Le storie di oggi di Waimer Perinelli
Vado a VIVERE in MONTAGNA René Spada ha 23 anni e abita a Vignui sopra Feltre. Quando di anni ne aveva 16 ha deciso che “da grande” avrebbe fatto il malgaro e per imparare il mestiere è andato al passo Rolle e, assieme ad altre due persone, ha lavorato sodo. “Non è che mi dispiacessero le luci della valle, dice mio padre è operaio vicino a Feltre, ma mi piacevano la montagna e gli animali”. Oggi la sua vita si alterna fra Trichiana, paese reso celebre da due illustri abitanti, D’incà e Franco, entrati nel governo Draghi, e la malga che gestisce anche come agritur, a Selva di Cadore. E’ La “malga Pien de vacia” che egli divide con gli animali, oltre un centinaio di mucche e dieci cavalli nei mesi estivi. Lavorare in malga è oggi un’impresa nella quale lo aiutano la madre, che ha lasciato il lavoro in valle e la sorella, anche lei appassionata di montagna e compagna di un altro giovane malgaro.
La scelta di René per quanto singolare non è unica. Una recente indagine statistica ci rivela che in mezza e alta montagna, dopo il calo di abitanti registrato fra il 2005 ed il 2018 quando la popolazione è passata da 7milioni e 444mila a 7milioni e 355mila, c’è una netta ripresa grazie soprattutto ai giovani. Il ritratto o identikit del giovane malgaro, per scelta, rivela che ben il 41% ha frequentato o frequenta l’università, il 67% aveva un precedente lavoro, qualcuno a tempo indeterminato. La maggior parte di questi giovani una volta conosciuta la vita di montagna dichiara di non volerla più cambiare. Le motivazioni sono varie ma dominano la qualità della vita/ambiente 79%, e le relazioni sociali contatti umani. Gli stranieri, rivela la rete internazionale Fo80
rAlps, erano nel 2018 più di un milione e mezzo, oltre 400 mila di loro vive nei comuni alpini. Fra loro molti tedeschi e inglesi, molti migranti economici, pochi i rifugiati e fra loro la brava Agitu Gudeta la quarantaduenne etiope che, dopo la laurea in sociologia a Trento, ha scelto di allevare capre nella vicina valle dei Mocheni. La sua esperienza nella Malga “La capra felice” ha avuto purtroppo un epilogo triste: la donna è stata assassinata da un suo lavorante per un presunto debito di poche centinai di euro. Da questa storia triste ne nasce un’altra con una diciannovenne del luogo, Beatrice Zott, con due anni di esperienza in una malga svizzera
che si è offerta di accudire le 180 capre di Agitu, ma dopo un breve periodo è stata costretta a lasciare l’incarico in attesa che si risolvano alcuni problemi ereditari. Il sociologo Andrea Membretti, dell’università di Pavia fra i fondatori dell’associazione Riabitare l’Italia, rivela che molti giovani chiedono di abitare e lavorare in montagna ma le possibilità di successo sono solo del 10% perché sono richieste competenze, professionalità e caratteri particolari. La solitudine per alcuni mesi può apparire romanticamente una panacea ma in realtà richiede equilibrio e una grande carica emotiva. La ricerca “ Vivere dentro” condotta dall’Associazione con il supporto di Swg