5 minute read
Attualità «L’hamburger? Quello vero è fatto solo di carne e la salubrità di quella italiana non teme confronti»
Chiusura o sospensione delle attività nel settore alimentare
Al sindaco di un comune è stato richiesto dal Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’ASL di adottare un provvedimento che sospenda l’agibilità dei locali di un’attività commerciale (negozio di alimentari), fi no a quando non verrà dimostrato dal titolare il raggiungimento delle caratteristiche igienico-sanitarie e di sicurezza impiantistica fornendo le perizie tecniche e le dichiarazioni di conformità degli impianti tecnologici nonché adeguate relazioni di avvenuta sanifi cazione dei locali e di rimozione di materiale non pertinente l’attività esercitata. Nella motivazione, il personale di vigilanza dell’ASL ha evidenziato che gli ambienti ispezionati non possedevano le caratteristiche igienico-sanitarie e di sicurezza impiantistica tali da consentire l’utilizzo dei locali in sicurezza per l’incolumità pubblica, trattandosi peraltro di locale commerciale ubicato in un complesso condominiale.
Advertisement
Da un esame delle disposizioni normative emerge che, ai sensi dell’art. 8 DLgs 507/1999, può essere l’ASL a chiudere direttamente l’attività senza l’intervento del sindaco. Tuttavia, talvolta provvedono i sindaci con ordinanza contingibile e urgente, per motivi di igiene e a tutela della salute pubblica, disponendo la sospensione dell’attività commerciale fi no al ripristino di idonee condizioni igienico-sanitarie. Qual è l’autorità preposta ad adottare il provvedimento di sospensione dell’attività? E-mail fi rmata
La risposta al quesito
Effettivamente l’art. 8 del DLgs n. 507/1999 (“Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio…” assegnava agli organi della pubblica amministrazione incaricati della vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di produzione, commercio ed igiene degli alimenti e delle bevande (identifi cabili nei servizi di igiene degli alimenti e nutrizione e di igiene degli alimenti di origine animale delle ASL) la competenza di disporre la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio nei casi di insussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessari ai fi ni del rilascio dell’autorizzazione sanitaria. Autorizzazione che non era prevista per tutte le tipologie di stabilimenti alimentari e che ormai da tempo è scomparsa dal nostro ordinamento, avendo lasciato il posto alla notifi ca di inizio attività (SCIA “sanitaria”) fi nalizzata alla “registrazione” o alla particolare autorizzazione denominata “riconoscimento”, richiesta solo per alcune categorie di stabilimenti (in particolare nel settore degli alimenti di origine animale). Oggi il Regolamento (UE) n. 2017/625 (relativo ai controlli uffi ciali e alle altre attività uffi ciali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fi tosanitari), che ha abrogato e sostituito il preesistente Regolamento (CE) n. 882/2004, all’art. 138 defi nisce le misure che le autorità competenti adottano nei casi in cui riscontrino delle non conformità. Tra tali misure troviamo: * l’isolamento o la chiusura, per un periodo di tempo appropriato, della totalità o di una parte delle attività dell’operatore interessato o dei suoi stabilimenti, sedi o altri locali; * la cessazione per un periodo di tempo appropriato della totalità o di una parte delle attività dell’operatore interessato…; * la sospensione o il ritiro della registrazione o dell’autorizzazione dello stabilimento, impianto, sede o mezzo di trasporto interessato, dell’autorizzazione del trasportatore o del certifi cato di idoneità del conducente.
Le misure di cui sopra possono essere associate ad altri provvedimenti previsti dall’ordinamento nazionale, come le sanzioni amministrative: per la mancanza dei requisiti in uno stabilimento del settore alimentare, quella per la violazione dell’art. 4 del Regolamento (CE) n. 852/2004, sanzionata dall’art. 6, comma 5, del DLgs n. 193/2007. Solo per le non conformità più lievi, o “inadeguatezze” (ma non possono rientrare in questa categoria le non conformità per le quali si renda addirittura necessaria una chiusura dell’attività, che si confi gurano come particolarmente gravi in riferimento al rischio per il consumatore), le misure possono consistere in un provvedimento impositivo, o, secondo linguaggio corrente, “prescrittivo”, con applicazione della sanzione solo in caso di inottemperanza (art. 6, comma 7, del DLgs 193/2007), come nel caso delle carenze nei requisiti igienicosanitari che non mettono a rischio la sicurezza degli alimenti e la salute
dei consumatori. Lo stesso istituto della “diffi da”, di recente (e controversa) applicabilità al settore della sicurezza alimentare, essendo limitato alle violazioni “sanabili” (e che quindi non devono costituire un rischio per la salute), non sarebbe applicabile. Quanto sopra, comunque, riguarda la materia della sicurezza alimentare.
In Italia l’autorità competente locale, come previsto dapprima dal citato DLgs n. 193/2007 (art. 2) e ora dal DLgs n. 27/2021 (art. 2), preposta ad intraprendere le misure ed impartire le imposizioni necessarie, è l’azienda sanitaria locale, che può agire autonomamente e senza coinvolgere necessariamente altri enti ed organi, con specifi ca funzione assegnata secondo l’organizzazione interna e il sistema di deleghe. Resta impregiudicata la possibilità, se sussistono i presupposti, di ricorrere all’ordinanza “contingibile ed urgente” emanata dal sindaco in qualità di autorità sanitaria, secondo l’art. 32 della L. 833/1978 e l’art. 117 del DLgs 112/1998 confermato dall’art. 50 del DLgs 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico per il riordino degli Enti Locali), successivamente modifi cato: “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale… in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana…”. Si veda a tal proposito anche l’art. 54 dello stesso TUEL: “Il sindaco, quale uffi ciale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili e urgenti al fi ne di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Nel caso descritto, l’organo di controllo che ha inoltrato la richiesta di ordinanza è il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, che non ha competenza diretta in materia di sicurezza alimentare ma ne ha in merito sia alle caratteristiche igienico-sanitarie in materia edilizia (diverse dai requisiti previsti nell’ambito della sicurezza alimentare ai sensi del Regolamento CE n. 852/2004, benché talvolta ad essi, almeno in parte, sovrapponibili), sia alla sicurezza impiantistica, sia alla sicurezza per la pubblica incolumità in riferimento anche alla situazione condominiale. Pertanto, la richiesta al sindaco di ordinanza contingibile ed urgente, a mio parere, è plausibile, e può comprendere anche aspetti riconducibili alla sicurezza alimentare in quanto facenti parte di un unico contesto. Ma se si trattasse esclusivamente di carenze di requisiti nell’ambito della sicurezza alimentare, l’ASL avrebbe tutti gli strumenti giuridici per procedere autonomamente, a seguito degli accertamenti effettuati dal proprio personale incaricato e dagli altri organi di controllo.
Marco Cappelli
Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro