Il giorno del ricordo di Chiara Paoli
Le foibe, tomba di italiani e abisso scavato tra due popoli «Quel capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente»; una ferocia funzionale al disegno politico di genocidio perché il terrore diffuso tra la popolazione avrebbe dato luogo, come avvenne, all’esodo di 350 mila italiani. Le foibe, da cavità naturali, si trasformano in buchi neri con i quali oggi sono identificati gli eccidi perpetrati da partigiani comunisti jugoslavi durante, e immediatamente dopo, il secondo conflitto mondiale. Le vittime di quegli anni, compresi fra il 1943 e il 1945, nel periodo dell’occupazione jugoslava di Trieste, in realtà non trovarono tutti la morte in quelle profondità; molti spirarono nei campi di concentramento, nelle prigioni o durante gli spostamenti. Quegli inghiottitoi naturali, però, caratteristici della zona carsica, nella nostra quotidianità si traducono con “sterminio” e il termine infoibare viene utilizzato per indicare vere e proprie esecuzioni. Storicamente parlando, queste barbare uccisioni vennero eseguite dal movimento di liberazione sloveno e croato, sotto l’egida di Josip Broz, meglio noto come Tito. La foiba di Basovizza, dichiarata monumento nazionale nel 1992, era in origine una miniera di carbone che arrivava a una profondità di circa 228 metri, ma il sacrario dedicato ai martiri delle foibe oggi misura appena 198 metri, una differenza mostruosa, colmata dai corpi degli uomini vittime di fucilazione. 28
In Istria, in località Faraguni, dalla foiba di Vines, detta anche fossa dei Colombi, nel 1943, furono recuperati 84 corpi. Due i superstiti di questa strage, Giovanni Radeticchio e Graziano Udovisi, che negli anni hanno avuto modo di raccontare in prima persona le atrocità viste e sofferte. In queste voragini infernali precipitarono anche persone ancora in vita, trascinate giù dagli altri. All’intervento dell’Italia per porre fine a queste vessazioni, il ministro degli esteri Alcide Degasperi avanzò molteplici richieste di intervento per l’occupazione della regione Venezia Giulia da parte dei governi alleati, per garantire la sicurezza della popolazione italiana. E’ proprio Degasperi che nel maggio del 1945 riporta le prime notizie inerenti incarcerazioni, deportazioni e sparizioni di migliaia di persone
tra Trieste e Gorizia. Il 26 luglio 1945 alle ambasciate di Washington e Londra, giunge una missiva di Degasperi che riporta: «Di fronte alle continue notizie di vessazioni, violenze, arbitri compiuti dai partigiani di Tito non ci è possibile assistere più oltre passivamente alla tragedia di decine di migliaia di italiani, che supera in crudeltà, metodi e sistemi quanto gli stessi tedeschi hanno compiuto in questi ultimi anni in Europa». Un destino crudele per gli italiani dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia, attestato dalla presenza, contemporanea, nello stesso territorio, di due simboli dell’orrore: la Risiera di San Sabba e le Foibe. Tanti innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista. Impiegati, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti conclusero tragicamente la loro esistenza nei durissimi campi di detenzione, uccisi in esecuzioni sommarie o addirittura gettati, vivi o morti, nelle profondità delle foibe. Il catalogo degli orrori del ‘900 si arricchiva così del termine, spaventoso, di “infoibato”».