9 minute read

Attualità

Next Article
Bioetica

Bioetica

INTERVISTA A PIETRO AMORELLI PRESIDENTE DI A.TI.FAR. FEDERFARMA AGRIGENTO

Dottore Amorelli, quali s>ide La

Advertisement

attendono come presidente di A. Ti. Far. Agrigento?

«In verità già nei primissimi giorni del mio mandato mi attendeva la prima s4ida: con la fattiva collaborazione dei vertici ASP, mi sono adoperato per garantire la vaccinazione COVID dei farmacisti titolari e dei loro collaboratori. L’operazione è stata portata a termine con successo tanto da affermare che in provincia di Agrigento tutti i titolari che lo hanno richiesto sono stati vaccinati. Subito dopo abbiamo affrontato la migrazione di piattaforma DPC da un sistema ad un altro, organizzata in modo da creare il minor disagio possibile ai colleghi ed ai pazienti. Le s4ide che ancora mi attendono sono le s4ide che impegneranno tutta la categoria nei prossimi mesi. Sul versante nazionale ancora tanti tavoli sono aperti, mi riferisco in particolare alla nuova remunerazione, alla Farmacia dei Servizi ed al rinnovo della Convenzione scaduta da troppi anni. È mio intendimento rappresentare nelle sedi nazionali il pensiero e la voce della base agrigentina. Sul versante provinciale, ritengo prioritario ricostruire un tessuto relazionale tra i colleghi, che possa farci percepire come una categoria unita in tutte le sue articolazioni, così da portare avanti le iniziative che vorrei realizzare, per aprirci al territorio nell’ottica di un confronto costruttivo con tutte le Istituzioni, sanitarie e non. La nostra dislocazione capillare e quali4icata ci pone in ogni centro abitato quali interlocutori capaci sempre di dire la nostra su tutte le tematiche riguardanti la salute… e di questi tempi ne abbiamo cose da dire! Sono fermamente convinto che la dirigenza poco o nulla può fare se non ha alle spalle una categoria unita, formata, informata e, soprattutto, motivata».

Parliamo della pandemia, in che modo i farmacisti possono contribuire alla vaccinazione di massa contro il SARS-CoV2?

«Al di là delle istanze portate avanti dai dirigenti nazionali di FOFI e FEDERFARMA sulla 4igura del “farmacista vaccinatore“, ritengo che le farmacie possano contribuire alla vaccinazione di massa se solo le istituzioni preposte, in primis le Regioni, avessero la “bontà“ di coinvolgerle. Innanzitutto le farmacie, tramite le piattaforme CUP o tramite piattaforme apposite, potrebbero diventare centri di prenotazione per registrare i cittadini da vaccinare; in alcune Regioni più avvedute (ad esempio la Puglia o l’Emilia Romagna) questo già avviene, mentre la Sicilia, per motivi “imperscrutabili“, ha scelto di af4idarsi ad una piattaforma creata ad hoc da Poste Italiane (!), dove gli interessati (ultraottantenni) possono “comodamente“ iscriversi. Il risultato di questa scelta scellerata è stato l’oggettiva impossibilità per moltissimi anziani di accedere al servizio, per cui, nella nostra provincia, abbiamo sentito il dovere morale di aiutarli nell’esercizio dei loro diritti. Un altro contributo importante può essere dato dalle farmacie nella logistica: sfruttando la rete capillare e la distribuzione intermedia, si potrebbe fare arrivare il vaccino 4in nel più remoto paese, le farmacie potrebbero occuparsi di gestire le prenotazioni e lo stoccaggio, realizzando in collaborazione con i medici di famiglia una campagna vaccinale di massa sicura, rapida ed ef4icace, senza esporre gli anziani a pericolosi spostamenti. Questo

modello potrebbe benissimo essere replicabile ogni anno per la vaccinazione contro l’in4luenza stagionale, in quell’occasione potremmo distribuire il vaccino in DPC, gratuitamente per gli aventi diritto ed a pagamento (con prezzo regionale) per tutti coloro che ne avessero necessità. Semplice, no?»

Lei immagina che in futuro tra i servizî offerti ordinariamente dalle farmacie possa esservi anche la somministrazione di alcuni vaccini?

«Alle condizioni previste nell’ultima Legge Finanziaria (supervisione di un medico e intervento di personale infermieristico) perché no? Non sarò certo io ad impedire che chi ha spazi e personale adeguati lo faccia. Quello che devo sicuramente fare sarà provare a creare le condizioni af4inché la maggior parte delle farmacie della mia provincia abbia la possibilità di effettuare tale servizio nel più rigoroso rispetto delle norme e delle categorie professionali coinvolte; sto già lavorando in questo senso con il Consiglio Direttivo provinciale, ma tutto è subordinato ad accordi regionali, ancora in Sicilia non sottoscritti». dare alle prescrizioni la dignità di documento medico-legale. Se io fossi stato medico, avrei continuato a timbrare e siglare i promemoria ma, da farmacista, non voglio perdere una delle possibilità che ancora mi rimangono per dire “ci sono ancora e sono indispensabile“».

Distribuzione diretta dei medicinali, distribuzione per conto e distribuzione convenzionata cosiddetta “classica”: cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni in termini di remunerazione alle farmacie e di ef>icienza del servizio offerto al cittadino?

«I tempi per passare ad una diversa remunerazione delle farmacie sono già maturati da diversi anni, ma per tutta una serie di fattori interni ed esterni alla categoria, non se ne è fatto nulla. Nel frattempo le Regioni si sono industriate nei modi più vari e fantasiosi per far quadrare i conti. L’introduzione in alcune Regioni di una esasperata distribuzione diretta sta mettendo seriamente in crisi le farmacie, non solo dal punto di vista 4inanziario, ma anche dal punto di vista professionale, visto che non si vedono transitare dalle farmacie tutta una serie di nuovi ed importanti medicinali che, a causa del loro costo, le Regioni non possono permettersi di rimborsare alle condizioni convenzionali. È innegabile che il servizio offerto dalle farmacie territoriali o, come si dice oggi, di comunità sia un servizio di altissimo livello, comodo per tutti ed altamente ef4iciente. Auspico che tutti i farmaci tornino ad essere distribuiti nelle nostre farmacie, e che questa distribuzione sia remunerata con un nuovo sistema contemperante una DPC nazionale e una remunerazione “mista“, con quota 4issa e quota percentuale progressiva. Tutto ciò potrà essere soddisfacente per lo Stato, per le farmacie e per i cittadini, soltanto se tutti i farmaci faranno rientro in farmacia. L’emergenza COVID, tutt’ora in corso, sarebbe un’ottima occasione per chiedere a gran voce e a tutti i livelli che la dispensazione dei farmaci della distribuzione diretta avvenga nelle farmacie, attraverso il meccanismo della DPC in collaborazione con i colleghi ospedalieri».

Nel 2013 è iniziato il processo di dematerializzazione della prescrizione medica — va ricordato che le due regioni che per prime hanno sperimentato il nuovo sistema sono

state la Regione Siciliana e la Valle d’Aosta, poi

sono seguite tutte le altre —, a distanza di quasi otto anni, anche se sono stati fatti dei passi avanti, come la ricetta elettronica veterinaria e l’inserimento in piattaforma di alcuni piani terapeutici, questo processo non si è ancora concluso. Quanto tempo ci vorrà ancora secondo Lei?

«Dal 31 gennaio scorso anche le RR e RNR bianche possono essere “dematerializzate“, dunque il processo è in piena evoluzione, proprio mentre noi stiamo amabilmente conversando! Non so e non posso sapere quanto tempo ancora ci vorrà, ma certamente posso dirle che non sono favorevole ad una dematerializzazione “spinta“ della ricetta, non vorrei che, a lungo andare, si “dematerializzassero“ pure le farmacie con i farmacisti che ci lavorano! In alcune regioni non si stampa più il promemoria per l’assistito e i bollini ottici vengono attaccati su dei registri da allegare alla DCR; in seguito all’emergenza COVID anche in Sicilia ci è stata data questa possibilità ma, sinceramente, io consiglio sempre di stampare e timbrare il promemoria, per continuare a

«È innegabile che il servizio offerto dalle farmacie territoriali o, come si dice oggi, di comunità sia un servizio di altissimo livello, comodo per tutti ed altamente efficiente. Auspico che tutti i farmaci tornino ad essere distribuiti nelle nostre farmacie, e che questa distribuzione sia remunerata con un nuovo sistema […]»

Da qualche mese a questa parte vediamo in TV la pubblicità di un’azienda che si occupa della vendita on line di molti prodotti della farmacia al motto di “dove la trovi una farmacia così?”. Inoltre un’importante azienda della

distribuzione intermedia ha recentemente preso un’iniziativa, che ha fatto molto discutere, volta alla distribuzione a domicilio. Cosa ne pensa? Sono eccessive le preoccupazioni di alcuni farmacisti?

«Le preoccupazioni dei farmacisti non sono per niente eccessive, anzi, nel passato abbiamo avuto tante sgradite sorprese proprio per non esserci preoccupati in tempo nell’illusione che nulla sarebbe cambiato; ebbene, oggi non è più così. Accanto all’esempio da lei illustrato, anche altre pubblicità televisive, ultimamente molto insistenti, mi preoccupano. Capisco l’esigenza di trovare “nuovi mercati“, ma non posso esimermi dal ricordare che la vera forza del sistemafarmacia italiano sta proprio nel mantenere un rapporto diretto col paziente che entra in farmacia, nel dialogo e nel consiglio sempre apprezzati dai cittadini — specialmente nell’emergenza COVID — rapporto che nessuna farmacia on line può dare! Le fondamenta della farmacia italiana affondano le radici nella compattezza e nella solidarietà dell’intera rete, ogni farmacia in dif4icoltà è un nodo della rete che si rompe, allargandone le maglie attraverso cui passeranno pesci sempre più grossi, 4ino a quando passeranno pure gli squali».

Mi permetta in>ine di trascinarla su un terreno scivoloso: la bioetica. Cito soltanto l’ultimo caso. In provincia di Lucca un gruppo di attiviste del collettivo “Non una di meno” ha organizzato una protesta davanti alla farmacia della dottoressa D’Atri perché si era ri>iutata di dare la pillola dei cinque giorni dopo ad una ragazzina. Sembra che rispetto a questi temi le associazioni di categoria abbiano mostrato una certa timidezza, quando non un totale disinteresse. Le chiedo, se il legislatore sancisse espressamente il diritto all’obiezione di coscienza per il farmacista, non sarebbe un modo per riconoscere davvero il farmacista come professionista, e non come semplice esecutore silenzioso di ordini?

«Le nuove disposizioni in vigore da ottobre 2020 consentono l’acquisto senza prescrizione della “pillola dei cinque giorni dopo“ non solo alle maggiorenni ma anche alle minorenni. Il Legislatore, più che sancire il diritto all’obiezione di coscienza per il farmacista, avrebbe avuto il dovere di interrogarsi sulle conseguenze nefaste di siffatta Legge. La farmacia è una concessione governativa attraverso la quale lo Stato delega a dei professionisti

privati l’assistenza farmaceutica che, comunque, rimane in capo allo Stato medesimo; dunque il farmacista in farmacia deve (e non “può”) ottemperare alla consegna del medicinale, esercitando sicuramente una attività di controllo di quanto esitato, ed accompagnando la cessione con tutti i consigli e le attenzioni possibili, dunque è un esecutore-controllore non silenzioso. Nel caso speci4ico, il farmacista sensibile ai temi bioetici (ma, sottolineo, non teologico-confessionali) può e deve parlare con la paziente, mettendola in guardia su tutti quelli che sono i rischi per la salute, mostrando anche il proprio travaglio interiore nel dispensare quel farmaco. Insistere sull’obiezione di coscienza per i farmacisti potrebbe « […] la vera forza del sistema-farmacia trascinare davvero la professione su un terreno italiano sta proprio nel mantenere un scivolosissimo…» rapporto diretto col paziente che entra in farmacia, nel dialogo e nel consiglio sempre Non è arrivato il apprezzati dai cittadini — specialmente momento di chiedere nell’emergenza COVID — rapporto che nessuna farmacia on line può dare!» l’inserimento dell’insegnamento della bioetica nei corsi di

laurea in farmacia e CTF, al pari di quanto avviene già da molto tempo nei corsi di laurea in medicina?

«Le antiche scuole mediche e farmaceutiche ebbero sempre nell’ordinamento didattico lo studio della 4iloso4ia, e 4iloso4i furono i primi medici della storia, ben consci di dover curare sia il corpo che l’anima. In tempi più recenti, ed ancor oggi lo studente che proviene dal liceo classico ha, a mio avviso, quella preparazione e quella forma mentis che lo rende incline anche allo studio di materie apparentemente lontane mille miglia da discipline squisitamente umanistiche. Possiamo affermare che riguardi solo il corpo tutto ciò che ci viene insegnato nelle aule universitarie? Certamente no! Ben venga l’introduzione della bioetica nei corsi di laurea in Farmacia e CTF, contribuirà sicuramente a formare farmacisti sempre più consapevoli della loro delicata ma meravigliosa professione». i.n.

This article is from: