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cap.14 • Tutti i nodi

Capitolo 14

Tutti i nodi…

La notizia, anche se con molte imprecisioni, trapelò e nel tardo pomeriggio arrivarono i giornalisti e i fotografi di tutte le più importanti testate del mondo. Per prudenza il console decise di non rivelare nulla, nemmeno il nome di Niky, fino al momento della conferenza stampa.

Alle nove di sera, la sala conferenze fu aperta al pubblico e subito si gremì di gente. Niky con Pulce al guinzaglio e Karim entrarono da una porta che immetteva direttamente sul palco. Si trovarono davanti a una moltitudine di persone ammassate l’una accanto all’altra.

«Due ragazzini e un cocker?» gridò un giornalista. «Che scherzo è questo?» si arrabbiò un altro.

«Siamo venuti dal Cairo per farci raccontare

una storia di ragazzini e cani? Chi si permette di prenderci in giro?»

Niky iniziò a tremare, si voltò verso la porta per scappare da lì, ma BAM sbattè contro qualcuno. «Nonna, sei qui?»

«Certo cara, mi sono venuti a prendere con un aereo privato, per niente al mondo mi sarei persa un’occasione del genere. Mia nipote è la ragazza più in gamba del mondo. Sono orgogliosa di te».

«Ma è successo tutto per caso».

«Non dirlo nemmeno per scherzo. Questo è intuito da vera archeologa. Sei mia nipote, no?!» Nonna Amanda prese per mano Niky e Karim e li accompagnò al centro del palco.

Ora si sentiva un brusio. «Ehi guarda! Quella è l’Artusi» sussurrò un fotografo.

«Sì, è l’Artusi. Zitto. Chissà che cosa ha scoperto questa volta! Spostati, non riesco a vedere» aggiunse un altro.

Amanda Artusi regolò l’altezza del microfono e la conferenza stampa ebbe inizio.

Wow! Straordinario! Strepitoso! Notizia da prima pagina! I giornalisti non riuscivano a trattenere continue esclamazioni di entusiasmo.

Niky e Karim non facevano che strizzare gli occhi per i flash delle macchine fotografiche e Pulce

si era rifugiato sotto il leggio. Amanda non nominò mai, nemmeno una volta, gli Amstrong e alla fine per i ragazzi e per il cockerino ci furono vere e proprie ovazioni.

I giornalisti cominciarono a Niky, il negozio telefonare. La hall era piena è pieno di gente. Grazie! di gente seduta dovunque, an- Maisa che sul pavimento, e tutti erano indaffaratissimi a digitare sui loro tablet gli articoli da spedire ai giornali e a inviare le foto.

Piano piano, dopo un paio d’ore, la hall si svuotò.

Niky prese il telefono della mamma e cercò la foto degli Amstrong. Sapeva di averne una e la mostrò alla nonna. «Ecco. Questi sono gli Amstrong».

Lei inforcò gli occhiali e guardò attentamente l’immagine. «Non conosco quest’uomo, non l’ho mai visto. Lei invece, mi ricorda qualcuno. Si può ingrandire il viso? Vorrei vederla meglio».

Niky allargò la foto.

«Non è possibile! Com’è invecchiata! È Lucy, ma non si chiama Amstrong, forse è il cognome da sposata. È quell’invidiosa di Lucy Burglar. Eravamo insieme all’università, era convinta di essere un genio e cercava continuamente di imbrogliare e di prendersi i meriti degli altri. Ricordo

che un anno, alla fine delle lezioni, l’università organizzò per noi studenti di archeologia un campus di due mesi a Karnak. Tutti emozionatissimi di poter partecipare a degli scavi veri, partimmo in una ventina, compresa Lucy. Non dimenticherò mai quell’estate. Il caldo era infernale, ma la speranza di riuscire a trovare un reperto, anche solo una scheggia, dava a tutti noi una forza incredibile».

«E tu hai trovato lo scarabeo».

«Sì, è successo un giorno in cui Lucy e io stavamo scavando insieme nel perimetro che ci avevano assegnato. Lucy non faceva che ripetere che tanto non avremmo trovato niente e lamentarsi del caldo, del sole e di tutto, così mi lasciò sola e andò a leggere all’ombra di una tenda. Il caso volle che dopo poco io trovassi quel piccolo scarabeo. Figurati, ero al settimo cielo. Ero la prima tra tutti i ragazzi ad aver trovato qualcosa».

«E Lucy?»

«Si arrabbiò furiosamente, iniziò a dire che quel reperto era suo, che lo aveva trovato lei e cose del genere. Naturalmente, conoscendola, nessuno le credette. Poi alla fine del campus, si scoprì che io non solo ero stata la prima, ma anche la più giovane studentessa ad aver trovato qualcosa e,

come augurio, il sovrintendente agli scavi ebbe il permesso dalle autorità di regalarmi il piccolo reperto».

«Allora, lei sapeva dello scarabeo» suggerì Niky.

«Sì, e non ha mai accettato il fatto che io fossi stata premiata. Ha tentato di rubarmi lo scarabeo per mesi, fino a quando sono stata costretta a dirle che lo avevo perso e l’ho fatto rivestire di argilla smaltata»

«L’hai fatto ricoprire tu?»

«Era l’unico modo per tenerlo al sicuro. In seguito ci siamo incontrate a molte conferenze e qualche anno fa le ho confessato come avevo nascosto lo scarabeo. Non potevo certo immaginare che dopo tutto questo tempo ci tenesse ancora tanto».

«Sapeva che era una chiave per trovare un tesoro?»

«No, cara. Lo escludo. Non sapeva della mappa e del tesoro, altrimenti avrebbe usato metodi molto più forti. È una donna disposta a tutto».

«Come poteva sapere che avevo io lo scarabeo e come ha fatto a trovarmi?» chiese Niky perplessa.

«Lei è in Egitto quasi tutto l’anno. Spera sempre di scoprire chissà che cosa, molti sospettano che falsifichi reperti. Ma vi siete incontrate per

caso. Sapeva di Irene e conosceva il suo nome da sposata. Sicuramente quando vi ha viste avrà pensato a qualche dispetto, non certo allo scarabeo. Poi ha notato il tuo amuleto e… ecco tutto!»

«Se è così, questo vuol dire che il collegamento con il papiro l’ho scoperto io».

«Esattamente! Te l’ho detto che sei in gamba».

Niky era felice e orgogliosa di quanto aveva fatto.

Quella notte, dopo i festeggiamenti, tutti fecero molta fatica ad addormentarsi: le emozioni erano state tante, tantissime. Niky si sorprese a pensare quanto fosse strano il tempo. I giorni prima della partenza non passavano mai e ogni ora sembrava un giorno. Poi, in Egitto, una settimana era passata in un soffio.

Il mattino dopo, mentre stavano facendo colazione tutti insieme, arrivò un fattorino stracarico di quotidiani. Su quasi tutti, in prima pagina, spiccava l’immagine di Niky con Pulce in braccio e di Karim che mostrava il prezioso antico papiro.

«Grazie, Karim» disse Niky.

«E di che cosa?»

«Di avermi creduta. Se non mi avessi aiutata, non ce l’avrei fatta».

«All’inizio ho pensato che tu fossi matta…»

«Ma poi hai cambiato idea ed è questo che conta» disse lei e impulsivamente lo abbracciò. «Grazie ancora, sei un amico».

«Figurati…» rispose Karim arrossendo imbarazzato. «Questa è stata una vacanza elettrizzante anche per me. Mi dispiace che sia finita».

«È finita, ma ce ne potranno essere altre» suggerì il console. «Non credete?!»

«Sarebbe magnifico» esclamò Zahra. «Lei professore accetterà di farci nuovamente da guida?»

«Molto volentieri, mie care signore. Sarà un vero piacere. Se poi la dottoressa Artusi vorrà unirsi a noi, con le sue conoscenze archeologiche la vacanza sarà ancora più interessante».

Nonna Amanda abbassò il giornale che stava leggendo e lo guardò perplessa, poi accennò un sorriso imbarazzato. «Lei mi lusinga professor Mariani» e si nascose nuovamente dietro le pagine del quotidiano.

Marco e il console si strizzarono l’occhio a vicenda. Irene e Zahra si scambiarono uno sguardo d’intesa e Niky diede una gomitata a Karim.

Verso l’ora di pranzo, tutti partirono per l’Italia, anche Zahra e il console che avrebbero trascorso un po’ di tempo a Milano.

Il volo di ritorno fu molto Lisa, tranquillo, forse un po’ masto tornando! linconico. Quando l’aereo decollò, Niky guardò un’ultima volta il deserto sotto di lei. Per un attimo ebbe la sensazione di camminare nella sabbia calda, chiuse gli occhi e rivide la grande piramide, la Sfinge. Risentì il vociare dei mercanti nel bazar, il profumo di spezie, il sapore di karkadè, il caldo umido, quasi soffocante della tomba di Thutmosi, rivide il cartiglio, la statua del faraone, il papiro cadere a terra. Che vacanza straordinaria! Niky si affacciò al finestrino. Tra le nuvole ogni tanto c’era uno spiraglio di azzurro intenso: forse era il Nilo o forse era il suo desiderio di trattenere quei bellissimi ricordi per sempre.

Il cigolio del carrello spinto dalla hostess la riportò alla realtà.

«Arriva il pranzo» disse Karim abbassando il suo tavolinetto.

Niky prese il suo vassoio, lo aprì e osservò perplessa tre polpettine ricoperte di salsina rossa. Ricordando quello che le era successo con il gamberetto, si portò istintivamente una mano alla gola.

«È pomodoro» la rassicurò Karim. «Non è male.

Senz’altro è meglio di quello che si mangia alla mensa della mia scuola».

«Scuola?» sobbalzò Niky. «Accidenti! Non ho fatto i compiti!»

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