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cap.12 • I Tuareg
Capitolo 12
I Tuareg
Al tramonto Irene e Zahra li chiamarono. Era ora di prepararsi per la festa.
Quando Niky andò in cabina, la mamma era già pronta. «Su ora tocca a te. Infilati i pantaloni».
Niky ubbidì.
«Ecco, ora il corsetto».
«Mamma guarda, sopra quelle palme c’è un aereo piccolissimo!»
«Saranno turisti in escursione» osservò Irene guardando fuori dalla vetrata.
«Con quel trabiccolo?»
«Sì. Deve essere un aereo privato. Puoi stare ferma, per favore?» Irene allacciò tutti i bottoncini. «Ora mettiamo i veli».
«Mamma, guarda quei due!»
Due uomini completamente vestiti di blu con
il viso semicoperto cavalcavano sulla sponda del fiume, mantenendo la lenta andatura della motonave.
«Quelli sono Tuareg: nomadi del deserto. Stai ferma per favore?» si innervosì Irene.
«Esistono ancora?»
«Sì. Però, potrebbero anche essere attori. Chissà, forse stanno girando un film».
Irene finì di sistemare Niky poi la guardò orgogliosa. «Sei bellissima».
«Anche tu, mamma».
Dopo qualche istante, Zahra bussò alla loro porta. Tutti salirono nel bar all’aperto della nave e si sedettero a un tavolino in attesa dell’inizio della festa.
Karim sentì delle grida provenire dal fiume e andò ad affacciarsi al parapetto. «Ehi, Niky! Vieni a vedere».
Una feluca aveva accostato la nave e da una scaletta di corda stavano salendo i due uomini vestiti di blu.
«Mamma i Tuareg! Salgono a bordo».
«Saranno animatori» disse il professore. «Di solito ci sono degli spettacoli durante la festa».
I due uomini salirono a bordo. Erano alti e slanciati. Portavano un turbante blu con un capo
sciolto che tenevano davanti al viso lasciando intravedere solo gli occhi. Uno di loro aveva in mano una pietra.
«È una rosa del deserto» disse Karim.
L’uomo si guardò intorno poi iniziò a camminare con passo deciso verso Irene. Arrivò davanti a lei e si inginocchiò.
«Ehi, che cosa vuole quello da mia mamma?»
«Habibi» disse l’uomo porgendo la rosa a Irene. Poi si rialzò.
Le guance di Niky presero fuoco. «Come si permette quello? Habibi a mia mamma? Adesso vado lì e... e…»
Ma Irene la anticipò. Scattò in piedi e lo abbracciò forte: «Marco, amore mio!»
Niky rimase a bocca aperta e una lacrimuccia le rigò una guancia, poi corse da lui.
«Niky! Sei bellissima. Ti è piaciuta la sorpresa?»
«Papà, sei troppo forte. Sei stato eccezionale!» disse lei abbracciandolo.
L’altro uomo era il console che, essendo travestito e in incognito, quella sera si divertì un sacco.
Alla fine della serata, però, ci fu anche una brutta notizia. Marco disse che doveva tornare in studio al più presto e che la sera dopo sarebbero ripartiti per l’Italia anticipando il rientro di un giorno. Purtroppo, non sarebbero tornati al Cairo e non avrebbero visitato il museo.
«E Pulce?» si allarmò Irene.
«Pulce è qui. È alla capitaneria di porto. Domani andremo a prenderlo».
«A che ora partiamo?» chiese Niky come si fosse risvegliata da un sogno.
«Verso le cinque del pomeriggio».
«Allora, al museo di Assuan possiamo andarci, vero professore?!»
«Te l’ho promesso! Andremo in mattinata». La festa finì verso mezzanotte e tutti andarono nelle proprie cabine.
Niky cercò di infilare la chiave magnetica nella fessura. «Papà, non riesco ad aprire».
«Lascia, tesoro. Faccio io». Anche Marco provò, ma niente. La porta non si voleva proprio aprire. Chiamarono la reception e un addetto arrivò immediatamente. «Strano! Sembra che abbiano tentato di forzare la serratura» affermò l’uomo e chiamò il capo manutenzione con una ricetrasmittente.
Attraverso il computer di bordo, la direzione sbloccò la porta e finalmente riuscirono a entrare. La cabina era in ordine, troppo in ordine. Né lei, né mamma erano mai così meticolose nell’impilare una rivista esattamente sopra l’altra, nel ripiegare perfettamente i vestiti o nel mettere le scarpe esattamente parallele. Niky ebbe uno strano presentimento e bussò alla porta della cabina di fronte.
«Karim, scusa se disturbo. Hanno fatto le pulizie nella vostra cabina?»
«Sì, certo. Questa mattina».
«Sono tornati a riordinare anche durante la festa?»
«No. Perché me lo chiedi?»
«Niente, non importa. Buona notte e scusa ancora per il disturbo».
«Buona notte, a domani» rispose l’amico e sfregandosi un occhio richiuse la porta.
Qualcuno era entrato nella loro cabina. Ne era assolutamente sicura. Mentre mamma e papà erano seduti sul divanetto davanti alla grande vetrata a guardare il Nilo di notte, Niky iniziò ad aprire i cassetti uno a uno, poi prese dall’armadio il suo trolley. Accidenti! Qualcuno aveva rotto il lucchetto. Se mai avesse avuto bisogno di un’ulteriore conferma, questa era la prova definitiva. Sapeva benissimo chi si era intrufolato nella loro cabina, ma dirlo ai suoi genitori sarebbe stato inutile. Come al solito, le avrebbero detto che aveva troppa fantasia.
«Mamma, dov’è la borsetta che avevi questa sera?»
«Eccola tesoro» disse Irene porgendogliela. «Che cosa cerchi?»
Niky aprì la piccola borsa argentata, infilò una mano nella taschina laterale e prese il suo scarabeo. «Il mio amuleto, mamma. Per fortuna, l’avevo messo qui».