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Apotheca & Storia
LE EPIDEMIE NELLA STORIA /5
Il colera
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Giusi Sanci*
Il colera — dilagato in modo drammatico nel XIX secolo — è una malattia batterica acuta dell’intestino provocata da un bacillo, appartenente al genere dei vibrioni, il Vibrio cholerae, che una volta introdotto nell'organismo si moltiplica nell'apparato digerente, causando diarrea profusa, vomito, rapida disidratazione e ipotermia. La perdita di grandi quantità di liquidi può provocare uno stato di shock e il decesso. Nei casi gravi non trattati la letalità può arrivare al 50%, mentre con adeguata terapia, consistente principalmente nella somministrazione di soluzioni reidratanti, la letalità del colera risulta inferiore all'1%. Nel corso dell'Ottocento, a causa di movimenti militari e commerciali dell'Inghilterra nel continente indiano e delle macchine a vapore che resero sempre più numerosi gli spostamenti e i viaggi, il colera cominciò a diffondersi in tutto il globo. L’Ottocento infatti ha visto uno sviluppo industriale che determinò un maggiore spostamento e un forte incremento della popolazione, sopratutto nelle grandi città, con aumento al loro interno della quantità di riIiuti e germi che rappresentano degli elementi favorevoli allo sviluppo dell'epidemia. Il colera è un'infezione a trasmissione fecale-orale e può essere contratta in seguito all'ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti. Il vibrione espulso nell'ambiente sopravvive a lungo, Iino a 14 giorni quando infetta crostacei; altri alimenti particolarmente soggetti ad essere portatori di questo germe sono i frutti di mare e i pesci (soprattutto se ingeriti crudi o poco cotti), la verdura e la frutta. In tutti questi casi è comunque l'acqua il mezzo di trasmissione originario. I germi espulsi con le feci, infatti, possono arrivare a contaminare le acque destinate all'irrigazione, e questo determina la contaminazione degli alimenti, o le acque che sfociano poi in mare. In ogni caso è la scarsa o inefIicace applicazione dei sistemi di depurazione delle acque a rendere possibile il contagio. La trasmissione interumana è rara in condizioni igienico-sanitarie normali, ma possibile. Il colera colpisce sia adulti che bambini ed caratterizzato da una diarrea imponente che conduce a disidratazione severa e morte se non trattata. Diversamente dalle altre diarree infettive, può uccidere un adulto sano in poche ore. Il colera sembra essere esistito da almeno due millenni. Già alcuni secoli prima di Cristo si possono ritrovare accenni ad una malattia i cui caratteri sembrano ricordare quelli del colera. In particolare si tratta della descrizione che Tucidide fa di un'affezione che ebbe una grande diffusione ad Atene, e di quella di
Figura 1. Ludovico Brunetti, Provvedimenti contro il colera del 1885.
*Farmacista
Figura 2. Napoli, disinfestazione delle strade durante l’epidemia di colera del 1973.
Susruta in India. In realtà, le prime descrizioni alle quali bisogna dar credito sono quelle risalenti al XVI secolo, e il primo a darne una descrizione attendibile sarebbe stato il portoghese Gaspare Correia nel 1543. In Cina il colera, importato dall’India, sarebbe giunto nel XVII secolo, mentre in Europa giungerà in forma pandemica nel XIX secolo, procurando nel tempo ben 7 pandemie. Con il degrado progressivo delle opere pubbliche, scomparvero l'erogazione e l'approvvigionamento idrico, e per tutto il Medioevo Iino al termine del XVIII secolo, l'Europa vivrà un lungo periodo di scarsa disponibilità di acqua potabile nei centri urbani, e quindi malattie come il colera, legate all'uso di acqua non potabile e al permanere di acque stagnanti, diventeranno endemiche in molte zone. Dal 1822-1823, data del suo arrivo nel Mediterraneo, Iino al 1911, data dell'ultima grave epidemia, il colera imperversò quasi ininterrottamente in gran parte del mondo. In questi 100 anni il Mediterraneo fu investito da epidemie di colera con una cadenza impressionante. Le epidemie si presentavano quasi sempre durante i mesi estivi, secondo calendari scanditi dalle condizioni atmosferiche. Ogni periodo epidemico fu costituito da diverse ondate aventi per lo più carattere stagionale. Fu il microbiologo tedesco Robert Koch (1843-1910) ad identiIicare in India nel 1883 il batterio responsabile del colera. Egli arrivò alla conclusione che la causa del contagio risiedeva senza dubbio nella contaminazione dell'acqua che la cittadinanza era costretta a bere. Negli anni 1849 e 1854 Snow notò la forte mortalità per colera di una circoscritta zona della città di Londra. Egli poté notare che tutte le persone che erano state colpite dalla malattia si erano servite dell’acqua della medesima fontana di Broad Street. Quando fu sospesa l’erogazione dell’acqua da quella fontana, il focolaio epidemico si esaurì. Era evidente che il veicolo dell’infezione era l’acqua di quella fontana e che quell’acquedotto era inquinato. John Snow era convinto che le sostanze in decomposizione, anche in piccole quantità, ingerite con acque contaminate, fossero capaci di provocare nell’organismo umano delle modiIicazioni “per contatto”. Perciò intuì che la puriIicazione dell’acqua sarebbe stato il rimedio principe nella lotta contro il colera. Altri studi e ricerche dimostrarono la capacità del colera di diffondersi attraverso le grandi vie di comunicazione, come le vie carovaniere, le strade ferrate, le vie marittime. Inoltre si osservò che la morbilità e la mortalità di quella malattia erano legate anche a cause sociali, come la povertà e il
Figura 3. Vaccinazione parenterale contro il colera, mediante siringa a pistola.
sovraffollamento, con la conseguente impraticabilità delle norme igieniche più elementari. La consapevolezza di quanto detto sopra indusse le nazioni europee, prima fra queste l’Inghilterra, ma anche l’Italia, ad organizzare, attraverso opportune leggi, la proIilassi di Stato. In Inghilterra William Farr, Edward Frankland e Netten Radcliffe, che erano sostenitori della dottrina contagionista, furono i primi sostenitori dell’idea che il colera potesse essere eliminato attraverso il controllo delle acque; in tenace opposizione alle teorie miasmatiche che sostenevano che la malattia fosse dovuta a qualcosa presente nell’aria. L’adozione di queste misure di controllo servì a dominare la malattia in Inghilterra, mentre ciò non avvenne laddove queste misure non furono adottate. Nei decenni successivi saranno solo gli interventi di igiene e sanità pubblica a prevenire la malattia. Il colera si affacciò in Italia per la prima volta nel luglio del 1835, probabilmente portato via mare da un gruppo di contrabbandieri provenienti dai territori d’oltralpe, entrati nel Regno di Sardegna dopo aver infranto il cordone sanitario. Furono evidenziate l’inadeguatezza delle forme di difesa igienica pubblica degli stati italiani e le carenze nei sistemi di approvvigionamento idrico e di fognatura delle città, anche le più grandi e popolose. La gran parte dei comuni italiani non disponeva di un adeguato sistema di fornitura di acqua potabile. Oltre alla cronica scarsità di acqua mancava un nutrimento sufIiciente al mantenimento di buone condizioni Iisiche e le case erano spesso in condizioni di grave insalubrità. Grave era anche il problema dei pozzi neri per lo smaltimento dei riIiuti. I sistemi di raccolta erano imperfetti, spesso realizzati con materiali che non garantivano l’impermeabilità, e gli svuotamenti avvenivano sovente in ritardo, lasciando così interi quartieri della città abbandonati alla sporcizia ed ai cattivi odori. Fu soltanto nell’ultimo ventennio del secolo infatti, che la questione sanitaria venne affrontata con fermezza in Italia, periodo in cui Governo e Comuni si impegnarono più concretamente che in precedenza, al Iine di migliorare la capacità di controllo igienico e sanitario dell’ambiente urbano, ciò anche a seguito della scoperta del virus colerico da parte di Koch, avvenuta nel 1883, la quale contribuì a porre in primo piano per la prima volta il momento della prevenzione rispetto a quello terapeutico. Il colera è tra le prime malattie infettive di cui sono state individuate le modalità di trasmissione e deIinite misure di prevenzione efIicaci, che hanno permesso la sua rapida scomparsa nei Paesi sviluppati. La malattia risulta anche facilmente curabile, infatti la terapia di reidratazione orale, una miscela di sale e zucchero in proporzioni tali da
Figura 4. Segni della disidratazione in un paziente affetto da colera.
facilitarne l'assorbimento da parte dell’organismo, messa a punto negli anni ’60, ha permesso di ridurre drasticamente la mortalità a meno del 1% (si ricorre alle infusioni endovenose solo nei casi più severi). Se non trattata può comunque determinare la morte in poco tempo dopo l’inizio dei sintomi. Ci troviamo quindi di fronte a una malattia che può essere non solo facilmente prevenuta, ma anche curata, e di cui siamo in grado di evitare le conseguenze più gravi. Le epidemie di colera possono anche essere controllate grazie ad altre misure che coinvolgono la popolazione. Il miglioramento delle pratiche di igiene personale e di preparazione del cibo contribuiscono in maniera rilevante a ridurre la gravità del contagio. Ciononostante, questa maledizione dei secoli passati non solo continua a essere percepita come una malattia mortale e altamente contagiosa, ma continua a provocare vaste epidemie e a fare migliaia di vittime, specialmente in Africa, e soprattutto nelle fasce di popolazione più vulnerabili. È, infatti, una malattia della povertà: anche nei Paesi endemici, colpisce di rado la popolazione più benestante e si manifesta soprattutto nelle aree densamente popolate dove le condizioni igieniche sono particolarmente insalubri. In tutto il mondo il colera continua a rappresentare una minaccia permanente per la salute pubblica nei paesi poveri e rappresenta un indicatore chiave dello sviluppo sociale. Mentre la malattia non minaccia più i Paesi con buoni standard igienico-sanitari, essa continua a rappresentare un problema per le popolazioni che vivono in condizioni insane, dove non viene garantito l'accesso all'acqua potabile e dove non esistono valide reti fognarie. Un numero di Paesi e di subregioni sono toccate regolarmente da devastanti epidemie di questa malattia. Nel 1991 il colera colpì, prima volta nella storia, il continente americano a partire dal Perù, ed inIierì per alcuni anni in tutti i Paesi del sud America con un elevato tasso di mortalità. Oggi non vengono più riportati casi dall’America centrale e meridionale. È invece l’Africa il continente ove si veriIica la grande maggioranza dei casi, spesso in relazione alla scarsa disponibilità d’acqua potabile e di servizi igienici. L’alta mortalità è un chiaro indicatore di una bassa accessibilità ai servizi sanitari di base e ai farmaci a basso costo efIicaci per il trattamento, come i sali di reidratazione orale. Com’è stato ampiamente dimostrato, la disponibilità e l’uso di soluzioni reidratanti e di terapie di supporto, come la somministrazione orale di zinco che riduce quantità e frequenza delle scariche diarroiche, sarebbe da sola in grado di prevenire numerosi decessi causati da questa malattia.
Bibliografia e sitografia
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