Contaminazioni ittiche in salumeria
Salumi di pesce, quando il salame lascia la cantina e se ne va al mare di Gaia Borghi
Pastrami di salmone, bresaola di spada, ‘nduja di tonno: leggendo qua e là sul web, pare che la Seacuterie sia stata una delle tendenze mangerecce — e più fotografate e postate sui social vista la brillantezza dei colori e l’originalità che la caratterizza — dell’estate 2018. Sono già alcuni anni però che questa nuova modalità di proporre l’ittico ha fatto breccia nella ristorazione, da quella
più alta dei locali stellati o dei grandi alberghi internazionali alle fasce più accessibili sul mercato, piccole gastronomie comprese. In lingua inglese il neologismo nasce dall’unione dei due termini Sea = mare (o Seafood = pesce, frutti di mare) e Charcuterie = salumeria e/o salumi e affettati in genere. La “salumeria ittica” comprende infatti prodotti stagionati, carpacci e insaccati rea-
lizzati non con le classiche carni di mammiferi terrestri (suini, bovini, ovicaprini, cacciagione…) ma con il pesce e altri abitanti del mare. Al PB Catch Seafood and Raw Bar di Palm Beach, Florida, ad esempio, lo chef AARON BLACK propone tra gli antipasti un ricco tagliere di salumi di mare accompagnati da salse e verdure tra i quali spicca una mortadella di capesante servita con capperi,
I “Salumi di mare” del canadese Buca Osteria & Bar (photo © Buca Yorkville, @bucayorkville).
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IL PESCE, 4/19