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La Sinistra che deve fare la Destra
Democrazia e partiti
di Cesare Scotoni
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LA SINISTRA CHE DEVE FARE LA DESTRA
Sui giornali, in occasione della vittoria del Centro Destra alle Politiche di fine settembre ed a seguito dell’ampia fiducia avuta dal nuovo governo il 26 ottobre scorso, due temi di Politica sono ora preponderanti in un dibattito politico altrimenti animato un protagonismo assolutamente modesto e fine a sé stesso e, come sempre, da troppi “benaltrismi”.
Uno è quello della ripresa del cammino delle riforme sulle deleghe ai territori previste al Titolo
V della Costituzione che, grazie alla presenza nel Governo di un senatore Calderoli circondato da stima unanime, potrebbe andare oltre lo strappo creatosi con la approvazione a maggioranza della legge costituzionale n° 3 il 18 ottobre 2001. .
L’altro, su cui invece mi soffermerò, trova la sua radice nel modo nuovo in cui venne a declinarsi in Italia il Progressismo di Sinistra dopo che, con Tony
Blair nel Regno Unito prima e con
Gerhard Schröder in Germania poi, la rinuncia da parte di quella
Sinistra Europea che si pretendeva globale dell’ambizione a
“superare” il Capitalismo ed a rifugiarsi in un più pragmatico e forse profittevole Riformismo. Delegando così una volta di più alla
Chiesa Cattolica di Roma la pretesa di portare un messaggio che fosse rivoluzionario ed universale.
In Italia, tramontate il 24 marzo 1999 in Kosovo le residue ambizioni dell’Ulivo prodiano, nato poi nel 2007 al Lingotto di
Torino, simbolo del Capitalismo
Industriale Italiano, il PD del “ma anche” di Valter Veltroni per “Riunire l’Italia, farla sentire di nuovo una grande nazione, cosciente e orgogliosa di sé”, come dice anche oggi Giorgia Meloni che a quel PD oggi si contrappone con successo, con la vittoria di Renzi alle Primarie del dicembre 2013 e quelle promesse di rottamazione si aprì quel Congresso
Giorgia Meloni Romano Prodi
Enrico Letta
Permanente che forse si concluderà nel 2023 o forse no. Nel frattempo un PD che ha fatto delle divisioni la sua cifra distintiva ci ha regalato l’ingresso nel PSE, la scommessa perduta di fare dei Diritti Individuali lo sfondo progressista per l’abbandono di quei Diritti Sociali su cui si fonda la Costituzione, una deindustrializzazione del Paese costruita nella convinzione che la gestione del tempo libero e l’erogazione di sussidi fossero il fine delle politiche sociali, la demolizione di un sistema scolastico e formativo che in passato aveva permesso al Paese di competere con successo sui Mercati Internazionali con un 60% di (buoni) diplomati ed infine il ritorno in campo dei Socialdemocratici con il duo Renzi & Calenda, che in quel PD han costruito tutto il loro percorso e a cui non lesinano i consigli. Eppure l’autocastrante rinuncia ad elaborare e conseguire un qualche percorso per il superamento di quel Capitalismo Anglosassone che nel frattempo ha sconfitto quel Capitalismo Mercantilistico Renano e si appresta allo scontro con il Comunismo Cinese, la passione per il dire delle belle cose anziché far delle cose giuste, l’ambizione a piacere alla gente che piace anziché di inseguire e servire i bisogni di chi poi quelli scontri tra sistemi ideologici ed economici li paga sulla pelle, sembrano essere ormai una condizione ineludibile di quella Sinistra destinata a vincere solo facendosi Destra, forte della forza delle Istituzioni piuttosto che del consenso delle classi popolari. Una “Sinistra Sindacale” che in una fase postindustriale trova il suo bacino in quei pensionati che del Progresso sono oggettivamente l’an-
Democrazia e partiti
titesi, il continuo confondere i Diritti Individuali con i Diritti Civili per non impegnarsi sui Diritti Sociali che lo Stato dovrebbe garantire, farlo nella finzione che il costo dello Stato sia un costo sociale anziché un elemento di una più ampia dinamica redistributiva, il pretendere che le logiche della “Borghesia Compassionevole”, poi sconfitta sulla ghigliottina da Robespierre, possano avere una loro attualità nella postmodernità relegano quella Sinistra “quasi riformata” a rifugiarsi nella Nostalgia. E costringe il Popolarismo Cattolico a riprendere il tema del Progresso Sociale. Con modestia di ambizioni e disponibilità al confronto. Con la Capacità di immaginare quel Futuro che in tanti speriamo trovi nel Capitale uno Strumento e non un Padrone. Padrone cui altri si son piegati senza fatica.
ISTITUTO DI ESTETICA di Nadia Libardi