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cap.7 • Lo scarabeo

Capitolo 7

Lo scarabeo

Gli Amstrong decisero di rimanere a Giza, mentre il resto del gruppo risalì in taxi. Il volume della radio era ancora al massimo.

«Khan Al-Khalili» gridò il professore.

L’auto partì bruscamente.

«Khan Al-Khalili, vuol dire torniamo in albergo?» chiese Niky al professore.

«No, è il nome del grande antico bazar del Cairo. Vedrai, ti piacerà».

Il taxi percorse lunghe strade affollate e si fermò davanti a un grande arco.

«Scendiamo qui » disse il professore. «Questa è la porta principale. Ricordate di non perdere di vista me o la signora Zahra. Orientarsi in questa miriade di viuzze non è semplice».

Attraversarono la porta e come per incanto si

ritrovarono nel bazar descritto dalle fiabe. Ovunque splendeva il luccichio del rame, dell’oro, dell’argento, bigiotteria, lampade, pentole, piatti e bicchieri di metallo. Stoffe, abiti, borse, sgabelli di cuoio, tappeti, piccole piramidi, sfingi e statuette a non finire. Scarabei di ogni dimensione, neri, turchesi, chiavi della vita, papiri e tanti souvenir da poter ricostruire dieci, cento, mille volte l’intero Egitto in miniatura. E poi spezie: grandi sacchi di juta pieni di zafferano, zenzero, pepe, paprica e cumino dall’odore pungente che riempiva l’aria. Ogni viuzza di quel labirinto era un ininterrotto susseguirsi di negozi stipati delle merci più diverse. Il vociare dei turisti, dei mercanti e delle loro contrattazioni, il flusso continuo di gente da cui era facile essere trascinati, insieme agli odori forti e ai colori vivaci alla fine confondevano i sensi. Il professore guidò tutti attraverso le stanze di un grande negozio di stoffe fino a un’uscita seminascosta da pesanti drappeggi.

La sorpresa fu grande. Il gruppo si ritrovò nel piccolo cortile di un antico palazzo. Tutto intorno correva un porticato sostenuto da colonne dorate e tra l’una e l’altra, grate intarsiate d’ottone lucente lasciavano intravedere bassi tavolini

circondati da cuscini di velluto e di broccato. Al centro del cortile un ulivo secolare affondava le radici in un’aiuola senza erba circondata da tappeti usurati dal tempo e ricoperti qua e là da altri cuscini. Il silenzio era interrotto solo dal raro tintinnio di bicchieri e dal sussurrare di alcuni clienti.

Il professore chiuse gli occhi e inspirò profondamente. «Sentite? Questo è il profumo del karkadè preparato secondo l’antica tradizione araba. Questo è karkadè di Assuan. Non è facile trovarne di così squisito. Sediamoci».

Si sedettero in cerchio sui grandi cuscini e subito arrivò un cameriere con un pesante vassoio d’argento finemente lavorato e lo appoggiò a terra. Poi ne arrivò un altro con un vassoio più piccolo pieno di dolci. Il professore prese la piccola teiera in metallo e versò il karkadè nei bicchierini di vetro. «Se volete fare un po’ di shopping» disse poi rivolgendosi a Zahra e Irene, «io vi aspetterò qui con i ragazzi. Dovremmo tornare in albergo verso le tre. Avete tutto il tempo che vi serve».

Le due donne furono subito d’accordo. Irene lasciò a Niky Pulce, stordito da tutta quella confusione, e insieme a Zahra si rituffò nel labirinto del bazar.

«Adesso professore, mi racconta dello scarabeo?» chiese Niky tra un dolcetto e l’altro. «Anche oggi ne ho visti almeno un milione».

«Lo scarabeo è tra gli amuleti più importanti dell’antico Egitto. Venivano realizzati anelli, bracciali, pettorali, collane e potevano essere d’oro, d’argento, di qualsiasi materiale, ma sempre avevano la stessa particolarità: l’addome piatto».

Niky prese il suo ciondolo che dal giretto sul dromedario era rimasto nello zaino. «Anche il mio sotto è piatto».

«Certo, infatti doveva essere una base su cui incidere importanti informazioni o formule magiche che proteggevano dalla sfortuna».

«Sul tuo non c’è inciso un bel niente» ridacchiò Karim.

«Lo so» ribatté Niky seccata.

«Beh, allora se non c’è scritto niente, non serve a niente».

«No, Karim, questo non è esatto!» intervenne il professore. «L’efficacia dell’amuleto è soprattutto la forma dell’amuleto stesso».

«Che cosa vuol dire?» chiese Niky.

«Vuol dire che ha la forma di uno scarabeo e per gli antichi egizi questo coleottero era il simbolo della continua rinascita, dell’immortalità».

Niky cominciava a confondersi. «Che cosa c’entra con l’immortalità?»

«È uno scarabeo stercorario».

«Stercoche?» sbottò Karim.

«Stercorario. Tra poco capirai. Questo animaletto forma delle palline di sterco che conserva come riserva alimentare o per proteggere le sue uova da cui nasceranno altri scarabei».

«Che schifo! Se le mangia?» chiese Karim disgustato.

Niky si portò una mano allo stomaco e una alla bocca per nascondere una smorfia. «Non posso pensarci».

«Vi capisco. Ma agli antichi egizi non faceva 72

schifo. Anzi, il modo in cui lo scarabeo fa rotolare questa pallina ricordava loro il moto continuo del sole e la sua eterna rinascita».

«Mah?» Niky si grattò la testa perplessa. Proprio non capiva che cosa c’entrasse tutto questo con gli Amstrong e il suo ciondolo. Sapeva che doveva esserci un nesso. Era arciconvinta che quella donna lo volesse, ma che cosa avesse visto in quello scarabeo era un mistero.

«Eccoci di ritorno!» la voce della mamma fermò i suoi pensieri.

«Siete puntualissime» si compiacque il professore. «Avete fatto shopping?»

Irene era entusiasta. «Ho comperato un sacco di cose. Soprattutto spezie, hanno colori incredibili e non ho potuto resistere. In Italia certo la luce è diversa, ma l’idea di provare a riprodurre i colori caldi e intensi di questa terra...»

«Lei dipinge?» chiese il professore.

«Sì. Almeno ci provo».

Niky sbuffò, infastidita dalla ritrosia della mamma. «È bravissima».

«Allora qui troverà davvero molti spunti per i suoi quadri, vedrà, me rimarrà meravigliata» replicò il professore.

«Sì, ma qui la vera artista è Zahra. Dovete

vedere come è brava a contrattare, mi ha fatto ottenere sconti stupefacenti».

Zahra rise. «Non dimenticare che sono egiziana cara e hai ragione, per noi contrattare è un’arte vera e propria. Se non partecipi, si offendono, ma ti assicuro che non mi hanno fatto nessuno sconto».

«Zahra ha ragione» rise il professore. «Ora su, andiamo».

La comitiva ripercorse i vicoli affollati, colorati, profumati di spezie, raggiunse il taxi e tornò in albergo. In poco più di tre ore tutti insieme avrebbero volato a Luxor, l’antica Tebe, e lì si sarebbero imbarcati sulla nave da crociera.

L’organizzazione del professore era molto efficiente e la sua grande esperienza traspariva da ogni dettaglio. Nonostante questo, ci fu un piccolo doloroso contrattempo: Pulce.

Mezz’ora prima della partenza per l’aeroporto il professore chiese a Irene se avesse pensato alla sistemazione per il cockerino. Quella domanda fu come una doccia fredda. Lei che pensava sempre a tutto non aveva considerato il fatto che in crociera non poteva portare Pulce. Cominciò subito a cercare una soluzione. Prima pensò di lasciarlo a Marco, ma poi considerò che sarebbe stato

chiuso tutto il giorno in camera da solo e cambiò idea. Chiese alla reception se ci fosse qualcuno che si poteva occupare di lui. Immediatamente, il vice direttore in persona iniziò a telefonare a destra e a manca e alla fine quando sembrava non ci fosse più speranza, una delle ragazze della reception si offrì di portare a spasso e far giocare Pulce nelle ore libere e di tenerlo con sé la notte. Irene tirò un sospiro di sollievo: non l’avrebbe mai confessato ad anima viva, ma rinunciare a una crociera sul Nilo era l’ultima delle sue intenzioni. Se costretta, per Pulce lo avrebbe fatto, ma le sarebbe dispiaciuto molto.

Il volo dal Cairo a Luxor durò un’ora. Alle sette di sera si imbarcarono sulla motonave Nadira e alle otto e mezza, durante il cocktail di benvenuto Niky ebbe una brutta sorpresa.

«Herby, guarda chi c’è. Che piacevole coincidenza! Mai e poi mai avrei pensato di incontrarvi qui!»

Il professore, Irene e Zahra erano imbarazzati e infastiditi. Niky sussurrò qualcosa all’orecchio di Karim.

«Ma figurati se ti seguono» rispose lui.

«Eppure è così. Quelli vogliono a tutti i costi il mio portafortuna. Prima ieri in piscina e poi

questa mattina alle piramidi. C’eri anche tu. Hai sentito che quella voleva tenere il mio zaino mentre salivo sul dromedario».

«Voleva essere gentile».

«No, quella non voleva essere gentile. Voleva prendere lo scarabeo».

«Tu hai le traveggole».

«Che cosa avrei io?»

«Le traveggole. Vedi e senti cose che non esistono».

«E tu non capisci niente!» si spazientì Niky.

«Ehi ragazzi che cosa succede?» intervenne il professore. «Qualcosa non va?»

«Sì, lei ha le manie di persecuzione».

«Io non ho manie di persecuzione, io… io…» Niky era infuriata e stava per esplodere.

«Calma ragazzi. Siete stanchi. Ora ceniamo e poi tutti a letto. Domani vedrete qualcosa di stupefacente e vi dirò altre cose sullo scarabeo».

«C’è dell’altro?» si stupì Nicole. «Molto altro» rispose il proCiao Lisa, sono sulla nave. Detesto K. fessore con aria misteriosa. «E domani ci sarà anche una sorpresa».

Per tutta la cena Niky non rivolse più la parola a Karim e dopo il dolce salì sul ponte a guardare 76

la luna e il Nilo che scorreva lento davanti a lei. Scrisse un messaggio a Lisa e voleva mandare una richiesta d’aiuto alla nonna, ma a un tratto, sentì delle voci che venivano dalla piscina. Due persone stavano confabulando in modo concitato. Le riconobbe immediatamente. Erano loro: gli Amstrong. Cercando di non far rumore e di non essere vista, si avvicinò quel tanto che bastava per riuscire a distinguere le parole.

«Cara, perché ti ostini? Come fai a sapere che è proprio quello?»

«Perché c’entra l’Artusi. Sai quanto la odio. E poi lo so, lo sento. Ho visto quelle piccole fratture. Sono anni che lo cerco e finalmente ora sarà mio»

Niky sussultò. Artusi. Aveva sentito benissimo. In piscina quella donna aveva detto di non conoscere la nonna, eppure, per la seconda volta aveva pronunciato il suo nome. Lei non aveva le traveggole e questa era un’ulteriore prova. Karim non le voleva credere? Pazienza! Avrebbe scoperto il mistero che collegava gli Amstrong alla nonna Nonna, conosci e all’amuleto e avrebbe fatto Lucy Amstrong? tutto da sola.

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