA sospeso” decreto semplificazioni 39 Le modifiche al codice degli appalti apportate dal decreto semplificazioni l’e-procurement pubblico

aziende informano

44 “CONNECT FOR SHAPE”: Analisi degli strumenti a disposizione del public procurement nell’acquisto dei medical devices

gli esperti rispondono

46 Sull’offerta pari a zero 47 focus

Le foto all’interno sono di Carlo Galfano Sono nato e vivo a Roma, dove attualmente lavoro nel campo delle Telecomunicazioni. La fotografia è una mia passione fin dai 16 anni, quando ho cominciato a cimentarmi in dei primi scatti amatoriali, spinto unicamente dalla passione e da una forte curiosità. Amo viaggiare, e durante i miei viaggi cerco sempre di immortalare le sensazioni che un soggetto o un paesaggio riescono a trasmettermi.

Tecnica e metodologia economale Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità. ISSN 1723-9338 Organo ufficiale della FARE Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità

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editoriale Calogero Calandra - A.L.E. - Fabrizio Muzio - AstraZenica

VI° Corso FARE 2019-2020

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oerentemente con il suo recente passato la FARE ha organizzato la VI° edizione del Corso di Alta Formazione 2019/2020 per Funzionari e Dirigenti in Sanità – aree provveditorato, economato, patrimonio - rivolto ai soci delle Associazioni regionali che fanno parte della FARE, incluse le Centrali Regionali d’Acquisto. La FARE s’impegna moltissimo nell’erogazione della formazione che ritiene essere lo strumento principale per rispondere in modo adeguato al cambiamento continuo che investe il settore degli acquisti sanitari. Ecco allora che la nostra Federazione sente di dover investire sempre più le sue energie in una formazione continua, permanente e multifattoriale. Studiare, aggiornarsi, approfondire, confrontarsi si sono dimostrate infatti le strade maestre da percorrere per ricoprire, in modo efficace e professionale, il ruolo di chi gestiste gli approvvigionamenti, settore indispensabile e strategico per il buon funzionamento di un’azienda sanitaria. All’ultimo corso hanno partecipato 40 discenti che dopo aver seguito i cinque moduli didattici previsti hanno lavorato, affiancati da un gruppo dedicato di Tutors, all’elaborazione delle tesine finali. Assolute novità di questo Corso sono state la condizione e la gestione legate alla pandemia da Covid-19; infatti questa nuova situazione sanitaria ha visto costretti gli organizzatori a modificare la struttura del Corso, in special modo per il quinto ed ultimo modulo didattico, svolto in modalità live e virtual. L’impatto ha riguardato anche tutta la fase di preparazione delle tesine, condotta con un positivo ed efficace coinvolgimento da parte di tutte le persone; uno sforzo importante tenuto conto anche delle condizioni inedite nelle quali ciascuno si è trovato ad operare. Durante i lavori sono emerse qualità importanti: lo sforzo e la volontà di lavorare e studiare nonostante tutto: le persone hanno fatto rete in modo positivo, dimostrando un reale interesse e una forte volontà di dimostrare a sé stessi e al gruppo intero che si sarebbe potuto comunque andare avanti, con determinazione e resilienza. Vincente è stato lo spirito che, creatosi dapprima in aula, è stato poi trasferito nel procedere del corso: mai un cedimento né una caduta di tensione. Tutti hanno saputo dare un contributo secondo un principio di solidarietà anche quando ci si è trovati nella necessità di spostare la data della giornata conclusiva del percorso formativo (che prevedeva l’esposizione delle tesine da parte di tutti i gruppi di lavoro), dal mese di giugno a quello di ottobre. Questo spostamento ha comportato un lavoro anche nel periodo delle ferie senza generare particolari aspetti problematici. Alla giornata conclusiva, con l’ospitalità offerta dall’ASST G. Pini e CTO - Milano, non tutti hanno potuto partecipare, ma tutti i gruppi sono stati in grado comunque di esporre e di veder valorizzato il proprio lavoro ed il proprio studio. Anche se è passato poco tempo dalla conclusione di questo VI° Corso FARE, non si può non sottolineare come l’esperienza fatta si sia dimostrata motivante sia per i partecipanti che per i formatori. Vedere, sentire, vivere il quotidiano insieme è stato un modo di lavorare inedito e istruttivo. È stata una prova di forza, di carattere, di una volontà ed ancora oggi è emozionante il ricordo di quei momenti che, se pur duri ed imprevisti, resteranno in ognuno dei partecipanti per sempre.

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VI Corso di Alta Formazione 2019/20 per Funzionari e Dirigenti in SanitĂ Area Provveditorato - Economato - Patrimonio - Stazioni Appaltanti

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VI corso di formazione FARE Tutor: Calogero Calandra

“Gli affidamenti diretti per l’acquisto di beni e servizi” Michele Bachechi – Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi - Firenze Nicola Bregolin – ULSS 5 Polesana Valerio Cagnazzo – ASST Lecco Erica Cosio – ASL CN 1 Annalisa Damele – E.O. Ospedali Galliera di Genova Paola Galliano – ASL Città di Torino Valerio Giuseppe Lauricella – ASL Vercelli Roberto Polli – Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Maria Raiteri – A.O.U. Maggiore della Carità di Novara Gli acquisti diretti di importo inferiore ai 75.000€ sono veramente diretti nel senso proprio del termine? In effetti trattasi di affidamenti che si pongono al di fuori dell’obbligo tassativo del rispetto delle norme che il Codice dei contratti pubblici riserva alle procedure ordinarie di acquisto e si differenziano dalle procedure formali di gara per la mancanza dell’uso degli ordinari criteri di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e del massimo ribasso. Occorre tuttavia che la procedura di affidamento diretto avvenga nel rispetto dei principi generali del Codice ed in particolare dei principi di trasparenza, imparzialità e motivazione delle scelte effettuate (artt. 30 e 32 del codice dei contratti). Il D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 120/2020 ha introdotto rilevanti novità nel sistema di gestione degli acquisti sottosoglia imponendo, seppure in via transitoria per oltre un anno (dal 17.07.2020 al 31.12.2021), una deroga all’assetto delineato dall’art. 36, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016. In particolare, il decreto, così come modificato in sede di conversione in legge, dispone che le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura (inclusa l’attività di progettazione) mediante affidamento diretto per importi inferiori a € 75.000 e tramite procedura negoziata senza bando ex art. 63 del d.lgs. n. 50/2016 per assegnazioni di importo pari o superiore a € 75.000 e fino alle soglie comunitarie. Il tutto, come si è anticipato, “in deroga all’art. 36, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016” (così gli artt. 1, comma 1 e 2, comma 1 del d.l.). In virtù della riforma in questione si passa, quindi, da un range di quattro modalità procedurali fino ad ora esperibili nel sottosoglia (affidamento diretto, affidamento diretto previa consultazione del mercato, procedura negoziata senza pubblicazione del bando e procedura aperta) ad uno ristretto di due (affidamento diretto e procedura negoziata senza pubblicazione del bando). Si può sostenere che la novella deroga temporaneamente alle best practices della linea guida ANAC n. 4, che in virtù del principio di trasparenza suggerisce anche per gli affidamenti diretti sottosoglia (40.000€) 75.000€ il confronto tra più preventivi ed il reperimento di questi mediante la pubblicazione di un avviso od il ricorso ad albi interni? L’indagine scientifica condotta per rilevare le metodologie utilizzate dalle Aziende Sanitarie con riguardo agli affidamenti sotto soglia 40.000€ (prima dell’uscita del D.L. 76) ed alla quale hanno partecipato l’Azienda Sanitaria Provinciale di Caltanissetta, l’ A.S.L. Città di Torino, l’A.S.L. To4, l’ASST Valle Olona, l’ATS della Montagna di Sondrio, l’ ULSS 5 Polesana, l’A.O.U. Careggi di Firenze, l’E.O. Ospedali Galliera di Genova, ESTAR toscana e SCR Piemonte S.p.A., ha fornito il seguente risultato: La ricerca dimostra, in estrema sintesi, che il ricorso alle procedure più garantiste della trasparenza ed imparzialità, rappresentate a nostro avviso dalla consultazione aperta, dall’avviso esplorativo di manifestazione di interesse e dalla consultazione di albi o liste interne, rappresenta quasi il 27% del campione. In tale percentuale sono stati ricompresi anche gli acquisti di prodotti infungibili o esclusivi preceduti da una indagine di mercato. Colpisce invece l’alto utilizzo del ricorso all’affidamento diretto “autorizzato” da regolamento interno e per infungibilità e/o privativa industriale non preceduta da indagine di mercato, superiore al 51% circa del campione. I concetti di infungibilità ed esclusività da privativa industriale non sono sinonimi, come ha bene spiegato ANAC con Le Linee Guida n. 8/2017 ed in entrambi i casi si verifica un restringimento della concorrenza. L’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere

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VI corso di formazione FARE

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soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi. La Stazione appaltante non si può accontentare delle dichiarazioni presentate dal fornitore ma deve effettuare delle consultazioni di mercato che consentano di superare eventuali distorsioni informative. In conclusione, gli scenari ipotizzabili sono due. Si potrebbe decidere, in ogni caso, di continuare a dare applicazione alle Linee Guida Anac (n. 4 per gli affidamenti sottosoglia in generale e n. 8 per gli affidamenti infungibili ed esclusivi) le quali, se è ben vero che non sono vincolanti, è altrettanto vero che rappresentano tuttora atti di regolazione efficaci ai sensi dell’art. 213 del d.lgs. n. 50/2016, non derogato dal D.L. semplificazioni. La soluzione, finalizzata a mantenere una minima garanzia concorrenziale, sconta, tuttavia, un limite assai rilevante, ossia il rischio di non riuscire a rispettare le tempistiche imposte dall’art. 1, comma 1 del D.L. n. 76/2020 per la conclusione delle procedure di affidamento. In alternativa, residua soltanto un’applicazione rigorosa del D.L. n. 76/2020, con la conseguenza che il 100% degli acquisiti di beni e servizi che verranno esperiti fino al 31.12.2021 dovranno essere effettuati esclusivamente mediante affidamenti diretti, con le evidenti ricadute in termini di riduzione dell’assetto concorrenziale e, conseguentemente, anche dell’economicità degli acquisiti stessi. È evidente che sussiste una forte contrapposizione tra legittimità e opportunità, cioè tra l’essere legittimati dalla norma a compiere affidamenti diretti e l’opportunità di rispettare i principi generali di trasparenza ed imparzialità. All’interno di questo contrasto deve sapersi abilmente destreggiare il RUP, il quale ha comunque l’obbligo di motivare gli affidamenti e di esplicitare le ragioni della scelta del fornitore ai sensi dell’art. 32 del Codice dei contratti pubblici. Particolarmente interessante è l’esperienza fatta dalla Regione Lombardia che, all’interno della D.G.R. n. 491 del 02.08.2018 ha fornito le indicazioni circa le modalità operative da seguire nei casi in cui le stazioni appaltanti della regione debbano provvedere all’acquisizione di beni e servizi infungibili e in regime di esclusività. La procedura di affidamento passa attraverso vari livelli di controllo, compreso il vaglio da parte di una commissione tecnica chiamata ad esprimere un parere valutativo. In ultima analisi sono previste ulteriori verifiche quali indagini di mercato, operazioni di confronto con altre aziende del Sistema Regionale, consultazioni della reportistica ministeriale in NSIS e Data Warehouse regionale, al fine di accertare la sussistenza delle caratteristiche di infungibilità ed esclusività dei beni e servizi richiesti.


VI corso di formazione FARE Tutor: Patrizia Malerba

Il D.l.gs 231/2001 e Legge 190/2012: due modelli a confronto e la loro possibile integrazione. Il conflitto di interessi alla luce dell’Allegato 1 al PNA 2019 e come misura di trattamento del rischio corruttivo nelle procedure di gara. La disciplina del conflitto di interessi in tre realtà sanitarie diverse: ESTAR, ASL TO3, CNAO Corsini Francesca - ESTAR - Toscana De Negri Carolina - Fondazione CNAO Pavia Fiorillo Stefania - Asl Torino 3 Piemonte Laparola Alessia – ESTAR - Toscana Lomascolo Leonardo - ESTAR - Toscana Ragonesi Daria - ESTAR - Toscana

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enché distanti nel tempo di oltre dieci anni e strutturalmente diversi nell’impianto applicativo, il D.lgs. 231/2001, «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica» e la Legge 190/2012 «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione» rappresentano due momenti di uno stesso percorso: quello della lotta contro la corruzione. A conclusione dell’analisi condotta risulta chiaro che, attraverso le due normative esaminate, il legislatore abbia preso in considerazione profili, talvolta, molto differenti, tra i quali, ad esempio: a) un diverso ‘‘perimetro’’ oggettivo. Mentre la Legge n. 190/2012 colpisce ‘‘corruzione’’ e ‘‘illegalità’’, il D.Lgs. n. 231/2001, invece, aggredisce una pluralità di condotte ben distinte, tra cui solo qualcuna riconducibile alla corruzione; b) soggetti differenti da ‘‘colpire’’. Anche per ciò che riguarda il quadro dei soggetti da sanzionare, il target principale è differente: nel caso della disciplina del 2001 sono le entità collettive, nel caso della legge anticorruzione pubblica sono, pur sempre, persone fisiche; c) un non confrontabile sistema sanzionatorio. Il D.Lgs. n. 231/2001 sceglie una via sanzionatoria originale, mentre la Legge n. 190/2012 adotta il ‘‘metodo’’ tradizionale, pur parzialmente innovato. Il legislatore ha, invece, operato in modo analogo all’intero delle due norme quando ha inteso: reprimere determinati fenomeni ritenuti negativi; sistematizzare le responsabilità derivanti dalle condotte illecite; andare oltre la ‘‘risposta’’ puramente penale che comunque resta, nelle due leggi, vitale e essenziale; richiedere cambiamento organizzativo-comportamentale all’interno della singola Organizzazione (da un lato con il Modello organizzativo e di gestione, dall’altro con il Piano anticorruzione). È possibile, allora, sostenere che il legislatore abbia mirato, al di là degli aspetti di diversità operativa, a un omologo obiettivo meta-giuridico: salvaguardare ‘‘l’integrità della singola Organizzazione’’, intendendo per tale il preservare (o il ripristinare) il suo essere integerrimo, la sua essenza rispondente alle leggi lato sensu (di varia fonte e di varia natura, non quindi direttamente derivanti dal diritto), che ad essa s’indirizzano e che, in tutto o in parte, la disciplinano. Ciò viene perseguito, nelle due leggi analizzate, anche e soprattutto favorendo la crescita di ‘‘anticorpi’’ organizzativi e richiedendo, alla singola realtà, l’adozione e l’effettiva attuazione di sofisticata e similare strumentazione giuridico-organizzativa. Cosı` operando il legislatore, sia della Legge n. 190/2012 sia del D.Lgs. n. 231/2001, prende atto, altresì, che monitoraggio, analisi e lotta svolti ‘‘dall’alto’’ (Stato) nei confronti degli illeciti dell’Organizzazione, non sono più esaustivamente efficaci al suddetto scopo e che occorre ‘‘coinvolgere’’ la singola struttura organizzativa (con auto-valutazione dei rischi, con proprio Codice di condotta, con autoctona definizione di un programma di prevenzione, con procedure interne, con un soggetto ad hoc, al suo interno, che si ponga al centro del sistema di prevenzione dell’Organizzazione). In ultima analisi, il cambiamento normativo espresso da quelle discipline rappresenta, per tante organizzazioni pubbliche e private divorate dalle ‘‘mala amministrazione’’, non solo il ‘‘dover essere’’, ma una straordinaria opportunità per rinvigorire la loro ‘‘salute organizzativa’’. La norma UNI ISO 37001:2016 (basata sulla preesistente norma inglese BS 10500:2011 – Anti-Bribery Management System - Sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione) il cui ambito di applicazione è, in linea di massima, sovrappo-

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nibile a quanto previsto in Italia, in tema di corruzione, dal D. Lgs 231/2001 per il settore privato e dalla Legge 190/2012 per il settore pubblico, specifica requisiti e fornisce una guida per stabilire, mettere in atto, mantenere, aggiornare e migliorare un sistema di gestione per la prevenzione della corruzione, attiva e passiva, con riferimento ad una pluralità di situazioni elencate nella norma stessa: corruzione nei settori pubblico, privato e no-profit; corruzione da parte dell’organizzazione; corruzione da parte del personale dell’organizzazione che opera per conto dell’organizzazione o a beneficio di essa; corruzione da parte dei soci in affari dell’organizzazione che operano per conto dell’organizzazione o a beneficio di essa; corruzione dell’organizzazione; corruzione del personale dell’organizzazione in relazione alle attività dell’organizzazione; corruzione dei soci in affari dell’organizzazione in relazione alle attività dell’organizzazione; corruzione diretta e indiretta (per esempio una tangente offerta o accettata tramite o da una parte terza). Si tratta, quindi, di una norma certificabile (come quelle relative ai sistemi gestionali per qualità, ambiente, sicurezza, …) e l’ente unico nazionale, Accredia, al 28 febbraio 2018 ha rilasciato 10 accreditamenti per questo schema (denominato ABMS), con oltre 30 imprese italiane già certificate, fra le quali alcuni grandi contractors del settore delle costruzioni. Il modello integrato di Estar La natura di ente pubblico, per Estar, implica e determina l’implementazione obbligatoria del modello di prevenzione del rischio corruzione fissato dalla Legge 190/2012 che impone la strutturazione di un sistema di Risk Management, l’adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (PTPC) e la nomina di un Responsabile della prevenzione della corruzione. Le dimensioni operative di Estar come Ente di Servizio Regionale hanno reso opportuna, l’estensione di tale modello anche ad ipotesi di rischio di commissione di reati diversi da quelli a matrice corruttiva, ma non per questo meno insidiosi. Il Modello Integrato di Estar (M.I.O.) consente di approcciare la logica di gestione del rischio non solo nella dimensione istituzionale pubblicistica (matrice Istituzionale e Corruttiva del rischio) ma di apprezzare, secondo una fondamentale logica di processo, anche i profili operativi e funzionali propri dei servizi che Estar svolge in favore del Servizio Sanitario Regionale (matrice Operativa e funzionale del rischio). Pur non considerando applicabile il D. Lgs. 231/01 agli enti come Estar, si è ritenuto opportuno mutuarne il contenuto per introdurre, in tale contesto, la sperimentazione del suddetto regime a livello cautelativo non unicamente per la prevenzione degli eventuali illeciti ma quale ulteriore garanzia della migliore organizzazione e trasparenza dell’operato. In tale ambito, Estar ha ritenuto di individuare le aree meritevoli di analisi in quelle funzioni tecnico amministrative trasferite con la LR 40/2005 che costituiscono la sua dimensione operativa. Anche il sistema sanzionatorio del modello 231 è stato completamente rivisto e mediato risultando completamente nuovo rispetto alla originaria formulazione normativa. Nella predisposizione del M.I.O., Estar ha tenuto conto del proprio assetto organizzativo e del sistema di controllo interno che deve essere tale da garantire il raggiungimento di obiettivi operativi, di informazione e di conformità. Il modello è stato approvato con delibera n. 445 del 24/11/2015. L’Ente nel corso del 2015 ha messo in atto una serie di attività necessarie alla costruzione di tale modello il cui percorso funzionale può essere riassunto nelle seguenti fasi: • costituzione del Gruppo di lavoro, composto dai dirigenti di struttura che, coadiuvati da un consulente scelto sulla base di un contratto di regione Toscana, ha condotto una serie di analisi interne ed interviste per giungere alla mappatura dei macro processi interni (Assesment Organizzativo) • analisi dei rischi (Control & Risk Self Assessment e gap Analysis); • definizione del Modello Integrato Prerequisito alla strutturazione del Modello organizzativo per Estar è stato il disegno e la definizione degli strumenti operativi oltre alla progettazione e definizione di un sistema di flussi informativi. L’approccio metodologico di Estar si è ispirato ai suggerimenti ed ai chiarimenti dell’Anac in ordine alle misure coordinate da implementare negli enti controllati e/o partecipati dalle PA al fine di realizzare un sistema integrato di prevenzione (190/231). Il modello deve tuttavia tener conto del fatto che l’ambito di applicazione delle due normative non coincide del tutto e, nonostante l’analogia di fondo dei due sistemi, finalizzati entrambi a prevenire la commissione di reati, gli stessi mantengono differenze significative, non solo in relazione al perimetro degli illeciti rilevanti ma anche in relazione al sistema di vigilanza e controllo (RPCT e OdV). I principali passaggi operativi che Estar dovrà adottare ai fini dell’aggiornamento del M.I.O. sono: esame della struttura organizzativa e del business dell’Ente ed individuazione delle funzioni rilevanti - analisi delle aree di attività e dei processi rilevanti soprattutto in relazione ai nuovi reati introdotti nel catalogo 231 e verifica della loro inerenza e significatività con riferimento alla tipologia dell’Ente ed all’attività svolta - mappatura dei rischi 231. Le novita’ introdotte dall’ allegato 1 alla delibera Anac n. 1064/2019 “Indicazioni metodologiche per la gestione dei rischi corruttivi”- L’esperienza di Estar Estar ha modificato le indicazioni previste nell’Allegato 1 del PNA, aggiornandole e rettificandole con le principali metodologie sviluppatesi in letteratura ed applicate ai processi di gestione del rischio clinico (RCA, FMEA, FMECA). Con il nuovo PNA 2019 Anac tenta di fornire la “summa” di anni di esperienza nel settore della prevenzione della corruzione e conseguentemente traccia dei percorsi per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo


VI corso di formazione FARE da parte delle Pubbliche Amministrazioni. In questa ottica si sottolinea lo sforzo fatto da Anac di adottare, già dall’estate 2019, un’apposita piattaforma informatica per la lettura e l’analisi dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione delle amministrazioni tenute a recepire nei loro Piani anticorruzione le indicazioni contenute nel PNA. In Estar, grazie ad una lungimirante vision dell’organo di indirizzo politico, il RPCT governa sia una UOC Audit e Compliance che una UOS Risk Management e, nonostante ciò, la diffusione di una cultura di prevenzione del rischio viene letta spesso dagli altri “attori” (dirigenti-dipendenti-strutture etc) come un appesantimento della normale attività giornaliera, senza cogliere invece la grande opportunità di miglioramento quali/quantitativo continuo e ciclico dell’organizzazione e degli atti. La vera novità dell’allegato 1 al PNA 2019, di contro, consiste nel passaggio, in relazione alla sub fase di analisi del rischio, da un metodo quantitativo ad un valore qualitativo. Nella gestione pratica di tale passaggio risulta evidente come i ragionamenti di fondo per la verifica del rischio siano profondamente diversi. Nell’esperienza di Estar, come probabilmente nella quasi totalità delle amministrazioni, si è utilizzato fino ad oggi l’Allegato 5 del vecchio PNA 2013 mediato e corretto. Negli anni, quindi, è stato elaborato un sistema per la valutazione dei rischi utilizzando la classica ponderazione tra valori di probabilità e impatto dell’evento a cui si è collegato un rating di rischiosità correlato al singolo processo espresso in termini di rischio “basso”, “medio” o “alto”. La metodologia utilizzata per la matrice di rischio inerente è stata elaborata in base alla best practice nazionale ed internazionale vigente allineata con il documento Enterprise Risk Management - Integrated Framework pubblicato dal CoSO nel 2004 secondo il quale “i rischi sono analizzati determinando la probabilità che si verifichino in futuro ed il loro impatto al fine di stabilire come devono essere gestiti. I rischi sono valutati in termini di rischio inerente (rischio in assenza di interventi) e di rischio residuo (rischio residuo post intervento per ridurlo)”. Il superamento dell’Allegato 5 PNA 2013 viene anche giustificato nell’Allegato 1 al PNA 2019 come risultato dall’analisi fatta da Anac negli anni sui vari PTPCT pubblicati che, di fatto, sottostimavano il rischio con tutte le conseguenze del caso (inefficacia delle misure - risultati di facciata e non sostanziali etc). Quindi, in definitiva, secondo Anac, questo cambio di approccio dovrebbe riportare il sistema a una valorizzazione del rischio a valori più coerenti rispetto all’analisi. Metodo Qualitativo - Corredo di indicatori

giudizio sintetico

motivazione

Ma come si arriva a formulare un giudizio sintetico? Su questo argomento si riporta l’ esperienza di Estar sperando possa essere di aiuto a chi si è trovato a dover trasformare in corsa tutte le attività soggette ad un controllo di prevenzione del rischio. Di fatto, in partenza e per semplificare il primo approccio, Estar ha scelto una linea di continuità con la precedente metodologia chiedendo l’aiuto di tutti gli attori che negli anni hanno contribuito a costruire i vari PTPCT. E’ stata fatta una comparazione tra l’attuale ed il futuribile cogliendo le parti che potevano e dovevano essere salvate nella logica della continuità. Il secondo step è stato quello di trovare una serie di indicatori che potesse fare al caso dell’Ente. Ovviamente la rosa degli indicatori ha avuto una gestione molto complicata perché, come facilmente comprensibile, non tutti gli indicatori ipotizzati si adattavano alla perfezione al processo che si andava ad analizzare. Sono stati quindi proposti ai referenti delle strutture interessate i 10 indicatori ritenuti adeguati ai processi, già selezionati nell’attuale PTPC: 1) discrezionalita’2) rilevanza economica 3) tracciabilita’ 4) controlli 5) concentrazione di potere 6) precedenti negativi 7) livello regolazione 8) impatto economico 9) impatto reputazionale 10) impatto organizzativo. La condivisione di questo sforzo e la reale necessità di cogliere l’obiettivo con tutti gli attori è stata probabilmente l’arma vincente di questo lavoro in comune. Riassumendo sinteticamente i vari step obbligatori indicati dall’ Allegato 1 ricordiamo: risk assessment ovvero identificazione degli eventi rischiosi, individuazione dei comportamenti o fatti che possono accadere durante l’attività dei processi dell’amministrazione (mala administration); • risk analysis per individuare i fattori abilitanti dei fenomeni corruttivi e valutarne le priorità; ponderazione dei rischi ovvero “agevolare sulla base degli esiti dell’analisi del rischio i processi decisionali riguardo a quali rischi necessitano un trattamento e le priorità di attuazione” (UNI ISO 31000:2010 Gestione del rischio); • trattamento del rischio (risk treatment), ovvero l’identificazione e la programmazione delle misure di prevenzione dei rischi; • monitoraggio e riesame ovvero la fase fondamentale per la verifica dell’attuazione e l’adeguatezza delle misure di prevenzione. Preme sottolineare, come ultima notazione ma non per questo meno importante, la raccomandazione da parte di Anac di una reale ed esplicita correlazione con i piani delle performance (collegando gli obiettivi anti-

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corruzione e trasparenza con gli obiettivi di performance) Il tutto con il duplice scopo di prevenzione della corruzione da parte delle amministrazioni e di stimolo, anche economico, per coloro i quali sono tenuti al raggiungimento di determinate performance. La mappatura e i fattori abilitanti corruttivi in una procedura di gara Significativo dello stretto collegamento del fenomeno della corruzione con il settore dei contratti pubblici è il comma 16 dell’art. 1 della Legge 190/2012, che indica tra le aree di rischio che una Pubblica Amministrazione deve monitorare per assicurare il livello essenziale delle prestazioni concernenti diritti sociali e civili ai sensi dell’art. 117 secondo comma, lettera m), della Costituzione, quella riferita alla “scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Anac, nella Relazione annua 2019 del 02/07/2020, ha individuato tra le principali circostanze che determinano delle illegittimità gravi e ripetute in materia appalti che potrebbero essere assunte come indicatori di ricorrenza del fenomeno: affidamenti diretti ove non consentito; abuso della procedura di somma urgenza; gare mandate deserte; ribassi anomali; bandi con requisiti funzionali all’assegnazione pilotata; presentazione di offerte plurime riconducibili a un unico centro di interesse; inerzia prolungata nel bandire le gare al fine di prorogare ripetutamente i contratti ormai scaduti (in particolare nel settore dello smaltimento rifiuti); assenza di controlli La mappatura dei processi è un requisito indispensabile per la formulazione di adeguate misure di prevenzione e incide sulla qualità complessiva della gestione del rischio. Ciò è stato ribadito da Anac nell’Allegato 1 al PNA 2019 : devono essere mappate le singole attività e non i singoli procedimenti amministrativi, affinchè l’intera procedura di gara venga capillarmente processata e analizzata ai fini dell’individuazione di ambiti esposti a rischi corruttivi. In ossequio a tale adempimento e compatibilmente alle disposizioni di cui all’art. 32 del Codice Appalti “Fasi delle procedure di affidamento”, la mappatura dei processi dovrà essere realizzata nell’ambito delle seguenti fasi: Programmazione – Progettazione – Affidamento - Esecuzione del contratto. Il “comportamento corruttivo” monitorato dal legislatore comunitario e nazionale ha un’accezione molto più ampia di quella con valore strettamente giuridico di violazione di una norma penale: si verifica corruzione ogni qual volta, a prescindere dal rilievo penale, vi è un cattivo uso del potere, cattiva gestione, inefficentismo dell’attività ammnistrativa: fondamentale è l’individuare delle “circostanze favorevoli” dei fattori abilitanti che permettono il verificarsi di questi eventi di mala administration. L’analisi dei fattori abilitanti è stata affrontata dal Robert Klitgaard nella sua formula economica C = M + D + S –R (Corruzione = Monopolio + Discrezionalità + Segretezza – Responsabilità ) risulta essere un approccio efficace nel comprendere il meccanismo di come in presenza di determinate circostanze l’attività amministrativa possa essere alterata e “opacizzata” dal prevale di interessi privati a danno dell’interesse pubblico ledendo i principi fondanti del nostro ordinamento quali l’imparzialità e il buon andamento (art. 97 della Cost.). Monopolio significa mancanza/carenza/poca trasparenza di una regolamentazione dei processi operativi non formalizzati in procedure; poteri decisionali, capacità, competenze e conoscenze concentrati su di pochi e sempre gli stessi; assenza di un sistema a più livelli di autorizzazione; manca o non sia rispettato un piano di rotazione del personale per i settori a rischio; manca o è carente la formazione al personale. Discrezionalità significa mancanza di una gestione delle situazioni conflittuali anche potenziali (conflitto di interessi); la discrezionalità esonda dai confini puramente amministrativi o tecnici e si crea una sfera di “arbitrio” in capo al Responsabile del processo. La non responsabilità si verifica quando il soggetto non è tenuto a rendicontare il suo operato ritenendosi svincolato dal conseguente risultato. La segretezza costituisce un fattore abilitante trasversale a tutti gli altri, per il quale il legislatore, preso atto dei danni provocati dalla corruzione, ha implementato un sistema di “amministrazione trasparente” elevando la trasparenza a livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’art. 117, secondo comma lettera m) della Costituzione Conflitto di interessi: tre realta’ sanitarie a confronto (Asl to3 – Estar – Fondazione Cnao) L’ASL TO3 (Azienda Sanitaria Locale TO3, Collegno-Torino) disciplina il conflitto d’interessi in due fondamentali documenti: il Codice di Comportamento e il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione 2020-2022. Il Codice di Comportamento aziendale integra e specifica il Codice di Comportamento dei dipendenti delle PP.AA approvato con D.P.R. 62/2013 ed è parte integrante del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione. Il conflitto di interessi è disciplinato, nel codice aziendale, dall’art.6 (Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti di interesse) che riprende l’art.6 del DPR 62/2013, dall’art.7 (Obbligo di astensione), che riprende l’art. 7 del DPR 62/2013 e infine, dall’art 13 (Disposizioni particolari per i Dirigenti). Nel Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione 2020-2022 l’astensione in caso di conflitto d’interessi è identificata quale una delle misure generali per la riduzione del rischio corruttivo. La disciplina è quella prevista all’art.7 del Codice di Comportamento. La violazione della norma, che si concretizza con il compimento di un atto illegittimo, dà luogo a responsabilità disciplinare del dipendente. Nel Piano è stato inoltre previsto il modello da contestualizzare a seconda dei processi gestiti da ciascuna struttura aziendale. In merito al conflitto di interessi una particolare misura di prevenzione, contenuta nel Piano in oggetto, è la Dichiarazione pubblica di interesse. Sul sito dell’A-


VI corso di formazione FARE genas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) è stata resa disponibile una dichiarazione standard come modello di riferimento. In Estar (Ente di supporto tecnico-amministrativo della Regione Toscana) la disciplina del conflitto di interessi è contenuta nel “Documento Strategico per la gestione dei conflitti di interesse” (Allegato n°5 al PTCP 2020-2022), nel “Codice etico e di comportamento”, Allegato 10 al PTCP 2020-2022. La disciplina contenuta nel “Documento strategico gestione conflitti di interesse” è rivolta ai dirigenti e al personale che si trova a gestire delicati processi che comportano attività di giudizio e valutazione in cui più facilmente possono sorgere situazioni di conflitto d’interessi. La disciplina è rivolta principalmente all’ambito degli appalti pubblici, una delle principali funzioni di Estar, ma la medesima racchiude comunque principi più generali e completa le previsioni del Codice etico. L’approccio di Estar alla prevenzione, individuazione e gestione dei conflitti di interesse è multidimensionale e multidisciplinare. Estar definisce “ogni comportamento opportunistico finalizzato al perseguimento di vantaggi personali (diretti o indiretti) che violi uno degli interessi primari di Estar genera conflitto di interessi”. I principali strumenti per prevenire l’insorgere di tali situazioni sono: 1) la responsabilizzazione : la prima misura di responsabilizzazione del singolo (misure di accountability) è la formulazione di dichiarazioni mirate alla singola attività; 2) l’informazione (una adeguata e mirata azione divulgativa e formativa sui conflitti d’interesse - misura di persuasione). Al momento della compilazione e sottoscrizione delle dichiarazioni di assenza del conflitto di interessi viene consegnato il Vademecum (che racchiude: la politica di Estar, il codice Etico, le conseguenze della mancata comunicazione di un conflitto di interessi, la procedura da seguire nel caso si verifichi un cambiamento della situazione, i requisiti di legge di eventuali normative). Nel Codice Etico e di Comportamento, Estar (all’art.6) identifica le proprie politiche di gestione preventiva delle situazioni di conflitto di interessi sia per il proprio personale che per chi si trovi a collaborare con l’Ente, attraverso 1) diffusione della cultura della integrità ed utilizzo della formazione come strumento operativo per la promozione dei principi di imparzialità 2) utilizzo di strumenti di persuasione ed autocontrollo delle potenziali situazioni di conflitto (ad es. l’utilizzo di vademecum); 3) responsabilizzazione dei singoli operatori e utilizzo delle dichiarazioni circa l’assenza o meno di situazioni di conflitto. La Fondazione CNAO, Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, con sede a Pavia, è un Ente di diritto privato con controllo pubblico. I documenti in cui è contenuta la disciplina del conflitto di interessi sono: il Piano Triennale per la prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza 2017/2019, il Codice etico, il Modello Organizzativo di Gestione e Controllo (MOC), di cui è parte integrante il Codice Etico. Nel PTPCT, all’art.6 (Principi di comportamento) si rimanda ai principi procedurali e comportamentali descritti nel MOC Allegato A (Reati contro la P.A.) e nel MOC Allegato C (Reati Societari). Nello specifico la gestione del conflitto di interessi è affrontata nella parte relativa ai principi procedurali specifici collegati al Pianto Anticorruzione. Premesso che l’indice di rischio (IR) è dato da GxP (dove G è la gravità, cioè la conseguenza del danno e P è la probabilità che il danno avvenga), la Fondazione ha definito i seguenti IR: Trascurabile (T)= 1-4 - Basso (B)= 5-8 - Medio (M)=9-12 Inaccettabile (I)= 13-25. CNAO per i rischi bassi valuta di intraprendere azioni particolari, per i rischi medi ha identificato le azioni da attuare mentre ha deciso di non assumersi i rischi inaccettabili. Le norme del Codice Etico, parte integrante del MOC, sono da considerarsi parte essenziale delle obbligazioni contrattuali dei dipendenti della Fondazione CNAO. La Fondazione ha individuato delle aree di rischio in relazione ai reati previsti dal D.Lgs 231/2001 (tra i quali sono stati identificati illeciti potenzialmente realizzabili in riferimento all’attività della Fondazione). Le aree a rischio reato hanno costituito il punto di riferimento nella definizione di alcune procedure/istruzioni di controllo ad integrazione dell’attuale sistema di gestione. Nei “Principi generali di comportamento e di attuazione del processo decisionale nelle aree di attività a rischio di reati contro la PA” la Fondazione impone l’espresso divieto, a carico dei dipendenti, in via diretta, e a carico dei collaboratori esterni, tramite apposite clausole contrattuali, tra gli altri, di “porre qualsiasi situazione di conflitto di interessi nei confronti di Pubblici Ufficiali o loro delegati in relazione a quanto previsto dalle ipotesi di reati contro la PA.” Il MOC è un atto di cui la Fondazione CNAO si è dotata per prevenire i rischi di commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 e s.m.i. e per limitarne eventuali impatti nel caso in cui vengano compiuti atti illeciti eludendo fraudolentemente lo stesso. Costituiscono parte integrante, tra gli altri, il Piano Triennale della Prevenzione della Corruzione, il Codice etico, lo Statuto CNAO, etc. Omettendo la parte descrittiva in merito ai reati previsti dal DLgs 231/2001 e alle connesse modalità di individuazione delle aree di rischio e dei controlli identificati da CNAO, ritroviamo, nei principi generali di comportamento, il divieto assoluto, tra gli altri, di porre in essere o agevolare operazioni in conflitto di interesse- effettivo o potenziale- con CNAO, nonché attività che possano interferire con la capacità di assumere, in modo imparziale, decisioni nel migliore interesse di CNAO e nel pieno rispetto delle norme del Codice etico. La Fondazione ha previsto il rispetto di principi e procedure per prevenire e contrastare il verificarsi dei reati previsti nel MOC e valutati nel PTPC. Le diverse realtà dei tre Enti hanno evidenziato la diversità di approccio e di ramificazione delle regole, pur ovviamente muovendosi ciascuno dalle disposizioni normative di base. In tutti e tre gli Enti, pur nella loro peculiare attività, la disciplina del conflitto di interessi è viva, ed è facilmente deducibile dai Piani triennali di Prevenzione della

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VI corso di formazione FARE Corruzione e Trasparenza, cui anche CNAO è soggetta. In CNAO è inoltre peculiare il Modello di Organizzazione di gestione Controllo (MOC) adottato ai sensi del D.Lgs 231/2001, modello predisposto “su misura” della realtà organizzativa alla quale il modello fa riferimento. Anche Estar ha predisposto un Modello Organizzativo Integrato per la prevenzione dei reati (M.I.O. Estar 190-231). Una modalità efficace di prevenzione è dettata dalla dichiarazione preventiva di assenza di conflitto di interesse, che tutti e tre gli Enti adottano. Interessanti misure sono quelle adottate da Estar come ad esempio: le dichiarazioni semplificate, nell’ambito delle procedure di acquisto, per acquisizioni di importo inferiore a 40.000,00 euro; la proceduralizzazione dell’iter delle dichiarazioni stesse; la predisposizione di un Vademecum al momento della sottoscrizione della dichiarazione. Si è visto come, tra i documenti esaminati con cui i tre Enti affrontano la disciplina del conflitto di interessi, il Codice di Comportamento occupi un posto importante nella disciplina della prevenzione dei fenomeni corruttivi. Infatti il codice di comportamento o codice etico, (a seconda dell’Ente di riferimento), si rivolge direttamente al dipendente/funzionario a differenza delle misure organizzative di prevenzione, che incidono sull’organizzazione e il cui mancato rispetto agisce sull’eventuale revisione delle stesse e sul loro eventuale aggiornamento. L’indice di percezione della corruzione 2019 (CPI) pubblicato da Transparency International (gennaio 2020), e relativo al 2019, vede l’Italia al 51° posto nel mondo con un punteggio di 53 punti su 100, migliore di un punto rispetto all’anno precedente. Tra le questioni che vengono rimproverate all’Italia, si legge in una nota, rileva la mancanza di una «regolamentazione del lobbying e dei conflitti di interesse». E’ facile comprendere come sia lunga ancora nel nostro paese la strada per risalire la “classifica”. In questo cammino siamo tutti chiamati in causa, addetti alla “cosa pubblica” e non.

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Nel 1877, uno studioso della società italiana, Leopoldo Franchetti, venendo in Sicilia a realizzare un’inchiesta sulla situazione che si era venuta a creare dopo l’unità, scrisse che l’Italia intera, non solo la Sicilia o il Meridione, era già a quell’epoca ridotta come un cadavere in decomposizione proprio a causa del malaffare e della corruzione: una carcassa che – appunto – cominciava già a spandere cattivo odore. Il giudice Falcone, da magistrato ma ancora più da uomo, aveva intuito che le armi che la giustizia deve impugnare non possono essere le stesse che impugnano i mafiosi e i corrotti. L’arma vincente è, piuttosto, l’educazione alla bellezza, all’equilibrio e all’armonia sociale, all’impegno per il bene comune e perciò al rispetto di tutte le persone, nessuna esclusa. Lo dobbiamo alle generazioni future.


VI corso di formazione FARE Tutor: Maria Grazia Colombo

Project management negli approvvigionamenti pubblici di B&S RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO PROJECT MANAGER Luca GRILLO –S.C.R. – Piemonte S.p.A.

L’evoluzione normativa degli ultimi anni ha accomunato il ruolo del RUP negli appalti pubblici a quello del Project Manager poiché questa figura potrebbe contribuire a migliorare la gestione degli appalti pubblici e delle grandi opere, con positive ricadute sui tempi, sui costi e sulla qualità delle prestazioni attese, oltre che sui benefici generati e quindi sulla complessiva percezione da parte della opinione pubblica soprattutto quando trattasi di opere mai realizzate (spesso ritenute necessarie e urgenti) oppure riferiti a progetti in cui solitamente viene constatato che il ritardo dei tempi va di pari passo con l’aumento dei costi e con la pratica impossibilità di valutare in maniera attendibile la stima dei tempi, dei costi al completamento e del conseguimento dei benefici attesi. Il Responsabile del Procedimento deve possedere capacità professionali e requisiti adeguati al compito da svolgere. In particolare, il responsabile unico del procedimento è in possesso di adeguata esperienza professionale maturata nello svolgimento di attività analoghe a quelle da realizzare in termini di natura, complessità ed importo dell’intervento. Il RUP deve avere una specifica formazione professionale ed è soggetto a costante aggiornamento. I compiti fondamentali del RUP sono specificati all’art. 31, comma 4, per le varie fasi del procedimento di affidamento. Altri compiti assegnati al RUP sono individuati nel Codice in relazione a specifici adempimenti che caratterizzano le fasi dell’affidamento e dell’esecuzione del contratto. L’articolo 37, commi 9 e 11 del d.lgs. 50/2016 definisce gli ambiti di competenza dei due soggetti definendo la separazione dei ruoli (e delle responsabilità) del RUP della Stazione Appaltante e del RDP della centrale di committenza. Come detto precedentemente, l’articolo 31, comma 1 del Codice dei Contratti prescrive che per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una concessione le stazioni appaltanti individuano nell’atto di adozione, di aggiornamento dei programmi ovvero nell’atto di avvio di ogni intervento, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione. Pertanto sul RUP della Stazione Appaltante ricade la responsabilità per la vigilanza e i compiti di coordinamento sull’intero ciclo dell’appalto (progettazione, affidamento, esecuzione). Nello svolgimento delle mansioni indicate il RUP della Stazione Appaltante assume una responsabilità a contenuto patrimoniale connessa all’attività di amministratori o dipendenti pubblici e relativa ai danni causati all’ente nell’ambito del rapporto d’ufficio. La responsabilità del Rdp della centrale di committenza L’articolo 37, comma 9, secondo periodo, del Codice dei Contratti prevede che “La centrale di committenza che svolge esclusivamente attività di centralizzazione delle procedure di affidamento per conto di altre amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori è tenuta al rispetto delle disposizioni di cui al presente codice e ne è direttamente responsabile”. Quindi il codice dei contratti sancisce un rapporto diretto tra lo svolgimento dell’attività di centrale di committenza e la relativa responsabilità che viene trasferita, per le funzioni di competenza al Rdp della stessa centrale di committenza. Il Project Manager è la persona incaricata del raggiungimento degli obiettivi del progetto. Al Project Manager non sono richieste competenze specialistiche riguardanti la materia del progetto ma deve essere un ottimo gestore e trovare i professionisti più adatti a raggiungere gli obiettivi del progetto in modo integrato e coordinato. Tale metodologia di lavoro per progetti non deve essere intesa come una responsabilità individuale, da assegnare unicamente al capo progetto, bensì come una responsabilità collettiva, nell’ambito della quale il Project Manager rappresenta uno degli attori chiave anche se non l’unico e, per certi versi, forse non sempre il più importante. Occorre evidenziare però le difficoltà ad assimilare la figura del RUP a quella di un Project Manager di un soggetto privato per le problematiche legate alle procedure della Pubblica Amministrazione. Mentre un Project Manager di un soggetto privato esercita autorità su cosa e quando fare, il RUP, facendo parte di una organizzazione della PA, deve scontrarsi con la complessità delle norme relative agli appalti pubblici e con la mancanza di potere decisionale su disponibilità di risorse, sulla gestione del budget e sulla gestione del personale. Inoltre di recente, per far fronte alla crisi economica dopo la pandemia da Covid-19, siamo nuovamente a fare i conti con una nuova riforma del Codice degli Contratti, il c.d. Decreto Semplificazioni, Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76. Più nello specifico, le modifiche al D. Lgs. 50/2016 che impattano sulla figura del RUP, sono i termini massimi per arrivare ad aggiudicazione che andranno porteranno i RUP dall’avere “paura della firma” alla “paura della mancata firma”. Occorre evidenziare inoltre che si parla sempre più spesso di qualificazione degli operatori economici che oltre a possedere requisiti di ordine generale devono possedere anche dei requisiti di ordine speciale: idoneità professionale, adeguata capacità economica e finanziaria, adeguata idoneità tecnica e organizzativa, adeguato organico tecnico e dirigenziale. Tale prescrizione per la qualificazione degli operatori economici è senza dubbio appropriata, ma poiché essa opera in un rapporto contrattuale,

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VI corso di formazione FARE dovrebbe trovare corrispondenza in una altrettanta adeguata competenza dei rappresentanti della Stazione Appaltante come il RUP, per non correre il rischio di demandare agli operatori economici il compito di governare i processi di gestione del progetto/contratto lasciando ai RUP un ruolo di prevalente gestione degli adempimenti formali e/o amministrativi, con scarsa incidenza sulla pianificazione e controllo sostanziale del progetto/appalto. Tale procedimento di qualificazione della nostra PA così come avviene in altre nazioni, consentirebbe di migliorare l’efficacia dei propri progetti e quindi degli investimenti pubblici. La carenza all’interno delle PA di figure con adeguate competenze di Project Management, è riscontrabile anche dal fatto che molte PA richiedono figure di Project Manager per le attività di supporto al RUP, mediante ricerca sul mercato attraverso procedure/bandi di gara in cui si richiedono figure di Project Manager certificate secondo le norme vigenti.

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IL PROJECT MANAGER E IL CICLO DI VITA DI UN PROGETTO Tommaso Annunziata - ASST FATEBENEFRATELLI SACCO

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Nuove logiche di Project Management in Sanità contribuiscono a migliorare l’aspetto organizzativo e permettono un maggior controllo dei processi, sia per gli aspetti tecnico – amministrativi, sia per gli aspetti strettamente sanitari. La figura principale per lo sviluppo di un progetto è il Project Manager ovvero il responsabile formale del progetto che nel complesso insieme al suo team deve garantire che il risultato finale sia realizzato in coerenza con i costi i tempi e la qualità definita inizialmente. Nella Pubblica Amministrazione il Project Management può essere considerato utile strumento al fine di predefinire obiettivi, risorse tempi e responsabilità. Nuove logiche di Project Management contribuiscono a migliorare l’aspetto organizzativo e a permettere un maggior controllo dei processi dell’azienda, sia per quanto riguarda gli aspetti tecnico amministrativi sia per quanto riguarda gli aspetti sanitari. Al fine di una corretta gestione del progetto e per riuscire a portare a termine gli obiettivi nelle modalità ed i tempi prefissati è fondamentale per il Project Manager seguire le fasi del ciclo di vita di un progetto. 1. Fase di Ideazione: Fase più delicata dell’intero processo perché si definisce l’obiettivo globale e il lavoro necessario per raggiungere l’outcome finale, ossia ciò che verrà prodotto col progredire del progetto. L’elaborazione di idee - progetto nascono dal riconoscimento di un bisogno o di un problema che può essere interno o esterno all’organizzazione. 2. Fase di Impostazione: Fase in cui il progetto viene scomposto dal punto di vista tecnico e viene strutturato negli atti di gara andando ad indicare i requisiti necessari per soddisfare le esigenze aziendali. Per poterlo strutturare nella maniera corretta bisogna descrivere in maniera chiara e ben definita le caratteristiche generali dell’intervento che si vuole proporre, scomponendo il progetto per singoli argomenti quali: TITOLO - OBIETTIVO GENERALE - OBIETTIVO SPECIFICO - AZIONI SPECIFICHE DEI SOTTOPROGETTI - CONDIZIONI ORGANIZZATIVE - INDICATORI DI RISULTATO. 3. Esecuzione: Fase relativa alla realizzazione delle attività pianificate. L’obiettivo fondamentale per il Project Manager nella fase di esecuzione è quello di mantenere il progetto nei piani prefissati, intervenendo in caso di bisogno. 4. Fase di Implementazione e Valutazione: Fase in cui è possibile fare il confronto tra quanto ottenuto e quanto stabilito in fase preliminare e analizzare gli scostamenti che si presenteranno. Viene determinato in ogni dettaglio l’outcome che si dovrà realizzare il relativo costo previsto il tutto deve essere sviluppato ad un livello tale da consentire che ogni elemento sia identificabile. Durante questa fase di fondamentale importanza è la valutazione che permette di monitorare il progetto rispetto agli obiettivi prefissati in fase preliminare. La valutazione permette di evidenziare eventuali scostamenti dal piano originale ed in caso intervenire quando si riveli necessario. 5. Fase di Chiusura e Capitalizzazione: Fase molto importante nel ciclo di vita del progetto in quanto i risultati ottenuti dal progetto possono diventare stabili a produrre reddito. Oltre quindi ai risultati si possono mettere in atto i meccanismi di capitalizzazione dello sforzo fatto i quali sono molto importanti. Dopo la fase di verifica, il progetto è ultimato ma è necessario fare in modo che il meccanismo non diventi desueto e quindi vengono utilizzati i meccanismi di capitalizzazione. E’ la fase che dà forza e valore all’investimento. E’ necessario che tutto quello che era finalità del progetto diventi meccanismo routinario dell’organizzazione. Le cinque fasi sopra descritte possono variare nella tempistica in base al settore ed al tipo di progetto ma in generale sono valide in qualsiasi ambito. Il ciclo di vita può essere quindi applicato costantementea ogni progetto. Ciò dà la possibilità al Project Manager e al team di fortificare l’esperienza e migliorare costantemente la propria efficacia. Nel momento in cui un project manager seguirà ilciclo di vita di un progettotenendo in considerazione tutti i fattori di ogni singola fase, avrà già compiuto il primo step verso il successo.


VI corso di formazione FARE LA SUDDIVISIONE DEI RUP PER FASI. LA LEGGE DELLA REGIONE SARDEGNA N. 8 DEL 13.03.2018 Franco Giacomo Sanna – ATS Sardegna La Regione Sardegna con legge regionale n. 8 del 13/03/2018 è intervenuta in materia appalti pubblici dettando una serie di regole in materia di programmazione, progettazione, sostenibilità ambientale e sociale, organizzazione e centralizzazione degli appalti da affidare ed eseguire sul territorio regionale. Una delle particolarità della norma riguarda la suddivisione del RUP per fasi, a garanzia di un maggiore riconoscimento della singola fase e del relativo peso delle procedure di affidamento e della complessità di ciò e l’importanza della professionalità e competenza necessaria per il corretto svolgimento. Il conseguente ampliamento delle competenze regionali non ha fatto attendere il parere del Governo, il quale, con il Consiglio dei Ministri n. 82 dell’08/05/2018, ha deliberato di promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale per la legge regionale sarda. Secondo il Governo infatti, la nuova norma regionale sarda presenta aspetti di illegittimità costituzionale, in quanto le proprie disposizioni eccedono dalle competenze attribuite alla Regione dallo Statuto speciale di autonomia, andando dunque ad invadere la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e ordinamento civile, di cui all’art. 117, comma 2, lettere e) ed l) della Costituzione. Nello specifico l’attenzione è stata posta sugli artt. 34 (“Nomina e requisiti Responsabile del progetto e Responsabile per fasi”), 37 (“Commissione giudicatrice”), 39 (“Linee guida e codice regionale di buone pratiche”) e 45 (“Qualificazione delle stazioni appaltanti”). L’art. 34, risultante tra le parti maggiormente rilevanti e innovative del provvedimento, individua la nomina di un RUP per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione del contratto pubblico. Tali fasi costituiscono, unitariamente considerate, il progetto del contratto pubblico e il responsabile unico del procedimento è il “responsabile di progetto”. Le amministrazioni aggiudicatrici possono nominare un responsabile del procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile del procedimento per la fase di affidamento che predispone la documentazione di gara e cura le relative procedure, anche in coordinamento con il responsabile di progetto e con il responsabile delle fasi precedenti, se nominato. Il responsabile di progetto coordina l’azione dei responsabili per fasi, anche con funzione di supervisione e controllo; altresì è suo il compito di creare le condizioni affinché il “processo attuativo del contratto pubblico risulti condotto in modo unitario in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori ed in conformità di qualsiasi altra disposizione di legge in materia”. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 166 del 09 luglio 2019, ha complessivamente salvaguardato l’impianto della norma nella sua interezza, dichiarando l’incostituzionalità per gli artt. 37, 39 e 45, nonché l’infondatezza sulla questione sollevata in merito all’art. 34 relativo alla figura del RUP. Dalla lettura della sentenza emerge come le disposizioni regionali impugnate, regolando le modalità di svolgimento delle funzioni, che afferiscono «all’ambito dell’organizzazione amministrativa, nel quale si esplica la potestà legislativa esclusiva della Regione», da un lato, introducono la figura del responsabile di progetto, che garantisce l’unitarietà nella gestione di tutte le fasi realizzative di un contratto pubblico e, dall’altro, riconducono «ad unità le diverse fasi del procedimento contrattuale, nel quale sono oggettivamente individuabili sub-procedimenti, connotati ciascuno da una innegabile necessità di specifica specializzazione». La disposizione impugnata non risulta dunque, così come sostenuto dalla stessa Regione Sardegna, in contrasto con il principio di responsabilità unica, posto dall’invocato art. 31, comma 1, del nuovo Codice dei Contratti, ma riconosce all’interno del procedimento una serie di fasi che ne descrivono la complessità e che permettono di individuarne un responsabile, seppur controllato da un responsabile di progetto, che si occupi della gestione dei necessari adempimenti al fine di poter passare allo step successivo necessario per il corretto completamento del progetto. Si assiste dunque non tanto allo sdoppiamento della figura del RUP, ma piuttosto a una scomposizione definita delle sue funzioni. Emerge dunque la complessità ed importanza di ciascun singolo responsabile che segua l’iter, individuandone e riconoscendone la professionalità, associando la corretta incombenza che a causa della elevata complessità progettuale potrebbe rivelarsi particolarmente complessa per una gestione esclusiva da parte di un singolo soggetto. La particolarità dunque della norma, la si riscontra nel riconoscimento di specifiche fasi presenti nella procedura nel suo complesso, fasi che, in considerazione della complessità della materia trattata, inevitabilmente riconoscono e richiedono, a seconda della tipologia di lavori, servizi e forniture, particolari soggetti con attinenti competenze specifiche di varia natura, necessarie per una corretta e regolare conclusione delle singole fasi concatenate tra loro.

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VI corso di formazione FARE LA CONSULTAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DEI PAZIENTI NELLA PREDISPOSIZIONE DEL CAPITOLATO D’APPALTO NEGLI ACQUISTI IN SANITÀ. IL MODELLO ESTAR Paola Cascavilla - ESTAR

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Nel capitolo “LA CONSULTAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DEI PAZIENTI NELLA PREDISPOSIZIONE DEL CAPITOLATO D’APPALTO NEGLI ACQUISTI IN SANITÀ. IL MODELLO ESTAR” è stata analizzata un’altra fondamentale attività, sempre di consultazione ex art. 66 del D.Lgs. n. 50/16, che mira ad intercettare le associazioni dei pazienti mediante il loro coinvolgimento nella predisposizione del capitolato di gara, al fine di rendere il sistema delle procedure di gara più efficiente e vicino ai bisogni delle persone. Per garantire la qualità del prodotto o del servizio, nelle diverse fasi di acquisto, soprattutto quella della definizione degli elementi tecnici che andranno a costituire i capitolati, devono poter partecipare tutti coloro che, a vario titolo, si occupano del tema per fare in modo che si scelga un bene o servizio in grado di garantire al paziente l’efficacia e il buon risultato in termini di qualità della vita. La consultazione del capitolato è fondamentale per far pervenire all’utente finale un prodotto che soddisfi pienamente le proprie esigenze e che contenga elementi per controllare la correttezza della fornitura. Le necessità e i bisogni dei cittadini e dei professionisti coinvolti nelle scelte e attività pratiche di erogazione debbono essere criteri centrali per impostare il processo di acquisto. Diviene quindi fondamentale il coinvolgimento dei portatori di interesse, vale a dire di coloro che beneficeranno del bene o servizio, oggetto dell’appalto che, nel caso degli acquisti in sanità, sono i pazienti. Sono proprio questi ultimi che possono testimoniare, ad esempio, le criticità del precedente appalto in termini di fornitura, quali sono state le maggiori inappropriatezze, basti pensare ad approvvigionamenti di beni non rispondenti all’uso al quale sono destinati e alle effettive esigenze dei loro destinatari, i problemi riscontrati e quali i margini di miglioramento per i futuri acquisti in punto di qualità dei beni e dei servizi. E’ necessario conoscere quindi il punto di vista dei cittadini che usufruiscono dei servizi offerti dai sistemi pubblici, in virtù della particolare competenza di cui sono dotati, in quanto sperimentano direttamente l’efficacia, la sicurezza e i costi di servizi, farmaci e dispositivi sanitari. “Una buona gestione della Sanità richiede sempre di più, oggi, una partecipazione diretta dei cittadini, chiamati a rappresentare esigenze, difficoltà, bisogni che troppo spesso i decisori di livello politico non riescono a cogliere a causa del differente punto di vista dal quale si agisce. Una alleanza con i cittadini, gli utenti, i pazienti aiuterà noi e l’intero sistema ad essere più efficaci ed efficienti e a garantire accesso alle cure, ai presidi sanitari in modo equo” dichiara Ugo Trama, Direttore U.O.G. del Farmaco e dei Presidi della Regione Campania. Nella convinzione che dare la risposta più efficace agli specifici bisogni del cittadino-paziente è un obiettivo particolarmente importante soprattutto nei settori merceologici caratterizzati dall’utilizzo prolungato o cronico di dispositivi ed ausili in genere, specie se di auto-impiego quali, ad esempio, i dispositivi per il controllo della glicemia, quelli per pazienti stomizzati o i dispositivi per incontinenza, ESTAR, Ente di supporto tecnico-amministrativo regionale preposto agli acquisti per tutta la sanità toscana, ha siglato il “Protocollo di intesa e collaborazione per rendere più efficiente e vicino ai bisogni delle persone il sistema delle procedure di gara finalizzate all’acquisizione di dispositivi/ ausili di auto utilizzo”, per il coinvolgimento dei cittadini/pazienti nelle procedure di acquisto in sanità “in modo da raccogliere con maggiore efficacia le istanze e valutare le possibili soluzioni tecniche e contrattuali”. L’obiettivo è dare valore non solo al prezzo ma anche alla personalizzazione, qualità, sicurezza ed accessibilità dei dispositivi medici, di protesi e ausili, mettendo i bisogni dei cittadini al centro delle gare di acquisto in sanità. Infatti, con detto accordo, ESTAR si è impegnato ex multis a ricorrere sistematicamente alla consultazione preliminare di mercato, aperta sia al mercato che alle associazioni rappresentative dei diritti dei cittadini e dei pazienti. Ai fini della predisposizione del capitolato di gara relativo al Serviziodomiciliare relativo alla gestione del paziente con patologie respiratorie e/o nutrizionali per le Aziende/Enti del SSR Toscano, si è provveduto a dare attuazione a detto protocollo d’Intesa con l’attivazione della CPM ex art. 66 D.Lgs. 50/2016 con le Associazioni dei Pazienti nell’ottica del perseguimento della massima efficacia nel settore degli approvvigionamenti e della soddisfazione degli utenti del Servizio sanitario, in considerazione del servizio da appaltare, “in modo da raccogliere le relative istanze ed avviare così un confronto proprio con i rappresentanti dei destinatari del servizio di cui trattasi”. Questa nuova forma di coinvolgimento è ancora in fase di sperimentazione ma da subito si è avvertita l’utilità del confronto con le Associazioni dei Pazienti, intervenute nella Consultazione trattata nel lavoro di gruppo. Infatti il Collegio Tecnico, deputato alla stesura del capitolato di Gara, ha elaborato le informazioni raccolte in detta sede e le ha inserite proprio nel capitolato tecnico di gara.


VI corso di formazione FARE L’ACCESSO AGLI ATTI NELLE PROCEDURE DI GARA Filomena De Marco - ESTAR Firenze L’accesso agli atti nelle procedure di gara è disciplinato nell’art 53 del decreto legislativo n.50 del 2016. Quest’ultimo articolo è intitolato <<accesso agli atti e riservatezza >> e dispone che << Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il diritto di accesso agli atti del processo di asta elettronica può essere esercitato mediante l’interrogazione delle registrazioni di sistema informatico che contengono la documentazione in formato elettronico dei detti atti ovvero tramite l’invio ovvero la messa a disposizione di copia autentica degli atti>>. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito: a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime; b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare; c) in relazione alle offerte, fino all’aggiudicazione; d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione. Gli atti di cui al comma 2, fino alla scadenza dei termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti. L’inosservanza dei commi 2 e 3 per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi rileva ai fini dell’articolo 326 del codice penale. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali; b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici; c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori ((, del direttore dell’esecuzione)) e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto; d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale. In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto. E’ necessario approfondire tra appalti ed accesso civico generalizzato ed universale, in subiecta materia, infatti, era sorto un contrasto giurisprudenziale tra i giudici amministrativi. Si è discusso, infatti, se l’accesso civico generalizzato fosse applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici. Infatti emergeva una lacuna normativa sul punto, in quanto l’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge n.241/1990”. Orbene, la disposizione richiama espressamente solo la disciplina dell’accesso procedimentale. Un primo orientamento, dunque, fondandosi su un’interpretazione più letterale e “statica” e sul principio di specialità della disciplina sui contratti pubblici propendeva per un’esclusione assoluta della disciplina dell’accesso generalizzato (ex multis, sentenze gemelle della V sezione del Consiglio di Stato, 2 agosto 2019 n.5502 e n.5503). Per contro, l’orientamento della III sezione del Supremo Consesso, facente capo alla sentenza 5 giugno 2019 n. 3780, ha adottato un’interpretazione costituzionalmente orientata, conforme all’art. 97 Cost., ammettendo l’accesso civico generalizzato anche nelle procedure ad evidenza pubblica. La lacuna normativa, dunque, sarebbe solo frutto di una svista del legislatore che non ha coordinato bene la disciplina speciale con quella generale. Ma non si può escludere un istituto che è espressione del valore fondamentale della trasparenza. Del resto, escludere tale istituto sarebbe poco coerente con le stesse procedure “ad evidenza pubblica” che si fondano sulla trasparenza e la pubblicità. Pertanto, la sezione III del Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 8501 del 16 dicembre 2019, in continuità con il suo orientamento positivo circa l’ammissibilità dell’accesso civico alla disciplina dei contratti pubblici, invocando una maggiore certezza interpretativa, ha sottoposto all’Adunanza plenaria i seguenti quesiti: 1. se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo

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affidamento del contratto, secondo la regole dello scorrimento della graduatoria; 2. se la disciplina dell’accesso civico generalizzato, di cui al d. Lgs. n. 33 del 2013, come modificato dal d. lgs. n. 97 del 2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice; 3. se, in presenza di una istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla l. n. 241 del 1990, o ai suoi elementi sostanziali, la pubblica amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato, di cui al d. lgs. n. 33 del 2013; e, se di conseguenza il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria, di cui alla l. n. 241 del 1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato. Il Supremo Consesso rivede la tassonomia dei quesiti posti dalla III sezione, sulla base di un ordine di priorità logica nella trattazione e passa ad esaminare prima l’ultimo quesito, poi, il secondo ed infine il primo. Con riguardo, dunque, al primo quesito del nuovo ordoquaestorium, la giurisprudenza asserisce che è applicabile l’accesso civico generalizzato anche alla materia dei contratti pubblici. Pertanto, anche se l’istanza di accesso fosse priva degli elementi tipici dell’accesso documentale, la P.A. sarebbe tenuta ad esaminarla come istanza di accesso civico. Pur riconoscendo, infatti, l’infelice formulazione legislativa lacunosa, ai fini di una corretta interpretazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, il Consiglio di Stato non può non considerare un concorso tra le due forme di accesso documentale e generalizzato. Infatti “il rapporto tra le due discipline generali e settoriali … non può essere letto unicamente ed astrattamente, secondo un criterio di specialità e, dunque, di esclusione reciproca, ma, secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione, in quanto la logica di fondo sottesa alla relazione delle discipline non è quella della separazione ma quella dell’integrazione dei diversi regimi, pur nelle loro differenze, in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo che rifugge in sé da una segregazione assoluta “per materia” delle singole discipline”.Del resto, evidenzia il Supremo Consesso, un diverso orientamento interpretativo escludente avallerebbe il rischio di creare “un buco nero” della trasparenza nella normativa. Sul secondo quesito, il Supremo Consesso specifica che l’accesso civico generalizzato, ferme le eccezioni di cui all’art. 5 bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n.33/2013, è ammissibile anche in ordine agli atti della fase esecutiva. All’uopo richiama anche le conclusioni della delibera ANAC n.317 del 29 marzo 2017. Infatti rispondendo la trasparenza ad una finalità di “controllo diffuso” della collettività sull’agire amministrativo, questa esigenza è particolarmente avvertita proprio nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni, ed, in particolare, nell’esecuzione dei rapporti dove spesso si annidano fenomeni di maladministration. Afferma il giudice amministrativo, infatti, che “non è più possibile affermare, in un quadro evolutivo così complesso che impone una visione d’insieme anche alla luce delle coordinate costituzionali, eurounitarie e convenzionali che l’accesso agli atti di gara costituisca un microcosmo normativo compiuto e chiuso”. Inoltre, l’accesso generalizzato in questa materia è doveroso “perché connaturato all’essenza stessa dell’attività contrattuale pubblica e perché esso operi, in funzione della c.d. trasparenza reattiva, soprattutto in relazione a quegli atti, rispetto ai quali non vigono i pur numerosi obblighi di pubblicazione previsti (trasparenza proattiva)”. Infine, sul terzo quesito, il Consiglio di Stato evidenzia che, per l’accesso generalizzato opera il limite di cui all’art. 5 bis, c.2,d .Lgs. n. 33/2013, che rappresenta un’eccezione relativa e non assoluta. Pertanto occorre operare un bilanciamento, in concreto, tra il valore fondamentale all’accesso e quello della riservatezza, secondo un canone di proporzionalità. In conclusione, l’adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 5, c.p.a., sulla base delle motivazioni esposte, enuncia i seguenti principi di diritto: 1) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adito ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento; 2) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale; 3) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. Lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. Lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.


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motivi di esclusione Vincenza Di Martino - Avvocato Cassazionista

L’Adunanza Plenaria si pronuncia sull’esatta portata e perimetrazione degli obblighi dichiarativi nelle procedure ad evidenza pubblica

L’

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art. 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, rubricato “motivi di esclusione”, disciplina i requisiti di integrità ed affidabilità professionale che devono possedere gli operatori economici per accedere ad una gara pubblica. Segnatamente, al comma 5, sono contemplate due distinte ipotesi di esclusione: l’una riguarda l’operatore che “abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” (lett. c-bis)1; l’altra fa riferimento, invece, a “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere” (lett. f-bis). Ebbene, se la ratio dell’istituto e il suo funzionamento sono chiari, meno chiara è stata, per diverso tempo, la distinzione che intercorre tra le due cause di esclusione: entrambe, infatti, sanzionano le dichiarazioni “false o fuorvianti” (lett. c-bis) oppure “non veritiere” (lett. f-bis), evidentemente sovrapponendosi. Eppure, le due ipotesi producono effetti radicalmente diversi. Nello specifico, la violazione della norma di cui alla lett. f-bis) comporta l’esclusione automatica dalla gara dell’operatore economico che abbia reso dichiarazione mendace; al contrario, l’infrazione della previsione di cui lett. c-bis) impone alla stazione appaltante, anche tramite approfondimenti istruttori, di valutare – discrezionalmente – se escludere o meno l’operatore economico2. In questo contesto si è inserita la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 16 del 28.08.2020, ha perimetrato le conseguenze degli obblighi dichiarativi delle imprese con particolare riferimento alle previsioni di cui alle lettere c-bis) ed f-bis) della

disposizione in argomento. Il caso La sentenza in commento riguarda una gara bandita nel 2016 da un’Autorità portuale avente ad oggetto l’affidamento di lavori pubblici. In sede di offerta, l’aggiudicataria della gara aveva dichiarato di volersi avvalere di un consorzio stabile per integrare un requisito di carattere finanziario richiesto dalla lex specialis. Nei documenti di gara era infatti richiesto che i partecipanti dimostrassero di aver accumulato un determinato fatturato per appalti di lavori nel triennio precedente all’indizione della procedura. Tuttavia, in sede di verifiche post-aggiudicazione, la stazione appaltante rilevava che il consorzio ausiliario, aveva ricompreso nel computo del proprio fatturato specifico complessivo anche quello di una società che in realtà difettava dei requisiti statutari previsti per far parte del consorzio stesso. Per questo motivo, la stazione appaltante faceva applicazione della lett. f-bis) dell’art. 80 ed escludeva automaticamente l’aggiudicataria (e ausiliata). Il provvedimento di esclusione veniva impugnato dinanzi al Tar Puglia dall’interessata, ma il giudice di prime cure rigettava le censure proposte dalla ricorrente. Secondo il Tribunale la dichiarazione resa dall’ausiliaria “risultava obiettivamente non veritiera”, poiché essa “concerneva la cifra d’affari in lavori nel triennio, e, dunque, un dato obiettivo e privo di qualsiasi profilo di equivocità/opinabilità”. Secondo il Tar Puglia, l’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del codice dei contratti pubblici è rivolto a colpire il dato oggettivo delle “dichiarazioni non veritiere” relative ai requisiti di partecipazione, “indipendentemente dal concreto rilievo delle medesime e dall’atteggiamento ‘psicologico’ della concorrente che le rende”3.

1 L’attuale lettera c-bis) è frutto della novella di cui al d.l. 135/2018, che ha scorporato (tenendola immutata) la disposizione contenuta nella vecchia lett. c). Per questo motivo, nella motivazione della sentenza, l’Adunanza Plenaria fa riferimento alla lett. c), essendo ratione temporis la norma applicabile ad una gara bandita nel 2016. 2 Cfr. Cons. Stato, parere del 25.9.2017, n. 2042. 3 Cfr. TAR Puglia – Lecce, 22.5.2019, n. 846.


motivi di esclusione Contro tale decisione, proponeva appello l’ex aggiudicataria sostenendo, tra le altre cose, che il mendacio contestato al consorzio non verteva, in realtà, sull’obiettivo ammontare della cifra d’affari (pacificamente corretta e corrispondente ai bilanci delle società considerate), ma sull’attitudine del fatturato della società consorziata ad integrare il requisito minimo richiesto dal bando di gara. Il Consiglio di Stato, investito della decisione, rilevava un contrasto in giurisprudenza sulle questioni evidenziate dalle parti. Nello specifico, non era chiaro se la condotta tenuta dall’appellante fosse da ricondurre al falso di cui alla lett. f-bis) oppure al più ampio novero delle ipotesi contemplate dalla lett. c-bis)4. La distinzione – evidenziavano i giudici di Palazzo Spada – era rilevante, perché la prima opzione avrebbe confermato la scelta della stazione appaltante, mentre la seconda avrebbe obbligato quest’ultima a rivalutare le proprie decisioni. Perciò la Quinta Sezione del Consiglio di Stato rimetteva all’Adunanza Plenaria la questione “relativa alla portata, alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi di cui alle lettere c) [oggi c-bis), n.d.a.] e f-bis del comma 5 dell’art. 80 del d. lgs. n. 50/2016”5.

“debole”, ossia “informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione”, senza poter entrare nel merito delle decisioni assunte dalla stazione appaltante. Fatta questa premessa, i Giudici di Palazzo Spada hanno rilevato “un’identità di oggetto tra le lettere c) e f-bis) in esame” poiché “dall’esame dei rispettivi elementi strutturali si ricava anche una parziale sovrapposizione di ambiti di applicazione, derivante dal fatto che entrambe fanno riferimento a ipotesi di falso”. Per risolvere la questione, l’Adunanza Plenaria ha richiamato il criterio di specialità previsto dall’art. 15 delle preleggi, evidenziando che la lett. c-bis) è dotata di un elemento specializzante, ossia che le dichiarazioni false in questo caso devono incidere su “la selezione o l’aggiudicazione” nella procedura d’affidamento; invece la lett. f-bis) va ristretta alle ipotesi – di non agevole verificazione – in cui le dichiarazioni “non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima”. I principi enunciati dalla Plenaria sono così riassumibili: la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento dei contratti pubblici finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione è riconducibile alle ipotesi previste dalla lettera c) (ora c-bis) del comma 5 dell’art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò, la stazione appaltante è tenuta a svolgere le valutazioni di integrità ed affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità dell’operatore economico;

La stazione appaltante dovrà ricondurre la quasi totalità dei casi di violazione degli obblighi dichiarativi nella disposizione di cui alla lett. c-bis) e valutarne l’incidenza rispetto alla procedura di gara

La decisione dell’Adunanza Plenaria L’Adunanza Plenaria ha chiarito che, nel caso oggetto dell’ordinanza di remissione, la dichiarazione del consorzio ausiliario non poteva considerarsi falsa, visto che ciò che veniva contestato “non era l’oggettivo ammontare” del fatturato, ma “la sua imputabilità al consorzio” secondo le disposizioni di legge che regolano la materia. Al più, secondo la Plenaria, una circostanza di questo tipo poteva integrare un’omissione dichiarativa (quindi, riferibile soltanto alla lett. c-bis), la cui rilevanza, comunque, deve essere valutata discrezionalmente dalla stazione appaltante ai fini dell’esclusione. L’Adunanza Plenaria ha ribadito che tale valutazione può essere censurata dal Giudice soltanto nei consueti limiti del c.d. sindacato

4 La quale, è bene ricordarlo, oltre alle dichiarazioni “false o fuorvianti” punisce anche l’operatore che abbia “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”. 5 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 9.4.2020, ord. n. 2332.

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motivi di esclusione la lettera f-bis) dell’art.80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica a tutte le ipotesi di falso non rientranti nella lettera c) (ora c-bis) della medesima disposizione. Indicazioni per le stazioni appaltanti Alla luce della decisione della Plenaria, la stazione appaltante dovrà ricondurre la quasi totalità dei casi di violazione degli obblighi dichiarativi (consistenti in omissioni o dichiarazioni false o fuorvianti) nella disposizione di cui alla lett. c-bis) e valutarne l’incidenza rispetto alla procedura di gara. Infatti, il Consiglio di Stato ha ritenuto condivisibili i rilievi svolti dalla Quinta sezione nell’ordinanza di rimessione secondo cui la falsità della dichiarazione è, invece, predicabile solo nei casi di oggettiva non rinvenibilità di quanto dichiarato nella realtà. Per quanto riguarda l’attività valutativa di cui alla lett. c-bis), l’Adunanza Plenaria ha precisato che “l’amministrazione dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effetti6 Cfr. Cons. Stato, sez. III, 2.4.2020, n. 2245. 7 Cfr. Cons. Stato, sez. III, 5.3.2020, n. 1633.

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vamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità”. E’ bene ricordare che gli operatori economici non dispongono di alcun “filtro valutativo” sulle informazioni da dichiarare alla stazione appaltante6. Le dichiarazioni rese in corso di gara devono essere onnicomprensive e devono render conto di tutte le fattispecie astrattamente rilevanti per il corretto svolgimento della procedura7. Il Consiglio di Stato ha correttamente accomunato tali obblighi a quelli di natura precontrattuale che trovano fondamento negli artt. 1337 e 1338 c.c. e che contemplano l’obbligo per le parti di comportarsi secondo buona fede nel corso delle trattative.


motivi di esclusione Non esiste, quindi, nel contesto normativo attuale, una predeterminazione ex ante delle circostanze da dichiarare alla stazione appaltante. Certo è che, come ha chiarito la stessa Adunanza Plenaria, “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso”. Dal lato dell’operatore economico, dunque, ciò che è richiesto è un atteggiamento corretto ed improntato alla buona fede. Qualora le dichiarazioni vengano omesse, anche solo parzialmente, le stazioni appaltanti hanno un ampio margine di discrezionalità nel decidere in merito all’ammissione o all’esclusione. A questo ampio margine discrezionale della stazione appaltante fa da contraltare il sindacato “debole” del

Giudice amministrativo che può intervenire e censurare le decisioni dell’Amministrazione soltanto nei limiti della manifesta irragionevolezza, illogicità o errore di fatto. In caso contrario, il Giudice travalicherebbe i limiti imposti dalla separazione dei poteri, invadendo lo spazio riservato alla Pubblica Amministrazione. Quando ciò avviene, la sentenza del Giudice è affetta non già un mero errore di giudizio, ma da un vero e proprio sconfinamento nell’area ex lege riservata alla stazione appaltante. Si tratta, in questo caso, di pronuncia adottata in carenza di giurisdizione, come tale ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 110 C.p.a.8. In ogni caso, la motivazione della stazione appaltante dovrà essere ampia ed esauriente in caso di esclusione dell’operatore economico che non ha rispettato gli obblighi dichiarativi. In caso di ammissione, invece, la motivazione potrà essere meno stringente, ma dovrà comunque sussistere anche se in forma succinta o per relationem9.

8 Cfr. Cass. civ. sez. un. 17.2.2012, n. 2312. 9 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 24.09.2018, n. 5499; Cons. Stato, sez. III, 14.02.2012, n. 710.

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resilience and recovery fund bacchettone Luigi Parenti - Studio legale Parenti Roma

MES: un’occasione per rilanciare il sistema sanitario italiano

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l Resilience and Recovery Fund (Rrf), fondo progettato attraverso la raccolta di liquidità data dall’emissione dei Recovery Bond, ovvero per dirla con le stesse parole del Presidente del Consiglio Conte, il “fondo per la ripresa con titoli comuni europei per finanziare la ripresa di tutti i Paesi più colpiti, tra cui l’Italia”, è alla base della mediazione in corso affidata alla Presidente di turno del Consiglio europeo, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, che sta facendo di tutto per finalizzare l’accordo ed ha intenzione di giungere ad una soluzione entro il 2020. Ad oggi non sono bastate le riunioni dell’Ecofin a consentire ai ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione europea di sciogliere i nodi sulla consistenza e sui tempi dello Rrf. Soluzione non vuol dire attuazione: per dotare l’Ue di capacità fiscale propria per un Rrf di 750 miliardi di euro - tale è la cifra messa in campo a livello europeo per fronteggiare la crisi causata dal Covid-19 (209 miliardi solo per l’Italia) - è necessario un accordo intergovernativo ratificato dai Parlamenti dei 27 Stati membri. Ciò significa che è altamente probabile che nessuno Stato membro vedrà un euro prima del 2022.

di condizioni generalmente piuttosto rigide, ma a seguito della deliberazione del Consiglio europeo di aprile, oggi uno Stato membro se necessita aiuto per sostenere e finanziare le spese sanitarie legate al coronavirus vi può accedere senza condizioni. Fondamentale, tuttavia, sarà spendere bene i soldi richiesti con il Mes. Non è ancora disponibile il programma predisposto dal Ministero della Salute. Sono stati però resi pubblici i punti principali del documento inviato al CNEL della FEDER.S.P.eV. e della CONFEDIR con le indicazioni di possibile utilizzo corretto del Mes: a) attuare una ristrutturazione del Servizio sanitario nazionale (Ssn) basato su ospedali che siano centri servizi ad alta tecnologia, investendo, quindi, sul miglioramento e l’ottimizzazione del patrimonio immobiliare esistente. Ciò richiede quattro anni di lavoro per circa due miliardi di euro l’anno, ossia in totale otto miliardi; b) iniziare un lavoro di farmacogenomica, ovvero organizzare, partendo dagli ospedali-centro servizi e presidi territoriali, il miglior impiego di farmaci avanzati che concedano la possibilità di avviare terapie specifiche che permettano cure a domicilio o in strutture protette diffuse sul territorio per monitorarne gli effetti, in sostituzione di quelle attualmente somministrate in regime ospedaliero; c) Long Term Care, ovvero riassetto della medicina territoriale con presidi, ciascuno dei quali serva un bacino di 20.000 abitanti. Sono già state fatte sperimentazioni utili in Toscana, con “Case della Comunità” o “Sanità di iniziativa” che coordinano 12-15 medici uniti in studi aggregati ubicati in una sede di servizio/struttura territoriale unitaria/unica, con la presenza di 12-15 infermieri, di 6-8 terapisti della riabilitazione e di 3-4 unità amministrative. Ciò darebbe concreta attuazione

Soluzione non vuol dire attuazione: per dotare l’Ue di capacità fiscale propria per un Rrf di 750 miliardi di euro è necessario un accordo intergovernativo ratificato dai Parlamenti dei 27 Stati membri

Intanto sono evidenti i segnali di una nuova emergenza sanitaria in tutta Europa, Italia compresa, anche se il lockdown forzato e rigoroso di marzo e aprile ha messo il nostro Paese in condizioni sanitarie migliori rispetto al resto del continente, che oggi vede un notevole incremento di casi tra contagiati e decessi. In questa situazione è chiaro che l’Italia dovrà necessariamente chiedere al più presto l’accesso allo sportello sanitario del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), ovvero il meccanismo volto a mantenere la stabilità finanziaria della zona euro e che prevede l’emissione di prestiti sulla base


resilience and recovery fund alla indispensabile continuità assistenziale, ma comporterebbe una spesa specialistica di circa 18 miliardi. Tali misure costituiscono solo l’embrione di una progettazione strutturale di trasformazione e ottimizzazione del Ssn a poco più di quaranta anni dalla sua costituzione. Necessaria anche l’integrazione, come già in essere in alcuni Stati membri UE, della tessera sanitaria di ogni cittadino con un microchip o tramite l’istituzione di una chiavetta usb contenenti i dati anagrafici - accessibili con una password - e i dati clinici - accessibili con una seconda password - che resterebbero in mano sempre al cittadino. Nel caso dell’introduzione dell’uso del microchip sarebbe necessario dotare le strutture di un lettore specifico, invece nel caso della chiavetta la si potrebbe utilizzare da qualsiasi computer. A siffatte fasi si dovrebbe associare la realizzazione di misure rivolte a rinforzare l’esecuzione corretta delle prestazioni in modo tale che il cittadino fruitore permanga nella struttura, o segua la cura, conforme alla propria necessità sanitaria del momento, nonché della qualità dei servizi sanitari, al fine che gli esiti delle cure ed il grado di benessere individuale siano oggettivamente i più elevati possibili. Ciò anche per concretizzare un definitivo e concreto mutamento del Ssn, resosi necessario a seguito di tutte le inadeguatezze rilevate con l’esplosione della pandemia da Covid-19, mediante due avviamenti indispensabili,

ovvero consentire esternamente dagli ospedali sia la cura delle patologie croniche che l’assistenza specialistica ambulatoriale. È altresì necessaria la realizzazione di poliambulatori regionali, sulla sorta di quelli privati sorti negli ultimi anni, ad alta tecnologia da innestare nel territorio provvisti di idonei ed indispensabili strumenti medico sanitari, incluse le dotazioni elettro-medicali, e ciò per ampliare ed aumentare i riscontri ai cittadini con la finalità di smantellare le liste di attesa. In tali strutture dovrebbero essere presenti anche medici chirurghi. Come già sopra ricordato, altra colonna della riforma dovrebbe riguardare l’Assistenza domiciliare integrata (Adi) con la previsione di aumentare i medici di base che effettuino visite direttamente presso la dimora del cittadino. Tali riforme estremamente indispensabili e non più rinviabili per l’Italia, dovranno comunque essere realizzate, se si dovesse decidere di non attingere al Mes, con fondi statali, e certamente non è possibile attendere l’erogazione del Rrf anche in virtù del fatto che 209 miliardi prima di tutto non saranno sufficienti per la loro istituzione e, inoltre, quando saranno disponibili, inevitabilmente, dovranno essere utilizzati anche per altre finalità che esorbitano dalla sfera sanitaria. Pertanto risultano cristallini i motivi per i quali l’utilizzo del Mes è un’opportunità irripetibile per l’Italia.

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gestione Angelo Aliquò - Direttore Generale A.S.P. - Ragusa

Un manager del SSN deve saper organizzare il presente ma allo stesso tempo progettare il futuro

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a Pandemia di Covid 19, o meglio il suo forte riverbero sul sistema sanitario nazionale ha posto di nuovo in primo piano la necessità che i manager delle aziende sanitarie non perdano mai di vista, tra i loro obiettivi, quello di impostare politiche che sappiano garantire una riposta medica adeguata nel presente senza mai dimenticare che un futuro, dove il paziente/utente possa mantenere la certezza di accedere alle cure sanitarie, deve essere costruito oggi. Lo stato di emergenza ha inoltre evidenziato come il nostro modo di intendere la sanità debba però cambiare imparando, al più presto, a prevenire ancor prima che curare le patologie ormai conclamate. QuotidianoSanità in un suo articolo del 26/09/2018 già allora denunciava come: “Il dibattito sulla crisi degli investimenti in Sanità, secondo alcuni studiosi non è solo un problema di risorse, piuttosto sembrerebbe legato alla normativa vigente (D.Lgs. 118/2011) che non consente alle direzioni aziendali un utilizzo di fondi per investimenti in relazione alla impossibilità di utilizzare il sistema dell’ammortamento che non è applicabile quando l’investimento è fatto in conto esercizio”. Pur se corretta dal punto di vista tecnico/contabile, l’analisi del D.Lgs 118/2011 non può essere circoscritta soltanto ai dettami del decreto stesso. La lettura di quel D.Lgs, va ancor oggi filtrata con una visione meno critica e più interpretativa di quella che voleva certamente essere la volontà del legislatore. Infatti il primo

aspetto che si evidenzia dalla lettura del Decreto è certamente la volontà di armonizzare i vari sistemi contabili utilizzati dalla P.A. che interagiscono tra di loro (contabilità economico patrimoniale, contabilità finanziaria), non dimenticando che l’utilizzo delle cosiddette leve di investimento (fino all’entrata in vigore del D.Lgs. 118/2011), avevano consentito ai direttori generali delle Aziende del SSN di produrre un eccessivo indebitamento proprio grazie al sistema degli ammortamenti. In concreto le Aziende, facendo leva sulle norme di contabilità che disciplinavano gli acquisti di beni strumentali, cioè applicando la tecnica degli ammortamenti che prevedeva di rilevare in contabilità solo la quota parte del costo totale del bene strumentale acquistato, impattavano sul risultato di esercizio non per l’intero importo, bensì solo per la percentuale stabilita dalla norma, in funzione della tipologia di investimento fatto. Tutto ciò permetteva alle aziende, e quindi ai loro rappresentanti legali, di rispettare il vincolo dell’equilibrio di bilancio, non tenendo conto però che contestualmente si creavano dei disallineamenti finanziari che spesso venivano coperti ricorrendo alle anticipazioni di cassa e quindi ad un costoso indebitamento, inducendo tutte le aziende nel lungo periodo a non avere liquidità sufficiente a garantire il pagamento di quei fornitori che concorrevano a garantire l’erogazione dei servizi primari, oggi LEA. Va poi ricordato che a supporto di questa tesi è intervenu-

Il principio di base della Sanità pubblica, risieda in una sanità per tutti e che è al servizio di tutti e non del medico, degli operatori o peggio ancora del manager la cui durata dell’incarico è peraltro limitata nel tempo


gestione

to il D.L. 35/2013 con il quale si sono date disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti delle P.A., tanto che si è proceduto a fare accendere mutui trentennali alle regioni, al fine di immettere liquidità al sistema, per rientrare dalle costose anticipazioni di cassa, ma soprattutto per ripianare il debito pregresso e fare ripartire i consumi del paese che sembrava essere avvitato su se stesso. Ma c’è qualcosa che va rilevato in modo deciso. Più di una volta è stato affermato che in sostanza che i manager della sanità pubblica, a causa della modifica normativa riguardante la possibilità di mettere in ammortamento gli investimenti, non trovano convenienza ad investire perché non avrebbero benefici entro la durata del proprio mandato: “(…) e occorre chiedersi perché un manager dovrebbe investire (in assenza di finanziamenti dedicati) e deprimere il risultato economico della sua gestione a tutto vantaggio delle future gestioni (...)”. (Quotidianosanità 2018) Anche in questo caso, ancorché il redattore dell’articolo possa avere ragione tecnicamente con riguardo alla convenienza che il paese, attraverso la sua più grande industria quella della sanità pubblica - metta in atto investimenti su nuove tecnologie e ricerca scientifica, al di là ancora della possibilità che le società scientifiche e le associazioni di categoria, come FIASO o Federsanità, possano e debbano intervenire per proporre un aggiornamento e un miglioramento normativo, bisogna aggiungere al dibattito ulteriori considerazioni. Riteniamo infatti, che il principio di base della sanità pubblica, risieda in una sanità per tutti e che è al servizio di

tutti e non del medico, degli operatori o peggio ancora del manager la cui durata dell’incarico è peraltro limitata nel tempo. Il senso di responsabilità di un manager pubblico, oltre ogni legittima ambizione personale, non può non tenere conto della necessità di costruire un sistema che veda al futuro. La missione di un manager è organizzare i fattori della produzione per il soddisfacimento del bisogno di salute e le risorse disponibili, poiché limitate, devono essere allocate in maniera tale da ottenere il miglior risultato possibile in termini di efficacia, ovvero in termini di esiti e quindi di soddisfacimento del bisogno di salute. Ma attenzione, il bisogno di salute non è soltanto quello oggi espresso, bisogna investire affinché le generazioni future riducano il loro ricorso alle cure sanitarie. La sanità non è soltanto ospedale è anche, sempre di più, prevenzione. Facendo una metafora storica, i manager della sanità sono paragonabili a coloro che dovevano organizzare e gestire opere complesse come i cantieri di antiche cattedrali. I costruttori delle cattedrali raramente vedevano la fine dei lavori che avevano immaginato, eppure ci hanno lasciato opere che nel tempo si sono conservate anche come icone di bellezza e spiritualità. Al senso di rispetto e di responsabilità nei confronti delle norme e della società per cui si lavora, forse occorrerebbe aggiungere proprio una “spiritualità” che ci consenta di pensare al futuro per non trovarci mai più nelle condizioni di crisi morale oltre che economica, in cui questo paese è sprofondato. Il presente dovrebbe insegnarcelo.

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confindustria dispositivi medici A cura dell’Area Affari legali e compliance di Confindustria Dispositivi Medici

Le nuove “Linee Guida in tema di conflitto di interessi” per la riduzione del rischio di corruzione in sanità

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a pandemia che stiamo vivendo ci ha reso sempre più consapevoli dell’importanza di un rapporto di collaborazione fra l’industria delle tecnologie per la salute, i clinici e più in generale i soggetti attivi nella ricerca clinica e scientifica. L’ecosistema da cui nascono i dispositivi medici ha al centro questo rapporto e con esso le difficoltà che comporta nell’essere definito da regole chiare e trasparenti sia per le imprese che per la pubblica amministrazione. La legislazione dovrebbe infatti creare attraverso delle regole mirate, condizioni specifiche per un settore altamente tecnologico che ha già diversi ostacoli da superare per rendere accessibile a tutti l’innovazione a cui lavora, come un ciclo di vita breve dei prodotti, un quadro regolatorio stringente e investimenti ad alto rischio.

e gli avvocati Manuel Sarno e Giorgio Calesella insieme al nostro presidente Massimiliano Boggetti e al Direttore Affari legali e compliance, Laura Ressa. Nel Codice Etico, tra i molteplici aspetti affrontati è possibile citare il principio di rotazione degli incarichi affidati agli operatori sanitari, l’applicazione del fair market value, il coinvolgimento delle strutture sanitarie nei processi di invito a convegni e congressi nonché di affidamento incarichi, l’astensione dagli affidamenti di incarichi quando il professionista sanitario sia coinvolto in procedimenti di gara che interessano l’azienda, adozione del sistema di trasparenza dei trasferimenti di valore.

L’obiettivo delle “Linee Guida in tema di conflitto di interessi” è cercare di riconoscere le situazioni di conflitto di interesse e aiutare le nostre imprese nella gestione del rapporto con il mondo della sanità e dei suoi operatori

In Confindustria Dispositivi Medici abbiamo anticipato l’iter legislativo con il Codice Etico che le nostre imprese hanno scelto di adottare come codice di autoregolazione. Fra i punti fondamentali c’è la sponsorizzazione indiretta di tutti gli eventi di formazione per gli operatori sanitari e la full trasparency nella pubblicazione dei contributi delle aziende. Azioni concrete che precorrono la strada che sta aprendo il Sunshine Act. E oggi, come associazione imprenditoriale, abbiamo fatto un ulteriore passo in avanti con il lavoro sulle “Linee Guida in tema di conflitto di interessi”. Uno nuovo strumento associativo che abbiamo presentato durante il webinar “Il rischio di corruzione in sanità: uno strumento di prevenzione” a cui sono intervenuti Maurizio Grigo, già Giudice dell’inchiesta Mani Pulite

Nell’agire quotidiano è infatti fisiologico e imprescindibile che aziende e operatori sanitari collaborino in un contesto di rispetto reciproco nell’interesse ultimo della tutela della salute dei pazienti e del progresso della scienza. Confindustria Dispositivi Medici e le imprese associate, ritengono che tale obiettivo non possa essere raggiunto senza la consapevolezza e la cultura che porta a riconoscere e correttamente gestire le situazioni che potrebbero degenerare, loro malgrado, in condotte illecite o che l’osservatore esterno potrebbe percepire come scorrette. Funzionale alla realizzazione di tale politica, nonché di fondamentale importanza per una efficace strategia di prevenzione dei reati è l’adozione e corretta implementazione di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex


confindustria dispositivi medici D.Lgs. n. 231 del 2001. Procedure e best practice elaborate al fine di correttamente gestire e prevenire il conflitto di interessi potranno rappresentare il “presidio a tutela” rispetto a molteplici “aree a rischio” di commissione dei reati quali, tra gli altri, corruzione e induzione indebita. Nella medesima ottica di prevenzione e gestione dei reati come dei rischi, deve poi sottolinearsi l’importanza della figura dell’Organismo di Vigilanza: soggetto terzo e imparziale il cui compito è di vigilare sulla corretta applicazione e implementazione del Modello 231, interlocutore privilegiato delle risorse aziendali. Se è pur vero che il conflitto di interessi è la condizione dell’esponente della Pubblica amministrazione che si trovi in conflitto tra i propri interessi personali e l’onere di imparzialità richiesto dal suo incarico, il ruolo delle aziende non è marginale. L’agire delle aziende è non di rado il tassello che rende attuale il conflitto; spesso il vantaggio e l’interesse dell’operatore sanitario al mantenimento del rapporto di collaborazione con le aziende fa sì che si realizzi la situazione di mancanza di imparzialità che genera il conflitto. Da qui l’interesse alla corretta gestione delle diverse declinazioni di conflitto di interesse. Ulteriore diretta conseguenza della politica di correttezza e legalità che le imprese associate e Confindustria Dispositivi Medici intendono promuovere è la tutela della

concorrenza: un contesto animato da principi comuni di gestione delle posizioni di potenziale pericolo, è un contesto nel quale l’uguaglianza degli operatori viene garantita dalle istituzioni e gli attori del mercato possono affidarsi con fiducia reciproca per il raggiungimento dei propri obiettivi commerciali. Confindustria dispositivi medici è fortemente convinta dell’importanza di regole comuni per far sì che si realizzi una trasparenza formale e sostanziale nei rapporti tra il mondo sanitario e le aziende associate: le regole e l’impegno comuni rappresentano il mezzo per poter giungere a tale ambizioso risultato che vanta benefici in termini di sicurezza per gli associati, progresso per medicina, concorrenza tra gli operatori e imparzialità della pubblica amministrazione. In sostanza, l’obiettivo delle “Linee Guida in tema di conflitto di interessi” è cercare di riconoscere le situazioni di conflitto di interesse, anche potenziali, e aiutare le nostre imprese nella gestione del rapporto con il mondo della sanità e dei suoi operatori, così che il contributo dei privati al progresso medico scientifico possa essere valorizzato tanto per l’importanza del loro apporto per la salute pubblica quanto per lo sviluppo del contesto economico di riferimento. Per questo devono essere correttamente gestite tutte quelle situazioni che potenzialmente potrebbero minare la fiducia nei confronti dell’operato delle aziende con particolare riferimento ai loro rapporti con gli operatori sanitari e gli enti, anche se potrebbero non sfociare in fenomeni corruttivi. Ed è ancora più difficile se si considera che le situazioni di conflitto non possono essere tipizzate, ma vanno valutate di volta in volta attraverso un processo interno di analisi dei conflitti. Per accendere un faro sui diversi contesti, nelle linee guida è stata fatta una prima mappatura delle analisi dei rischi e delle best practice da adottare per quanto riguarda gare e appalti, consulenze e incarichi, studi clinici e società scientifiche, royalty, terze parti e agenti e distributori.

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l’app “monitoraggio gare UOC provveditorato” Michela Barbiero, Lucia Berzioli, Paolo Filippi, Fabio Zurlo - Azienda ULSS 6 “Euganea”

“Monitorare (gratis) le procedure di gara con un’App”

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noto come in ambito informatico, fino all’avvento dei sistemi operativi basati su interfaccia grafica, fossero richieste approfondite competenze di programmazione per poter eseguire qualunque funzione. L’adozione dell’interfaccia grafica, in sostituzione di quella a riga di comando, ha di fatto reso accessibile l’utilizzo del computer ad una vasta tipologia di utenti in precedenza esclusi. Allo stesso modo, stiamo assistendo negli ultimi tempi alla crescente diffusione di piattaforme di sviluppo per applicazioni basate su un approccio di tipo “no-code” e gestibili in completa autonomia. Questo tipo di soluzione è particolarmente adatta a realtà aziendali di piccole-medie dimensioni, dove i costi per lo sviluppo ed il mantenimento di un’applicazione realizzata su misura non sarebbero giustificati considerato numero degli utilizzatori. Un’ulteriore caratteristica delle piattaforme di sviluppo no-code è rappresentata dalla possibilità di gestire facilmente molteplici tipologie di contenuti tramite un’unica applicazione.

rappresentando un attore di primo piano nell’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie e socio-assistenziali in Veneto. All’interno di una realtà così ampia e complessa si rivela di fondamentale importanza, sia per il Direttore dell’U.O.C. Provveditorato che per i Coordinatori dei gruppi di lavoro facenti capo ad esso, la possibilità di disporre di informazioni complete, aggiornate e facilmente accessibili riguardanti lo stato delle procedure di acquisizione in corso, esigenza divenuta ancor più impellente in seguito alle disposizioni introdotte dal decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76, che prevedono, per la prima volta, tempi definiti per l’espletamento delle procedure di gara.

L’App “Monitoraggio Gare UOC Provveditorato”, consente di visualizzare in un unico strumento di lavoro i dati delle procedure di acquisizione in corso aggiornati in tempo reale, mostrandone lo stato di avanzamento in base ai passaggi previsti nella checklist di riferimento

Analisi del contesto L’Azienda ULSS 6 “Euganea” nasce il 1 gennaio 2017 per effetto della Legge Regionale n. 19 del 25 ottobre 2016 dall’Azienda ULSS 16, che modifica la propria denominazione sociale in Azienda ULSS 6 “Euganea” incorporando le soppresse Aziende ULSS n. 15 “Alta Padovana” e n. 17 di Este. Si estende su un territorio formato da 101 Comuni con una popolazione di circa 945.000 abitanti,

Obiettivi del progetto Proprio per le peculiarità sopra citate, risultava utile dotare l’U.O.C. Provveditorato di uno strumento comune, condiviso, sempre accessibile e prontamente aggiornabile anche da remoto, per consentire il monitoraggio in tempo reale delle procedure di acquisizione in corso. Di pari importanza era, altresì, la necessità non più differibile di standardizzare e digitalizzare le metodologie di inserimento ed aggiornamento dei dati. Infine, tra gli obiettivi del progetto vi era la creazione di uno strumento di supporto all’attività del Direttore e dei Coordinatori, in grado di organizzare le informazioni


l’app “monitoraggio gare UOC provveditorato” provenienti da diverse basi di dati in maniera funzionale rispetto alle necessità informative, permettendo la visualizzazione dei contenuti così creati su dispositivi mobili. Definizione del processo Il processo di gestione e monitoraggio delle procedure di acquisizione in corso è stato impostato utilizzando la suite di strumenti Google in dotazione aziendale. Per prima cosa, è stato predisposto un foglio di calcolo, accessibile ai responsabili dell’istruttoria delle singole pratiche e costituito da diversi campi, i cui principali sono: Descrizione della procedura; Project Manager; Data di inizio istruttoria; Data di inizio procedura; Scadenza prevista; Giorni residui; Importo; Tipologia; Stato. I campi “Data di inizio istruttoria”, “Data di inizio procedura”, “Scadenza prevista” e “Giorni residui” costituiscono gli elementi fondamentali per consentire un efficace monitoraggio delle procedure sul piano temporale alla luce del nuovo DL 76/2020, valorizzando al contempo il ruolo dei responsabili d’istruttoria, di fatto veri e propri “project manager”. I campi “Tipologia” e “Stato” rappresentano, rispettivamente, la tipologia di procedura di gara in corso ed il relativo stato, definito sulla base di un elenco di passaggi standard previsti dalle procedure interne all’U.O.C. Provveditorato (c.d “checklist” ). Le macro-tipologie di procedure considerate nella fase iniziale di test, come descritte dal D.lgs. n. 50/2016 e dal DL 76/2020, sono: affidamento diretto, procedura negoziata e procedura aperta, declinate nelle varie possibilità. L’operatore, una volta inserita la procedura di gara e selezionata la tipo-

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logia tramite un menù a tendina, provvederà ad aggiornarne lo stato all’avvenuto completamento dei passaggi standard previsti, utilizzando un secondo menù a tendina i cui valori derivano dalla checklist di riferimento. Sviluppo dell’App Il foglio di calcolo Google così realizzato già di per sé assicura notevoli vantaggi dal punto di vista del monitoraggio dell’iter di gara, lasciando, tuttavia, aperto il problema di come integrare tra loro informazioni provenienti da basi di dati diverse. La soluzione prescelta è stata quella offerta da AppSheet (www.appsheet.com), installata come componente aggiuntivo nei fogli di calcolo Google e capace di creare applicazioni personalizzate e gratuite, se condivise entro il limite massimo di 10 utilizzatori. L’App realizzata, denominata “Monitoraggio Gare UOC Provveditorato”, visualizza in un unico strumento i dati delle procedure di acquisizione in corso aggiornati in tempo reale, mostrandone lo stato di avanzamento in base ai passaggi previsti nella checklist di riferimento. Le informazioni di dettaglio sono richiamabili semplicemente


l’app “monitoraggio gare UOC provveditorato” selezionando nell’elenco generale la riga di interesse. Estensione delle funzionalità AppSheet consente di gestire complesse strutture di dati, rendendo l’utilizzatore libero di creare interfacce per organizzare i contenuti nella maniera a lui più funzionale, anche tramite l’utilizzo di formule o la creazione di filtri e colonne “virtuali”. Grazie a queste caratteristiche, è stato naturale estendere ulteriormente le funzionalità dell’App integrando anche il riepilogo dell’ammontare totale degli ordinativi emessi per l’anno in corso, oltre ad un’interfaccia specifica per

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monitorare i soli acquisti legati all’emergenza COVID-19. Al fine di recepire le disposizioni contenute nel decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76, nel modello già realizzato è stato implementato un sistema di monitoraggio delle tempistiche delle procedure, finalizzato ad individuare prontamente eventuali situazioni di criticità che ne ritardino la conclusione. Vantaggi e considerazioni finali L’applicazione “Monitoraggio Gare UOC Provveditorato” si è rivelata un prezioso strumento per supportare l’attività quotidiana del Direttore e dei Coordinatori dei gruppi di


l’app “monitoraggio gare UOC provveditorato” lavoro, agevolando il monitoraggio continuo dello stato e delle tempistiche delle procedure di acquisizione in corso, l’analisi degli ordinativi emessi nonché la gestione dei collaboratori dislocati presso sedi differenti. Le funzionalità di maggior interesse sono rappresentate soprattutto dalla possibilità di gestire ed organizzare in totale autonomia una grande molteplicità di contenuti, creando interfacce personalizzate secondo le esigenze informative proprie degli utilizzatori. L’attività dei collaboratori ha parimenti tratto beneficio dall’utilizzo del foglio di calcolo comune, digitalizzando ed uniformando le modalità di inserimento ed aggiornamento dei dati. In conclusione, sulla base dell’esperienza ottenuta in questa

fase iniziale di sperimentazione, possiamo senz’altro ritenere che il modello proposto supporti efficacemente le esigenze di monitoraggio dello stato e delle tempistiche delle procedure di acquisizione in corso, essendo, inoltre, in grado di recepire prontamente mutamenti nel contesto operativo e normativo. L’utilizzo delle piattaforme per lo sviluppo di applicazioni basate sull’approccio c.d. “no-code” ha rappresentato un fattore chiave nell’implementazione del modello e ci auguriamo possa costituire elemento di approfondimento anche per altre realtà sanitarie interessate da analoghe esigenze di coordinamento e monitoraggio. Camposampiero (PD), 21 ottobre 2020.

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emergenza covid Paola Bardasi - Commissario Straordinario Azienda Osp.ro Univ. di Ferrara Alberto Fabbri - Dirigente M.O. Affari Istituzionali e di Segreteria Azienda Usl di Ferrara - RPCT

La “trasparenza affievolita” dall’emergenza Covid-19: le Pubbliche Amministrazioni alla prova del “FOIA sospeso”

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l 30 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità annunciava “l’emergenza sanitaria globale” causata dal virus COVID-19 ed il giorno successivo il Consiglio dei Ministri conseguentemente dichiarava1 lo stato d’emergenza nel nostro Paese: a questo provvedimento sono susseguiti diversi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e decreti legge finalizzati al contrasto della diffusione del virus e caratterizzati da inevitabili conseguenze restrittive delle “libertà personali” dei cittadini che in un primo momento riguardavano solamente i Comuni direttamente coinvolti poi successivamente estesi a tutto il territorio nazionale. Come è noto i Decreti del Presidente del consiglio, al pari dei Decreti ministeriali, sono atti amministrativi, e, in quanto tali, possono derivare da norme di legge, ma non possono autonomamente promuoverle. Il DPCM, atto amministrativo che – come tale – non ha forza di legge, non ha pertanto come finalità quella di dare attuazione a disposizioni legislative ma è stato lo strumento a cui il Presidente del Consiglio ha maggiormente fatto ricorso per far fronte all’emergenza Coronavirus, in ragione della più celere e immediata modalità di approvazione. Ma, se le presunte “limitazioni” alle libertà fondamentali, garantite dal dettato costituzionale nel senso sopradescritto, provengono proprio da tale categoria giuridica, appare

evidente la contraddittorietà di fondo: mentre l’atto legislativo (e nello specifico il decreto legge) viene assoggettato ad una serie di controlli previsti proprio dalla costituzione (approvazione delle due Camere, promulgazione del Presidente della Repubblica, eventuale sindacato da parte della Corte Costituzionale) l’atto amministrativo (quale il DPCM) non viene sottoposto a nessun controllo da parte del potere pubblico e costituzionale, se non quello del possibile sindacato innanzi al giudice amministrativo entro gli stringenti termini di impugnazione previsti dal codice del processo amministrativo. I decreti del Presidente del Consiglio, dunque, finiscono per diventare atti sostanzialmente insindacabili, pur dettando prescrizioni alle libertà personali. Al contempo, diventano nella sostanza atti normativi “atipici”, che si sostituiscono alle fonti normative primarie, senza i vincoli prescritti per queste ultime. Ovviamente queste misure sono state concepite in un momento storico particolare per la vita del Paese e, per assicurare il loro corretto inquadramento nel panorama costituzionale, si è dovuto ricorrere a presupposti fondamentali ispirati ai principi di: - emergenza sanitaria; - temporaneità. Al proposito la presidente della Corte Costituzionale nella relazione sull’attività del 2019 sottolinea che “Il nuovo

Il FOIA si pone il fine di promuovere una maggiore trasparenza nel rapporto tra le istituzioni e la società civile e stimolare un dibattito pubblico informato su temi di interesse collettivo

1 DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 31 gennaio 2020 recante “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”;


emergenza covid anno è stato aperto da una contingenza davvero inedita e imprevedibile, contrassegnata dall’emergenza, dall’urgenza di assicurare una tutela prioritaria alla vita, alla integrità fisica e alla salute delle persone anche con il necessario temporaneo sacrificio di altri diritti”. Al contrario di altre Costituzioni (es. art.16 della Costituzione francese, art. 116 della Costituzione spagnola, art. 48 della Costituzione ungherese) evidenzia ancora la relazione “la Costituzione italiana non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza e non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri, ma contiene al suo interno gli strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base alle specifiche contingenze: necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui, secondo la giurisprudenza costituzionale, in ogni tempo deve attuarsi la tutela “sistemica e non frazionata” dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, ponderando la tutela di ciascuno di essi con i relativi limiti”. Secondo la letteratura, la nostra Costituzione non regola lo stato di emergenza in quanto i nostri costituenti ritennero oltremodo azzardato inserire clausole d’emergenza che potessero in casi necessariamente imprevedibili sovvertire l’impianto costituzionale conferendo poteri a questo o quell’organo costituzionale, legittimare limitazioni o addirittura “sospendere” i diritti fondamentali dei cittadini. Non fu una omissione ma fu una scelta dibattuta e ben ponderata che si formalizzò in seno alla seconda sottocommissione, certamente influenzata e memore dell’allora recente passato ove era ancora ben evidente il ricordo della catastrofe causata dal disposto dell’art.48 della Costituzione di Weimar2 che consentì formalmente la nascita della dittatura nazista. Nella Carta Costituzionale Italiana l’istituto che potrebbe essere più vicino allo “stato di emergenza” , sempre secondo le sintesi della letteratura in materia, è senza dubbio il decreto legge laddove all’art.77 viene stabilito che “quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni … e devono essere convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione”. L’istituto, come è noto, ha perso da tempo l’originario carattere di eccezionalità ed i decreti legge sono ormai una prassi utilizzata da tutti i Governi per varare leggi prive di qualsivoglia requisito di straordinarietà, necessità o urgenza.

L’attuale organizzazione del potere nell’emergenza che stiamo purtroppo affrontando deriva però proprio dall’utilizzo di tale strumento costituzionale, per una volta correttamente usato in piena sintonia a ciò che prevedeva l’istituto del decreto legge così come originariamente concepito. La nostra Costituzione che ormai ha più di 70 anni mostra certamente alcuni margini di miglioramento, ma il messaggio dei Padri Costituenti – valido anche per i momenti di emergenza – si riviene nel principio che deve essere il Parlamento l’organo centrale di garanzia a sovrintendere la vita della Repubblica. La Costituzione ha definito ed introdotto molteplici riconoscimenti alla persona posti nel più ampio equilibrio di principi fondamentali sintetizzati perfettamente nell’art 2 che recita “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” ed in ragione dell’evoluzione della società e dei c.d. “nuovi diritti” (es. diritto alla privacy, reati informatici ecc). L’articolo in argomento è stato pertanto concepito come “norma aperta” giacché “gli istituti della libertà, ancorati ad un diritto naturale, estraneo all’esperienza giuridica contemporanea, assumerebbero connotati talmente labili e soggettivi da scomparire nella nebbia dell’incertezza del diritto”.3 Inoltre l’art. 13 della Costituzione che sancisce al 1 comma che “la libertà personale è inviolabile”, proseguendo nel successivo comma che qualsivoglia limitazione della libertà personale può aversi solo “per atto motivato dall autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge assume il carattere di un diritto inviolabile che si esplica nel non subire coercizioni, restrizioni fisiche ed arresti, per cui, le limitazioni alla persona sono ammesse nelle circostanze in cui sussista riserva di legge assoluta, riserva di giurisdizione ed obbligo di motivazione che esplichi il provvedimento restrittivo della libertà personale. Nei successivi articoli 16 e 17 della Costituzione è stabilito rispettivamente che “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza” e che è riconosciuta la libertà di riunione “pacificamente e senz’armi”. A livello comunitario la libertà personale della persona viene garantita dall’art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo che prevede che “ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza”. Dopo i brevi richiami ai sopra citati articoli viene in rilevo il disposto dell’art 32 della Costituzione il quale sancisce

2 L’Articolo 48 consentiva al Presidente di “prendere le misure necessarie al ristabilimento dell’ordine e della sicurezza pubblica”, senza specificare i limiti di questo potere e senza definire cosa costituisse effettivamente “necessità”. 3 P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna 1984;

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l’e-procurement pubblico che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Tale diritto, letto in combinato disposto con l’art 2 deve essere inteso, nella gerarchia dei diritti come sovraordinato a tutti i principi, che riveste carattere di valore supremo e, per tale ragione irrinunciabile. Il diritto alla salute è una condicio sine qua non per il riconoscimento degli altri diritti garantiti da costituzione ove le “limitazioni alla libertà” che stiamo vivendo devono essere ispirate ai principi di ragionevolezza e proporzionalità e giustificate dall’esigenza di rispettare un valore supremo.

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La “sospensione” della trasparenza: alcune riflessioni Come tutti sappiamo il FOIA si pone il fine di promuovere una maggiore trasparenza nel rapporto tra le istituzioni e la società civile e stimolare un dibattito pubblico informato su temi di interesse collettivo. Con il decreto legislativo n.97 del 2016, che ha introdotto il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. FOIA, mutuandolo dal Freedom Of Information Act statunitense) nella disciplina sulla trasparenza amministrativa già contenuta nel D.Lgs. 33/2013, tutti, ma proprio tutti (cittadini italiani e stranieri, giornalisti, organizzazioni non governative, imprese ecc.), possono promuovere istanze per richiedere dati e documenti e, di conseguenza, svolgere attività di controllo sull’attività e sulle decisioni assunte dalle pubbliche amministrazioni. Il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 recante “Misure

di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (c.d. Decreto Cura Italia)4 dispone all’art 67, III comma che “Sono, altresi’, sospese, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, le attivita’, non aventi carattere di indifferibilita’ ed urgenza, consistenti nelle risposte alle istanze, formulate ai sensi degli articoli 492-bis del c.p.c, 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione, di accesso alla banca dati dell’Anagrafe Tributaria, compreso l’Archivio dei rapporti finanziari, autorizzate dai Presidenti, oppure dai giudici delegati, nonche’ le risposte alle istanze formulate ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto, n. 241, e dell’articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”. Da qui ne consegue che le Pubbliche Amministrazioni hanno provveduto alla sospensione di riscontri ad istanze di accesso documentale (legge 241/1990 e s.m.i.), civico e civico generalizzato (d.lgs. 33/2013 e s.m.i.) che non hanno carattere di “indifferibilità e urgenza” fino al 31 maggio 2020 con riferimento esclusivo al settore dell’amministrazione fiscale. Sempre nello stesso decreto l’art. 103 rubricato “Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza” ai commi 1 e 5 si legge rispettivamente che: 1. Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23

4 Il Decreto Cura Italia, come è noto è stato convertito in legge dello Stato nella seduta del 24 aprile 2020 che lo ha approvato, in via definitiva, (si attende pubblicazione in GU);

Tavola sinottica Provvedimento

Sospensione

Decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” (c.d. Decreto Cura Italia)

Art. 67 (3 comma) = sospensione di riscontri ad istanze di accesso documentale, civico e civico generalizzato che non hanno carattere di “indifferibilità e urgenza” fino al 31 maggio 2020 con riferimento esclusivo al settore dell’amministrazione fiscale. Art. 103 (1 e 5 comma) = Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza e dei termini dei procedimenti disciplinari fino alla data del 15 aprile 2020

Decreto-legge n. 23 dell’8 aprile 2020 recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonche’ interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”

Art. 37 = proroga dal 15 aprile al 15 maggio 2020 la data conclusiva del periodo di sospensione dei termini riguardanti, in via generale, i procedimenti amministrativi e l’efficacia degli atti amministrativi in scadenza.


l’e-procurement pubblico febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorita’ per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. Sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volonta’ conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento; 5. I termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi inclusi quelli del personale di cui all’articolo 3, del medesimo decreto legislativo, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino alla data del 15 aprile 2020. Con l’art. 375 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 il Governo ha successivamente prorogato dal 15 aprile al 15 maggio 2020 la data conclusiva del periodo di sospensione dei termini riguardanti, in via generale, i procedimenti amministrativi e l’efficacia degli atti amministrativi in scadenza. Di tale sospensione ne danno evidenza con uno specifi-

co comunicato sia lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica6 sia il Centro nazionale di competenza FOIA7 Di difficile interpretazione è apparso l’utilizzo del termine “indifferibili ed urgenti” lasciato alla discrezionalità delle Pubbliche Amministrazioni: posto che molte istanze di accesso hanno ripreso vita dopo il 15 maggio mentre altre dopo il 31 maggio non viene specificato nemmeno a titolo esemplificativo quali istanze possono essere considerate di tale portata. Il rischio è quello che laddove si presenti una istanza di particolare complessità venga sistematicamente fatta ricadere nel regime della sospensione dei termini sic et simpliciter anche in considerazione che molte risorse sono state collocate in smart working a scopo cautelativo ed inevitabilmente l’attenzione delle Pubbliche Amministrazioni si è riversata alla gestione dell’emergenza. L’emergenza Covid-19 ha avuto, e sta avendo, una portata tanto rilevante, quanto imprevedibile; il dibattito pubblico, tra le altre problematiche, si è acceso anche sulle questioni legate alla sospensione temporanea o alla limitazione di alcuni diritti fondamentali nei Paesi coinvolti. In una delicata situazione come quella che il Paese sta attraversando ove anche il sistema sanitario italiano è messo a dura prova, si ritiene che la sospensione dei termini di cui sopra sia una scelta oltremodo singolare in quanto è proprio adesso che viene richiesta a gran voce da cittadini

5 Art. 37 rubricato “Termini dei procedimenti amministrativi e dell’efficacia degli atti amministrativi in scadenza” - Il termine del 15 aprile 2020 previsto dai commi 1 e 5 dell’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è prorogato al 15 maggio 2020; 6 http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/27-03-2020/comunicato 7 https://www.foia.gov.it/proroga_sospensione_procedimenti-amministrativi/ (Il Centro nazionale di competenza FOIA è istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica che svolge un ruolo di impulso, coordinamento e supervisione dei processi di riforma amministrativa e promuove la corretta attuazione della normativa sull’accesso civico generalizzato)

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decreto semplificazioni e interessati la massima trasparenza. Il rischio è quello di non riuscire ad acquisire informazioni in tempo reale e non consentire di esercitare con serenità e rigore quella “accountability” prevista a gran voce dai più recenti provvedimenti in materia di trasparenza.8 Il diritto di accesso infatti è lo strumento per eccellenza per esercitare la trasparenza e comprendere in tal modo le scelte che saranno basilari per il futuro di noi cittadini. A fonte della “sospensione” dei diritto di accesso viene invocata da costituzionalisti e associazioni di cittadini una maggiore attenzione alla trasparenza ed alle pubblicazioni di dati ed informazioni di interesse per la comunità. Come si è ovviato? L’ emergenza epidemiologia ha sviluppato in modo notevole l’uso dei social media e dei report pubblicati a cadenza giornaliera (e in alcuni casi anche due volte al giorno) sui siti delle amministrazioni sanitarie a beneficio dei cittadini e dei numerosi gruppi di stakeholders. I report, con contenuti e forme diversificate, spaziano e forniscono informazioni su ogni aspetto della gestione

emergenziale, dai dati sui ricoveri, decessi, positività, suddivisi per Comune, fino alle giacenze dei DPI; ai consumi giornalieri, alle dotazioni organiche assunte. Sono report con aggiornamenti progressivi, che danno il senso dell’andamento a presidio della imponente situazione emergenziale, nelle sue fasi evolutive. O ancora, si sono implementati e articolati report che mostrano le donazioni, i correlati acquisti e le consegne delle attrezzature mediche e sanitarie indispensabili per affrontare l’emergenza epidemica, fornendo così realmente informazioni tracciabili e verificabili; cosi’ hanno fatto molti altri Paesi quali Gran Bretagna, Olanda solo per citarne alcuni. Obiettivo perseguito, al di la’ delle prime settimane, nelle quali nessuno era preparato ad un tale evento, è la massima trasparenza unitamente alla diligenza ed alla integrità delle informazioni agili e flessibili ed è stato anche questo un elemento che ha fortemente giovato ad un miglioramento dell’immagine ed al valore del servizio pubblico e del pubblico interesse.

8 Il termine “accountability” non può essere tradotto con il termine responsabilità, ma assume un significato più complesso: in particolare si fà riferimento alla capacità del potere pubblico di rispondere in che modo siano state usate le risorse pubbliche e giustificare gli effetti di una determinata scelta pubblica: capire cioè quale sia l’iter logico che ha condotto alla decisione.

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decreto semplificazioni Fortunato Picerno - Legale esperto della Struttura tecnica di missione del ministero delle infrastrutture e dei traporti

Le modifiche al codice degli appalti apportate dal decreto semplificazioni

I

l legislatore, attraverso l’utilizzo di uno strumento normativo d’urgenza, il d.l. 16/07/2020 n. 76 recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, con il dichiarato intento di semplificare il complesso ordinamentale relativo al settore infrastrutturale italiano, è intervenuto anche sulle disposizioni del D. lgs. n. 50/2016 e s.m.i.. Nello specifico, il decreto, al capo I, introduce una serie di misure dotate di un ambito d’applicazione temporale limitato al 2021, e cioè all’attuale previsione della persistenza degli effetti macro-economici dovuti all’ormai nota emergenza, a cui si affiancano una serie di modifiche di carattere strutturale all’articolato normativo esistente. L’incidenza derogatoria di quest’ultimo intervento normativo risulta, pertanto, essere di gran lunga più significativa dei precedenti correttivi adottati con d. lgs. n. 56/2017 e con d.l. n. 32/2019 che avevano modificato, prevalentemente, le discipline degli affidamenti sotto-soglia, dei criteri di aggiudicazione e dell’appalto integrato nel 2017; della qualificazione delle stazioni appaltanti, del subappalto, dell’anticipazione del prezzo, nonché, nuovamente, degli affidamenti sotto-soglia, oltre all’istituzione del collegio consultivo tecnico facoltativo, nel 2019. Con l’articolo 1 del d.l. n. 76/2020, il legislatore torna a occuparsi, a poco più di un anno dalla conversione del c.d. decreto “Sblocca Cantieri” (legge 14 giugno 2019 n. 55), della disciplina degli appalti di valore inferiore alla soglia euro-unitaria, da sempre considerati rilevanti ai fini del rilancio del settore dei contratti pubblici, questa volta

non per modificare la disciplina esistente ma per introdurre un regime derogatorio temporaneo. La dichiarata finalità di semplificazione dell’intervento normativo in oggetto pare raggiunta almeno per quanto riguarda lo sfoltimento delle tipologie di affidamento, che passano da quattro (affidamento diretto, l’affidamento diretto previa consultazione del mercato, procedura negoziata senza pubblicazione di bando, procedura aperta) – a due, affidamento diretto e procedura negoziata senza pubblicazione di bando, più l’eventuale mantenimento della procedura aperta. Con più prudenza va invece accolta la decisione di aumentare la soglia dell’affidamento diretto “puro”, che passa dal limite dei 40.000 euro dell’art. 36, comma 2, lett. a) a quello di 150.000 euro introdotto con l’attuale decreto semplificazioni. La norma, in particolare, consente di affidare direttamente lavori fino a 150.000 euro e servizi e forniture entro la medesima soglia. Oltre detto importo, è previsto il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione di bando, con numero minimo di operatori economici da invitare crescente (cinque, dieci, quindici) in ragione del valore dell’appalto (fino a 350.000 euro e fino a un milione di euro per i lavori e fino alla soglia euro-unitaria per servizi e forniture). Nonostante il periodo emergenziale e il giustificabile intento semplificatorio occorre comunque verificare che il nuovo temporaneo assetto garantisca un adeguato bilanciamento tra l’apertura alla concorrenza e l’efficienza dell’azione amministrativa. Non si può, al riguardo, non considerare che nel 2019 la fascia di procedure comprese fra 40.000 e 150.000 ha rappresentato

Con l’articolo 1 del d.l. n. 76/2020, il legislatore torna a occuparsi della disciplina degli appalti di valore inferiore alla soglia eurounitaria e questa volta non per modificare la disciplina esistente ma per introdurre un regime derogatorio temporaneo

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il 54% del totale e che pertanto oltre la metà di esse, con la modifica normativa prevista, sarebbero sottratte a un confronto concorrenziale. A ciò si aggiunga che nello specifico settore degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, il cui limite all’affidamento diretto nella legislazione ordinaria era pari all’importo di 100.000 euro, nell’attuale legislazione emergenziale non trova una specifica disciplina essendo, di fatto, equiparato ai generici affidamenti di servizi e forniture. In questo caso, pertanto, il rischio dell’estinzione del mercato di riferimento si fa più incedente, essendo stimata la percentuale di affidamenti di SIA per valori fino a 150.000 euro circa il 75% del totale. L’articolo 2 interviene, invece, sugli affidamenti sopra soglia e conferma, quale regola generale, che le procedure da adottare per l’affidamento dei contratti per tali importi sono quelle ordinarie, e cioè la procedura aperta o ristretta, a discrezione della stazione appaltante, ovvero la procedura competitiva con negoziazione. La norma stabilisce, al comma 3, che nel caso in cui i termini previsti dalle procedure ordinarie anche abbreviati non possono essere rispettati, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure

di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, per l’affidamento dei contratti pubblici, la procedura negoziata di cui all’art. 63 del Codice, per i settori ordinari, e di cui all’articolo 125, per i settori speciali, può essere utilizzata, seppur nella misura strettamente necessaria. La disposizione introdotta collega l’estrema urgenza agli effetti negativi derivanti dall’emergenza sanitaria in corso o dal periodo di sospensione delle attività economiche derivanti dalla stessa, quale ragione che giustifica di per sé il ricorso alla procedura negoziata senza bando. Si tratta, come è evidente, di una disposizione che, pur condivisibile nella ratio, si presta a margini interpretativi piuttosto ampi. Si evidenzia, in merito, che la generica correlazione dell’estrema urgenza agli effetti della pandemia in corso può consentire un ricorso diffuso alla procedura negoziata senza bando, lasciando un ambito di discrezionalità molto significativo in capo alle stazioni appaltanti sui casi in cui possono ritenersi sussistenti i predetti caratteri dell’estrema urgenza. La stazione appaltante dovrebbe comunque fornire adeguata motivazione in ordine all’impossibilità di rispettare i termini (già ridotti) delle procedure diverse da quella negoziata senza bando. La disposizione in esame rischia, dunque, di presentare dei profili di criticità e di non coerenza con gli indirizzi forniti dalla Commissione


decreto semplificazioni europea in relazione all’emergenza sanitaria in corso. In termini generali si osserva, in ogni caso, che il ricorso alla procedura negoziata senza bando per ragioni di urgenza è già contemplato nell’art. 63, comma 2, lett. c) del Codice. Pertanto, ai fini perseguiti dal DL in esame, sarebbe stato sufficiente, come proposto anche dall’ Anac con tempestiva comunicazione, fare rinvio alle previsioni del Codice, sopra richiamate, senza operare una deroga ad una norma già chiara, come quella dell’art. 63, che, nella sostanza, consente alle stazioni appaltanti di ricorrere alla procedura negoziata in tutti i casi in cui possono ritenersi sussistenti ragioni di estrema urgenza non imputabili alle stazioni appaltanti. Va infine ricordato che, anche al fine di non incorrere in procedure di infrazione comunitaria, la norma che consente un così ampio ricorso alle procedure di urgenza, deve restare limitata nel tempo, come attualmente è previsto fino al 31 luglio, e che, di conseguenza, la mole di emendamenti in discussione presso l’ottava commissione del Senato che, al contrario, propongono un’estensione (anche fino al 2023) delle fattispecie derogatorie potrebbero essere censurate dalla giurisdizione comunitaria. Appare quantomeno disorganica, inoltre, la deroga contenuta al comma 4 dell’art. 2 del decreto che consente, nei settori dell’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e

carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, nonché per gli interventi funzionali alla realizzazione della transizione energetica, e per i contratti relativi o collegati ad essi, alle stazioni appaltanti, per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, e per l’esecuzione dei relativi contratti, di operare in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e delle disposizioni in materia di subappalto. Anche in questo caso, la scelta del legislatore consegna alle stazioni appaltanti una disciplina complessa. Secondo l’Anac, che si è espressa con un commento appena il decreto è stato promulgato, in data 07/08/2020, infatti, le direttive, accanto a disposizioni obbligatorie, ne contengono altre che necessitano di essere attuate, negli ordinamenti nazionali, secondo la discrezionalità dei singoli Stati membri e che tuttavia per la loro rilevanza nella defini-

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zione del corretto iter procedurale non possono non ritenersi parimenti inderogabili. Per tali ultime disposizioni, quindi, il diritto nazionale ha previsto una disciplina particolare che non appartiene alle direttive. Si pensi ad esempio ad alcune cause di esclusione previste dall’articolo 80 del Codice (divieti di contrarre con la pubblica amministrazione, annotazioni nel casellario, violazione del divieto di intestazione fiduciaria, violazione delle norme sul lavoro dei disabili o in materia di salute e sicurezza sul lavoro, situazioni di controllo tra partecipanti alla medesima gara, pantouflage) oppure al sistema di qualificazione degli operatori economici per i lavori di importi superiori a 150.000,00 oppure ancora si pensi, nella delicata materia della risoluzione del contratto, alla differenza tra l’art. 73 della direttiva 24/2014/Ue che detta indicazioni generali rivolte agli Stati membri e l’art. 108 d.lgs. 50/2016 che invece articola puntualmente le ipotesi di risoluzione rappresentando una guida per le stazioni appaltanti. Per tali ipotesi dovrebbe operare la disapplicazione prevista dal comma 4 dell’articolo 2 del decreto in esame, da cui non potrebbe non discenderne un vuoto normativo da colmare a cura dell’interprete. Come conseguenza diretta di questa difficoltà interpretativa, e dell’ampia discrezionalità che ne deriva, possono determinarsi comportamenti disomogenei da parte delle stazioni appaltanti e, di conseguenza, occasioni di contenzioso. Pertanto, mentre per i contratti affidati ai sensi della disposizione precedentemente analizzata (comma 3), resta quantomeno indicato il tipo di procedura da utilizzare (art. 63, art. 125, come accadeva nel ‘decreto Genova’ che quanto a modalità di affidamento richiamava il corrispondente art. 32 della direttiva 24/2014/Ue), le stazioni appaltanti che opereranno nei settori indicati dal comma 4 dovranno applicare le direttive a partire dalla scelta della procedura che, in assenza di motivate ragioni in concreto, non potrà essere sempre la procedura negoziata senza bando. Al riguardo si osserva che l’art. 26 della direttiva 24/2014/Ue, recante la disciplina in materia di scelta della procedura, contiene un rinvio alla normativa nazionale che da un punto di vista applicativo determina una reviviscenza delle disposizioni della legge nazionale che proprio il comma 4 parrebbe voler derogare. L’Autorità, in definitiva, valuta la norma come molto critica e meritevole di una rivalutazione. La scelta operata dal legislatore di derogare “ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale”, in effetti, appare sproporzionata rispetto all’obiettivo di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19. Tra le modifiche di carattere strutturale si segnala, invece,

quella che incide sull’articolo 80 che sostituisce il quinto periodo del comma 4 del citato articolo, consentendo alla stazione appaltante di escludere un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto qualora la medesima stazione appaltante sia a conoscenza e possa adeguatamente dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione. Tale previsione si è resa necessaria per risolvere una delle contestazioni sollevate dalla Commissione europea allo Stato italiano, con procedura di infrazione n. 2273/2018, che ha ritenuto la disposizione del comma 4 del citato articolo 80 contrastante con le direttive comunitarie, laddove non consentiva alla stazione appaltante di poter escludere dalle procedure di gara un operatore per il quale la medesima amministrazione sia a conoscenza o, comunque, in grado di dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali anche se non definitivamente accertati. Pertanto, in ossequio al principio di proporzionalità viene autorizzata tale tipologia di esclusione solo nel caso in cui tale mancato pagamento costituisca una grave violazione o per motivi quantitativi rispetto all’importo o qualitativi rispetto alla tipologia di contribuzione previdenziale (rilascio del Durc). Un’ulteriore modifica a carattere permanente è quella che novella l’articolo 83 che, ai fini della partecipazione degli operatori economici a procedure per l’affidamento di servizi o forniture, consente alle stazioni appaltanti di richiedere il possesso di “un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali”, come strumento capace di dimostrare la capacità economica e finanziaria. Il concreto utilizzo di tale strumento, tuttavia, considerata la genericità della previsione recata dalla lettera c) del comma 4 dell’articolo 83, ha alimentato, oltre ad un consistente dibattitto giurisprudenziale (da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5828), una determinata prassi per la quale le stazioni appaltanti hanno ritenuto opportuno inserire, nel bando di gara, la produzione, in uno alla domanda di partecipazione, di polizze assicurative di importo commisurato al valore dell’intero appalto. Tale prassi ha comportato che molti operatori economici, seppur già in possesso di polizze assicurative contro i rischi professionali, sono stati costretti a stipularne delle nuove ai soli fini della partecipazione alla gara, in quanto quelle possedute non sarebbero risultate conformi a quanto sancito dalle prescrizioni della lex specialis. La modifica dell’articolo 83 operata dal d.l. n. 76/2020, è stata concepita nell’ottica di garantire il rispetto del principio di proporzionalità per quanti intendessero partecipare ad una procedura di


decreto semplificazioni aggiudicazione e di fornire, allo stesso modo, adeguati strumenti di interpretazione della norma agli operatori delle stazioni appaltanti, al fine di ridurre il contenzioso in essere. In tal senso, infatti, il legislatore ha recepito le più condivisibili indicazioni fornite dalla giurisprudenza, che aveva già ritenuto ammissibile la soddisfazione del requisito ma in maniera graduale. Da accogliere con favore è, altresì, l’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto del project financing avvenuto attraverso una modifica dell’art. 183 del codice. La disposizione, nella sua versione precedente, infatti, consentiva agli operatori economici di presentare alle amministrazioni proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici solo ed esclusivamente se non presenti negli strumenti di programmazione già approvati dalle medesime amministrazioni. La fattispecie contenuta nel d.l. n. 76/2020, invece, consente di superare tale limite, ammettendo che gli operatori economici possano presentare le suddette proposte anche se già inserite negli strumenti di programmazione delle amministrazioni. La ratio è quella di superare alcune difficoltà relative alla realizzazione di progetti che, pur facendo parte degli strumenti di programmazione, potrebbero essere non pienamente adeguati oppure, se adeguati, potrebbero non essere messi a gara per inerzia delle stesse amministrazioni. Con l’intento, dunque, di assicurare la migliore fattibilità dei progetti ovvero rimediare alla potenziale inerzia dell’amministrazione, la modifica dell’art.183 concede al promotore la facoltà di proporre progetti anche alternativi e migliorativi rispetto a quelli già inseriti negli strumenti di programmazione. La fattispecie in questione appare compatibile con il diritto europeo e conforme anche con quanto suggerito dal Consiglio di Stato, attraverso il parere sullo schema di decreto legislativo recante il Codice vigente, in merito all’auspicata reintroduzione della facoltà di presentare proposte anche se inserite negli strumenti di programmazione. La nuova disciplina del Project financing è in grado, in questa sua nuova formulazione, di determinare, un ampliamento dell’ambito applicativo dell’istituto del promotore, operando una valorizzazione degli strumenti di partenariato pubblico privato nella prospettiva di una più efficiente infrastrutturazione del Paese. In questa prospettiva, tra gli effetti dell’introduzione della norma, potrebbe determinarsi un’espansione del mercato di riferimento, una compressione degli oneri economici a carico della finanza pubblica, con un conseguente miglioramento dei servizi per la collettività. Nell’ambito degli interventi strutturali al codice, che pur si accolgono con favore, sarebbe stato opportuno cogliere tale occasione per intervenire anche in materia di subappalto a seguito della sentenza C-63/18 della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 settembre 2019 che

si è pronunciata dichiarando contraria al proprio ordinamento ogni limitazione quantitativa all’applicazione del subappalto, come invece viene disposta dall’art. 105 del codice, in quanto suscettibile di restringere indebitamente il mercato e di conseguenza la concorrenza. Per la stessa ragione sarebbe stato necessario, inoltre, regolare anche gli ulteriori aspetti colpiti dalle doglianze della procedura d’infrazione 2018/2273 che investono la lettera a) del comma 4 dell’articolo 105 del codice. Un’auspicata soppressione sarebbe stata finalizzata ad adeguarsi al principio di proporzionalità (di cui all’articolo 3 della direttiva 2014/23/UE; all’articolo 18 della direttiva 2014/24/UE; e all’articolo 36 della direttiva 2014/25/UE), e quindi ad eliminare la citata disposizione dell’art. 105 che impedisce all’offerente, risultato aggiudicatario dell’appalto, di far ricorso a subappaltatori purché non abbiano partecipato, a loro volta, alla medesima procedura di gara. Tale ultima statuizione, infatti, risulta incompatibile con il principio di proporzionalità in quanto eccede quanto necessario a prevenire comportamenti collusivi, in maniera ingiustificata considerato che non si può ipotizzare, a priori, l’esistenza di accordi tra le imprese interessate in grado da influire negativamente sulla concorrenza. Considerata la chiara volontà del legislatore, con il decreto semplificazioni in esame, di sostenere la ripresa economica e la contestuale censura comunitaria di cui si è fatto cenno, non appare comprensibile la scelta del legislatore di non intervenire affatto in quest’ambito. A ciò si aggiunga che, come precedentemente rilevato, alcune disposizioni contenute nel decreto appaiono molto più “coraggiose” rispetto alla scelta che si sarebbe potuta sostenere in merito alla modifica del subappalto. Considerazioni similari possono sostenersi anche relativamente alle disposizioni contenute al comma 5 dell’art. 80 che, in sovrapposizione tra di esse, hanno determinato non pochi dubbi interpretativi, risolti dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che, investita della questione, si è riunita in Adunanza Plenaria in data 28/08/2020, per dirimere il conflitto di norme potenzialmente concorrenti tra loro. Al riguardo, tuttavia, sarebbe necessario un intervento normativo volto a chiarire l’ambito di applicazione della lettera f-bis) che, a seguito della citata sentenza, viene a restringersi alle ipotesi, di non agevole valutazione, in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara dal concorrente siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità; e non siano, al contrario, finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima, fattispecie che, invece, sarebbe sussumibile nell’alveo di quanto previsto dalla lettera c).

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AZIENDE INFORMANO

“CONNECT FOR SHAPE”: Analisi degli strumenti a disposizione del public procurement nell’acquisto dei medical devices

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Principi del Progetto Il Progetto Connect for Shape si fonda sulla convinzione che, in tema di politiche di acquisto dei dispositivi medici, l’attenzione da riporre sulla qualità di ciò che si intende acquisire non sia mai abbastanza. E questo soprattutto con riferimento all’alta tecnologia e ai dispositivi delle classi di rischio più elevate. Con l’obiettivo di condividere e valorizzare best practices e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici è quindi nato il progetto “Connect for Shape” (“Connect for Supreme Healthcare and Procurement Excellence”, su iniziativa di Methodos Spa e con il supporto non condizionante da parte di Olympus. Tre sono le macro aree di interesse su cui si fonda tutto il progetto: la prima area è incentrata sul concetto di innovazione; la seconda si focalizza sui fabbisogni; e la terza definisce quelli che sono oggi giorno gli strumenti che le stazioni appaltanti hanno a disposizione in fase di gara. Lo scopo di questo articolo è fornire al lettore un approfondimento sul tema dell’analisi degli strumenti a disposizione del procurement nell’acquisto dei medical devices. 1.1 Analisi degli strumenti: Gestione del conflitto di interessi L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con propria determinazione 385/2017, ha identificato tre tipi di conflitto di interessi: reale, apparente e potenziale. RACCOMANDAZIONE #12 - Eventi formativi e sperimentazioni «Porre, in ambito sia pubblico sia privato, la trasparenza come criterio cardine di interazione per la gestione del conflitto di interessi. Tutte le forme di collaborazione esistenti vanno dichiarate. Al contempo, è necessario non penalizzare né i partecipanti a eventi formativi né gli organizzatori degli stessi; analogamente in caso di sperimentazioni» RACCOMANDAZIONE #13 - Gestione del rischio di conflitto di interessi «Favorire e promuovere la comunicazione di situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, attraverso canali e modalità

codificate (ad es. griglie di valutazione predefinite) e individuare i soggetti che devono decidere in merito a tali comunicazioni» RACCOMANDAZIONE #14 - Gestione del rischio di conflitto di interessi «Definire un modello che renda trasparenti situazioni di conflitto di interessi potenziali, con particolare riferimento alla formazione sponsorizzata e ai rapporti di collaborazione con il mercato, attraverso criteri che effettuino un bilanciamento trasparente e predefinito degli interessi in gioco» RACCOMANDAZIONE #15 - Gestione del rischio di conflitto di interessi «Favorire e promuovere, ove possibile, relazioni con aziende aderenti a codici di pratica commerciale etica, programmando le attività formative da esse sponsorizzate sulla base di criteri interni trasparenti e predefiniti, prevedendo la separazione tra fruitori e decisori delle stesse» 1.2 Analisi degli Strumenti: Progettazione del capitolato Nonostante rappresenti una fase determinante per ambire ad un’adeguata soddisfazione del bisogno, la fase della progettazione, in relazione agli appalti di forniture e servizi, è stata trascurata dal legislatore. Nel progettare una gara è fondamentale tener conto del Mercato. RACCOMANDAZIONE #16 - Multidisciplinarietà «Garantire la multidisciplinarietà del gruppo di progettazione» RACCOMANDAZIONE #17 - Coinvolgimento del Direttore dell’Esecuzione del Contratto (DEC)


AZIENDE INFORMANO «Coinvolgere il DEC nella fase di progettazione» RACCOMANDAZIONE #18 - Definizione dei bisogni «Esplicitare nel capitolato la definizione dei bisogni» La definizione dei bisogni è essenziale per dare forza all’amministrazione che valutasse opportuno escludere un concorrente che non abbia presentato un’offerta equivalente. Talvolta i bisogni del committente vengono dati per scontati. È invece importante che siano oggetto di esplicita riflessione iniziale, sulla base della quale definire le opportune specifiche tecniche. RACCOMANDAZIONE #19 - Esecuzione della gara «Inserire nel capitolato le modalità e i tempi di verifica delle prestazioni, nonché le reazioni previste a fronte di un mancato adempimento corretto» RACCOMANDAZIONE #20 - Rinegoziazione legata alla valutazione degli outcome in corso di esecuzione «Predisporre una rinegoziazione di gara con valutazione degli outcome in corso di esecuzione del contratto, che consideri il livello di bisogno clinico emergente e di tecnologia correlata, il valore della soluzione (misurata su dinamiche epidemiologiche e di impatto organizzativo) e la qualità delle prove della soluzione» RACCOMANDAZIONE #21 - Rating dei fornitori «Definire un rating - basato su criteri oggettivi - che misuri l’affidabilità dei fornitori nel rispetto di determinate condizioni da loro offerte in fase di gara (es. tempi di consegna/riparazione, ecc.)» 1.3 Analisi degli Strumenti: Consultazione Preliminare di Mercato In linea con le indicazioni del DLgs 50/2016 (articolo 66) e della Direttiva comunitaria in tema di appalti pubblici 2004/18/Cee, è opportuno che, ove possibile, nella fase preliminare all’avvio di una procedura di appalto le amministrazioni si avvalgano del c.d. “dialogo tecnico”. RACCOMANDAZIONE #22 - Consultazione Pre-liminare di Mercato «Fare un utilizzo sistematico della Consultazione Preliminare di Mercato, così da acquisire e far propri, nel rispetto dei principi di correttezza, elementi conoscitivi utili. Questo anche in merito all’introduzione e alla valutazione dell’innovazione di prodotto/ processo/servizio. Il compito di procedere a tale consultazione va affidato a un apposito nucleo tecnico multidisciplinare» RACCOMANDAZIONE #23 - Consultazione Pre-liminare di Mercato «Pubblicare, prima dell’avvio della procedura di gara, un avviso sul proprio sito internet istituzionale funzionale alla successiva individuazione dei soggetti da consultare nel corso delle Consultazioni Preliminari di Mercato» RACCOMANDAZIONE #24 - Consultazione Pre-liminare di Mercato «Disporre che ogni Consultazione Preliminare di Mercato venga effettuata da personale tecnico competente e multidisciplinare dell’Amministrazione con l’impresa, secondo modalità che ne garantiscano la trasparenza. Disporre inoltre che venga sempre

verbalizzata una traccia di tutto ciò che avviene durante la fase del dialogo» RACCOMANDAZIONE #25 - Consultazione Pre-liminare di Mercato «Predisporre la descrizione dei bisogni e l’elenco degli argomenti che saranno oggetto di consultazione da far conoscere agli operatori economici» RACCOMANDAZIONE #26 - Consultazione Pre-liminare di Mercato «Definire le modalità con cui l’Amministrazione intende eventualmente garantire la riservatezza dei dati, che le verranno offerti dai concorrenti durante il dialogo precedente alla procedura di gara» 1.4 Analisi degli Strumenti: Valutazione della sicurezza durante la gara Il regolamento europeo classifica i dispositivi medici in tre classi di rischio la cui assegnazione dipende principalmente dalle caratteristiche del dispositivo in termini di invasività e grado di permanenza in situ. RACCOMANDAZIONE #27 - Analisi del rischio relativo al dispositivo «Valutare se opportuno richiedere la sezione del fascicolo tecnico relativa all’analisi del rischio nei documenti di gara, ove opportuno» RACCOMANDAZIONE #28 - Analisi del rischio relativo al dispositivo «Definire le modalità con cui l’Amministrazione intende eventualmente garantire la riservatezza dei dati, che le verranno offerti dai concorrenti durante il dialogo precedente alla procedura di gara 1.5 Analisi degli Strumenti: Supporto al Responsabile Unico del Procedimento (RUP) La possibilità di dotarsi di professionalità esterne quali supporto al RUP per procedure di gara (introdotta dall’art. 31 del DLgs 50/2016 e successive modificazioni) viene utilizzata di prassi nella disciplina lavori ma non per l’acquisto di dispositivi medici. RACCOMANDAZIONE #29 - Supporto al RUP «Riconoscere la possibilità motivata che l’Amministrazione, per determinati ambiti, si doti di un supporto esterno indipendente per la progettazione ed esecuzione» RACCOMANDAZIONE #30 - Supporto al RUP «Effettuare un’adeguata indagine di Mercato per stabilire competenze e importo per l’incarico di supporto esterno al RUP» Di seguito il link per visualizzare i 3 Talk Show dedicati all’approfondimento dei contenuti di Connect for Shape: www.met-channel.com/2020/connect-for-shape È possibile esprimere il proprio accordo rispetto a quando riportato all’interno del presente documento, collegandosi all’indirizzo: www.connectforshape.com. Tutti i sottoscrittori del documento, qualora lo desiderassero, potranno partecipare a eventuali future revisioni di aggiornamento dello stesso documento. L’elenco completo dei sottoscrittori è disponibile nella sezione dedicata allo stesso indirizzo web.

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gli esperti rispondono Monica Piovi e Piero Fidanza

Sull’offerta pari a zero

U

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n nostro lettore chiede di sapere se debba essere esclusa dalla gara l’offerta di un operatore economico pari a zero. Nel codice dei contratti pubblici non vi è alcuna disposizione che disciplini espressamente la fattispecie della presentazione di un’offerta pari a zero, per cui la problematica va affrontata alla luce dei principi elaborati dalla giustizia amministrativa. La questione dell’ammissibilità di un’offerta economica pari a zero, anche con riferimento ad una delle sottovoci in cui si articola l’offerta, ha dato luogo, nel corso del tempo, a due diverse interpretazioni giurisprudenziali: la prima l’ha ritenuta ammissibile (ex multis, Consiglio di Stato n. 5583 del 2009, n. 3435 del 2007 e n. 8146 del 2004) mentre la seconda si è espressa in senso contrario, considerandola alla stregua di una “mancata offerta” in quanto non conforme (cfr. Consiglio di Stato, n. 1307 del 2016 e n. 177 del 2013) alle richieste della lex specialis di gara. La giurisprudenza più recente (Consiglio di Stato n. 3833 del 6.6.2019), tuttavia, si è assestata sul primo orientamento ritenendo che la presenza all’interno dell’offerta di una voce pari a zero, non può, da sola, comportare l’inammissibilità dell’offerta; e ha affermato che la ratio del divieto dell’offerta pari a zero debba essere individuata o nella inattendibilità di una offerta che non preveda alcun utile per l’operatore economico (TAR Lazio, Roma, 30.6.2015, n.8744) ovvero nella impossibilità di applicare la formula matematica eventualmente prevista (Consiglio di Stato, 1 aprile 2016, n. 1307) e ciò in quanto l’offerta pari a zero “dovendosi leggere nel complesso delle voci da cui è composta, va considerata esclusivamente nel suo valore globale” (TAR Lazio, Roma, 30.7.2019 n. 10081). Questo orientamento è stato rafforzato da una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea, (sentenza 10.9.2020, causa C-367/19), secondo cui, in considerazione del fatto che un’offerta pari a zero può essere qualificata come anormalmente bassa, la stazione appaltante deve seguire la procedura prevista dall’art.

69 della Direttiva 2014/24, chiedendo all’operatore economico spiegazioni in merito alle voci che compongono l’importo offerto, senza che vi sia la possibilità di escluderla automaticamente. E la stazione appaltante può escludere l’offerta soltanto nel caso in cui gli elementi di prova forniti non giustifichino il basso livello dei prezzi o costi proposti, anche al fine di una corretta esecuzione dell’appalto. In particolare, l’argomento in base al quale l’offerta di un prezzo pari a zero sia stata fatta per cercare di ottenere l’accesso ad un nuovo mercato o referenze rappresenta secondo il giudice europeo un elemento da valutare positivamente ai fini dello scrutinio della sostenibilità dell’offerta e pertanto: “l’articolo 2, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso non costituisce un fondamento giuridico per il rigetto dell’offerta di un offerente nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per il solo motivo che il prezzo proposto nell’offerta è di Euro 0”. In conclusione, con tale pronuncia la Corte di Giustizia Europea sembrerebbe aver posto la parola fine ad una lunga querelle giurisprudenziale, ritenendo ammissibile l’offerta pari a zero.


Save the date: XXI Congresso Nazionale FARE Milano 28-29 ottobre 2021 Il XXI Congresso della F.A.R.E. intitolato “UNA NUOVA VISIONE per il Procurement pubblico della sanità: le esperienze maturate nella crisi per immaginare un futuro diverso”, che avrà luogo a Milano in presenza il 28 e 29 ottobre 2021, si svolge dopo un anno che ha lasciato e lascerà un segno profondissimo in ognuno di noi, nella società e in particolare nella sanità pubblica. Una sanità pubblica chiamata senza preavviso a rispondere prontamente ad una catastrofe di proporzioni inimmaginabili, dopo avere vissuto decenni di continui tagli lineari e politiche gestionali tese a disarticolare le professionalità e le competenze esistenti nelle singole Aziende, per fare spazio ad un sistema di acquisti centralizzati e massificati. Nonostante queste condizioni, la risposta dei Provveditori, pur tra le enormi difficoltà a tutti note, è stata e continua ad essere efficiente ed efficace. La pandemia, come e forse più di una guerra, è stata una cesura netta con il passato e un’occasione per ripensare un futuro migliore per la sanità pubblica ritornando ad avere una progettualità di lungo periodo. Una Visione di prospettiva che faccia riflettere la politica sugli errori commessi nel recente passato e che sappia immaginare il futuro possibile per il mondo degli approvvigionamenti, formulando un nuovo paradigma che riporti la sanità pubblica ai livelli di efficacia necessari e dovuti per affrontare al meglio le sfide future. Al Congresso della F.A.R.E. i professionisti che si occupano di approvvigionamento di beni e dei servizi per il SSN daranno il loro contributo di conoscenza ed esperienza. Nelle 4 sessioni plenarie, trasmesse anche in streaming, e nei seminari, saranno affrontati i temi posti dalla sfida al rinnovamento in ogni ambito del procurement pubblico, coinvolgendo anche il mondo delle forniture in un dialogo costruttivo. Milano sarà per due giorni luogo di incontro, confronto e accrescimento della conoscenza per ritornare ad avere una Visione di Sistema da contrapporre alle usuali limitate e temporanee soluzioni che vengono proposte da anni.

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Coopservice Digital Twin Ospedale di Castelfranco Veneto: il BIM dall’obbligo all’opportunità per la gestione degli asset nella sanità 4.0 L’evoluzione digitale sta radicalmente trasformando processi e attori dell’intera società. Nel settore immobiliare l’avvento del digitale è tangibile: edifici, impianti e città diventano “smart”: interagiscono con cose e persone, adattano i propri comportamenti, migliorano le prestazioni di comfort, sicurezza, salubrità, sostenibilità. Coopservice, nel quadro della Digital Transformation dei propri servizi, ha sviluppato il progetto Digital Twin: un filone di ricerca e innovazione rivolto alla creazione di un modello informativo per gli asset edilizi e impiantistici, in grado di ottimizzare i processi di global service. Un “gemello digitale” che riproduce le caratteristiche fisiche degli asset, supportando le informazioni statiche (schede tecniche, documentazione, programmi di manutenzione…) e dinamiche (reportistica eventi, tracciamento dello storico manutenzione, referenziazione sensori e attuatori…). Il modello BIM è il fondamento documentale essenziale per la gestione del contratto: per questo in Italia, a partire dal 2019, è stato introdotto l’obbligo progressivo del BIM nelle procedure di appalto pubbliche. Mediante la piattaforma cloud Coopservice Digital Twin è possibile accedere a ogni informazione, dalle planimetrie al rilevamento della temperatura ambiente. Con l’implementazione del BIM, Coopservice fornisce ai propri clienti, per le gare di appalto, una base dati conforme alla normativa in materia di appalti pubblici basata sul cloud per consultare il modello 3d e le planimetrie, i dati di prestazione energetica, aprire un ticket per la manutenzione, etc.. www.coopservice.it Piattaforma Coopservice Digital Twin: modello BIM ed elaborati grafici planimetrici Sede Centrale Coopservice

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Markas vincitrice del “Premio EMAS 2020” assegnato da ISPRA per la dichiarazione ambientale più efficace Markas si aggiudica il premio EMAS 2020 nella categoria “Grandi imprese” per la Dichiarazione ambientale comunicativamente più efficace. Il prestigioso riconoscimento viene assegnato annualmente da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e per la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente. EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) deriva dal regolamento europeo 1221/2009 e disciplina un sistema di gestione ambientale cui possono volontariamente conformarsi le aziende o gli enti pubblici. Per valutare e migliorare le prestazioni ambientali e fornire all’esterno informazioni relative alla gestione “green” le aziende sono tenute a redigere una Dichiarazione ambientale triennale. Nella sua Dichiarazione Ambientale per il triennio 20202022 Markas si è posta diversi obiettivi da raggiungere: una riduzione del 5% del consumo energetico delle sedi amministrative, una riduzione del 5% nel consumo idrico in tutti gli appalti, un aumento dell’utilizzo di prodotti ecologici nelle divisioni food, clean e housekeeping, la riduzione della carta e della plastica monouso e, infine, realizzare una modalità partecipata che coinvolga il personale al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento ambientale. Diverse sono le strategie e i progetti realizzati da Markas. Nella divisione clean, ad esempio, il risparmio idrico è garantito dall’utilizzo del Markas System: un sistema di pulizie che utilizza un carrello “microrapid” dotato di MOP in microfibra pre-impregnati. Ciò abbatte radicalmente i consumi, sia di acqua che di detergente, del 95%, garantendo elevati standard qualitativi di risultato e un sensibile miglioramento sull’ergonomia ed “usabilità” del sistema. Markas ha inoltre sviluppato, come prima azienda al mondo nel settore di riferimento, un sistema di analisi e calcolo delle emissioni di CO2 prodotte durante il servizio di pulizia secondo lo standard ISO 14067, il cosiddetto CFP Systematic Approach. Negli appalti gestiti, circa il 30% dei prodotti chimici e il 50% dei prodotti monouso utilizzati è a marchio Ecolabel, certificazione europea che garantisce la sicurezza del prodotto per l’uomo e per l’ambiente. Nel settore Food l’azienda ha introdotto una serie di attività per ridurre la plastica monouso: con “Mensa green”, questo il nome del progetto attivato all’Università di Bolzano, Markas ha intrapreso azioni che riguardano la riduzione di plastica monouso, bustine di salsa monodose e utilizzo di grembiuli di cotone da parte del personale. www.markas.it


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Congresso Nazionale

Connect for Shape è un progetto che coinvolge autorevoli esperti del mondo della salute, con l’obiettivo di condividere e valorizzare best-practice e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici.

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Un confronto serrato tra buyer della sanità, università, politica, giuristi ed imprese per comprendere se stiamo preparando una rivoluzione del settore o se stiamo vivendo solo l’ennesima breve parentesi

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