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cap.4 • Tentato furto sul Nilo
Capitolo 4
Tentato furto sul Nilo
L’auto si fermò davanti a un sontuoso albergo. Subito, due ragazzi in livrea aprirono le portiere e un facchino scaricò i bagagli.
«Eccoci arrivati, ingegnere. Abbiamo riservato una suite per lei e la sua famiglia. Il Ministero Egiziano per lo Sviluppo dell’Energia Alternativa spera sarà di vostro gradimento» disse Talib Wahab in modo molto formale.
«Penso che staremo benissimo» rispose Marco serio. Irene era imbarazzata, Niky non riusciva a chiudere la bocca tanto era meravigliata da quell’edificio.
«Bene. Ora potrete riposarvi. Questa sera verso le sette ci sarà la cena di gala del ministero qui in albergo». L’uomo si congedò lasciando i suoi ospiti stupefatti.
Niky non aveva mai visto un albergo così, la hall era piena di gente e grande come la palestra della sua scuola. I pavimenti luccicavano come specchi e al centro c’era addirittura una sfinge. Niky andò a toccarla. Toc... toc… Era finta, ma era enorme. Dall’altissimo soffitto pendevano lampadari così grandi che uno solo avrebbe illuminato l’intero parchetto dietro casa. L’amuleto della nonna forse non era così raro, ma fino a quel momento aveva funzionato. Tutto era andato alla perfezione. Mentre mamma e papà consegnavano i documenti alla reception, Niky si avvicinò a una vetrinetta. Accidenti! C’erano un sacco di scarabei anche qui: d’oro, d’argento, di turchese incastonati in anelli e bracciali, piccoli, grandi, medi. Nicole sospirò e si sedette su un divano, prese il suo amuleto dallo zaino e cominciò a osservarlo. Sì, era proprio come tutti gli altri e per di più era ricoperto di crepe e piccole fratture e si intravedeva qualcosa di verde.
Una donna accaldata le si avvicinò e indicò il suo portafortuna. «Beautiful!»
«Come scusi?»
«Belisssimo» disse la donna con un forte accento inglese. «Posso vedere?»
«Prego, guardi pure».
La donna lo osservò attentamente. Prese perfino una lente dalla borsa per osservarlo meglio.
«Grazie» disse a questo punto Niky porgendo la mano per riaverlo e perplessa se lo mise al collo.
Il fattorino li accompagnò nella loro suite al quindicesimo piano. Il soffitto era celeste con stelline dorate, i pavimenti ricoperti di morbidissima moquette blu con arabeschi giallo oro in stile arabo. Alle pareti erano appesi grandi specchi con pesanti cornici dorate. C’era un salotto con enormi divani gialli e una grande vetrata. Niky corse alla finestra. Guardò in basso: sotto di lei scorreva il Nilo, attraversato da un grande ponte su cui si muovevano interminabili file di automobili. Poi alzò lo sguardo e in lontananza vide le piramidi. Lanciò un grido di sorpresa. «Mamma, guarda! Andiamo a vederle da vicino? Ti prego, non ci vorrà molto. Sono proprio lì, a due passi dall’albergo».
«Con calma, tesoro. Vedremo tutto il possibile, non preoccuparti. Domani mentre papà lavora, noi ce ne andremo in giro».
«Gentili le mie ragazze» rise papà. «Adesso non riusciremo ad andare alle piramidi, ma un tuffo in piscina lo possiamo fare. Su, usciamo, non vorrete stare qui tutto il pomeriggio vero?!»
Irene e Niky furono subito d’accordo e in meno di dieci minuti si ritrovarono nella bellissima piscina dell’albergo. Era quasi deserta, il sole era alto e faceva molto caldo. Niky si tolse l’amuleto dal collo e si tuffò in acqua.
Quando riemerse vide la signora inglese che aveva incontrato nella hall, seduta sulla sua sdraio accanto alla mamma. Non era giovane e nemmeno bella, anzi, robusta e tozza con una disordinata chioma di capelli biondi e crespi. Incuriosita, Niky si avvicinò al bordo per sentire di che cosa parlassero. Non sapeva bene perché, ma quella donna non la convinceva, anzi, non le piaceva affatto. Stava chiacchierando del più e del meno con la mamma: parlavano del caldo, del sole, dell’albergo e cose del genere. Niky fece alcune vasche. Nuotare la faceva sentire libera e non avrebbe smesso se, a un certo punto, non avesse sentito un improvviso vuoto nello stomaco. Era fame! Erano le tre e, a parte qualche biscotto in aereo, non aveva ancora toccato cibo. Uscì dall’acqua, si avvicinò alla sua sdraio, prese l’accappatoio e se lo infilò. Cercò il suo ciondolo e con sorpresa si accorse che la donna lo aveva preso e ci giocherellava con noncuranza passandolo da una mano all’altra.
«Ecco mia figlia» disse Irene. «Su, tesoro. Presentati alla signora».
Accidenti, che rabbia! Quando sua madre la trattava in quel modo non la sopportava. Come un automa porse la mano: «Io sono…»
«Ho letto il tuo nome sullo zaino. Lucy Amstrong, please to meet you».
«La signora è un’archeologa sai, come nonna Amanda» intervenne Irene.
La donna si irrigidì. «Amanda Artusi?!»
«Sì, è mia nonna».
«Non conosco» ribatté l’inglese con una voce nasale che tradiva un certo nervosismo.
Niky rimase di stucco. Cercò lo sguardo della mamma, ma Irene si era avvicinata al bordo della piscina per rinfrescarsi.
In quel momento arrivò papà. «Ho ordinato uno spuntino. Signora, vuole unirsi a noi?»
«Thank you. Mi piacerebbe, ma ho un appuntamento tra poco. Sorry, devo andare». Lucy Amstrong si alzò in fretta, raccolse da terra la sua borsa e si allontanò.
Niky cercò il suo ciondolo. Accidenti, era scomparso! «Mi scusi, signora. Il mio scarabeo».
«Tesoro, che cosa stai dicendo?» intervenne Irene per rimproverarla.
«Pardon?» esclamò la donna fingendo di non capire.
«Quello che ha nella mano!» grido Niky indicando il pugno che la donna teneva stretto. «Quello è mio!»
Lucy Amstrong aprì la mano. «Stupid me. Sorry, non mi ero accorta. Sorry» disse imbarazzata restituendole lo scarabeo. «Ma si figuri, scusi lei» disse Marco ancora più imbarazzato. «Cosa vuole, è un oggetto di nessun valore, ma sa come sono le bambine».
Lisa, una signora Quando la donna se ne andò inglese ha cercato fu un sollievo per tutti. di rubare il mio scarabeo! Irene era seccata. «Nicole che figure ci fai fare? In Egitto ci sono milioni di ciondoli come quello. C’era bisogno di fare quella scenata?»
Anche Niky era molto arrabbiata. Mise lo scarabeo in una tasca dello zainetto e chiuse la cerniera. «Appunto perché ce ne sono milioni, se ne può comperare un altro. Deve proprio prendere il mio?»
«Ok, calmatevi» intervenne papà. «Siamo tutti stanchi e nervosi. Adesso mangiamo qualcosa e poi ci riposiamo un po’. Questa sera non possiamo permetterci di essere imbronciati, giusto?!»
Lo spuntino si rivelò un pranzo. Arrivarono tre camerieri con quattro piatti l’uno e imbandirono due tavolini a bordo piscina.
«Marco, che cosa hai ordinato? Mi sembra eccessivo per uno spuntino».
«Un cameriere al banco dello snack bar ha indicato una torta salata e io gli ho detto di portarne mezza».
Un uomo anziano e molto distinto che stava leggendo il giornale seduto su una poltrona di vimini scoppiò a ridere. «Mi scusi se rido, signore. Ma
la stessa cosa è accaduta anche a me, tanti anni fa».
Marco lo guardò stupito.
«Vede, lei ha detto mezza e il cameriere le ha portato le mezzah. È il tipico antipasto misto egiziano e come vede è molto ricco».
Irene rise.
«E adesso?» chiese Marco grattandosi la testa.
«Beh, adesso assaggiate tutto. Sono specialità davvero tipiche e sono ottime. Dovete credermi».
Niky prese un gamberetto e se lo mise in bocca. AAAGH! Immediatamente si sentì la gola in fiamme. Si portò le mani al collo, aprì la bocca e cominciò ad annaspare. «Aiuto! Brucio!»
Irene e Marco si spaventarono e le versarono subito un bicchiere d’acqua.
«No, fermi! Ci vuole dello shami» disse l’uomo porgendole un cestino. «Non preoccuparti è pane».
Niky prese un panino e lo addentò. Poco a poco il bruciore si affievolì e dopo due shami scomparve. «Grazie» disse non appena fu in grado di parlare. «Lei sa un sacco di cose».
«Ero una guida turistica. Ho lavorato in Egitto per vent’anni e ora insegno in Italia».
«È qui in vacanza?» chiese Marco.
«Veramente no, mi ha chiamato il ministero egiziano per accompagnare in giro certi ospiti italiani...»
«Noi siamo ospiti del ministero» gridò Nicole.
«Allora, forse… lei è l’ingegner Renetti?»
«Sì» rispose papà.
«Che coincidenza incontrarci, l’albergo è così grande. Io sono il professor Alberto Mariani. Sarò la vostra guida nei prossimi giorni».
«Piacere» gridò Nicole stendendo la mano. «Io sono Niky, lui è mio papà Marco e lei è mia mamma Irene».
«Piacere di conoscervi».
«È più di un piacere. Lei mi ha salvato la vita. Se non ci fosse stato lei sarei morta soffocata».
«Ma figurati! Quella era solo paprica, non certo veleno. Se non ci fossi stato io, sarebbero senz’altro arrivati i pompieri!» Tutti risero e sotto la guida Lisaaaa! Sono salva per miracolo. Un gamberetto ha esperta del professore, riuscirono ad apprezzare il loro tentato di uccidermi. spuntino senza più incidenti. Verso le cinque le ombre cominciarono ad allungarsi rapidamente.
«È già il tramonto. Scusate signori, vorrei salire in camera a riposarmi un po’ e a prepararmi per
la cena» disse il professore.
«Sì. Si è fatto tardi, saliamo anche noi» aggiunse Irene. «Grazie per la piacevolissima compagnia. Sono contenta che sia la nostra guida».
«Anch’io. Lei è il professore più simpatico che abbia mai conosciuto. Posso chiederle una cosa?»
«Certo, dimmi».
Niky prese lo scarabeo dallo zaino e lo mostrò al professore. «Come mai qui ci sono così tanti amuleti come questo?»
«È uno scarabeo. Per gli antichi egizi era il simbolo della rinascita. È un amuleto molto prezioso. Nei prossimi giorni avremo più tempo e ti racconterò tutto».
«Non adesso?»
«Tesoro, non essere impaziente. Adesso è tardi, dobAccidenti, Niky, sei in un postobiamo prepararci» intervenne pericolosissimo! Irene. Torna a casa!
«Va bene, allora a dopo, professore» si rassegnò Niky.
«A dopo. Signora… ingegnere…»
Il professore si allontanò. Marco raccolse asciugamani e accappatoi e salirono in camera.