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La vite sul colle di Tenna

Economia e natura

di Fiorenzo Malpaga

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La vite sul colle di Tenna

L’Art. 15 dello statuto del Comune di Tenna, approvato nel 1371, recita “Che niuno ardisca andar con alcuna sorte di bestiame nelle chiesure d’altri, fino terminate le vendemie sotto pena di Lire tre”. I vigneti erano tutelati fin da allora, con una apposita disposizione regolamentare, a riprova che la coltivazione della vite era presente sulla collina fin dall’epoca medioevale, praticamente da quando si è costituita la prima comunità di Tenna, nella zona dei Masi. La vite ha rappresentato, nel corso della storia dell’abitato, una costante che ha sempre caratterizzato l’agricoltura del territorio, al punto che sullo stemma del Comune è riprodotto un grappolo d’uva a rimarcare e suggellare l’importanza rappresentata dalla coltivazione della vita per la comunità. Nella ispezione del 1633 disposta dal Vescovo di Feltre cui la curazia di Tenna apparteneva, si constata la mancanza di vino, in un paese che, fin dai tempi di Nicolò di Brenta, rientrava nella “terra vineata quam aratoria” definita così da GA Montebell. Francesco Santini, perito di Pergine, nel 1785 redigendo la perizia per il dissodamento dei “Nuovi Ronchi” affermava che “il graspato deve riuscire, se non il migliore, certamente al paro dei più buoni e migliori sitti in tutta la giurisdizione di Pergine”. nuovi Ronchi erano individuabili nella zona costiera del lago di Caldonazzo, fra i “Feghini”e il bosco denominato “al Gazzo”, messi a coltura nel 1675 e il maso Valdagni a Campolongo. Ad ogni membro della comunità di Tenna veniva assegnato uno staio e mezzo di terreno (circa 1130 mq); la resa, afferma il perito Santini nella sua relazione, era di 1500 “ congiale di graspatto, per 100 stari di vignale”, considerata buona. Nel 1786 il Principe Vescovo di Trento, consentì di mettere in coltura la parte ripida della collina verso il lago di Caldonazzo, con l’impegno di ogni contadino, a conferire pro Chiesa una “gonziale di graspato”. Anche il Comune di Tenna nel 1793, suddivise le proprietà in porzioni, vendendole ai privati per scopi agricoli. Alla fine del 1800 e inizi del 1900, la viticoltura registrò un notevole impulso, soprattutto sulla parte collinare verso il lago di Caldonazzo; la zona della Valsugana ed in particolare Tenna rappresentava il sud, la parte meridionale dell’impero Austro-Ungarico, e quindi il vino era richiesto soprattutto nel nord, nell’attuale Austria. Nel 1895, in occasione della progettazione della linea ferroviaria della Valsugana, il Comune di Tenna chiese venisse realizzata una stazione nella zona dell’attuale hotel Brenta, al servizio del colle di Tenna, con la motivazione che “ il territorio è coltivato in gran parte a viti, con un prodotto medio annuale di circa 5.000 ettolitri di graspato…e le stazioni di Pergine, Caldonazzo e Levico sono assai discoste..”; istanza non accolta; questo comunque per sottolineare l’importanza della vite per Tenna, e della necessità di assicurare il trasporto dell’uva e delle vinacce verso il nord dell’impero Austro Ungarico. Giulio Ferrari, capostipite della famosa famiglia originaria di Calceranica, e che coltivava i vigneti sopra Brenta,

Vino Malpaga - Etichetta Originale

è stato l’antesignano dello spumante col marchio Ferrari. Aveva approfondito il metodo francese “champenoise ” che dall’uva bianca Chardonney ricavava lo spumante reso famoso nel Mondo. La posizione dei vigneti sulla collina di Tenna, in località Brenta, è sempre risultata ideale per la vite, per una serie di fattori che coesistono ed interagiscono fra loro: la vicinanza del lago, la brezza data dall’Ora del Garda” e dalle montagne che circondano la collina, l’ottima esposizione al sole. Inoltre il vino rosso, in particolare il Pavana, prodotto a Tenna era molto apprezzato in Austria e la famiglia Malpaga era in possesso di una apposita etichetta con riportati in alto stemmi con scritte tedesche. La strada comunale che da Tenna conduce a Campolongo denominata “ Strica” è stata costruita agli inizi del 1900, allo scopo di poter portare il vino, con un percorso agevole per i carri trainati da buoi, verso Pergine, Trento e poi l’Austria. In una foto degli anni sessanta scattata da Calceranica, si nota il versante di Tenna tutto coltivato a viti, con i tipici terrazzamenti e muri a secco, che permettevano di sostenere i filari dei vitigni. La viticoltura fu molto fiorente fino agli anni sessanta del Novecento, quando molti giovani si dedicarono ad altre attività lavorative, e le poche famiglie contadine abbandonarono i ripidi vigneti che si inerpicano sopra il lago di Caldonazzo, per la frutticoltura (pere prima e poi mele) nelle campagne pianeggianti, dove era possibile lavorare con la meccanizzazione. Una decina di anni fa il Comune di Tenna ha approvato un progetto preliminare, finalizzato al recupero dei vigneti nei pendii verso il lago di Caldonazzo, che erano stati abbandonati con conseguente crescita di incolto e arbusti spontanei.Il progetto non ha avuto poi seguito, tenendo conto che la problematica maggiore consisteva nella esigenza di un riordino fondiario, atto ad accorpare le piccole porzioni e particelle, spesso intestate a molti comproprietari in molte occasioni deceduti, operazione complessa e difficile, per i risvolti tavolari e catastali che comporta l’accorpamento di particelle fondiarie. In questi ultimi anni qualche agricoltore ha ripreso l’attività e i contributi pubblici e la qualità aiutano.

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