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L'amicizia intergenerazionale
Società oggi
di Monica Argenta
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L’amicizia intergenerazionale: Un viaggio per l’anima alla portata di tutti.
Idati parlano chiaro: chi trova un amico, trova un tesoro. Ce lo ricorda, tra gli altri, il rapporto di Cigna, importante gruppo assicurativo americano pubblicato nel 2018. La ricerca, svolta sulla salute di oltre 20.000 americani adulti, rivela che1 persona su 6 soffre di un malessere attribuibile ad una percepita condizione di solitudine e sono soprattutto i più giovani ad esserne colpiti. Statisticamente infatti sono proprio i così detti Millenials (i nati cioè tra il 1981 e il 1996) assieme alla Generazione Z (i nati negli anni 1997-2012) che si sentono più soli, molto più delle generazioni precedenti. Una questione importante questa, se si pensa che svariati studi dimostrano che la solitudine ha un impatto sulla mortalità pari a quella del fumare 15 sigarette al giorno, un impatto maggiore a quello derivato dall’obesità. Contrariamente ai luoghi comuni, lo stato di solitudine non ha molto a che fare col vivere soli o in famiglia, col l’avere una occupazione o essere disoccupati ma pare invece che la solitudine venga percepita come la mancanza di vere amicizie. Sempre lo studio di Cigna infatti evidenzia che quasi il 60% degli intervistati ha dichiarato di non sentirsi compreso da partners e colleghi, di non avere nessuno con cui passare del tempo aprendosi veramente, di non avere amicizie profonde. Certo, la nostra società non facilita relazioni basate sull’empatia e la comprensione e, in special modo nel nostro opulento e tecnologico Occidente, oramai non si ha più tempo per “coltivare” qualcosa che non abbia un diretto riscontro pratico ed economico. Tuttavia, l’amicizia è un vero toccasana, al pari della dieta bilanciata e dell’adeguato esercizio fisico. Trovare nuovi amici non è cosa semplice, oltre al poco tempo c’è il timore di aprirsi ed essere giudicati, non capiti, traditi. In tal senso ci può però venire in aiuto una strategia, in realtà vecchia come il mondo ma forse ultimamente dimenticata: stringere legami con persone di età molto diversa dalla nostra. La chiamano “amicizia intergenerazionale” e psicologi e sociologi assicurano funzionare bene avendola messa anche sotto la lente d’ingrandimento in alcuni loro studi specifici in diverse nazioni occidentali. Infatti, uno dei grandi problemi della nostra società è l’aver diviso i gruppi generazionali in veri e propri “contenitori” : i giovani frequentano solo determinati luoghi, edifici e in determinate fasce orarie che sono diversi dagli spazi e dai tempi dei cinquantenni e diversi ancora da quelli degli ottantenni o dei bambini. Oramai le amicizie si concretizzano solo tra coetanei, facendo svanire una delle tante belle opportunità che ci offriva la vita fino a mezzo secolo fa. E’ per questo che ci sono stati e ci sono moltissimi “interventi di inclusione sociale” dove si sono facilitate le relazioni e le amicizie intergenerazionali e si è potuto constatare scientificamente che queste riescono a risolvere tanti piccoli e grandi malesseri. Pare infatti che il livello di diffidenza, indifferenza, senso di “sentirsi diversi” si abbassi vertiginosamente quando interagiamo con una persona molto lontana dalla nostra fascia di età. Le barriere che consciamente, ma soprattutto inconsciamente, non ci permettono di comunicare con un coetaneo sono facilmente abbassate con un bambino o un anziano e questo ci permette di essere più sereni, più sinceri e quindi più predisposti a gettare le basi per una vera amicizia. La letteratura scientifica a riguardo è vasta e lascio al lettore particolarmente interessato scoprire di più su questo ambito di studi. Qui mi limito a ricordare che anche nella nostra provincia, nei nostri piccoli paesi, le opportunità di incontro volendo non mancano come sanno bene i nostri bibliotecari o i gestori dei musei che spesso lanciano iniziative di questo tipo. Le amicizie intergenerazionali sono relativamente semplici da far sbocciare e chiunque ne abbia avuto esperienza può testimoniare quanto sia bello, divertente e costruttivo. A volte basta poco per venire a contatto con prospettive diverse, avere accesso a realtà sconosciute, condividere sensibilità che credevamo perdute senza spostarci troppo da casa. Non neghiamoci dunque questo vero e proprio viaggio dell’anima e ...Buon 2023 a tutti.
Società oggi
di Francesco Scarano
Festa dell’albero 2022:
una promessa, più che una semplice ricorrenza.
Novembre è il mese dedicato agli alberi e la nostra penisola, paradiso europeo della biodiversità botanica, non poteva fare a meno di dedicare una giornata celebrativa ai ‘’polmoni della Terra’’. Molte scuole, di diverso ordine e grado, si sono impegnate su tutto il territorio nazionale a dare un contributo finalizzato alla realizzazione di nuove aree verdi ed alla valorizzazione e cura di quelle già esistenti. L’ evento, di fatti, risulta di particolare rilievo se si considera il contesto storico in cui esso si svolge: siamo in uno dei periodi storici più critici per quanto concerne l’ incidenza delle calamità naturali. Esondazioni, frane, trombe d’ aria, alluvioni, aumento repentino delle temperature non sono infatti solo orridi scenari di film apocalittici, ma fenomeni abitudinari che scandiscono le nostre stagioni. Alla base di queste bizzarrie metereologiche vi è senza dubbio il corrosivo intervento dell’ uomo, essere egoista e mercificatore, il quale basa la propria esistenza sull’ economia. Questo termine ha la stessa radice di ‘’ ecosistema’’: si tratta infatti rispettivamente della ‘’ legge della casa’’ e del ‘’sistema-casa’’, che pur suonando alla pronuncia come termini affini, sono in realtà antitetici, dato che spesso l’ economia, il desiderio di lucrare e produrre profitti, porta alla distruzione della comune ‘’casa’’, ‘’oikia’’. L’ unico antidoto a questa involuzione dell’ umanità potrebbe essere rappresentato, oltre che da una riduzione dei combustibili fossili che liberano anidride carbonica nell’ atmosfera, dalla cura degli alberi, veri e propri filtri capaci di ridurre il biossido di carbonio libero e di rallentare i cambiamenti climatici. Le specie arboree rappresentano infatti dei veri e propri
Società oggi
paladini, aventi come armi le foglie e le radici, come scudo varie sostanze come la lignina e la suberina, e come missione quella di difendere il nostro pianeta dalle catastrofi. Numerosi sono i vantaggi apportati da questi esseri viventi: oltre ad assorbire anidride carbonica, essi migliorano la qualità dell’ aria, evitano lo spreco di acqua filtrando le falde, riducono la corrosione del suolo ed il rischio frane per mezzo dell’ apparato radicale, offrono zone d’ ombra in città, proteggono dalle raffiche di vento, ospitano varie specie in via d’ estinzione e rendono più accoglienti e rilassanti i centri cittadini. La miscela gassosa che respiriamo, infatti, viene filtrata proprio da questi giganti buoni, i quali aumentano la quantità di ossigeno ed assorbono inquinanti e polveri sottili. Non a caso sono sempre più numerosi gli interventi atti a favorire la nascita di spazi verdi nei centri urbani, dalle ‘’ slum areas’’ ai più recenti palazzi dotati di splendidi giardini pensili, atti ad impermeabilizzare, abbellire ed ossigenare le strutture. Tra l’ altro l’ albero, nella nostra iconografia, ha da sempre rappresentato un legame di fede tra Dio e gli uomini, per i credenti, e lo scenario di numerose leggende, come quella delle streghe, o dei malocchi per i più superstiziosi, ma sopratutto la capacità di fruttificare, di generare vita. Singolare risulta anche la tendenza in voga negli ultimi anni a piantare una ‘’ capsula mundi’’, ossia un’ urna di ceneri del defunto accolta nelle radici di una specie arborea, a simboleggiare la vita eterna che passa dalla sostanza organica della salma all’ apparato radicale del longevo essere vegetale, un po’ come accade per la simbologia del cipresso, albero dei cimiteri‘’ sempervirens’’, sempreverde, che rappresenta l’ immortalità delle anime dopo la dipartita dal corpo. Se l’ albero dunque rappresenta un simbolo antico e diffuso, è pur vero che la sua importanza è particolarmente evidente negli ultimi anni, quando esso può assurgere ad un ennesimo simbolo, quello di salvatore. Se l’ Italia può vantare ben 21 miliardi di alberi, secondo i rilevamenti GPS del corpo forestale, l’ impegno e la promessa più grande che ogni cittadino potrebbe fare per non rendere vana questa festività, accanto a quelle espresse dalle istituzioni, sarebbe quella di aumentarne il numero e di rispettare quelli già esistenti, ricordando che valgono più come filtri che come mensole o taglieri, perché delle suppellettili si può far a meno, ma dell’ ossigeno?
ANTEPRIMA DEL PRIMO LIBRO DI LILLI ANIBALDI
AVilla S. Ignazio, sulla collina delle Laste a Trento, è stato presentato in anteprima il primo libro di Lilli Anibaldi, La scatola d’arzent. Il libro, che raccoglie 43 liriche in dialetto trentino dell’esordiente Lilli, è stato presentato in dialogo con l’autrice e l’illustratrice Anita Anibaldi, (sorella di Lilli), da Renzo Francescotti autore di notorietà nazionale, con al suo attivo oltre cinquanta libri di saggistica, narrativa e poesia, quattro dei quali tradotti all’estero. Il libro di cui Francescotti è curatore è prefatore è in corso di stampa, e si è deciso di parlarne in anteprima. Lilli Anibaldi si è iscritta lo scorso anno al 24° corso di poesia tenuto da Francescotti a Villa S. Ignazio, nella scia di sua sorella Anita. E lì ha scoperto la sua vocazione poetica, raccogliendo le 43 poesie in dialetto de La scatola d’arzent, scritte in poco più di un anno. Figura centrale della raccolta è la nonna Angela (nome nomen) invalida a letto per 18 anni, l’unica della famiglia (in cui vive anche il nonno Augusto) che parla sempre in dialetto con la nipotina. La figura della nonna, il tema dell’infanzia, i ricordi di una famiglia che vive ancora in modo patriarcale, la Trento che a un certo punto muta in modo rapidissimo sono la materia trasfigurata in versi di straordinaria originalità, che sorprendono in un’opera prima. Quando questo libro apparirà nelle librerie o sul web sarà un’autentica rivelazione, ha concluso Francescotti.