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Slalom Le regole UE devono cambiare Cosimo Sorrentino

Associazioni di categoria e, soprattutto, confederazioni agricole plaudono ad una serie di divieti che diverranno a breve operativi. Tra i più apprezzati, l’impossibilità di acquistare a prezzi inferiori del 15% rispetto ai costi medi di produzione elaborati da Ismea e l’introduzione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie tra le parti, che valorizzino il ruolo degli enti intermedi anche attraverso la defi nizione di accordi quadro (photo © karrastock – stock.adobe.com).

diverranno a breve operativi. Tra i più apprezzati, l’impossibilità di acquistare a prezzi inferiori del 15% rispetto ai costi medi di produzione elaborati da ISMEA e l’introduzione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie tra le parti, che valorizzino il ruolo degli enti intermedi anche attraverso la defi nizione di accordi quadro.

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E ancora: l’asta a doppio ribasso, misura universalmente detestata, dovrebbe fi nalmente scomparire dalle consuetudini commerciali nostrane, ma è d’obbligo osservare che i contenuti della legge sono decisamente più vasti e tutti meritevoli di approfondimento.

L’articolo 7 prevede infatti anche il divieto di ritardi nei pagamenti per prodotti alimentari deperibili; degli annullamenti di ordini con breve preavviso; delle modifi che unilaterali ai contratti; del rifi uto di sottoscrivere un accordo scritto; della restituzione di prodotti invenduti o sprecati e il pagamento da parte dei produttori di importi a copertura dei costi di commercializzazione sostenuti dall’acquirente. Tutte azioni gravi queste ultime e assolutamente vietate, anche quando riguardano servizi collaterali forniti dall’acquirente al fornitore, come per esempio quelli relativi al marketing e alla logistica, annessi al rapporto di compravendita principale. A queste si aggiungono il divieto di un uso improprio di informazioni riservate e di ritorsione o minaccia di ritorsione nei confronti del fornitore.

Altre pratiche, considerate evidentemente meno deleterie, saranno consentite solo se precedentemente concordate in termini chiari ed univoci nell’accordo di fornitura o in un altro successivo contratto. Tra queste, la restituzione da parte dell’acquirente di prodotti alimentari invenduti, il pagamento da parte del fornitore della promozione o commercializzazione dei prodotti alimentari venduti dall’acquirente e i costi di immagazzinamento, esposizione o inserimento in listino di prodotti agroalimentari.

Si introduce la possibilità di anonimato nelle denunce relative alle pratiche sleali, che possono altresì provenire da singoli operatori, da singole imprese o da associazioni e organismi di rappresentanza delle imprese della fi liera. Sarà possibile ricorrere a meccanismi di mediazione o di risoluzione alternativa delle controversie tra le parti e verranno introdotte sanzioni entro il limite massimo del 10% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento.

La nuova disciplina si applica a tutte le cessioni di prodotti agricoli e agroalimentari indipendentemente dal fatturato aziendale e ora si armonizza, in ordine ai pagamenti, con le regole vigenti in materia di fatturazione elettronica. Viene ribadito l’obbligo della forma scritta nei contratti di cessione e — secondo un’integrazione approvata dal Senato e confermata dalla Camera — prima della consegna, ad eccezione di quelli conclusi col consumatore e delle cessioni con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito.

L’ulteriore passo dovrebbe essere quello della revisione del regolamento sulle vendite sottocosto, al fi ne di consentire che per i prodotti alimentari freschi e deperibili questa pratica sia ammessa solo in casi specifi ci, quali, per esempio, la presenza di prodotto invenduto a rischio deperibilità o di operazioni commerciali programmate e concordate con il fornitore in forma scritta. Resta salvo comunque il divieto di cui sopra di imporre unilateralmente al fornitore, in modo diretto o indiretto, la perdita o il costo della vendita sottocosto.

Come anticipato, il compito di vigilare sull’applicazione della norma è attribuito all’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), anche avvalendosi dell’Arma dei Carabinieri, e in particolare del Comando per la Tutela Agroalimentare, oltre che della

Guardia di Finanza. Un passaggio fondamentale, quest’ultimo, poiché la Guardia di Finanza è l’unica autorità investigativa dotata di risorse e competenze necessarie ai controlli. Se il già richiamato articolo 62 è stato vanifi cato in tutto o in parte, è infatti anche a causa del fatto che sul fronte dei soggetti titolati ad eseguire la vigilanza, le armi erano spuntate.

Il campo di applicazione è ampio poiché viene esteso, in Italia, a tutte le cessioni di prodotti agricoli e agroalimentari, indipendentemente dal fatturato aziendale, anche al fi ne di evitare il predominio di alcuni soggetti sui pubblici esercizi e la distribuzione.

Corre, tuttavia, l’obbligo di sottolineare, a questo proposito, alcuni aspetti critici. La norma sottrae inspiegabilmente il sistema cooperativistico ai termini di pagamento e alla forma scritta dei contratti, pregiudicando così i diritti dei soci e generando una sorta di concorrenza sleale prevista dalla norma.

Stessa cosa dicasi per le pubbliche forniture, una per tutte, le amministrazioni scolastiche e sanitarie, che vengono inspiegabilmente escluse dal campo di applicazione della disciplina, potendo le parti pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento sino a sessanta giorni per i prodotti deperibili.

Paradossalmente il soggetto pubblico — che col suo operato dovrebbe essere da esempio ai privati — è proprio colui che ha la licenza di addebitare ai fornitori un onere fi nanziario in più, peraltro tutto italiano e non previsto dalla Direttiva UE 2019/633.

Quanto alle sanzioni è certamente apprezzabile lo spirito che ha animato il nostro legislatore nel voler introdurre criteri di effi cacia, proporzionalità e “capacità dissuasive”. Il limite massimo è stabilito infatti entro il 10% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. Tuttavia, l’assenza di richiamo alcuno ai criteri di determinazione della misura della sanzione, genera un ampio margine di discrezionalità sul soggetto preposto alla vigilanza.

Al di là dei diversi passaggi che rilevano margini di miglioramento e il leggero ritardo con il quale la norma è stata recepita dal nostro legislatore, il plauso è certamente dovuto. Da oggi si apre un nuovo capitolo nella storia dei rapporti commerciali tra attori della fi liera agroalimentare e si concretizza quanto in parte aveva ispirato il Codice Etico per la Trasparenza sottoscritto anche dal MiPAAF, che prevedeva che i fi rmatari, oltre a rinunciare alle aste elettroniche vessatorie, contrastando così direttamente e indirettamente lavoro nero e caporalato, si iscrivessero alla Rete del lavoro agricolo di qualità. Un’operazione che ha contribuito a modifi care delle prassi inique e a costruire una nuova mentalità e una nuova cultura dei rapporti economici dentro il comparto.

Sebastiano Corona

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