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Coppie che scoppiano: quando arriva la castità

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Che tempo che fa

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Coppie che scoppiano

QUANDO ARRIVA LA CASTITA’

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di Waimer Perinelli

La fantasia, la storia e talvolta la cronaca ci raccontano di epoche lontane con società dai costumi sessuali liberi. I dipinti sui crateri greci, le cene di Trimalcione in Satyricon, i racconti delle Mille e una Notte, le novelle di Canterbury, le avventure di Boccaccio nei tempi della peste, sono scene di vita dove sentimenti romantici s’intrecciano con la cruda realtà descritta in modo realistico nelle poesie di Gioacchino Belli. Queste e molte altre erano le letture proibite della gioventù del Novecento che non fu emancipata nemmeno dal cinema oggetto di censure sotto la cui scure caddero i film di Fellini, Bertolucci e Pasolini. Il sesso questo sconosciuto. Ora che la censura è stata censurata, che la televisione offre film di ogni genere a qualsiasi ora, dovremmo ritrovarci in un mondo di sporcaccioni, guardoni, pervertiti. In parte è vero ma non più vero di cento anni fa quando i bordelli tenevano al “chiuso” il sesso e i giovani, scoprivano l’altro sesso dopo il matrimonio. Come accadde perfino a Romeo e Giulietta segretamente sposati da frate Lorenzo. E oggi, quando tutte le barriere sono cadute che cosa accade? Da una parte si diffondono modelli e comportamenti erotici. La fondazione Foresta di Padova scrive che l’89 per cento dei giovani segue influencer super erotiche e la la vendita dei sex Toy è aumentata del 227 per cento. Tuttavia proprio la sovraesposizione crea una delle previsioni dei sociologi degli anni Sessanta del Novecento: arriva la catarsi. La frequentazione delle immagini e del sesso ne riduce l’attrazione. Lo scandalo non fa più scandalo. Sembra che oggi siano in molti a considerare il sesso sopravvalutato. Soprattutto fra i giovani. l’Ultimo rapporto CensisBayer sul comportamento sessuale degli italiani (2019) ha evidenziato che 1milione 600 mila persone con età compresa fra i 18 e i 40 anni, non avevano mai avuto un rapporto sessuale completo. Pare che gli asessuati siano fra l’1 e il 2 per cento della popolazione. Sembra infine che l’eccesso di sesso abbia portato all’astensione sessuale. Gli astenuti dal sesso ci sono sempre stati ma oggi ci sono meno problemi a rivelarlo. I testimonial non mancano. Brad Pitt dichiara che dopo essersi lasciato con Angiolina Jolie non ha praticato sesso per un anno.(Getty-Corriere della sera). Adriana Lima 41 anni, dichiara di avere atteso il matrimonio per avere il primo rapporto sessuale. Giulia Stabile 19 anni, ballerina, vincitrice di uno show televisivo alla domanda di quando e come ha avuto il primo rapporto sessuale risponde: “ Non non c’è ancora stato”. Naturalmente nessuno ha intenzione di emulare gli impegni assunti dai religiosi cattolici, castità per i sacerdoti e verginità, cioè astensione totale per le donne che rinnovano i voti delle vestali romane. Tuttavia la castità, molto più frequente, viene scelta per motivi diversi. Come Brad Pitt quando non c’è un partner o dalle regole, vere o presunte della preparazione sportiva, oppure come abbiamo visto per motivi morali e religiosi. Un recente documento del Vaticano invia i giovani ad astenersi dal sesso prima del matrimonio. Non è una novità anzi, è uno dei principi fondanti della Chiesa Cattolica, ma ha sorpreso non poco come una “voce che predica nel deserto”. Già nell’Ottocento il filosofo Fredrich Nietzsche dichiarava che “la castità è contro natura. Ogni disprezzo della vita sessuale, scriveva, ogni contaminazione della stessa con il concetto di impuro è il vero e proprio peccato contro il sacro spirito della vita”. Il che non era un invito al disprezzo della morale ma il suggerimento a non demonizzare quelli che in fondo sono i doni di Dio. Anzi a valorizzarli, visto che in fondo, forse ancora per poco, sono l’unico modo che le specie animali hanno per riprodursi. In tutta questa controversia è ancora da preferire quanto avrebbe affermato sant’Agostino, insospettabile servo di Dio, “ Signore dammi castità e continenza. Ma non subito”.

Sant'Agostino d'Ippona

Uomo, natura e ambiente

di Claudio Girardi

PROFESSIONE VETERINARIO

Una tragica vicenda, di cui hanno parlato tutti i giornali anche a livello nazionale. Si tratta dell’incidente mortale avvenuto di recente nel Veronese, che è costato la vita a Chiara Santoli, trentina di Rovereto, laureata di recente in Veterinaria presso l’Università degli Studi di Padova e, dal mese di marzo, iscritta all’Ordine dei Veterinari. Un improvviso movimento del bovino, che stava visitando con un collega di provata esperienza professionale, ha schiacciato la giovane 25enne contro il profilo metallico che separa le poste (cuccette) nella stalla. Chiara ha riportato un trauma cranico e un trauma toracico che le sono stati fatali. Il veterinario che era con lei è intervenuto immediatamente tentando le manovre di rianimazione, ma inutilmente. I soccorritori del Suem 118, arrivati con l’elicottero di Verona Emergenza, hanno potuto soltanto constatarne il decesso. La professione del veterinario, a contatto ogni giorno con gli animali, diventa sempre più faticosa, impegnativa e carica di problemi e di responsabilità. Abbiamo sentito la voce del dott. Giovanni Bernardini, classe 1963, nato a Trento ed iscritto al n. 263 dell’elenco dei Veterinari della Provincia di Trento, che lavora nelle stalle della Val di Non e Val di Sole. Giovanni si è impegnato anche nell’Ordine dei Veterinari di Trento come Consigliere dal 2011 al 2017. Una tragedia imprevedibile - dice Giovanni Bernardini – perché abbiamo a che fare con animali pesanti fino a 6/7 quintali, prevalentemente docili, ma che a volte possono diventare anche aggressivi. E’ quindi un lavoro, quello del Veterinario, che va svolto in sicurezza, prestando la massima attenzione e concentrazione per evitare rischi imponderabili. Ma il lavoro del veterinario, che per Giovanni riguarda la specializzazione in buiatria, ovvero la branca della veterinaria che si occupa delle malattie dei bovini, è anche affascinante perché permette di stare in contatto con tanti allevatori e di operare all’aria aperta.

Consiglierebbe oggi questa professione ai giovani trentini?

Sì, perché la mia, la nostra professione ci gratifica di tante soddisfazioni a fronte di innumerevoli e diversi problemi da affrontare prestando le cure non in una camera sterile, ma sulla cuccetta di una stalla, con tutto quello che comporta dal punto di vista igienico-sanitario. Trent’anni fa, quando ho iniziato a lavorare, la realtà era diversa. Oggi ci sono due aspetti da considerare: la burocrazia sempre più pressante, che ci priva del diritto deontologico di assumere decisioni nel mettere in atto le terapie che riteniamo più consone al caso di specie e che ci obbliga a seguire pedissequamente il “bugiardino”. Non meno importante è l’aspetto

Il dott. Giovanni Bernardini

Uomo, natura e ambiente

delle retribuzioni, che sono esigue a fronte del servizio, che è dato di prestare continuativamente per 24 ore. Oggi, con l’obbligo dell’emissione di ricette elettroniche, della conservazione e aggiornamento quotidiano dei registri di carico e scarico delle medicine, del controllo dell’armadio farmaceutico di stalla, è diventato tutto più difficile. Siamo in una fase di passaggio e, probabilmente, i giovani sono più portati e predisposti al mondo del digitale, noi meno. E’ una professione, la nostra, comunque faticosa. Io lavoro da oltre 30 anni e, tra parti ed altri interventi sui bovini, ho dovuto sottopormi all’inserimento di protesi ad entrambe le anche, una nel 2013 e l’altra nel 2016. Le mie spalle non sono messe meglio. Dopo tanti anni il lavoro è molto impattante sul fisico. Noto, però, positivamente, che sono sempre di più le donne che intraprendono la nostra professione e questa è comunque una cosa importante. Da recenti ricerche, infatti, le donne sono la maggioranza del mondo veterinario in Italia; per numero hanno superato i colleghi maschi. Tuttavia, soltanto due su dieci hanno avuto, nel corso della loro carriera, l’opportunità di ricoprire ruoli di vertice. Da una ricerca del Censis è provato che la professione del veterinario è fondamentale per la gestione razionale degli allevamenti. E’ utile e tecnicamente impegnativa anche per il benessere animale. Sono questi i tratti costitutivi del lavoro del medico veterinario nell’immaginario collettivo, che vanno a delineare e a riconoscerne il lavoro come affascinante e complesso.

Come vede il rapporto degli allevatori trentini con i loro animali?

La realtà, che seguo io, è medio-piccola. L’allevamento più grande è di circa 150 animali. Permane ancora un’interdipendenza tra l’allevatore e i suoi animali. In molti casi ho notato anche una forma di rapporto affettivo verso l’animale piuttosto che un approccio esclusivamente reddituale allo stesso.

Si parla tanto di orsa F43 cosa ne pensa?

Il rapporto orsi ed allevatori è senz’altro conflittuale. Io credo che sia necessario trovare degli equilibri e questo vale sia per gli orsi ma anche per i lupi. Chi ha la responsabilità della loro gestione deve anche indicare quale dovrebbe essere il carico massimo oltre il quale la convivenza può diventare problematica.

Secondo Lei come va tutelata la fauna?

Sicuramente in natura si raggiunge sempre un equilibrio e anche qui è necessario ottenerlo affinché ci sia lo spazio per i selvatici, arrivando ad una convivenza tra tutti, compresi gli allevatori, che vanno educati a ciò, ma anche tutelati, perché essi sono un importante patrimonio per la salvaguardia del territorio montano.

Parliamo infine di questa emergenza sanitaria ovvero Covid 19. Ha avuto casi riscontrati su bovini?

Non ho avuto casi di Covid 19 tra i miei pazienti. Non esiste alcuna evidenza che gli animali giochino un ruolo epidemiologico nella diffusione di SARS-CoV-2, che riconosce il contagio interumano come la via principale di trasmissione. Tuttavia, poiché la sorveglianza veterinaria e gli studi sperimentali suggeriscono che alcune specie animali (mustelidi in particolare) sono suscettibili a SARS-CoV-2, è importante proteggere gli animali da pazienti affetti da Covid-19 (operatori, proprietari, veterinari, ecc.), limitandone l’esposizione. Nel corso della pandemia sono state notificate in diversi Paesi positività per SARS CoV-2 in animali sia allevati che domestici. Evidenze epidemiologiche dimostrano che felini (gatti domestici e selvatici), visoni e cani sono risultati positivi al test per SARS-CoV-2 a seguito del contatto con persone infette. (Probabilmente si tratta di una positività passiva!).

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