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La festa di Natale tra storia e leggenda
Natale per noi
di Waimer Perinelli
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LA FESTA DI NATALE TRA STORIA E LEGGENDA
Quanto sono importanti le cattive compagnie nell’apprendere i segreti della vita? Molto ! E non parlo solo di quando ti raccontano la verità sulla nascita dei bambini, ma anche delle cose più semplici come il Natale. Ero in prima elementare quando credevo che Gesù fosse nato il 25 dicembre, in una stalla al freddo e gelo. Questo mi aveva insegnato mia madre e mi aveva confermato il parroco. Abitando nel nord Italia e vedendo le montagne bianche non ho mai dubitato della neve e del freddo che circondavano stalla e mangiatoia di Betlemme. Questa è stata la prima certezza a vacillare perché la maestra, che pure era una suora, ci raccontò di come fosse bella la Palestina, calda e luminosa. Mi consolo oggi pensando che, nel convenzionale anno zero che divide il prima dal dopo Cristo, l’inverno dev’essere stata una stagione particolarmente fredda anche per i monti della Giudea, le cui vette non superano i mille metri di altitudine. In questa fede mi confortò il catechista. Ma il cattivo compagno era in agguato e l’amico un po’ più grande del liceo, nato proprio il 25 dicembre, aveva approfondito la cosa affermando che in realtà quel giorno era dedicato dai romani al Sole Invictus. Nulla di male se non che, in seguito a diverse congetture, l’amico insinuava il sospetto che la sovrapposizione fosse un’ operazione della Chiesa ideata per far dimenticare la festa pagana. L’idea reggeva ma, potendo affidarmi personalmente alla ricerca e approfondendo le informazioni, scoprii che non c’era una reale sovrapposizione, inoltre nei giorni del solstizio d’inverno, i romani celebravano i saturnali, riti di ringraziamento e propiziatori per l’agricoltura. Infine fattore decisivo fu che la Chiesa in realtà non aveva punto gradito la sovrapposizione della giornata ma l’aveva dovuta sopportare perché nel 200 d.c. il giorno della Dies Natalis Solis Invictus, la festa introdotta dall’imperatore Eliogabalo (218-2022) ufficializzata da Aureliano nel 274, era troppo famosa e apprezzata per essere contrastata. Come dicevano gli antichi romani: se un nemico non puoi sconfiggerlo, alleati. La filosofia ci insegna poi quanto sia relativa la stessa concezione del tempo e la questione ha perso importanza. La sociologia ci conferma infine che l’uomo per affrontare le difficoltà della vita necessita di alcune feste convenzionali: il Carnevale, le sagre di paese, le ricorrenze sacre. A volte non è sufficiente e allora nascono le favole e leggende. Una di queste, la più nota e diffusa, viene dal Nord dalle terre ricche di abeti e neve. Parlo della leggenda di Babbo Natale. Con le sue renne e la slitta colma di doni. Come faccia con quel trippone che si ritrova a passare per i camini per depositare i doni sotto l’albero di Natale è un vero mistero. A parte il fatto che oggi fatica a trovare pure i camini. Babbo Natale non è l’unica leggenda. Anzi fior di scrittori si sono cimentati nell’ideare favole per grandi e piccini. Fra loro merita un posto in prima fila il grande Charles Dickens con il suo "Libri di Natale" una collezione di racconti fra i quali primeggia - Il canto di Natale -, scritto nel 1843. La favola è molto conosciuta anche perché se n’è occupato Walt Disney con un bellissimo e commovente cortometraggio di animazione uscito nel 1983, nel quale c’era Topolino nei panni del povero impiegato Bob Cratchit e Paperon de’ Paperoni, già avaro di suo, nelle vesti dello strozzino Ebenezer Scrooge dal cuore di ghiaccio. La fiaba è nota: lo Spirito del Natale riuscirà a convertire il tirchio affarista che compirà il bellissimo gesto di aiutare il suo maltrattato dipendente a curare il figlio. Sulla festività si è cimentato anche Carlo Collodi. Lo scrittore, che ha ideato Pinocchio, ha scritto il racconto La Festa di Natale nel quale i protagonisti sono due fratellini e la loro sorella. I ragazzini, centesimo su centesimo, riempiono i rispettivi salvadanaio che sono autorizzati a svuotare il giorno di Natale. Per tutto l’anno i bambini pensano a come utilizzare le poche lire accumulate. Ognuno di loro possiede un gioco e lo vuole arricchire: la bimba vuole comperare nuovi abiti per la bambola, e i fratelli dotare di orpelli vari un cavallo di legno ed altro. Nel giorno di Natale la madre scopre che due di loro hanno realizzato il sogno mentre il terzo ha preferito donare la somma, modesta ma importante, ad una famiglia povera. Il suo sacrificio, svelato dalla beneficiata, sarà ricompensato dall’affetto materno. Morale della favola il Natale è il giorno adatto a fare qualcosa di buono, di essere generosi, di occuparci maggiormente di chi ci vive accanto. La ricompensa non mancherà: Sereno Natale.