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cap.8 • La foresta di pietra
Capitolo 8
La foresta di pietra
Il mattino dopo, alle sei suonò la sveglia. Irene era già vestita, seduta su un divanetto davanti alla vetrata che dava sulle acque del Nilo. Aveva in mano un taccuino e stava disegnando.
Niky guardò i messaggi ricevuti. Niente, la nonna non aveva risposto. «Mamma, a che ora ti sei svegliata?»
«Verso le cinque. Sono ansiosa di uscire. Su, alzati. Tra venti minuti abbiamo appuntamento con gli altri».
Niky si fece la doccia e si vestì in un baleno.
«Brava, tesoro. Sei stata velocissima. Prima di andare, vuoi dirmi che cosa è successo ieri sera tra te e Karim? Perché avete litigato? Mi sembrava di aver capito che ti piacesse».
Le guance di Niky diventarono bordeaux. «Chi?
Quello? Nemmeno per sogno, e poi non abbiamo litigato. Anzi, veramente sì. Però è colpa sua».
«Perché è colpa sua?» «Perché dice che invento le cose». Lucy Amstrong? No. Chi è? Baci. Nonna.
«Che cosa inventeresti?»
«Le cose riguardo agli Amstrong. Mamma, mi stai facendo un interrogatorio?»
«No, tesoro. Sei tu che rispondi a ogni domanda con due parole, se tu unissi per lo meno due frasi, sarebbe meno faticoso».
«E va bene. In piscina, alle piramidi e poi sul ponte ieri sera. C’entrano la nonna e lo scarabeo. Quella lo vuole. Non so perché ma lo scoprirò. Mi segue per prenderlo. Hai capito? Mi credi?»
«Ti potrei credere, ma non ho capito niente. Senti facciamo così: andiamo dagli altri poi questa sera, con calma, mi spieghi di nuovo tutto. Va bene?»
No, per Niky non andava affatto bene, ma non aveva voglia di discutere di nuovo di quella storia e quindi fece finta di niente.
Il professore chiamò una carrozza e la comitiva partì verso il tempio di Luxor. Arrivarono all’inizio di un viale costeggiato da sfingi con teste d’ariete e camminarono fino a un’immensa
Niente. Una matta. porta che attraversava altissime mura di pietra rossa. Niky TVB era stupefatta. Tutto, ogni statua, ogni obelisco, ogni costruzione era enorme, altissima e metteva a disagio. Il pensiero che sua nonna avesse contribuito a far scoprire tali meraviglie la inorgogliva, ma nonostante questo, continuava a sentirsi piccola. Qui vide i primi geroglifici. A lei sembravano bellissimi. L’idea che delle persone avessero inciso nella pietra e colorato ogni particolare la sbalordiva e il pensiero che quei segni avessero un significato e che quei disegni si potessero leggere l’affascinò subito. Ogni tanto il professore si fermava davanti a una statua, indicava alcuni segni racchiusi in una specie di ovale e leggeva: «Thwt ms questo è il cartiglio di Thutmosi terzo… Ra ms sw ecco quello di Ramsete…»
«Sai leggere i geroglifici?» chiese Niky a Karim.
«Io? Perché dovrei?»
«Se tua mamma è egiziana, un po’ devi saperli leggere per forza».
«Tu sai il latino?»
«Che cosa c’entra?»
«C’entra sì. Mica adesso in Egitto scrivono con i geroglifici».
Niky si rese conto di aver fatto una domanda stupida.
«Però ho un cartiglio» continuò lui.
«Davvero?»
«Se ne vuoi uno, puoi fartelo fare».
«Dove?»
«Nei negozi che vendono cartigli. Che domanda!»
Già, pazzesco, aveva fatto due domande e una più stupida dell’altra. Per non fare altre figuracce decise si stare zitta per un po’.
Mentre Irene scattava mille fotografie a ogni particolare e ascoltava con estrema attenzione ogni parola, Niky cominciava a perdersi tra i nomi di tutti quegli dei e faraoni. Si era entusiasmata e quasi arrabbiata per la storia di Hatshepsut. Un faraone donna di cui il successore, un certo Thutmosi terzo, aveva fatto cancellare il viso da tutti i dipinti, ma poi per il resto era stato tutta una lista di nomi che faceva fatica a ricordare. A furia di guardare all’insù e con il caldo che iniziava a farsi sentire, cominciò a girarle la testa.
«Non preoccuparti, tra poco entreremo nella foresta» disse Zahra. «Vedrai che ti sentirai meglio».
Niky decise di non chiedere spiegazioni, ma una
foresta nel deserto le sembrava una stupidaggine e così pensò di cambiare argomento. «Professore, dov’è la sorpresa?»
«Quale sorpresa?»
«Ieri sera, mi ha detto che oggi…»
«Ah, sì. Hai ragione, adesso ricordo. Ci siamo quasi, ma ora guarda».
Niky alzò lo sguardo. Il sole era scomparso. Era in una sala piena di colonne così grandi che non bastavano tre persone a braccia aperte per circondarle e tutte ricoperte di incisioni e di geroglifici. Era la foresta: una foresta di pietra, naturalmente.
Irene e Zahra si sedettero al fresco, Karim e Niky iniziarono a camminare tra le colonne parallele e a contarle. Impresa inutile, erano tante, troppe, tutte uguali e…
«Sono centotrentaquattro» disse il professore ridendo.
«Centotrentaquattro? E come hanno fatto a costruirle e a metterle in piedi?»
«Questo è uno dei tanti misteri. Ora andiamo, è tempo della sorpresa».
Il gruppo uscì dalla sala e dal tempio e arrivò a uno specchio d’acqua. «Questo è il lago sacro» disse il professore. «E quello...»
«Uno scarabeo gigantesco!» si entusiasmò Niky. «Questa sì che è una sorpresa. È enorme. A che cosa serve?»
Nicole cominciò a girare intorNonna, ho visto lo scarabeo più grande del mondo. no al grande monolite, accarezzando le pareti con la mano e guardando in su per vedere da tutte le angolazioni lo scarabeo che vi era sopra.
«Hai scoperto a che cosa serve» rise Zahra. «Secondo un’antica superstizione, se fai un giro intorno allo scarabeo, avrai fortuna. Ma le donne dell’antica Tebe erano convinte che facendo tre giri, avrebbero trovato l’amore entro l’anno. Era uno dei tanti riti magici degli antichi egizi».
«Proprio così» continuò il professore, «questo grande scarabeo fu fatto costruire da un faraone in onore del dio Khepri per assicurarsi la vita nell’aldilà ancor prima di morire. Come vi ho detto al Cairo, lo scarabeo era il simbolo dell’eterna rinascita. Veniva collegato a Khepri, il dio della trasformazione e della resurrezione. Durante il rito della mummificazione, gli egiziani mettevano un amuleto a forma di scarabeo sul cuore del defunto. In questo modo chiedevano a Khepri di accompagnare il defunto e di farlo rinascere nell’aldilà».
Niky cominciava a perdere il filo. Più cose sapeva sullo scarabeo più era perplessa. Afferrò l’amuleto che portava al collo e lo osservò ancora una volta. Improvvisamente, vide dei sandali di cuoio e alzò Allora sei a Karnak. lo sguardo. Davanti a lei c’era Divertiti! una ragazzina più o meno della sua età, vestita in abiti arabi. La fissava con uno sguardo intenso e sussurrava qualcosa.
«Non capisco. Mi dispiace non capisco» replicò Niky.
La ragazza sorrise, le mise tra le mani uno stelo di papiro e scappò via.
«Tesoro, che cosa ti ha detto?» le chiese Irene.
«Non lo so, mamma. Non ho capito. Però, mi ha dato questo».
«È un piccolo stelo di papiro» osservò Zahra. «Penso sia venuta a far pubblicità al negozio di papiri. Tanto per ricordarci di non andarcene senza averlo visitato».
«Possiamo andarci?» chiese Niky.
«Sì» disse il professore. «Se anche gli altri sono d’accordo…»
Il sole di mezzogiorno e il caldo divennero ben presto insopportabili e la comitiva decise di allontanarsi dal tempio.