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cap.3 • Tra le nuvole
Capitolo 3
Tra le nuvole
La hostess li accolse a bordo e fece accomodare i quattro in prima fila: Marco e Irene con la gabbietta di Pulce da una parte del corridoio, Niky e Karim dall’altra. Dopo un istante, si chiusero le porte e si accesero i motori. Attraverso l’interfono si sentì il benvenuto del comandante e le hostess iniziarono a illustrare le misure di sicurezza a bordo dell’aereo. Niky si allacciò la cintura. L’aereo cominciò a rollare sulla pista. Il rombo dei motori si fece sempre più potente.
Irene allungò un braccio e accarezzò la mano di Niky. «Buon viaggio, tesoro».
«Buon viaggio, mamma».
La velocità dell’aereo aumentava sempre più. Niky appiattita contro lo schienale stringeva con una mano l’amuleto che aveva al collo e con
l’altra il bracciolo della poltrona.
«Hai paura?» le chiese Karim.
«Assolutamente no. Ho il mio portafortuna. È un amuleto antichissimo. È infallibile».
Karim scoppiò a ridere.
Niky lo detestò e se solo fosse riuscita ad aprire gli occhi lo avrebbe incenerito con lo sguardo. L’aereo decollò. Le si tapparono le orecchie e sentì lo stomaco scenderle alle ginocchia. Con un movimento impulsivo lasciò l’amuleto e afferrò anche l’altro bracciolo.
Finalmente l’aereo arrivò in quota e ritornò in posizione orizzontale. Il rumore diminuì, le hostess ricomparvero nel corridoio e consegnarono
un paio di cuffie a ogni passeggero.
«Adesso potresti lasciare la mia mano?» disse Karim.
Niky sussultò. Aprì gli occhi e spalancò la mano. «Scusa, io credevo...»
«…che fosse il bracciolo. Per fortuna non avevi paura. È la prima volta che voli?»
«È la settima» mentì lei. «E tu a che numero sei?»
«Io faccio questo viaggio cinque o sei volte all’anno».
Karim accese il piccolo schermo davanti a lui. Si mise le cuffie, aprì la parte superiore del bracciolo destro, premette alcuni pulsanti
e sullo schermo comparvero delle immagini. Era una partita di calcio. Niky aggrottò le sopracciglia, aprì il suo sacchettino con gli auricolari e li mise alle orecchie. Accese lo schermo davanti a lei, sollevò la parte superiore del bracciolo e cominciò a premere i pulsanti a caso. Comparve un menù come quelli sullo schermo del computer: 1 English 2 Français 3 Deutsch.
Niente italiano. Niky scelse il meno peggio e la scritta Death on the Nile diede inizio al film.
«Parli inglese?» chiese Karim.
«Pochissimo, ma tanto lo so a memoria, l’ho già visto dieci volte». E appunto perché quel film lo conosceva bene, dopo aver mangiucchiato qualcosa, si addormentò.
DLIN DLON. I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza e di collocare lo schienale in posizione verticale. Stiamo iniziando la discesa verso l’aeroporto internazionale del Cairo. Il tempo è soleggiato e la temperatura a terra è di 29 gradi.
Niky sobbalzò «Siano già arrivati?» Irene allungò un braccio attraverso il corridoio
e le strinse la mano. «Tra poco, tesoro. Tu e Pulce avete dormito tutto il tempo».
L’aereo iniziò a scendere. Niky ancora un po’ assonnata si sentiva molto più tranquilla di quanto fosse stata durante il decollo. L’aereo toccò delicatamente il suolo. Poi si sentì un rumore forte e continuo. Niky guardò la mamma.
«Sono entrati in azione i freni, tesoro. L’aereo sta già correndo sulla pista. Siamo a terra».
Niky si sentì sollevata. Ora che era tutto finito pensò che non era valsa la pena preoccuparsi.
I motori si spensero. Una hostess prese la gabbietta di Pulce e guardò attraverso lo sportellino. «Complimenti, signoLisa, era in aereo ra. Il suo cagnolino si è seduto vicino a me. Si chiama Karim. Tutto merito del comportato molto bene. Tra poco potrà liberarportafortuna che mi lo. C’è una macchina ha dato mia nonna! che vi attende». Karim fu il primo a uscire, Niky dietro di lui fu investita da un forte vento caldo. Strinse gli occhi quasi accecata da quello specchio di luce. Il sole di mezzogiorno dipingeva il cielo di un azzurro intenso, perfino l’asfalto della pista sembrava brillare. Iniziò a scendere la scaletta e il rumore metallico dei suoi
passi sui gradini di alluminio Un portafortuna? risuonò sulla pista e nel suo
Che cos’è? petto. In fondo alla scaletta c’erano due persone: un uomo sulla cinquantina in maniche di camicia e un ragazzo in divisa da steward. L’uomo strofinò la testa di Karim e gli diede una pacca sulla spalla, poi i due salirono in auto. Karim abbassò il finestrino, sporse la mano e salutò Niky. «Ciao, buon divertimento!»
«Ciao, Karim. Arrivederci!»
Quando anche Marco e Irene furono scesi, lo steward aprì la portiera di un fuoristrada. «Ben arrivati signori. Salite, prego».
Non appena l’auto fu in moto l’accompagnatore disse a Irene che poteva liberare il cagnolino e mettergli il guinzaglio. Liberarlo fu semplice, ma farlo star fermo per agganciare il moschettone al collare fu davvero un’impresa. «Perché non usi la tua paroÈ uno scarabeo! la magica?» suggerì Niky alla mamma. «Penso ci voglia un intervento più… sostanzioso». Irene prese qualcosa dalla sua borsa, si inginocchiò sul sedile e allungò la mano. Pulce mangiò quel qualcosa e si tranquil-
lizzò abbastanza da permettere a Irene di agganciare il guinzaglio al collare.
«Allora, la parola magica è una cosa che si mangia?» «Beh, sì». Che schifo!!! Speriamo almeno che sia magico.
«E che cos’è?»
«È un segreto».
Niky alzò gli occhi al cielo. Era sorprendente come sua madre fosse testarda. Ma era meglio non dirle una cosa del genere.
L’auto si fermò davanti a una porta a vetri. L’accompagnatore scese e aprì le portiere. «Prego signori, siete arrivati. Penserò io ai bagagli».
L’intera famiglia, con Pulce al seguito, passò i controlli e uscì dalla dogana. Ad attenderli c’era un uomo in giacca e cravatta con un copricapo arabo e un paio di occhiali scuri che teneva in vista un cartello con la scritta ING. RENETTI. Marco andò verso di lui e gli strinse la mano.
«Ben arrivato, ingegnere, sono Talib Wahab, il vostro interprete. Spero abbiate fatto buon viaggio. Ora aspettiamo i vostri bagagli e vi accompagnerò in albergo».
Poco dopo arrivò un carrello spinto da un ragazzo con le loro valigie e tutti si diressero verso l’uscita. Quando passarono davanti al primo negozio
di souvenir, Niky arrossì. Davanti al secondo, afferrò l’amuleto che teneva al collo e lo strinse forte. Davanti al terzo se lo tolse e lo mise in una tasca dello zaino. Che delusione! Ecco perché tutti ridevano del suo prezioso antico portafortuna: non era prezioso e nemmeno antico. La nonna l’aveva presa in giro. Nei suoi primi dieci passi in Egitto aveva visto almeno tre enormi ceste piene di scarabei turchesi assolutamente identici al suo. Forse più piccoli, ma anche più belli.
All’aperto li aspettava una lunga auto blu. Durante il viaggio fino all’albergo, Marco parlò tutto il tempo con l’interprete, Irene scrisse messaggi a mezzo mondo, mentre Niky, continuando a pensare alla nonna e allo scarabeo, non staccò nemmeno per un attimo il naso dal finestrino. Le strade erano immense, le auto sfrecciavano a velocità sostenuta su tre, quattro corsie. Il traffico era caotico. Ogni tanto riusciva a intravedere i marciapiedi affollati da una miriade di gente che camminava o chiacchierava e gesticolava davanti a un infinito susseguirsi di negozi all’aperto. I colori delle merci così forti, così vivaci, spiccavano ancora di più in contrasto con i muri bianchi degli edifici e colpirono tanto Niky che alla fine si sentì confusa.